La Scienza del Kriya Yoga di Roy Eugene Davis

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La Scienza del Kriya Yoga di Roy Eugene Davis

Tratto da: ROY EUGENE DAVIS EDIZIONI VIDYANANDA

Roy Eugene Davis nacque nel 1931 e trascorse i suoi primi anni in una comunità rurale nel nord
dell’Ohio. R. E. Davis incontrò Paramahansa Yogananda nel dicembre del 1949, e divenne discepolo del
grande maestro di Yoga. Dopo quattro anni di disciplina e pratica Yoga in un ambiente monastico,
passò due anni nell’esercito degli Stati Uniti e quindi cominciò il suo ministero spirituale.

R E. Davis ha scritto più di venti libri, è redattore-editore del ‘Truth Journal’ e presidente del
‘Center for Spiritual Awareness’. Tra i suoi libri più importanti citiamo: ‘Light on the Spiritual
Path’, ‘The Philosophy and Practice of Yoga’; ‘One Life, Being, Power and Substance’. È famoso nel
mondo per i suoi scritti, le sue conferenze e i suoi seminari. Ricercatori entusiasti partecipano ai
suoi programmi negli Stati Uniti, in Canada, in Giappone e in Europa. Come rappresentante della sua
linea di guru, R E. Davis condivide il messaggio del Kriya Yoga con migliaia di ricercatori e discepoli.

Kriya Yoga: le tecniche e la pratica

UNO

– Iniziazione alla Vita Superiore –

L’iniziazione è un nuovo inizio. Ogni volta che proviamo un risveglio di coscienza che produce una
maggiore comprensione e un’accresciuta capacità di agire, abbiamo fatto un’esperienza d’iniziazione.
Nelle tradizioni illuminate l’iniziazione è considerato il momento della rinascita. Nel Vangelo di
San Giovanni (3: 3) leggiamo: “In verità ti dico, se un uomo non rinasce dall’alto, non può vedere
il regno di Dio”. Con queste parole Gesù proclamò quanto siano necessari per l’uomo l’evoluzione e il risveglio spirituale.

Finché uno è legato ai sensi non può comprendere le essenze più sottili che si trovano in natura, e
neppure la realtà del proprio essere. Con l’evoluzione interiore, con il risveglio delle energie
assopite e dell’intuizione, si comincia a percepire chiaramente, senza errore, cos’è la vita, cos’è
la verità assoluta sulla vita. Quando un’anima è matura per l’esperienza, questo risveglio può
avvenire naturalmente e spontaneamente. Può avvenire anche durante la cerimonia d’iniziazione, quando il guru imparte la sua shakti e la sua coscienza.

La vera iniziazione è un battesimo spirituale. L’uomo, nato dagli elementi materiali, si evolve
spiritualmente quando in lui dominano le forze divine. Il regno dei cieli, la realizzazione del Sé,
è dentro ciascuno di noi, anche se non ce ne accorgiamo finché in qualche misura non sperimentiamo
un risveglio spirituale. È davvero un momento fortunato quando un devoto ricercatore spirituale entra a far parte come discepolo della tradizione illuminata a lui destinata.

È allora che egli s’impegna totalmente a condurre una vita di disciplina volontaria, per realizzare la liberazione della coscienza.

– Che cosa bisogna fare per essere iniziati? –

Chi cerca l’iniziazione deve avere la volontà di rinunciare per sempre a tutto ciò che non è
conforme alla ricerca spirituale. Dev’essere disposto a rinunciare a pensieri, azioni, sentimenti e
relazioni che hanno le loro radici nella natura condizionata, rafforzata dagli impulsi dell’ego.
Deve ascoltare con riverenza le istruzioni del suo guru e seguire i suoi consigli. Chi è legato ai
sensi, chi è agitato, o egocentrico, non è ancora pronto per l’istruzione spirituale. Questa persona
è ancora notevolmente identificata con i tre chakra inferiori. Quando il chakra del cuore è
dominante, si diventa devoti e costanti sul sentiero. A questo punto si è pronti ad intraprendere il sentiero del discepolato.

Non dobbiamo essere frenetici nella nostra ricerca di un guru, o dell’iniziazione. Con la grazia di
Dio, quando saremo pronti a vivere la relazione guru-discepolo, questa sboccerà naturalmente. Una
volta un ricercatore andò a trovare un santo e gli chiese: “Vi prego, guidatemi da un perfetto
maestro”. Il santo sorrise e rispose con dolcezza: “Sei tu un perfetto discepolo?”. Quando saremo
pronti a ricevere l’insegnamento interiore, Dio farà in modo che le circostanze siano disposte in maniera tale da renderlo possibile.

Una volta che abbiamo stabilito il rapporto a noi destinato, sta a noi mostrarci degni della nostra
alta vocazione. Non dobbiamo discutere con il guru, né cercare in alcun modo di ricevere istruzioni
alle nostre condizioni. Sri Yukteswar commentò una volta: “Alcuni discepoli stanno cercando un guru
fatto a loro immagine!”. Nel Vangelo di San Marco (10: 17-22) è descritto un incontro molto
interessante tra Gesù e un giovane ricco, che era andato da lui per essere istruito. Il giovane
chiese: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Gesù ricordò al ricercatore i
comandamenti da osservare, e questi rispose che li aveva già osservati scrupolosamente. Il verso
ventuno dice: “Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca; va’, vendi
quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”. Ci viene detto
che il giovane “si rattristò per quelle parole, e se ne andò afflitto; poiché aveva molti beni”.

