Oltre la velocità della luce

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Oltre la velocità della luce

di Ludovico Polastri

Recentemente, grazie allesperimento effettuato dal CERN di Ginevra capitanato dal fisico italiano
A. Ereditato, è stata data la notizia del superamento della velocità della luce da parte di un
fascio di neutrini. Ma è stata la prima volta che si è verificato il (probabile) superamento della velocità della luce?

È stato grazie alle scoperte di N. Bohr, condividendo le idee di Planck ed Einstein, che si è
potuto verificare come lenergia si propaghi grazie a pacchetti ben definiti, dipendenti dalla
frequenza v di oscillazione e da una costante h (la costante di Planck) secondo la formula: E=hv;
questa teoria si ricollega a quella dello studio dell’atomo costituito da due parti principali: una
centrale elettrica-mente positiva, il protone, ed una periferica elettricamente negativa,
lelettrone. Le due parti, che sono normalmente in equilibrio, costituiscono latomo; questultimo a
sua volta può sussistere in due stati: o di quiete, dove l’elettrone ruota stabilmente su un’orbita
determinata dai parametri fisici del sistema oppure eccitato quando l’elettrone, acquisendo energia
sotto forma di radiazione, si spo-sta su un’orbita più esterna per mantenere l’equilibrio del
sistema. Questa energia, secondo la teoria quantistica, non è un flusso continuo, ma un pacchetto
detto quanto. A questo fondamentale comportamento si è aggiunta la nuova scoperta che lelettrone
era sia unonda che una particella. Continuando nelle ricerche si posero le basi della nuova teoria
e si definì il numero quantico che identificava l’orbita dell’elettrone come energia, forma, orientamento dell’orbita e spin.

La teoria della trasmissione dellinformazione, si basa sostanzialmente sugli stessi principi. Per
trasmettere uninformazione dobbiamo ricorrere al meccanismo della campionatura; in altre parole si
deve quantizzare il segnale secondo una frequenza, chiamata frequenza di campionamento che
permetterà di ottenere uno spettro continuo ossia una forma donda. Definito il periodo di
campio-namento come inverso della sua frequenza saremo in grado di trasmettere e replicare
linformazione senza problemi. Nel 1938 C. Shannon dimostrò che il fluire di un segnale elettrico
attraverso una rete di interruttori, che possono essere “accesi/spenti”, segue le regole
dell’algebra di Boole. Fino a quel periodo il sistema binario di Boole, fondato sulla manipolazione
dei numeri 1 e 0 era poco noto, ma il lavoro di Shannon contribuì notevolmente alla sua diffusione.

Egli pensava, infatti, che questo tipo di logica avrebbe potuto permettere a molte macchine di
compiere una grande quantità di operazioni. A Shannon si deve la moderna teoria dell’informazione
che fu elaborata mentre si occupava di crittografia. La sua opera Teoria matematica della
comunica-zione, pubblicata nel 1948 sul Bell System Technical Journal, pose le basi del moderno
sapere informatico, introducendo anche una terminologia specifica, il cosiddetto codice binario ed
il bit. Inoltre, lingegnere americano provò che linformazione fluisce attraverso canali tra loro
diversi ma tutti caratterizzati da una sola grandezza essenziale: la capacità, cioè il numero di bit
che si possono trasmettere nellunità di tempo. Linformazione può essere inviata fedelmente
soltanto se la quantità di informazione prodotta alla sorgente non eccede la capacità del canale,
riducendo il problema delle comunicazioni ad una semplicissima disuguaglianza nota anche come
limite di Shan-non. A ciò si aggiunga che per avere una buona trasmissione e ricezione della
trasmissione si deve essere in possesso di opportuni codificatori e decodificatori che sfruttino
appieno la capacità del canale, pena un aumento del rumore di fondo e dunque della impossibilità di effettuare una buona comunicazione.

