LA SINCRONICITA’ 4

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LA SINCRONICITA’ 4

da “Enciclopedia olistica”

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli

Sincronicità ed evoluzione: l’unità delle coscienze e la creazione dei buddhafields
di Nitamo Federico Montecucco

Jung riteneva che l’occidente è identificato con la legge di causa effetto così come l’oriente è
identificato con la legge di sincronicità. Il principio di causa effetto costituisce la matrice
logica del funzionamento dell’emisfero razionale/maschile e la base stessa della scienza; questo
principio si esprime nello spazio, nella relazione fisica tra due oggetti o due forze che vengono
direttamente in contatto e che si modificano: un batterio penetra nel mio corpo e mi fa ammalare di
otite. Tutti i fenomeni che la scienza studia vengono tradotti in relazioni di causa effetto in
quanto questo modo di comprendere gli avvenimenti è suscettibile di essere spiegato e compreso con
chiarezza e razionalità.

Differente è il principio che regola l’emisfero intuitivo e le arti, certamente inconcepibile in
termini di razionalità, esso costituisce l’essenza del fascino femminile, dell’analogia simbolica,
della magia degli eventi più significativi che accadono come se non ci fosse causa.

Diamo alcuni termini di fondo per inquadrare meglio il problema affascinante della sincronicità.

La mente razionale (percentualmente maschile e simbolicamente Yang) è essenzialmente attratta dagli
oggetti, dalle singole unità di cui è composto un insieme, ad esempio un musicista, ascoltando un
brano di musica classica, è portato ad analizzarne la struttura in cui il brano stesso è diviso, la
bravura dei singoli strumentisti, del direttore, le differenze tonali e ritmiche: tutta questa
elaborazione viene svolta dall’emisfero analitico/razionale che, appunto, frammenta l’insieme del
brano nei suoi singoli costituenti. La mente estetica per le sue qualità recettive e femminili
(simbolicamente Yin) ascolta il brano nel suo insieme, lo gode come un evento globale, si lascia
trasportare dalla musica e si abbandona alle sensazioni che nascono dentro. Tutto è giocato sulla
sintonia, sulle analogie tra la musica, i propri sentimenti e la situazione nel suo complesso.

La scienza al suo nascere si configura come via di conoscenza rigidamente razionale e sperimentale,
basata sulla legge di causa-effetto; al suo interno non vi è mai stato spazio per la componente
analogica della mente, che pure è di importanza essenziale per la comprensione di una vasta classe
di fenomeni. Da questa impostazione deriva il fatto che la scienza pone l’accento sulle parti in cui
un fenomeno può essere diviso piuttosto che dall’unità d’insieme del fenomeno stesso. Come esempio
di questo possiamo vedere come l’atomo è stato identificato con gli elementi attivi, lo Yang, ossia
elettroni, protoni ecc., mentre la stragrande estensione dello spazio atomico è costituita dal
vuoto, lo Yin, che viene ritenuto secondario e senza proprietà essenziali. In maniera analoga la
cellula viene descritta per i suoi costituenti attivi (nucleo, mitocondri, molecole ecc.) mentre
l’acqua, il più vitale e femminile degli elementi, che costituisce 1’85% della cellula stessa, viene
considerata come una sorta di riempitivo di importanza trascurabile. La stessa psicologia
occidentale continua a considerare solo gli oggetti mentali come pensieri e idee, studiando come si
formano, si conservano, si associano ecc., senza mai considerare il ‘campo di coscienza’ in cui i
pensieri esistono e si articolano. Se pensiamo ad una mela, essa diventa presente dentro di noi come
immagine colorata o come concetto astratto: ma che cos’è questo dentro? abbiamo mai fatto caso a
questo ‘spazio vuoto interiore’ che, in maniera scontata, chiamiamo mente’?

Il taoismo, la più femminile e naturale delle vie spirituali, ricorda che il vaso è costruito di
terracotta ma è per il suo vuoto interno che il vaso è utile…e il taoismo sta proprio parlando
dell’uomo e del suo vuoto interiore, dell’indicibile esperienza di una coscienza senza contenuti che
si ottiene quando si entra in sincronicità con l’esistenza, con il Tao.