Il guru non ci chiede di diventare poveri, o di esibire grandi prove di rinuncia; un vero guru però
sa come colpire direttamente al cuore delle necessità di un discepolo e consigliarlo nella maniera
più appropriata. La morale della storia è che il ricercatore era più attaccato ai suoi possessi che
all’ideale di conoscere Dio. Molte persone ricche hanno successo nel sentiero spirituale. Non sono
le nostre relazioni, o i nostri possessi che impediscono il dischiudersi dell’anima; ma, sono i
nostri attaccamenti alle relazioni e ai possessi. In questa linea di guru, tutti i maestri sono stati palesemente in grado di fare un uso responsabile delle cose materiali.

Mahavatar Babaji può materializzare e smaterializzare le cose, e quindi è chiaramente un maestro
dell’universo materiale. Lahiri Mahasaya occupava un posto di responsabilità e lavorava per
mantenere la sua famiglia e fare azioni caritatevoli. Sri Yukteswar nacque in una famiglia
abbastanza ricca e non fu costretto a lavorare sotto altri per guadagnare. Paramahansaji nacque in
una famiglia veramente benestante, anche secondo i criteri moderni. Alcuni dei miei fratelli
spirituali che hanno raggiunto i massimi livelli nella meditazione Kriya Yoga sono molto ricchi. Il
segreto consiste nel riuscire ad assumere un’attitudine di saggia amministrazione delle cose e del denaro.

Quando Babaji autorizzò Lahiri Mahasaya a trasmettere gli insegnamenti sacri agli altri, gli disse:
“Prima di iniziare un uomo, chiedigli di offrirti sua moglie”. Quindi spiegò che se un uomo offre al
guru sua moglie, da quel momento in poi deve considerarla come sua compagna spirituale; e la
tratterà con il massimo rispetto in tutte le circostanze. Se un discepolo offre al guru i suoi
possessi, essi non appartengono più a lui, ma a Dio. Il guru non ha bisogno dei beni del discepolo;
egli desidera soltanto che questi cambi la sua attitudine verso i possessi; egli vuole che comprenda che la realizzazione di Dio è la prima cosa in ordine di priorità.

Nella tradizione Yoga, quando uno viene accettato per l’addestramento ed è invitato a ricevere
l’iniziazione, viene istruito in materia di filosofia, di comportamento e di metodi di meditazione. Il guru insegna il tipo di meditazione che ritiene più utile al nuovo discepolo.

Potrebbe essere un semplice mantra, oppure un mantra più complesso, o delle tecniche che possano
aiutarlo nella concentrazione e nella contemplazione. Qualunque cosa sia data dal guru è data con la
sua benedizione. La shakti del guru viene trasmessa al discepolo nel momento in cui viene data
l’iniziazione. Questo è qualcosa che pochi capiscono; in effetti al momento dell’iniziazione, il
guru spartisce la sua vita con il discepolo. Se il discepolo è pronto a ricevere, si sintonizza con
la mente e la coscienza del guru e, tramite lui, con l’intera linea di guru e con Dio.

Durante la semplice cerimonia dell’iniziazione, è consuetudine che il nuovo discepolo venga istruito
a offrire e condividere degli oggetti rituali che hanno un significato simbolico.

Nella cerimonia d’iniziazione al Kriya Yoga, si chiede di offrire un frutto sull’altare per
simboleggiare l’offerta dei frutti delle proprie azioni a Dio. Si offre un fiore, per simboleggiare
la propria devozione a Dio. Si offre del denaro per simboleggiare l’offerta della ricchezza materiale a Dio.

Più di cento anni fa, quando Lahiri Mahasaya iniziava nuovi discepoli, chiedeva una piccola offerta
in denaro. Queste offerte venivano poi mandate a Babaji – nell’Himalaya – che le usava per scopi
caritatevoli e per provvedere al benessere dei ricercatori che avevano rinunciato a tutto.

Bisogna avvicinarsi al momento dell’iniziazione con la mente aperta e il cuore abbandonato. Non vi
dev’essere inganno nella mente del ricercatore. Come potrebbe fluire la grazia di Dio se il
ricercatore non fosse completamente abbandonato e totalmente rimesso a Lui? Quando Paramahansaji
benediva un nuovo iniziato, diceva: “Io ti do tutto. Tu devi essere aperto e pronto a ricerverlo”.
Poneva le sue mani sulla testa dell’iniziato e divideva con lui la propria vitalità e realtà. A
volte, chiedeva al discepolo di concentrarsi sull’occhio spirituale, e questi vedeva la luce interiore.

Dopo l’iniziazione, il discepolo deve prestare attenzione alle direttive e alle regole spiegate dal
suo guru, le quali si possono trovare anche nelle sacre scritture. Non si può continuare a vivere
“la vecchia vita” e aspettarsi l’esperienza della trasformazione della coscienza. L’iniziato che ha
veramente compreso e sperimentato il processo dell’iniziazione, continuerà a vivere nel mondo per
adempiere i suoi doveri e il suo destino, ma non sarà attaccato al mondo. L’iniziato è ancorato in
Dio e la sua coscienza si espande sempre più, fino a sperimentare la totalità dell’Essere.

