Astanga-yoga, Kundalini, e Bhakti

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Astanga-yoga, Kundalini, e Bhakti

Un esame attento delle fasi nel percorso tradizionale dello yoga dimostra perché non è adatto allera moderna

di Jahnudvipa Dasa

Il percorso del sistema classico di yoga contenuto nella tradizione vedica è lungo e rigoroso.
Ideato dallantico saggio Patanjali, questo sistema è detto astanga-yoga o sistema yoga composto di
otto parti. È un metodo scientifico e psichico per elevare gradualmente la coscienza a livelli più
alti di consapevolezza e culmina nel samadhi. A questo livello il sé, che ha realizzato la sua vera
natura, abbandona il guscio mortale ed entra nello stato liberato. Le otto fasi progressive del
sistema astanga-yoga sono yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana e samadhi.
Descriverò brevemente ciascun livello per confrontare poi lastanga-yoga con il bhakti-yoga.

Yama e Niyama

I primi due principi, yama e niyama, rappresentano quello che si deve fare e quello che non si deve
fare e sono applicabili non solo allo yoga, ma a tutti gli aspetti della vita, perché sia che si
desideri il successo materiale o spirituale, la parola chiave è rinuncia. Non è possibile soddisfare
i nostri desideri o raggiungere lo scopo della vita senza praticare qualche rinuncia. La nostra vita
pratica lo conferma. Quando ero bambino avevo un amico che metteva da parte la paghetta. Invece di
spenderla in dolci o andare al cinema, come tutti noi invariabilmente facevamo, egli la conservava e
alla fine i suoi risparmi gli permisero di acquistare unattrezzatura stereo. Ne rimasi molto
colpito. Per quanto mi riguardava era una cosa praticamente incomprensibile perché non ho mai saputo
risparmiare il denaro. Ho sempre speso immediatamente tutto ciò che avevo. In seguito questo mio
amico riuscì a divenire un medico di successo. Al liceo e alluniversità, mentre i suoi amici
uscivano per partecipare alle feste e divertirsi, egli restava a casa a studiare per prepararsi agli
esami. Allora compresi che per ottenere successo a lungo termine si deve rinunciare a molti piaceri immediati.

Per ottenere una posizione migliore nella vita da adulti si deve rinunciare ai molti piaceri
immediati che siamo spesso inclini ad inseguire da giovani. In altre parole, si deve praticare la
rinuncia. Dobbiamo essere capaci di controllare i nostri sensi. Senza il controllo dei sensi non
possiamo avere successo né a livello materiale né spirituale. Il controllo dei sensi è il traguardo
preliminare di ogni vero sistema yoga e nellastanga-yoga questo si realizza in modo accurato e
sistematico. Yama, il primo livello, significa evitare ciò che impedisce lottenimento del
risultato. Per esempio, si devono abbandonare abitudini come il sesso illecito, la TV, il cinema,
gli intossicanti e alcuni cibi, come carne, pesce e uova. Queste cose contaminano la coscienza,
allontanano lattenzione dal sé e la spostano sulle richieste fisiche del corpo e su altri fattori
esterni. Nyama, il secondo livello, riguarda le attività benefiche la meditazione giornaliera, le
ritualità, gli esercizi che si devono compiere per raggiungere lo scopo ultimo dello yoga,
lunione con il Supremo. È decisivo per uno yogi che vuol praticare lastanga-yoga evitare ad ogni costo lattività sessuale.