Quanto detto è il presupposto per trattare la gestione dellinformazione di qualsiasi natura essa
sia, come testi, voci, suoni, immagini che si propagano in cavi elettronici, aria, vuoto e via
dicendo. Dunque possiamo affermare che per trasmettere e ricevere uninformazione bisogna tenere
presente che la sua trasmissione, oltre che ad essere discreta, deve essere codificata e
decodificata. Non ha senso parlare di analisi di un segnale se esso non trasporta uninformazione
con tutti i limiti che abbiamo visto. Una misura di un evento è collegata necessariamente a queste
considerazioni. I fotoni, che sono associati ad unonda elettromagnetica, trasmettono linformazione
(sono stati messi a punto diodi per i sensori di strumentazioni elettroniche) e non superano la
velocità della luce. I neutrini, viceversa, non interagendo se non debolmente con la materia,
trasportano sì informazione, ma non sono in grado di trasportarla in modo fruibile.

Oltre la velocità della luce

Recentemente, grazie allesperimento effettuato dal CERN di Ginevra capitanato dal fisico italiano
A. Ereditato, è stata data la notizia del superamento della velocità della luce da parte di un
fascio di neutrini. Ma è stata la prima volta che si è verificato il (probabile) superamento della
velocità della luce? La risposta è no. La velocità della luce infatti è già stata superata altre
volte. Nel 2000 il fisico di origini cinesi Lijun Wang progettò una macchina costituita da un
contenitore lungo sei cen-timetri contenente cesio allo stato gassoso. Se una cavità viene
configurata adeguatamente questo gas presenta una proprietà molto particolare nota come dispersione
anomala (per effetto dispersivo si intende la possibilità di scindere un impulso nelle sue
componenti principali); ed è grazie a questo effetto che la cavità si trasforma in un dispositivo superluminale..
Nel caso della luce, per esempio, leffetto dispersivo produce raggi luminosi con diverse frequenze.
Lesperimento di Wang, grazie a questa proprietà fa sì che la luce, grazie ai vapori di cesio, possa
venir scissa nelle sue componenti blu e rosse evidenziando che le frequenze vicine al rosso
rallentano la luce rossa maggiormente rispetto a quelle blu. Limpulso si muove di fatto ad una
velocità maggiore di quella della luce: sperimentalmente esso emerge infatti, uscendo dai vapori di
cesio, ben 62 nanosecondi prima dellesserci entrato. Questo esperimento è stato più volte
riprodotto dan-do gli stessi risultati. Non solo. D. Gauthier, fisico della Duke University, ha
ripetuto lesperimento cambiando i vapori di cesio in quelli di potassio ed osservando che limpulso
luminoso esce dalla cavità 27 nanosecondi prima di quando sarebbe dovuto uscire se si fosse propagato alla velocità della luce.

Sempre nel 2000 il fisico italiano A. Ranfagni prese un fascio di microonde e dopo averlo inviato
attraverso un anello lo fece riflettere su uno specchio curvo, creando un fascio di Bessel di
radia-zione a microonde. In altre parole un fascio di onde piane che si intersecano formando una X.
Eb-bene lo scienziato osservò e provò che lintersezione del fascio si muoveva ad una velocità del 7
per cento superiore a quella della luce. Sembrava che la teoria della relatività ristretta sarebbe
stata da riscrivere, proprio come la scoperta del CERN di Ginevra sta cercando di fare. Ma è proprio
così? La risposta è no. Le cose cambiano infatti se gli impulsi ottenuti grazie alla manipolazione
nei vapori dei diversi gas, così come il fascio di Bessel, devono trasportare informazione. Per
mandare uninformazione, come già accennato, bisogna mandare un bit. Nellesperimento condotto da
Gauthier si cercò allora di configurare il raggio luminoso in modo da renderlo più brillante dopo un
breve intervallo di tempo, codificando così un 1, oppure meno brillante dopo lo stesso intervallo,
codificando così uno 0. Allaltra estremità della cavità un rilevatore registrava listante in cui
riusciva a distinguere un impulso 1 da un impulso 0 con un notevole livello di precisione.