La pratica regolare della meditazione, secondo le prescrizioni del proprio guru, porterà
all’esperienza cosciente del silenzio profondo dell’anima. A suo tempo, la consapevolezza del
silenzio profondo si espanderà per includere l’intero campo dell’Essere Silente, che è l’immutabile
realtà interiore della Coscienza. La via che conduce alla vita eterna è aperta per il sincero iniziato pronto ad abbandonarsi completamente al processo di trasformazione.

Chi ha imparato a morire coscientemente all’esterno, non conoscerà mai la morte come quelli che sono
prigionieri della coscienza condizionata. Il kriya yogi realizzato trascende tutte le dualità e ottiene sicuramente la liberazione finale.

DUE

– Tecniche e Metodi di Meditazione –

Siccome nel Kriya Yoga vi sono diverse linee di guru, le tecniche e i metodi di meditazione vengono
insegnati a seconda di come un guru li ha ricevuti dal proprio guru. Sono state fatte delle
modifiche nelle procedure dell’iniziazione, ma le tecniche e i processi basilari sono sempre gli stessi.

Babaji ha molti discepoli, e, tra questi, molti guru che hanno, a loro volta, i propri discepoli.

Lahiri Mahasaya ebbe molti discepoli che autorizzò a dare l’iniziazione. I discepoli di Sri
Yukteswar rappresentano un altro canale di trasmissione. La mia linea di guru risale a Babaji attraverso Paramahansa Yogananda.

Quando Paramahansaji mi iniziò, egli stabilì che dapprima imparassi a meditare usando il mantra
hong-sau. Poi mi fu insegnato a osservare la luce interiore nell’occhio spirituale e ad ascoltare il
suono interiore. Dopo alcuni mesi il mio guru mi iniziò nella pratica del pranayama del Kriya Yoga.
In quell’occasione mi fu insegnata una tecnica preliminare per il risveglio di kundalini, chiamata
‘mahamudra’; e anche una tecnica che egli chiamò ‘jyoti mudra’, un esercizio che si pratica per
vedere la luce interiore (jyoti). In seguito fui iniziato nella seconda fase, quella di ascendere
attraverso i chakra. A tempo debito mi furono insegnati altri metodi più avanzati. Tutte queste
tecniche si possono apprendere come si deve solo da un insegnante qualificato o, meglio ancora, dal proprio guru.

Poiché le tecniche del Kriya Yoga si trasmettono da guru a discepolo, non posso spiegarle
completamente in questo testo. Se si mantiene la tradizione yogica dell’istruzione orale, è più
probabile mantenere anche la purezza della trasmissione. Comunque, considerato che questo materiale
sarà usato da molti lettori che sono già stati iniziati, condividerò con voi dei suggerimenti per trarre il massimo beneficio dall’uso delle tecniche.

– La Meditazione sul Mantra –

Usare il mantra che viene dato nel corso dell’iniziazione è un potente metodo di meditazione. In
effetti il mantra porta l’energia dell’iniziazione nei livelli più profondi della mente del
meditante. Molti hanno conseguito la piena realizzazione praticando soltanto la meditazione sul
mantra. È un errore pensare che l’immediato apprendimento di tecniche avanzate accelererà
grandemente lo sviluppo. Le procedure avanzate sono soltanto per coloro che hanno preparato la mente e il sistema nervoso con la pratica devota delle tecniche preliminari.

Con un mantra di due sillabe, come l’hong-sau, uno medita rivolgendo l’attenzione nell’occhio
spirituale, ascoltando il mantra nella mente, udendo la prima sillaba con l’inalazione naturale e la
seconda sillaba con l’esalazione naturale. L’ascolto del mantra cattura l’attenzione, e così la
concentrazione diventa facile. Sedere per un certo periodo di tempo, ascoltando il mantra, permette
al corpo di rilassarsi, al sistema nervoso di scaricarsi della tensione, e al campo mentale di
diventare chiaro. Alla fine, il mantra scompare e il meditante rimane nella consapevolezza chiara e
limpida dell’essere senza pensiero. Oppure, può darsi che il mantra scompaia man mano che
l’attenzione s’immerge più profondamente nella contemplazione della luce e del suono interiore.

– La Meditazione sulla Luce e sul Suono Interiore –

Con l’attenzione diretta sull’occhio spirituale, o sul chakra della testa, si rimane ad ascoltare
dentro con un’attitudine di serena aspettativa. Infine si cominceranno a distinguere dei suoni
sottili nella testa, nelle orecchie, o intorno alla testa. Le prime percezioni sonore potrebbero
essere quelle delle forze nervose del corpo. In seguito il meditante potrebbe udire i suoni sottili
che emanano dai chakra. Alla fine si sentirà il suono dell’OM, che è il suono puro della corrente
dell’anima che scende attraverso il midollo allungato. Il meditante deve sapere che questo suono
particolare di Om è una manifestazione del suono proveniente dall’Oceano Cosmico di OM.
Abbandonandosi a questo suono, fondendosi e dissolvendosi in esso, egli sperimenta l’unità con
l’immensità dell’Energia Cosmica. Ciò produce un certo tipo di coscienza cosmica. Oltre, ancora, vi
è il Campo Trascendentale. Dunque, se si vuole realizzare il puro samadhi, bisogna trascendere le luci che si percepiscono e i suoni che si ascoltano.