Parallelamente all’evoluzione del pensiero forte si è evoluta anche una linea di pensiero debole,
una ‘epistemologia flessibile’ basata sulla trasmissione istantanea di comprensioni tra persone tra
loro molto simili e non, come nella nostra cultura, attraverso l’acquisizione di dati precisi, di
nozioni complete e strutturate. Non per nulla l’oriente è profondamente legato alla sincronicità e
alle sottili trasformazioni spirituali che rendono possibile questo ‘accadere’ di eventi nel
presente che rende la vita significativa. Seguendo la nostra linea di analisi se la base
dell’attitudine occidente è il principio di causa effetto, che si esprime pienamente nella scienza
materialista e oggettiva, dovremmo ritrovare il principio di sincronicità come base della ‘scienza
della dimensione interiore’ che caratterizza l’oriente.

La maggioranza delle religioni orientali è sempre stata basata sull’esperienza del proprio ‘vuoto
interiore’ e sulla realizzazione del proprio essere, non sulla fede. Per migliaia di anni un
incredibile numero di persone si sono completamente dedicate alla ricerca di questa esperienza
soggettiva, esattamente come in occidente i ricercatori hanno sviluppato una scienza partendo da
metodi simili e dal confronto delle proprie esperienze dirette. Che cambia è solo la direzione della
ricerca: esterna o interna. Così in oriente hanno preso vita migliaia di differenti scuole
spirituali, ognuna delle quali adotta alcune tecniche specifiche. I ricercatori spirituali per
generazioni hanno continuato a fare esperienza di spazi interiori e a tracciare delle mappe di
questi ‘territori spirituali’. Ogni tanto, esattamente come accade tra scienziati, qualcuno scopre
delle tecniche nuove, dei nuovi spazi di ricerca o dei nuovi paradigmi con cui spiegare le
esperienze raccolte, in questo modo le scuole di ricerca spirituale hanno portato ad un altissimo
grado di evoluzione questa dimensione di coscienza. La scoperta fondamentale è che, pur con
differenti tecniche di meditazione, è possibile per ogni essere umano arrivare ad uno stato di
coscienza vigile e incontaminata da impressioni o pensieri, al vuoto interiore. Quando questo stato
è raggiunto la coscienza individuale si fonde con la ‘coscienza del Tutto’ e si realizza la più
profonda delle esperienze: l’illuminazione. Quando un uomo realizza questo stato di totale
sincronicità con l’esistenza, viene chiamato un Buddha (risvegliato), un liberato, uno Yogi; viene
stimato come un essere autorealizzato e venerato come maestro spirituale. Tanto la meditazione che
la realizzazione avvengono nel silenzio e nella profonda pace interiore. Quando Mahakasiap realizzò
lo stesso stato di coscienza del Buddha, questi sorridendo in silenzio gli porse un fiore, solo un
simbolo di fragranza e apertura. Tra di loro la comunicazione era accaduta: l’esperienza del Buddha
era passata al discepolo ed ora entrambi partecipavano alla stessa esperienza profonda. Qualche cosa
era passato dal maestro al discepolo o solo un istante di unità e armonia aveva permesso che
accadesse la stessa comprensione ed evoluzione. La sincronicità entra in questo gioco sottile di
silenzi ed espansioni dell’anima come la musica ispira i corpi alla danza. E ogni maestro creò una
comune di ricercatori spirituali intorno a sé, tutti in profonda sintonia e vicinanza con lui.
Persone legate dallo stesso profondo desiderio di evoluzione, tutti che si sentivano uniti
dall’esperienza interiore della meditazione. Pensiamo ora, riferendoci all’articolo che ci mostra
che quando c’è la sensazione di sintonia le onde elettroencefalografiche si sincronizzano, che cosa
può accadere quando un Buddha e alcune migliaia di discepo1i meditano insieme. Questa sintonia di
coscienze, di silenzi che di fondono con altri silenzi, di una oceanica onda di sincronicità che
pervade il tutto. Ogni Sanga (comunità buddista), ogni lamaseria, monastero, ogni comune di
ricercatori che ha ospitato un maestro illuminato ha creato questa oceanica esperienza di
Buddhafield, di ‘campo di Buddhità’ in cui ogni avvenimento appare più significativo, più fluido,
come se l’intero posto avesse una maggiore ‘densità’. Accadde questo quando Buddha e Lao Tze furono
con i loro discepoli, nelle comuni Zen, Sufi e Tantriche, accadde fino a che Ramana Maharshi e
Babaji furono vivi e continua ancora ad accadere con grande intensità intorno a Osho Rajneesh.