In questa pratica non è possibile avanzare senza una completa astinenza. Nella vita materiale comune
i piaceri per la massima parte vengono cercati fuori di noi. Cerchiamo la felicità del corpo o della
mente collegando i nostri sensi a oggetti o corpi esterni a noi oppure cerchiamo una gratificazione
mentale sotto forma di nome, fama, distinzione e potere. Il sistema dellastanga-yoga permette
invece di accedere ai piaceri più intensi propri dellanima. Prima però che si possa accedere a
questo piacere nascosto ci si deve trattenere dallimpegnare i sensi nel mondo esterno. In altre
parole, nel sistema dello yoga, la felicità ricercata non è quella che nasce dalla gratificazione
dei sensi. Questa non è da considerarsi vera felicità perché inevitabilmente porta alla sofferenza.

ye hi samsparsa-ja bhoga
duhkha-yonaya eva te
ady-antavantah kaunteya
na tesu ramate budhah

La persona intelligente si tiene lontana dalle fonti della sofferenza, determinate dal contatto dei
sensi con la materia. O figlio di Kunti, tali piaceri hanno un inizio e una fine, perciò luomo saggio non se ne compiace. (Bhagavad-gita 5.22)

Le Asana

Giungiamo così al terzo livello, le asana, noto come hatha-yoga alla maggior parte degli
occidentali. Questa disciplina prepara il corpo a rimanere in varie posizioni per lunghi periodi.
Leffetto secondario è rappresentato da un corpo sano e snello, ma il vero scopo è educare
gradualmente il corpo a restare nella stessa posizione per ore o per giorni e alla fine anche per
mesi ed anni. Se una persona non è capace di stare seduta nella posizione del loto per ore e per
giorni senza muoversi e senza sentirsi scomodo non può per esempio accedere con successo alla kundalini (un approfondimento sarà dato in seguito).

Pranayama

Dopo anni e anni di pratica, lo yogi che ha educato il corpo ad avere la padronanza delle asana nel
sistema dellhatha-yoga, passa nello stadio successivo, il pranayama, e comincia a lavorare sulla
respirazione. Lo scopo del pranayama, in parole semplici, è rallentare gradualmente il ritmo della
respirazione. La tradizione vedica insegna che la durata della vita per tutti gli esseri viventi è
determinata dal numero dei respiri. Rallentando il ritmo della respirazione, gli yogi esperti
possono prolungare la loro vita di anni anche di decine di anni o di secoli. Questo è necessario
perché diventare adepti delle varie discipline del sistema dellastanga-yoga richiede molto tempo.
Lo Srimad-Bhagavatam riporta la storia di un principe di nome Dhruva Maharaja, che si recò nella foresta per praticare questa disciplina allo scopo dincontrare Sri Visnu.

Egli praticò lo yoga in modo così determinato che alla fine si nutriva solo di foglie. Rimase in
piedi su una gamba per praticare il pranayama, riducendo gradualmente la frequenza del suo ciclo di
respirazione fino ad inspirare ed espirare solo una volta ogni sei mesi. Il vero scopo del pranayama
è tuttavia più elevato del semplice prolungamento della vita. Si tratta di essere capaci di sedere
in trance per meditare prima sul prana (aria vitale) e sui cakra (centri energetici), poi sul sé
interiore ed infine sullAnima Suprema nel cuore. Allungando gradualmente il ciclo della
respirazione si possono controllare le azioni del corpo e della mente. Se la mente diventa serena,
si può passare dallimpegno nel mondo esterno alla concentrazione interiore. Noi tutti conosciamo lespressione Fai un respiro profondo per calmare la mente. E funziona.

Pratyahara

Lo yogi che ha acquistato padronanza del respiro (come dice la Gita, fondendo laria espirata in
quella inspirata) è pronto per accedere al terzo livello. A questo livello, chiamato pratyahara, i
sensi vengono distolti da tutti gli impegni esterni. Il sé sposta la consapevolezza dal mondo fisico
al mondo interiore della mente. I sensi, assorti nel contatto con gli oggetti e le relazioni del
mondo fisico, vengono costretti a distaccarsi per concentrarsi sul mondo psichico interiore. Il
mondo della mente è sottile. Alcuni lo chiamano piano astrale. Nel pratyahara la coscienza passa
dallassorbimento sul piano fisico esterno a quello psichico interiore. Trascendentale o superiore
ad entrambi questi livelli è il piano della coscienza pura, a cui lo yogi tende con forza.