La percezione della luce interiore s’accompagna spesso alla percezione del suono interiore.

Rimanendo concentrato nell’occhio spirituale, quando il respiro diventa calmo e i pensieri si
placano, si cominciano a vedere delle manifestazioni di luce. Nei primi stadi si possono percepire
luci tremolanti, manifestazioni nebulose, brillanti forme geometriche, o un’immensa distesa di luce
blu. Man mano che l’attenzione rimane concentrata e la respirazione rallenta, uno vedrà la luce
dell’occhio spirituale. Si può vedere una sfera di luce blu, oppure una sfera dorata, con un centro
blu e un bianco brillante in mezzo. L’oro è la frequenza di OM; il blu è la frequenza della
Coscienza che comprende in sé la manifestazione; il bianco è la frequenza della Coscienza al di là
della manifestazione. La luce blu della Coscienza che comprende in sé la manifestazione viene anche chiamata luce della Coscienza di Krishna, o luce della Coscienza Cristica.

Mediante la contemplazione del suono e della luce uno può ritornare alla Sorgente di tutto ciò che
è; e realizzare la liberazione della coscienza. Il suono e la luce interiore verranno percepiti e
contemplati anche dopo la pratica delle tecniche avanzate del Kriya Yoga. In alcune tradizioni
d’illuminazione, la contemplazione del suono e della luce interiore è il solo processo di meditazione che s’insegna nel corso dell’iniziazione.

– Il Pranayama del Kriya Yoga – Tecnica e Pratica

Vi è un’intima relazione tra il respiro, il movimento del prana e della forza nervosa, e l’attività
mentale. Per questo, il pranayama del Kriya Yoga è una tecnica molto utile ed efficace. La stessa tecnica è nota anche col nome di kundalini pranayama e siddha pranayama.

Dopo essere stato istruito dal guru, il devoto impara a far circolare la forza nervosa attraverso il
midollo spinale, partendo dall’estremità inferiore fino al cervello, e poi di nuovo indietro fino al
chakra di base. Questo avviene mentre si pratica una certa tecnica di respirazione che permette di
sentire un flusso di corrente che scorre insù e poi ingiù attraverso il canale centrale, all’interno
del midollo spinale. La pratica corretta di questa tecnica fa si che il midollo spinale e il
cervello si magnetizzino, il corpo si rilassi e le modificazioni mentali si assopiscano. Durante la
pratica del kriya pranayama, quando il corpo è rilassato, la forza vitale liberata dai muscoli e
dagli organi interni scorre verso la spina dorsale e il cervello, producendo un maggiore accumulo di
forza Tutto questo porta a un graduale raffinamento del sistema nervoso e del cervello.

Si dice che la pratica regolare di questa tecnica produrrà, a suo tempo, una completa trasformazione
del corpo e della natura interiore dell’uomo. Mediante questo processo è possibile aiutare le forze
evolutive e creare più rapidamente un corpo glorificato attraverso il quale possa esprimersi più facilmente la luce dell’anima.

L’iniziato principiante è istruito a praticare quattordici kriya pranayama, due volte al giorno,
durante le sedute programmate di meditazione. Questo è per assicurare che vengano fatte almeno
dodici rivoluzioni complete della corrente attraverso il midollo spinale e il cervello.

La teoria è che dodici di queste rivoluzioni della corrente equivalgano a dodici anni di cambiamento
che si ottengono con le normali influenze della natura: l’aria fresca, la luce del sole e la naturale tendenza evolutiva alla trasformazione.

Secondo i maestri dello Yoga, l’uomo ha dei cambiamenti interiori man mano che avanza nel tempo, in
cicli di dodici anni. Con la pratica regolare e corretta del kriya pranayama, non solo uno impara a
sperimentare stati più profondi di supercoscienza, ma aiuta la stessa natura a produrre i
cambiamenti auspicati nel corpo. Gli yogi avanzati praticano il kriya pranayama parecchie centinaia di volte al giorno, allo scopo di accelerare i cambiamenti interni.

Tuttavia quest’approccio intensivo non è raccomandato alla persona comune, che ha un corpo e un
sistema nervoso non ancora sufficientemente sintonizzato e raffinato per sopportare un maggior
afflusso d’energia. Inoltre alcuni meditanti praticano la tecnica nel corso di tre, o quattro sedute
separate di meditazione, nell’arco delle ventiquattr’ore. In tutti i casi, prima di prendere in considerazione un programma così intenso, bisogna consultare il proprio guru.

Una volta che la shakti comincia a circolare, perché si ha successo nella pratica, essa continuerà a
circolare secondo le direttive dell’intelligenza interiore. Il risultato è un grande senso di gioia,
di tranquillità e d’armonia con la vita. Anche una piccola pratica di questo pranayama produrrà
l’esperienza della calma e della serenità, libera dal pensiero, che si deve provare durante la
meditazione. E durante questo periodo di calma si hanno dei benefici cambiamenti interiori e si è in grado di concentrarsi con maggiore efficacia.