Se la cavità fosse riuscita davvero a far viaggiare linformazione ad una velocità maggiore di
quella della luce, il rilevatore avrebbe registrato un impulso 1 o uno 0 più rapidamente di quanto
avrebbe fatto nel caso di un impulso propagatosi alla velocità della luce. In altre parole
linformazione sarebbe dovuta viaggiare ad una velocità superiore a quella della luce. Ma si scoprì
esattamente il contrario. In conclusione, la parte dellimpulso in cui si trova linformazione, il
punto in cui è seduto il bit, ha sempre una velocità inferiore a quella della luce, anche quando limpulso stesso vìola quel limite.

Stessa cosa posso affermare nel caso in cui voglia trasmettere informazione con unulteriore tecnica
superluminale, basata su una proprietà singolare del mondo subatomico nota come effetto tunnel
quantistico. È noto che se lancio un oggetto massivo contro un altro oggetto solido questultimo fa
rimbalzare loggetto incidente; non è possibile che loggetto passi indisturbato dallaltra parte
della barriera. Nel mondo quantistico questo non è più vero. Un fotone, per esempio può oltrepassare
la parete di un contenitore ermetico provocando una ricezione del segnale in un rivelatore di
radiazioni. Presso luniversità della California alcuni scienziati sono riusciti a far oltrepassare
alcuni fotoni scagliati contro una barriera di silicio ottenendo effetti superluminali. I
ricercatori immediatamente supposero che questa proprietà potesse essere sfruttata anche per
trasmettere segnali con velocità superiori a quelle della luce. Ma così non accadde. Era successo
infatti che il fronte del pacchetto donda era stato alterato a tal punto da non poter trasportare
nessuna informazione utile. In altre parole anche se i fotoni possono viaggiare più veloci della luce linformazione non può farlo.

EPR

Albert Einstein non ha mai voluto rassegnarsi alle stranezze del mondo quantistico. In altre parole
non ha mai creduto che fosse possibile la violazione del principio di località. Infatti se questo
principio potesse essere vero la velocità della luce sarebbe infranta poiché linformazione tra
particelle avverrebbe istantaneamente. Einstein ha preso in considerazione il problema nel 1935,
insieme ai suoi colleghi Podolsky e Rosen, da cui le iniziali EPR. Si tratta di un esperimento
ideale che avrebbe dovuto mettere in luce lassurdità della meccanica quantistica ma che in realtà
aprì le porte a conside-razione profonde ed attualmente ancora oscure e non spiegate dalla scienza.

Nellesperimento veniva sfruttata una proprietà quantistica, nota oggi come entanglement
(aggrovi-gliamento). Se due particelle sono in entanglement una sola misura di una delle due
particelle fa in modo che si conosca anche lo stato dellaltra. Da un punto di vista
dellinformazione i due oggetti si comportano, in un certo senso, come se fossero una particella
sola. Misurandone una è come se si misurassero entrambe. Vediamo rapidamente una possibile
applicazione. Supponiamo di usare la proprietà rotazionale di particelle subatomiche in stato
entangled; supponiamo che una particella sia nello stato 0 ed unaltra nello stato 1. In linea
teorica la meccanica quantistica afferma che i due stati possono essere tra loro sovrapposti finché non si effettua una misurazione.

Supponiamo di proiettare su fronti opposti le due particelle per distanze enormi e di farle
arrivare, per assurdo, in due galassie opposte. Ebbene nel momento in cui effettuo una misura su una
di esse la funzione donda caratteristica della particella collassa e rivela il suo stato,
supponiamo 1; automaticamente laltra par-ticella assumerà lo stato 0. Quello che poteva essere
unipotesi fantascientifica è stata provata spe-rimentalmente nel 1982 dal fisico A. Aspect
osservando lazione a distanza di particelle tra loro interlacciate. Attualmente diverse altre prove
sono state fatte presso lUniversità di Ginevra ad opera del fisico N. Gisin che ha usato fotoni
entangled per verificare la loro possibile variazione di stato a seguito della misurazione di uno di
essi. La prova è consistita nellintrodurre nella rete di fibre ottiche di due paesi tra loro
distanti 10 chilometri circa, fotoni entangled. Ebbene alluscita di uno di essi in un paese,
laltro, nel paese distante, ha registrato una variazione di stato opposta. Con un orologio molto
preciso si è verificato che la velocità dellentanglement quantistico sarebbe stata di almeno milioni di volte quella della luce.

