Un interruttore cerebrale per i desideri irresistibili

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Un interruttore cerebrale per i desideri irresistibili

22 dicembre 2017

La scoperta che i desideri compulsivi lasciano una “firma” in un’area del cervello e che una
stimolazione elettrica è in grado di bloccarne l’attuazione potrebbe aprire la strada a interventi
su chi abusa di sostanze o ha comportamenti ossessivo-compulsivi. Ma la tecnica usata dai
ricercatori non è applicabile su esseri umani e sono quindi necessari studi ulteriori

di Simon Makin/Scientific American

Il sistema cerebrale di ricompensa impara i comportamenti che producono risultati positivi, come
ottenere cibo o sesso e rinforza il desiderio di quei comportamenti inducendo una sensazione di
piacere nell’anticipazione dell’azione correlata. Tuttavia, in alcune circostanze questo sistema può
diventare ipersensibile a comportamenti piacevoli ma dannosi, producendo impulsi patologici che
sfociano nella tossicodipendenza, nell’ingestione incontrollata di cibo (binge eating) e nel gioco
compulsivo.

Ma se potessimo individuare nel cervello i desideri compulsivi e intervenire per prevenire l’atto?
E’ quanto promette un nuovo studio, pubblicato il 18 dicembre scorso sui “Proceedings of the
National Academy of Sciences”, guidato dal neurochirurgo Casey Halpern, della Stanford University.

Il suo gruppo ha identificato una “firma” dei desideri compulsivi in una parte del circuito di
apprendimento per ricompensa del cervello, il nucleus accumbens. E l’invio di impulsi elettrici a
questa regione per rilevarne l’attività ha ridotto le abbuffate incontrollate nei topi usati
nell’esperimento.

I ricercatori hanno anche osservato la stessa firma in un cervello umano, suggerendo che la tecnica
potrebbe trattare una serie di condizioni che implicano comportamenti compulsivi. “Abbiamo
identificato un biomarcatore cerebrale della perdita di controllo”, dice Halpern. “Se potessimo
usarlo per impedire una qualsiasi di queste azioni pericolose, potremmo aiutare molte persone”.

I ricercatori hanno utilizzato una versione della stimolazione cerebrale profonda (SCP), un
trattamento già utilizzato per ridurre il tremore tipico della malattia di Parkinson che si è
rivelato promettente anche in altre condizioni, tra cui la depressione e il disturbo
ossessivo-compulsivo. Si discute ancora su come esattamente la SCP possa dare benefici, ma si sa che
può dare effetti collaterali. Quando si trattano i disturbi del movimento, i pazienti possono
avvertire formicolio e contrazioni muscolari, afferma il neurochirurgo Tipu Aziz dell’Università di
Oxford. Le conseguenze a lungo termine in altre regioni sono sconosciute, ma potrebbero includere
attacchi epilettici o effetti sulle capacità cognitive, dice.

Di solito, la SCP stimola un’area cerebrale con una corrente ininterrotta. Ma i ricercatori stanno
studiando il modo per comunicare impulsi elettrici solo quando necessario, monitorando l’attività
cerebrale correlata a una particolare condizione o a un particolare sintomo. Questa tecnica, nota
come “neurostimolazione reattiva” (NSR), si è dimostrata efficace per l’epilessia e un sistema
esistente è stato approvato dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti per il trattamento
delle crisi parziali (che colpiscono solo una parte del cervello). C’è anche qualche prova che l’NSR
possa essere migliore della stimolazione continua per il trattamento del Parkinson, dice Aziz.

Il gruppo di Halpern aveva precedentemente dimostrato che nei topi la SCP standard riduce la
tendenza alle abbuffate anche del 50 per cento. Per applicare la stimolazione necessaria, i
ricercatori hanno cercato nel cervello una “firma” dei desideri compulsivi da poter usare per
l’innesco della stimolazione. Hanno dato a sei topolini un cibo ad alto contenuto di grassi un’ora
al giorno per 10 giorni (periodo dopo il quale tutti i topi erano affetti da disturbo da
alimentazione incontrollata). Hanno registrato l’attività del nucleus accumbens degli animali prima
e dopo questo periodo di “apprendimento” e quando i topi hanno seguito diete normali. Hanno così
riscontrato un aumento dell’attività delle onde cerebrali a bassa frequenza (“le onde delta”) nel
nucleus accumbens, che ha raggiunto il picco un secondo prima che il topo in questione si
abbandonasse a un’abbuffata.