Praticando questo pranayama, alcuni percepiranno un movimento dinamico nella spina dorsale e nel
cervello, mentre altri difficilmente avvertiranno alcun movimento. Tuttavia, se il processo è
praticato correttamente, i cambiamenti interiori avverranno ugualmente. Uno deve fare del proprio
meglio, e quindi rinunciare ai frutti della meditazione. Non bisogna dare eccessiva importanza ai
movimenti della shakti. È meglio rimanere posati e calmi, e lasciare che le correnti si muovano nei
canali più profondi, piuttosto che farsi prendere dall’emotività e dal desiderio di dimostrazioni fisiche.

La circolazione interna delle correnti sottili nel midollo spinale viene chiamata “respirazione
yogica”; questa aiuta a mantenere la calma interiore e il sentimento e l’attitudine di essere
centrati. In questi momenti è più facile essere emotivamente stabili e riservati, perché le tendenze verso l’esterno sono pressoché neutralizzate.

I metodi del Kriya Yoga sono scientifici, perché sono stati studiati approfonditamente per migliaia
d’anni e i risultati sono stati accuratamente registrati. Se uno praticherà secondo le istruzioni,
otterrà sicuramente la realizzazione del suo destino spirituale. Se uno non ottiene la liberazione
nel corso della vita attuale, l’evoluzione spirituale continuerà nei reami sottili. Quando uno che
pratica il Kriya Yoga rinasce in un nuovo corpo, sarà portato da giovane a continuare le sue pratiche spirituali.

– Tecniche e Metodi Supplementari del Kriya Yoga –

Quando si è iniziati nella pratica del kriya pranayama, si viene istruiti anche nella tecnica del
mahamudra Si tratta di un processo particolare per mezzo del quale si possono risvegliare le forze
addormentate nei chakra inferiori e far sì che esse scorrano verso l’alto. Il processo include il
ritiro della corrente nella spina dorsale, una certa contrazione all’insù dello sfintere anale e dei
muscoli addominali inferiori, e un piegamento e stiramento in avanti. La maggioranza di quelli che
praticano le asana dell’Hatha Yoga hanno già familiarità con questo mudra. Per loro basta solo
aggiungere la tecnica del pranayama, per includerlo nella loro pratica del Kriya Yoga.

Per le persone che non possono compiere lo stiramento e il piegamento richiesto per il mahamudra, è
sufficiente sedere in una posizione di meditazione diritta, e fare il pranayama e la contrazione
all’insù delle parti inferiori. Ripeto ancora una volta che queste tecniche bisogna impararle direttamente dal guru.

Nel corso dell’iniziazione al Kriya Yoga viene insegnata anche un’altra tecnica che aiuta a
percepire la luce interiore. Paramahansaji si riferiva a questa tecnica chiamandola jyoti mudra; ma,
più frequentemente, essa viene chiamata yoni mudra Il modo in cui Paramahansaji insegnava questa
tecnica consiste nel ritirare la corrente lungo il sentiero spinale, usando il pranayama, e quindi
trattenere il respiro tenendo la corrente concentrata nell’occhio spirituale. Le mani vengono
appoggiate sulla testa, così che con le dita si possano chiudere le aperture delle orecchie e si
possano tenere gli occhi fermi. Concentrandosi nell’occhio spirituale, e mantenendo il respiro immobile, uno impara a vedere l’occhio spirituale.

– Ascendere il Sentiero dei Chakra –

Una procedura di meditazione più avanzata è quella che consiste nell’ascendere i chakra, a uno a
uno, dal chakra di base fino a quello sulla testa. A volte vengono dati certi mantra, che devono
essere usati in ciascun chakra. Altre volte viene prescritto il mantra OM, e s’insegna al discepolo
come localizzare il chakra e “bussarvi” dolcemente con il mantra e con sottili movimenti del corpo.
Man mano che si ascende per i chakra, si possono distinguere suoni e luci che sono in relazione alla
frequenza del prana in ciascun centro. Il meditante ritira l’attenzione e il sentimento dalle
estremità inferiori, verso l’alto, finché non fa l’esperienza della Pura Coscienza sulla sommità
della testa. Si tratta di una potente tecnica di meditazione. Inoltre è la stessa tecnica che viene usata dagli yogi quando decidono di compiere l’uscita finale dal corpo.

– Tecniche Kriya Superiori –

Quando il discepolo sarà pronto per delle pratiche più avanzate, il guru lo istruirà in procedimenti
mediante i quali il cervello verrà magnetizzato dal kriya pranayama, dall’uso di mantra, e da certi
movimenti della testa. In tal modo la corrente è costretta a ruotare intorno al chakra del cuore, al
chakra della gola e all’occhio spirituale, prima d’essere attirata nel chakra della testa.

Vi sono altre tecniche kriya superiori che il guru potrà insegnare, secondo il bisogno, e che
potranno essere rivelate al meditante perfino internamente. Ad alcuni discepoli intimi Paramahansaji
insegnò la tecnica del khechari mudra, che consiste tra l’altro nel volgere la punta della lingua
dietro il palato e tenerla all’interno della cavità naso-faringea, mentre si praticano le tecniche
kriya. Si dice che questo processo sia utile per interiorizzare l’attenzione e per mantenere il prana nei centri del cervello durante gli stati profondi di supercoscienza.