Punti di sincronicità di coscienze, centri di fusione della rete evolutiva dell’umanità, ancora così
frammentaria.

L’indicibile leggerezza dell’essere, cardine della ricerca interiore orientale, si ‘contrappone’
alla concretezza dell’avere della società tecnologica. Vuoto e silenzio mentale diventano un polo
dell’esperienza umana interiore che si spera bilanci la ricchezza estrema della conoscenza e
dell’esperienza rivolta al mondo esterno. E’ necessario che l’occidente, e lo scienziato in
particolare, prenda coscienza di questa mancanza radicata nella nostra cultura e inizi a
riequilibrare il mondo iniziando la ricerca del proprio stesso essere.

Cerchio: la sincronicità astrologica del mandala
Di Anna Mosca

L’astrologia è una delle tecniche più antiche di comprensione di come l’essere umano viene
influenzato dalla configurazione che i pianeti del sistema solare e le costellazioni avevano al
momento della sua nascita e nei vari momenti della vita. Tutte le diverse modalità di
interpretazione come l’astrologia occidentale, cinese, indiana, tibetana ecc., sono relegate alla
carta del cielo che sulla base dei calcoli viene scritta dall’astrologo su un foglio o tavoletta e
spiegata alla persona. In tutte, sembra esserci una relazione di causa/effetto tra l’azione dei
pianeti e l’individuo, una relazione certamente sottile, psicosomatica, ma pur sempre un’azione
astrale e un effetto umano.

Da questi modi antichi di intendere l’astrologia si stacca una nuova tecnica che possiede delle
caratteristiche rivoluzionarie: la tecnica del cerchio. Questa tecnica nasce alcuni anni fa alla
RIMU, Rajneesh International Meditation University di Rajneeshpuram negli USA, dove un gruppo
internazionale di terapisti, medici ed astrologi che praticavano meditazione, aveva dato vita ad un
esperimento colossale di comprensione dell’uomo e dei suoi processi di analisi ed evoluzione. Una
delle tecniche uscite da quella fucina fu l’astrologia esperienziale, basata sul cerchio.

Il quadro astrologico di una persona viene raffigurato in terra grazie a grandi segni costruiti in
legno che vengono disposti nella corretta configurazione. L’intero cerchio, che riproduce quello
sulla carta, diventa così largo tre – quattro metri. i simboli di legno vengono colorati in
differenti colori. Le case e gli spazi vengono delimitati da sottili asticelle di legno.

Ora in Italia vi sono solo quattro astrologi che hanno appresi il lungo training per poter operare
con questa tecnica estremamente potente e profonda; training che, oltre alle specifiche cognizioni
pratiche, comprende corsi di meditazione e lavoro interiore di ripulizia.

Abbiamo chiesto ad Anna Mosca, una di queste esperte, che insieme a Margareth Kuntzle ha tenuto dei
seminari di questa tecnica in Italia e in Svizzera, di parlarci della sua esperienza del cerchio.
“Il cerchio è una lezione incredibile di centratura, è un qualcosa di ancora misterioso, che non
riesco a capire, è come un catalizzatore.

Quando ho iniziato a provare il cerchio su di me, è stato così forte che per un anno intero ho
sentito il bisogno di fermarmi, di iniziare un periodo di introspezione, ho cessato la mia
collaborazione con Astra prima e con Sirio poi per potermi dedicare totalmente a guardarmi dentro e
crescere. Da quando ho iniziato a lavorare con il cerchio, sono successe cose molto forti,
nonostante mi sembri di essere statica fuori, in realtà sento che tutto è in movimento. Anche senza
muovermi, il cerchio ha lavorato su di me. Ora sto riprendendo a lavorare sugli altri. Il cerchio è
una meditazione, ha una sua silenziosa bellezza, è un’arte che richiede prima una trasformazione
personale, altrimenti perderebbe la sua carica di sincronicità. Il cerchio è sempre stato il segno
della magia, nel bene e nel male, il cerchio è in realtà un segno spirituale.

In tibetano cerchio e centro hanno lo stesso nome: Mandala, simbolo del sé e del cosmo nella sua
interezza.