Questa attività non si manifestava all’inizio dell’esperimento o quando gli animali stavano
consumando mangime normale, senza un elevato tenore di grassi. Hanno anche dimostrato che questa
firma era specifica dell’alimentazione incontrollata, poiché non si era manifestata immediatamente
prima che gli animali interagissero con un topo giovane e considerato piacevole dagli altri topi.
“Non vogliamo bloccare le ricompense naturali”, dice Halpern. “E non vogliamo perseguitare chi segue
gli impulsi: anche a me mi piace un bicchiere di vino.”

Dopo aver identificato il segno del “momento di debolezza”, il gruppo ha successivamente verificato
se il suo utilizzo per innescare la simulazione elettrica per interrompere l’impulso riducesse
l’alimentazione incontrollata. Hanno confrontato la stimolazione innescata automaticamente con una
stimolazione continua, casuale e manuale in cui un ricercatore attivava l’elettrodo quando vedeva il
topo muoversi per iniziare a mangiare. Tutte le stimolazioni tranne quella casuale hanno ridotto la
quantità di cibo consumata. Ma hanno anche mostrato che solo la stimolazione continua diminuiva la
quantità di tempo trascorso dai topi nell’interazione con i topi giovani, considerato un effetto
collaterale indesiderabile.

Il gruppo si è poi dedicato a un cervello umano per vedere se la firma scoperta nei topi si
applicasse anche alle persone. Sono riusciti a condurre la loro ricerca su un paziente con disturbo
ossessivo-compulsivo che non rispondeva ad altri trattamenti e aveva optato per un intervento
chirurgico per la SCP. Hanno monitorato un elettrodo impiantato nel nucleus accumbens di un uomo
mentre eseguiva un compito in cui era richiesto di premere un pulsante quando un bersaglio visivo
lampeggiava su uno schermo per ricevere una ricompensa in denaro. Nel soggetto abituatosi al compito
e alla ricompensa in denaro, i ricercatori hanno osservato un aumento dell’attività delta simile a
quello osservato nei topi: le onde cerebrali s’intensificavano immediatamente prima di iniziare un
compito.

Il fatto che simili attività cerebrali siano state osservate in entrambe le specie per comportamenti
diretti a ricompense diverse suggerisce che questa firma potrebbe essere comune a molti
comportamenti compulsivi. Naturalmente, nessuno con una dipendenza dal gioco si sottoporrebbe a un
intervento neurochirurgico né i medici lo prenderebbero in considerazione. “Il nostro obiettivo sono
le persone che stanno morendo a causa della loro condizione o che sono gravemente debilitate”, dice
Halpern. “Oppure le persone che stanno per subire un intervento chirurgico gastrico o quelle che lo
falliscono perché non possono smettere di alimentarsi in modo compulsivo, o ancora gli alcolizzati”.

Un possibile problema è che, se è troppo specifica, la firma di una compulsione potrebbe non essere
rilevante per più disturbi o addirittura non essere applicabile al di fuori del laboratorio per un
uso clinico di routine. “Non è del tutto chiaro se questo segnale sia collegato all’esperimento e al
suo comito o al comportamento”, afferma lo psichiatra Damiaan Denys dell’Università di Amsterdam,
nei Paesi Bassi, che non era coinvolto nello studio. Se è troppo generico, si può immaginare una
situazione in cui un soggetto trattato perché mangiava compulsivamente non può più divertirsi
giocando a blackjack. “Ma è importante perché mostra che è possibile rilevare un segnale che può
essere usato per i disturbi psichiatrici”, dice Denys.

Questa è una ricerca preliminare, che coinvolge un solo essere umano, senza mostrare un effetto
terapeutico. “È stato il primo studio umano per validare i nostri studi sui topi, ora dobbiamo
replicarlo su un campione più ampio”, dice Halpern. “Abbiamo fatto domanda presso i National
Institutes of Health per testarlo sui pazienti obesi che mostrano comportamenti compulsivi”.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Scientific American il 19 dicembre 2017.
Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

www.scientificamerican.com/article/an-electrical-brain-switch-shuts-off-food-cravings/

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