– Programma di Meditazione –

Lo studente neofita viene incoraggiato a praticare per brevi periodi in maniera regolare, da
quindici a venticinque minuti, due volte al giorno. Ciò servirà a stabilire l’abitudine della
meditazione e farà in modo che il meditante sperimenti il rilassamento profondo e la calma interiore. In genere in questo stadio della pratica viene usato il mantra.

In seguito, la pratica del mantra potrà essere seguita da un periodo di contemplazione della luce e
del suono interiore. Queste due procedure da sole possono permettere al meditante di sperimentare stati profondi di supercoscienza.

Quando uno viene iniziato nel kriya pranayama, praticherà questa tecnica, come pure la
contemplazione della luce e del suono interiore. Chi fa delle sedute di meditazione prolungate può
usare anche il mantra per mantenere la concentrazione. Più in là, nel corso della seduta, si può
anche praticare la tecnica per ascendere i chakra. In ogni caso, sarà il guru a indicare qual’ è la
procedura che meglio si adatta al discepolo. Quando il discepolo sarà più avanzato, userà le
tecniche di meditazione secondo le direttive interiori e per venire incontro al bisogno del momento.

Ecco un’utile programma di meditazione: la mattina, dopo il bagno, fate alcuni esercizi leggeri, o
delle asana. Respirate profondamente alcune volte, per pulire i polmoni e ricaricare di ossigeno il
sistema. Sedete in una posizione di meditazione rilassata e apritevi alla consapevolezza della
presenza di Dio. Pregate riconoscenti i maestri e i guru della vostra tradizione. Cominciate a
meditare, seguendo il programma che avete scelto. Dopo avere praticato tutte le tecniche, rimanete
per un certo tempo nella calma del silenzio. Lahiri Mahasaya si riferiva a questo stadio chiamandolo la “tranquillità che viene dopo la pratica” del kriya.

Lasciate che l’attenzione e il sentimento scendano nel corpo. Sentite che le forze supercoscienti
stanno entrando nella mente, nel cervello, nel sistema nervoso e in tutto il corpo. Sentite che
queste forze stanno pulendo e purificando, sia il sistema fisico, che quello sottile. Sentitevi
rinnovato e pieno di vita. Pensate agli altri, e a tutta l’umanità, e amate e benedite il mondo
intero. Siate riconoscente, siate felice, gioite internamente della vostra buona sorte. Quindi
alzatevi e andate a compiere i vostri doveri quotidiani, mantenendo la consapevolezza della presenza di Dio.

TRE

– Indicazioni per gli Iniziati al Kriya Yoga –

Il sentiero del Kriya Yoga è riservato a quei devoti totalmente dediti all’ideale
dell’Autorealizzazione. Ed è auspicabile che con la stessa dedizione uno debba seguire le istruzioni
che possano aiutarlo a conseguire un rapido sviluppo e realizzare il proprio destino.

Poiché l’iniziato è uno che è stato invitato a esplorare la natura interiore della vita, il
discepolo deve capire chiaramente la necessità di una certa segretezza riguardo le sue pratiche
personali. Nessuno può intraprendere gli studi esoterici finché non è pronto, fin quando non si è
preparato. Chi ha un’attitudine superficiale, o chi prende le sue responsabilità con leggerezza non
avrà successo sul sentiero spirituale. Ciò che viene condiviso pubblicamente dal guru può,
naturalmente, essere condiviso con gli altri, se questi sono aperti all’insegnamento.

Ciò che il guru ha dato in privato, deve rimanere una cosa privata, perché le istruzioni che il guru
dà al discepolo sono soltanto per il suo uso personale. Discutere di argomenti personali,
soprattutto di natura spirituale, con quelli che non possono comprenderli vuol dire incoraggiare una
conversazione inutile; che tra l’altro indebolisce la propria determinazione, perché l’energia viene fatta defluire dal sistema.

Un discepolo non può insegnare ad altri con successo finché lui stesso non si sia stabilito
sufficientemente nella realizzazione interiore. Nella tradizione Yoga è molto importante che gli
insegnamenti siano trasmessi nella loro purezza, e con il potere che proviene da Dio, attraverso la
linea di guru. Altrimenti, ciò che uno insegna sarà privo di significato, e non servirà come dovrebbe lo studente che riceve l’insegnamento.

– La Devozione a Dio e ai Guru è Essenziale –

L’amore per Dio e la linea di guru apre la coscienza del discepolo all’afflusso della grazia.

Quando vi è amore e devozione, vi sarà dedizione e sincera partecipazione nelle procedure del Kriya
Yoga. Quando siamo devoti a Dio e ai guru, diventiamo più coscienti di Lui. Noi diventiamo sempre
ciò che contempliamo; perciò quando pensiamo a Dio e amiamo Lui e i Suoi rappresentanti, proviamo un
risveglio dell’anima, e tutte le virtù sbocciano e si manifestano in noi. Dove vi è amore e devozione, vi è rispetto. Dove vi è rispetto, vi sarà ubbidienza.

Gesù disse (Giovanni 8: 31): “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli”. Questa è la chiave che apre al discepolo la porta del successo.