Il soggetto, quando entra nel “suo” cerchio astrologico, deve prima di tutto centrarsi e fermarsi,
entrare in silenzio… meditazione… che può durare poco o anche molti minuti, poi da quello che
lui sente in questo suo spazio interiore, io decido che cosa fare: ce segno mettergli di fronte, o
dove portarlo all’interno del cerchio. Il cerchio rappresenta l’interezza della persona, e lo scopo
di queste tecniche è che la persona vada dappertutto all’interno di questo spazio, a sentire e
riscoprire sé stesso nella sua totalità. Solo che questo non si può fare in una sola sessione… ci
sono troppe implicazioni… ci vuole del tempo e molta collaborazione. Chi mostra delle grosse
chiusure, un’emotività molto bloccate, davanti, per esempio, ad una V casa che rappresenta la
vitalità sessuale, allora lo sposto e lo metto davanti alla sua Luna, per sentire l’altra parte
della sua sensibilità.

Normalmente la persona lavora ad occhi chiusi, ma non è una regola, la cosa incredibile è che, anche
ad occhi chiusi, ognuno sente con esatta sincronicità quello che simbolicamente è correlato a quella
posizione o a quel segno. Per esempio Angela, una persona molto controllata, è venuta a fare una
sessione facendo un gioco suo classico del “tutto perfetto”, del “sì” stereotipato. Io ho cercato di
farle emergere qualche “no”, lei ha un insieme di pianeti in Scorpione, che sono in rapporto di
tensione con altri pianeti in Leone per cui tutto il suo gioco del trattenere… ma davanti allo
Scorpione non è successo niente… allora l’ho messa davanti al nodo lunare ed è andata in uno stato
profondissimo; ha contattato un’altra sé stessa, molto inconscia, ed ha vissuto una scena di
violenza: una capanna con tutti i dettagli, e questi uomini che bevevano e le facevano paura. La
scena era stata rimossa e il liberarla ha provocato dei profondi cambiamenti nella sua vita. Alcune
persone rivivono una autentica rinascita, quasi sempre delle grosse espressioni di emozioni e
blocchi rimossi.. ma fanno questo quasi completamente da sé.

I1 cerchio è uno specchio.. uno specchio magico, succedono cose meravigliose con una intensità
fortissima. La sincronicità del centro è evidente, anche ad occhi chiusi, c’è un rapporto simbolico
che opera in modo assai misterioso, io non faccio quasi niente.. resto presente e distaccata.. il
cerchio opera da solo.

Questa tecnica ci riporta a vivere l’astrologia con il corpo, con le sensazioni, a sentire i segni e
gli aspetti positivi e negativi direttamente su noi stessi. è una tecnica totale.. olistica. E’ un
vero viaggio simbolico dentro il nostro passato e le nostre potenzialità più nascoste. Questo
strumento ci aiuta a sentirci assai più vicini a noi stessi di ogni altra forma di astrologia mai
conosciuta prima: per questo la chiamiamo astrologia esperienziale.’

Sincronicità ed evoluzione
di Hanseuli F. Etter

– estratto da ‘La syncronicité, I’ame e la science’

Le mutazioni accadono nello spazio e nel tempo, ma la loro apparizione è fortuita e dunque
a-causale. La particolarità dominante è che esse hanno un senso per l’evoluzione, esse rendono
quest’ultima possibile e determinano uno sviluppo ‘verso l’alto’. Dietro le mutazioni si trova a mio
avviso un principio acausale significante: la sincronicità.

Nel sistema occidentale del pensiero di comprensione manca terribilmente una struttura differenziata
che permetta di comprendere ciò che è causale e ciò che non lo è. Così non è, invece, nelle
categorie della filosofia estremo orientale.

Questo determina in quel contesto un intreccio individuale fra il pensiero analitico strettamente
causale da un lato e accettazione seria di segni, oracoli e altri eventi di natura propriamente
simbolica dall’altro. In termini religiosi tradizionali vengono accettate nella nostra
civilizzazione segni come la provvidenza, il caso, il destino o l’intervento divino, per la scienza
moderna, al contrario, il concetto neutro di caso, con un aspetto indifferente di fortuna o sfortuna
è più che sufficiente.