Dunque, se le particelle teoricamente comunicano davvero a velocità superluminali, potremmo usarle
per trasmettere messaggi? Pur rimanendo il fenomeno dellentaglement un autentico mistero ancora
irrisolto, la domanda ha risposta negativa. Come lera della fisica classica terminò con la nascita
della relatività e della meccanica quantistica così lera dellinformazione classica ha ceduto il
passo ad una teoria più profonda, nota come teoria dellinformazione quantistica ancora agli stati
iniziali di studio. I teorici dellinformazione non parlano ormai più di bit bensì di qubit. Abbiamo
detto che nella teoria dellinformazione classica la risposta ad una domanda deve essere solo o sì o
no, ossia 0 o 1; tuttavia gli oggetti quantistici ammettono anche unaltra risposta, molto più
ambigua e contraddittoria: sì e no, 0 e 1 contemporaneamente. Tuttavia linformazione per essere
gestibile e riprodurre la realtà deve obbligatoriamente fare una scelta tra 0 ed 1, limitando così
il trasferimento dellinformazione alla velocità della luce. Se così non fosse sarebbe oltretutto
violato il principio di indeterminazione di Heisemberg, caposaldo della meccanica quantistica.

La teoria dellinformazione quantistica, lo studio dei qubit, costituisce il tema più scottante
della fisica contemporanea. In pratica i qubit possono fare cose che i bit classici non possono
fare. Se po-tessi progettate un calcolatore che prevedesse la gestione anche dei qubit sarei di
fronte al computer più potente mai costruito; renderebbe inutile qualsiasi protezione crittografata
di dati sensibili: potrebbero essere svelati in un batter docchio. Attualmente il dipartimento
della difesa americano sta investendo grosse cifre su progetti di ricerca nellambito
dellinformazione quantistica, tuttavia sembra che allo stato attuale il computer più evoluto possa
gestire al massimo 7 qubit, pari alla capacità di calcolo di un bambino di 10 anni: davvero pochi. Lopinione generale è che la tecnica non permetterà di andare molto più in là.

Conclusioni

Al termine di queste considerazioni possiamo affermare che, a meno di scoperte clamorose future, il
principio di non località non può permettere la trasmissione di uninformazione utile alla
descrizione della realtà a noi conosciuta e percepita, risultando pertanto inutilizzabile.
Uninformazione per essere descrittiva della realtà a noi visibile deve necessariamente viaggiare a
velocità non superiori a quelle della luce. Tuttavia questa affermazione ha un risvolto tuttaltro
che secondario; abbandonando il principio di località e oltrepassando dunque il principio di
Cophenagen, ci si inoltra in un mondo unitario: un sistema fisico, qualunque esso sia, deve essere
considerato come un tutto indivi-sibile. Riassumendo rozzamente il teorema di Bell potremmo
affermare che la meccanica quantistica da una parte e teorie realistiche locali dallaltra, sono in
contrasto tra loro. Se lesame dei risultati sperimentali permette di concludere che la meccanica
quantistica descrive, anche se statisticamente, la realtà, le teorie locali forniscono per questi
risultati evidenze smentite sperimentalmente. Inoltre dato che tutto quello che noi chiamiamo
approssimativamente realtà è necessariamente interconnesso in una concezione unitaria, per ora ci
sfugge la trama nascosta che fa sì che questo avvenga senza contraddizioni o senza rinunciare alle
tre peculiarità che il paradosso EPR ha evidenziato: realtà, località, completezza.

Scritto da Ludovico Polastri
È laureato in Ingegneria Meccanica all’Università di Brescia, ha conseguito la specializzazione post
lauream presso il Politecnico di Milano ed effettuato corsi di specializzazione in
ambito:Produttivo, Certificazione dei Sistemi di Qualità e Ambientali Aziendali, Organizzazione e
Gestione Ambientale. Ricopre da molti anni ruoli di responsabilità in ambito tecnico, produttivo e
impiantistico per conto di importanti realtà aziendali. Si occupa inoltre di aspetti normativi e
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