Una volta Paramahansaji mi disse: “Quando sei inquieto e non sei in sintonia con me, nella tua radio
mentale si creano dei disturbi elettrostatici che interferiscono con i miei sforzi di aiutarti” Con
queste parole egli stava spiegando un punto che è poco compreso dati ricercatori sul sentiero.
Alcune persone non comprendono l’utilità di un’intima relazione amorevole tra guru e discepolo. Esse
potrebbero pensare che un discepolo pieno di devozione dipende troppo dal guru, oppure permette che
il guru si frapponga tra lui e Dio. Nella vera relazione guru- discepolo, il guru accetterà l’amore e la devozione del discepolo per poi rivolgerli a Dio.

Inoltre egli desterà e istruirà gradualmente il discepolo affinché questi non sia più dipendente dalla forma fisica del guru.

Dio può essere adorato in qualsiasi forma, come pure nel Suo aspetto senza forma. Quando non si è in
grado di comprendere chiaramente l’aspetto senza forma della Coscienza, si può usare qualsiasi forma
come punto di contatto, come centro e oggetto di devozione. Dio è la sola Realtà; le stesse forme di
Dio che gli uomini adorano sono espressioni di Dio. A tempo debito, uno trascenderà la forma che
adora e realizzerà la Pura Coscienza. Un santo spiegò: “Quando trascendo la mente realizzo
l’Assoluto; quando torno a identificarmi con la mente e i sensi, adoro Dio nella forma. Io non vedo contraddizione in questo”.

Non bisognerebbe mostrare pubblicamente la propria devozione a Dio. Sarebbe meglio che la devozione
rimanesse un processo interiore. Molti pensano che sia utile avere in casa, o dovunque sia
conveniente, un luogo appartato dove sedere per lo studio sacro e la meditazione.

Vi si possono tenere le foto dei guru e dei santi; e anche gli oggetti per il proprio rituale
personale, come candele, fiori, incenso, rosari per la preghiera, e la coperta sulla quale meditare.
Sarà un luogo speciale in cui ritirarsi per comunicare con Dio. Le memorie delle realizzazioni avute
in precedenza in quel posto rafforzeranno la determinazione del meditante d’immergersi ancora più profondamente nell’oceano della supercoscienza.

La cosa importante è praticare la presenza di Dio, sempre, e rimanere in sintonia con la linea dei
guru. Gradualmente l’ego verrà dissolto e si avranno spontaneamente delle realizzazioni superiori.
Imparate a vedere Dio che si manifesta in ogni parte della natura e in ogni attività e relazione.
Ricordate che le cose che si percepiscono con i sensi sono soltanto coscienza limitata in una forma.

– Guardate il Mondo come un Gioco della Coscienza –

Il mondo è solo Coscienza che ci appare come tale. Quando, in virtù della pratica regolare della
meditazione, si risveglia l’intuizione, uno può andare in giro per il mondo e guardare senza
commettere errori di percezione. Quando meditiamo ritiriamo l’attenzione dal regno esterno, per fare
l’esperienza della Pura Coscienza. Dopo la meditazione possiamo esercitarci a vedere il mondo come
coscienza, modificata dai guna. In questo modo possiamo vincere il mondo. In questo modo è possibile
essere liberi mentre si è ancora incarnati, proprio come lo sono i maestri di Yoga. Imparate a vedere il bene che vi sta davanti.

Nella Lettera di San Paolo ai Filippesi (4: 8) leggiamo: “In conclusione, fratelli, tutto quello che
è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri”

Inoltre sarà utile che il ricercatore legga i testi sacri e abbia una certa conoscenza basilare di
fisica e altre scienze. In tal modo sarà bene informato sulle operazioni e le leggi della natura.
Non bisogna aspettarsi che tutto ci sia rivelato da dentro; saggi, scienziati e ricercatori di tanti
tipi hanno già fatto importanti scoperte che l’aspirante spirituale può utilizzare a proprio
vantaggio. Usate le intuizioni e le scoperte degli altri perché vi aiutino a svegliarvi e farvi mettere all’opera più rapidamente.

L’iniziato dev’essere responsabile della sua attitudine mentale, dei suoi pensieri, dei suoi
sentimenti e del suo comportamento. Egli deve avere la volontà di crescere e maturare, se desidera prendere il posto che gli spetta nel piano di Dio.

Non vi può essere un programma di disciplina più importante che studiare e mettere in pratica i
principi esposti negli Yoga Sutra di Patanjali. Bisogna prestare una speciale attenzione alle
proibizioni e alle osservanze (yama e niyama) sottolineate nella seconda parte di quest’opera (kriya
Yoga, Via di Disciplina e Purificazione). Una volta che uno ha messo in pratica queste istruzioni,
la purezza interiore e la salute mentale sono assicurate. Ricordate che l’attenzione rivolta alle
discipline esterne non può portare all’illuminazione tuttavia quest’attenzione può spianare la
strada all’esperienza dell’illuminazione. Quando uno è pienamente illuminato, il suo comportamento diventa naturale e spontaneo.