I1 più conseguente in questo senso è senz’altro il premio Nobel Jacques Monod che ha portato alle
estreme conseguenze la filosofia del caso dell’evoluzione. Egli perviene alla conclusione che il
caso soltanto è all’origine delle innovazioni, delle creazioni nella natura animata: il caso puro,
la libertà assoluta e cieca come base della straordinaria costruzione dell’evoluzione. Questo
riconoscimento fondamentale della biologia moderna non gli sembra una delle ipotesi possibili o
pensabili tra altre: essa è la sola possibile poiché è la sola che coincide con la realtà
dell’osservazione e dell’esperienza.

Egli sottolinea, per esempio, che fra il determinismo di una mutazione della sequenza del DNA e il
determinismo indotto dall'”indice funzionale a livello dell’azione delle proteine, non è possibile
constatare una “coincidenza assoluta”.

Egli aggiunge che “l’evento resta dunque nel dominio del caso ‘necessario”‘. Monod si avvicina così
a quello che può essere definito il principio della sincronicità nell’evoluzione.

I fenomeni sincronici o le sincronicità rappresentano l’incontro fortuito di due o più catene
causali indipendenti, che sono caratterizzate dalla simultaneità approssimativa e dal senso che
l’evento creato fortuitamente produce per l’interessato. Jung (1952) parla anche di coincidenze
analogiche o similitudini e pone come postulato di spiegazione la sincronicità come principio di
relazioni a-causali.

Incontriamo un tale ordine a-causale, per esempio, nel regno della fisica con i periodi atomici o la
velocità di propagazione della luce. Le cose sono come sono e noi non possiamo darcene una ragione.

Jung allarga considerevolmente, con l’aiuto del fisico Wolfang Pauli, l’immagine classica del mondo
che avevamo fino ad allora (spazio, tempo, causalità) per introdurre un quarto principio – pur
essendo consapevole che una tale apertura non poteva essere intrapresa che sotto l’influsso di una
necessità assoluta. Questa necessità era fondata per lui sul fatto che i fenomeni di coincidenza
significante non sono comprensibili all’interno di una visione del mondo, in cui esperienze
essenzialmente umane non possono essere integrate, pertanto necessitando di un’espansione di questa
visione.

L’idea di una relazione fra tutte le cose, la ‘correspondencia’ di Leibuiz che si accompagnava alla
filosofia medioevale ha cominciato a declinare con l’apparizione delle scienze della natura e le
concezioni di un mondo sottoposto alla causalità, per finire nell’oblio con il costante progresso di
queste scienze. Oggi, certe problematiche e certi risultati della fisica e della biologia, nonché
della psicologia e dei suoi territori limite che si sottraggono alla concezione causale, richiedono
una revisione dell’immagine scientifica del mondo (Isler 1971). Nella cultura cinese del passato, il
principio di sincronicità era lo strumento di base utilizzato per comprendere il mondo circostante e
gli eventi storici. Si assumeva, allora, che il comportamento strutturale dell’uomo, il microcosmo,
era in relazione con il macrocosmo.

Così inteso il principio della sincronicità indica in ultima analisi una connessione trascendente di
tutti gli elementi dell’universo.

Jung e Pauli sono giunti a un accordo reciproco concernente l’ordine di questo principio. Il quadro
spazio-tempo-causalità nel quale si muove la nostra comprensione occidentale del mondo viene elevata
ad una figura parternaria con l’introduzione del principio della sincronicità. Su proposta di Pauli
la struttura è costruita in modo tale che i postulati di psicologia del profondo e quelli della
fisica moderna vi si trovino soddisfatti:

energia indistruttibile

causalità sincronicità

continuo spazio-tempo

Jung non conosceva evidentemente il significato del caso nella teoria dell’evoluzione suggerita da
Monod, in cui l’evento che impone la mutazione e la sua incidenza funzionale sono legati
fortuitamente. Quando una mutazione si rivela essere, nel suo effetto biochimico finale, un
vantaggio funzionale per rapporto all’ecosistema, essa è tanto più utile al portatore, perché gli da
una possibilità individuale di sopravvivenza e assicura meglio la continuazione della specie.

Questa esigenza, elaborata da Jung in vista di un evento sincronico, si verifica in maniera esatta
nel caso di una tappa evolutiva. Il ‘senso’ risiede nell’adattamento migliore, nella continuazione
più sicura della specie e di conseguenza nella garanzia di una possibilità di uno sviluppo
superiore.

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