Dharana

Con unulteriore e difficile pratica, gli yogi capaci di mantenere la concentrazione della propria
coscienza progrediscono al livello di dharana, fissità completa sul mondo sottile interiore della
mente. Tutti gli impegni dei sensi sono cessati e lo yogi percepisce solo la mente. Non cè
percezione del suono, del tatto, della forma, del gusto o dellodore e manca dunque qualsiasi
consapevolezza del mondo esterno. Il dhyana, la meditazione, si ottiene solo quando si realizza il livello di dharana.

Dhyana

Nel mondo moderno le persone usano con troppa facilità il termine meditazione per descrivere
praticamente ogni tipo di concentrazione. Alcuni pensano perfino che semplicemente stare seduti,
rilassarsi e lasciar vagare la mente sia meditazione. Oppure se sono un po più avanzati pensano che
concentrarsi per cinque minuti su una fiamma, su un cerchio o su una parete significhi meditare.
Facciamo notare però che nel sistema classico dello yoga descritto nella tradizione vedica, la
meditazione non si può realizzare senza aver prima completamente eliminato tutti gli impegni
esteriori dei sensi e aver concentrato la coscienza sul sé. Solo allora si può avanzare al livello
di dhyana o meditazione. Ora lo yogi comincia a meditare e scopre lanima, il vero osservatore
interiore. Lanima finalmente osserva il proprio sé come una luminosa particella di coscienza allinterno del cuore.

Mentre comprende che questo è il vero sé, lo yogi maturo vede anche Krishna nella forma di Anima
Suprema, che vive nel cuore di ogni essere vivente. A volte lorgoglio o una conoscenza
insufficiente porta lo yogi a scambiare lAnima Suprema con il proprio sé e a concludere che egli
stesso è il Supremo. Lo yogi che commette questo errore non raggiungerà Vaikuntha, i pianeti
spirituali dove i devoti servono eternamente il Supremo e non andrà oltre il Brahman impersonale, la
radiosità spirituale del Signore. Perciò lo yogi che scopre Dio nel suo cuore può o mantenere una
posizione di umiltà arrendendosi a Lui o raggiungere qualsiasi risultato fino alla liberazione dal
mondo materiale. Questa è la prova finale dello yogi: ottenere una posizione materiale più elevata
fondendosi nel Brahman o diventare servitore di Dio. A questo punto scelta dello yogi essa sarà realizzata.

Samadhi

Lo yogi ora ha raggiunto il livello detto samadhi, lobiettivo finale della meditazione, ed è pronto
a lasciare il corpo col metodo a volte definito il risveglio della kundalini. Lo yogi spinge lanima
ad uscire dalla parte più alta del cranio e va dove è fissata la sua coscienza in quel momento.
Alcune storie di yogi riportate nella letteratura vedica dimostrano che lenergia liberata in questo
modo è così grande che il corpo a volte viene consumato dal fuoco. Dallo Srimad-Bhagavatam
apprendiamo che quando il re Dhritarastra si recò nella foresta per lasciare il corpo fece
incendiare la foresta. Fu in questo fuoco che sua moglie, Gandhari, e la regina Kunti, la madre dei
Pandava, entrarono insieme per liberarsi dai loro corpi mortali. Solo quando si è raggiunto il
livello di samadhi si può cominciare a risvegliare la kundalini. Lo yogi spinge laria vitale
(prana) dal mulacakra, il più basso dei cakra, a salire gradualmente attraverso gli altri cakra del corpo fino a raggiungere il cakra del cuore.

Da questa posizione lanima si eleva al più alto dei cakra, situato sulla sommità del cranio.
Spingere il prana verso lalto attraverso i vari cakra realizza il risveglio della kundalini. Quando
la kundalini sale, la pressione allinterno del corpo diventa così grande che lo yogi deve usare le
tecniche asana e pranayama per chiudere tutte le aperture del corpo evitando che lanima sfugga
attraverso una qualsiasi di esse. La letteratura vedica chiama il corpo la città dalle nove porte
(lano, i genitali, la bocca, le due narici, i due fori degli orecchi e i due occhi). La pratica di
questo tipo di yoga è estremamente difficile nellera moderna. Gli yogi del passato andavano nella foresta per praticare lastanga-yoga e lasciare il corpo.