– Fare il proprio Dovere ed essere Responsabile –

Una cosa essenziale è che il discepolo stabilisca delle priorità, affinché possa regolare la sua
vita e fare saggio uso delle sue forze e capacità. Quanto tempo ed energia dobbiamo dedicare al
mantenimento del corpo e del nostro ambiente personale? Quanto tempo ed energia dobbiamo dedicare
alle relazioni familiari e agli impegni sociali? Quanto tempo ed energia dobbiamo dedicare ad
aiutare gli altri? Quanto tempo ed energia dobbiamo dedicare ai nostri studi e alle nostre pratiche
spirituali? Analizzando attentamente tutte queste cose uno sarà più capace di fare ordine nella
propria vita ed essere pienamente responsabile, mentre progredisce con costanza sul sentiero spirituale.

Per molti ricercatori, le relazioni familiari e i doveri sociali costituiscono una parte necessaria
del processo globale della vita. Se si comprendono chiaramente, queste relazioni e questi doveri non
sono un ostacolo alla pratica del Kriya Yoga e all’Autorealizzazione. È naturale che uomini e donne
interagiscano; è naturale sposarsi; è naturale avere bambini; è naturale lavorare per provvedere ai
propri bisogni e al proprio benessere, ed è naturale partecipare al miglioramento della vita
sociale. Solamente conducendo una vita naturale, una vita responsabile, è possibile trovare le
soluzioni ai problemi personali, esaurire il karma e mettere in pratica le nostre capacità spirituali.

L’ideale, in ogni relazione, è vedere la natura divina che è la realtà interiore di ogni persona.
Quando serviamo la realtà interiore degli altri, quando ci rapportiamo ad essa, siamo certi di stare
facendo sempre la cosa giusta e appropriata. Mogli e mariti si devono amare e servire
reciprocamente. I bambini devono essere educati affinché prendano il loro posto nel mondo e
adempiano correttamente le loro responsabilità. L’educazione dei bambini dovrebbe comprendere lo
studio delle sacre scritture e la meditazione, e porre enfasi sul servizio agli altri e al mondo.

Chi si è dedicato al sentiero spirituale s’accorge sempre più che la sua è una vita di servizio.
Consapevole della sua unione con Dio, sapendo che Dio è la sola realtà, sapendo che non ha bisogno
di nulla per se stesso (perché già possiede tutto), un devoto abbandonato a Dio è un canale aperto attraverso cui la grazia fluisce nella coscienza del pianeta.

Un consiglio generale per vivere bene è quello di condurre un’esistenza elevata, un’esistenza
samica. Questo significa che uno deve coltivare coscientemente pensieri e sentimenti armoniosi e
costruttivi; che deve coltivare l’amicizia e la compagnia di persone spiritualmente sveglie e
positive. Significa che il proprio ambiente circostante deve riflettere ordine, armonia e pulizia;
che bisogna parlare con gentilezza agli altri e degli altri, ed evitare le critiche.

Significa che il cibo dev’essere scelto per la sua purezza e il suo valore nutritivo. Significa che
la propria vocazione dev’essere degna di sé e che il lavoro dev’essere costruttivo. L’ideale è
pensare in termini di soddisfare i bisogni reali allo scopo di aiutare il processo evolutivo.
L’evoluzione spinge il mondo in direzione del risveglio, della crescita e della maturità.

Dunque, tutto ciò che fa chi cammina sul sentiero spirituale deve tendere verso quella direzione. In tal modo egli può esser certo di stare facendo la volontà di Dio.

Ogni persona nata nel mondo ha certi doveri che non possono essere trascurati. Abbiamo il dovere di
mantenere il corpo e l’ambiente. Abbiamo il dovere di assistere quelli che ci sono stati affidati,
per i quali siamo responsabili. Abbiamo il dovere di aiutare tutta l’umanità e il pianeta stesso.
Abbiamo dei doveri verso i genitori, gli insegnanti e tutti coloro che hanno reso possibile la
nostra attuale conoscenza e le nostre attuali opportunità. Abbiamo il dovere di ricavare il massimo
dal momento presente, e seguire i principi etici e morali. Abbiamo il dovere di diventare
autorealizzati. Nessuna persona che ha a che fare con i reami materiali (tutti i reami da questa
parte del Campo Trascendentale) può evitare i propri doveri. Quando Ci occupiamo dei nostri doveri con la giusta attitudine, il nostro coinvolgimento diventa pratica spirituale.

Ogni giorno noi dobbiamo meditare e vivere nella supercoscienza. Ogni giorno dobbiamo stare attenti
a tutto ciò che ci aiuterà a vivere in armonia con la corrente evolutiva, la via della giustizia.
Dobbiamo rimanere sempre in sintonia con Dio, i guru e i santi; e dopo aver fatto tutto, dobbiamo
abbandonarci completamente alla grazia di Dio. La stessa liberazione finale della coscienza non è
dovuta allo sforzo personale: è la grazia che spazza via le ombre dalla mente e concede la libertà.

Possano la Grazia di Dio e le Benedizioni dei Santi continuare a svegliarci, sostenerci, guidarci e nutrirci mentre percorriamo risoluti il Sentiero della Luce.

Possiamo rimanere Fedeli e Devoti alla Verità mentre ci adoperiamo per la nostra Salvezza Personale
e condividiamo l’Amore di Dio con l’Umanità e il nostro mondo che si sta risvegliando.

OM PACE AMEN

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