Lo Yoga del Canto

Per ottenere la perfezione spirituale nellera attuale, il Kali-yuga, la letteratura vedica non
consiglia lastanga-yoga perché è una pratica molto difficile. Consiglia invece il semplice, sublime
metodo del canto del maha-mantra Hare Krishna, che può essere praticato ovunque, anche in
unabitazione al centro di una città. In effetti una persona può trarre maggior beneficio dal canto
dei santi nomi del Signore stando seduto in un appartamento di città anziché sullHimalaya a
praticare lastanga-yoga per 100.000 anni, la durata normale della vita delle persone nel
Satya-yuga, quando questa pratica costituiva la normalità. Krishna nella Bhagavad-gita afferma che
praticando il bhakti-yoga si possono ottenere tutti i risultati realizzati praticando qualunque altro tipo di yoga. Lo Srimad-Bhagavatam (12.3.52) a sua volta afferma:

krite yad dhyayato visnum
tretayam yajato makhaih
dvapare paricaryayam
kalau tad dhari-kirtanat

Qualsiasi risultato si poteva ottenere nel Satya-yuga con la meditazione su Visnu, nel Treta-yuga
con il compimento di sacrifici e nel Dvapara-yuga con il servizio ai piedi di loto del Signore, può essere ottenuto nel Kali-yuga col semplice canto del maha-mantra Hare Krishna.

Le persone dellera attuale sono solo troppo disturbate per sedersi a praticare lantico sistema
dello yoga. Forse pochi yogi possono ancora recarsi sullHimalaya, sedersi isolati in una grotta di
montagna e praticare questo metodo, ma per la gente in generale questo non è possibile. Né ci sono
insegnanti qualificati per guidare uno studente sincero in questo metodo yoga. La differenza
fondamentale tra il sistema astanga-yoga e il sistema bhakti-yoga è che nel primo gli yogi cercano
di elevarsi con i loro sforzi mentali e intellettuali. Nel bhakti-yoga chiediamo a Krishna di
raccoglierci e riportarci da Lui. Srila Prabhupada paragonava la differenza tra i due metodi al
diverso modo con cui un gattino e una scimmietta vengono trasportati dalle loro rispettive madri. La
piccola scimmia si tiene a sua madre con le sue forze. Quando la scimmia madre salta qua e là da un albero allaltro, il suo piccolo può perdere la presa e cadere a terra.

Il gattino invece, viene portato in salvo da sua madre, dipendendo solo dalla forza della madre.
Nello stesso modo il bhakti-yogi, consapevole di non aver alcun potere senza Krishna, dipende
esclusivamente da Lui. Gli astanga-yogi si sforzano di attraversare loceano della sofferenza
materiale con le proprie forze e non hanno alcuna garanzia di riuscirci. Colui che si arrende a Krishna può invece facilmente superare lignoranza.

daivi hy esa guna-mayi
mama maya duratyaya
mam eva ye prapadyante
mayam etam taranti te

Questa Mia energia divina, costituita dalle tre influenze della natura materiale è difficile da
superare, ma coloro che si abbandonano a Me ne varcano facilmente i limiti. (Bhagavad-gita 7.14).

Il bhakti-yoga è infinitamente più facile e sicura che manipolare il prana e i cakra per far passare
lanima dalla sommità del cranio nel momento finale. Nel bhakti-yoga Krishna aiuta il Suo devoto a raggiungere la meta finale.

Jahnudvipa Dasa si unì allISKCON nel 1982 a Copenhagen. Ha dedicato il suo servizio alla
distribuzione dei libri, a Radio Krishna e alla traduzione e correzione per il Bhaktivedanta Book
Trust. Negli ultimi nove anni ha vissuto con sua moglie, Braja Sevaki Dasi, a Mayapur, dove disegna per libri e riviste dellISKCON.

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