Gli Spiriti, il Medium e lo Psichiatra

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Gli Spiriti, il Medium e lo Psichiatra

di Giovanni Iannuzzo

da Neuroingegneria.com

I fenomeni medianici attrassero, fra la seconda metà dell”800 e i primi del ‘900, l’attenzione di
molti scienziati, fra i quali illustri esponenti della giovane psichiatria italiana. Molti
psichiatri si dedicarono con entusiasmo a questi studi, ma i risultati delle loro ricerche furono
deludenti. Rimasero dubbi, perplessità, incertezze. E rimase soprattutto la certezza che esistevano
altri campi d’indagine, ben più importanti, ai quali dedicare energie e passione.

Nell’ottobre del 1873 si tenne a Roma l’undicesimo congresso degli scienziati italiani. Si trattò di
una data importante per due motivi: il primo è che fu l’ultimo congresso di quel tipo; il secondo è
che, all’interno dei lavori, fu fondata la Società Freniatrica Italiana, la prima associazione
professionale di psichiatri in Italia.

Certo, la psichiatria era una pia illusione ben più di quanto fosse una scienza. Le visioni
prevalenti nel campo dello studio della patologia mentale erano fortemente ancorate ai presupposti
neurologici meccanicistici della medicina ottocentesca, imbevuta di intransigente razionalismo. Due
convinzioni erano fortemente diffuse: la prima era che la malattia mentale, in tutte le sue
espressioni, fosse il prodotto necessario di una alterazione cerebrale. I ‘pazzi’, cioè, dovevano
avere qualcosa che fisicamente non funzionava all’interno del sistema nervoso, e, già nel 1883,
quando la Società celebrava il suo quarto congresso vantando 109 membri effettivi, le relazioni
cliniche neuroanatomiche (come quelle che descrivevano le alterazioni della temperatura negli
alienati, o le caratteristiche della ‘trabecola cinerea’ nei malati mentali) si fondevano con quella
di Camillo Golgi sulla ‘cellula nervosa motrice’.

Grandi entusiasmi, insomma, ma anche grandi incertezze, specialmente per quanto atteneva ai metodi
clinici e alla stessa classificazione del disturbo mentale. La seconda convinzione era quella
derivata dalle opere di John Brown, un medico di Filadelfia che per più di vent’anni insegnò
fisiologia all’Università di Edimburgo. Brown aveva asserito nel 1780 che i disturbi mentali erano
il prodotto di un’eccessiva stimolazione del cervello che, essendo un tessuto particolarmente
sensibile, poteva andare incontro a irritazioni o ad ‘esaurimento’. La nozione di esaurimento
nervoso è probabilmente una pietra miliare nella storia della psichiatria, a dimostrazione del fatto
che una teoria può spesso condizionare in maniera determinante le prospettive anche operative di una
scienza. Non a caso l
a definizione è tuttora impropriamente in uso dopo duecento anni.

A fronte di queste incertezze, la freniatria italiana, tra gli ultimi decenni del XIX secolo e gli
inizi del XX era pervasa da tutt’altro spirito. Vi era, cioè, presente un anelito alla conoscenza e
all’intervento operativo che travalicava ampiamente i limiti della prassi o della teorizzazione
strettamente medica.
In un’epoca che non aveva ancora scoperto la psicoanalisi, l’etologia, la sociologia della medicina
o l’igiene mentale, gli intenti dei freniatri erano a dir poco eroici. I loro intendimenti
spaziavano dalla sociologia all’etnografia, alla politica sanitaria, quasi fossero pervasi da un
sacro fuoco di conoscenza.

“Ormai non v’ha disciplina sulla quale la psicologia non stenda le sue grandi ali. La nostra scienza
si confonde con quella dell’umanità”. Lo sostenne proprio in quel congresso del 1883 Andrea Verga,
nella sua relazione introduttiva. E non era certo l’espressione di uno studioso eccentrico. A
guardare cosa facevano o scrivevano tutti i più noti nomi della freniatria di quel periodo, si nota
con chiarezza l’ambizione a travalicare i limiti della pratica clinica, per spostare l’attenzione
verso due ordini di problemi sostanziali: un ‘progetto sociale’, da un lato, e una ricerca ad ampio
raggio sulle potenzialità umane dall’altro. Ambedue, d’altra parte, erano progetti essenziali del
positivismo, che in quello scorcio di fine secolo aveva contagiato la scienza freniatrica italiana.
Nel contempo l’ambizione a un itinerario di perfezione, anche conoscitiva, la fede in un’accesa
ideologia del progresso e ? storicamente ? la necessità di fondare una cultura laica contrapposta
all’oscurantismo e all’ignoranza, motivavano ampiamente questi indirizzi programmatici.

Queste considerazioni appaiono importanti per spiegare un fenomeno apparentemente controverso, e
cioè l’interesse dei freniatri italiani della belle époque e dell’epoca immediatamente successiva
per i misteriosi fenomeni spiritici. Si trattò quasi di un’epidemia, e non si è lontani dal vero
affermando che non vi fu psichiatra di una certa fama che, almeno per qualche tempo, tra la fine
dell’Ottocento e gli inizi del Noveento non si interessò di medium, tavoli ballerini e tutto quel
corteo di fenomeni tanto cari allo spiritismo.

TAVOLI BALLERINI

Importato dagli Stati Uniti d’America, dove nel 1848 due ragazzine convinsero gran parte
dell’opinione pubblica di essere riuscite a stabilire un contatto con l’aldilà mediante un codice
tiptologico (più o meno il famoso ‘se ci sei batti un colpo’, anche se successivamente venne
perfezionato), lo spiritismo aveva contagiato l’Europa verso la metà dell’Ottocento, specialmente
grazie alle imprese di celebri medium ? gli individui che fungevano da tramite con l’aldilà,
‘incorporando’ gli spiriti dei trapassati che, mediante loro, comunicavano con il mondo dei viventi.
Lo spiritismo divenne un fenomeno di portata sociale non indifferente: in Francia specialmente
costituì una sorta di rivoluzione sociale, fu codificato da un maestro elementare, Hippolyte Rivail,
meglio noto come Allan Kardec, e assunse spesso toni socialisteggianti, fornendo agli adepti persino
assistenza materiale e morale e propagandando idee abbastanza vicine a quelle del socialismo
umanitario, fondate su principi egalitari e interclassisti (Vartier, 1972). Kardec fu personaggio
eclettico e proteiforme, persino originariamente scettico (un’ottima ricostruzione è presentata da
Biondi, 1988), e forse per questa sua poliedricità riuscì a costruire un movimento che, a fronte di
una grande rilevanza sociale manifestava anche una sua dimensione scientifica. Le sue prime sedute
furono in casa Baudin e: “Fu in questa occasione che conobbe i componenti più illustri del
‘circolo’, il letterato Victorien Sardou, l’accademico di Francia René Taillandieu, l’editore Didier
e, poco più tardi, il giovane Camille Flammarion, il futuro astronomo di fama mondiale, che si
esercitava con gli altri, a turno, nella produzione di scritti medianici” (Bi
ondi, 1988).

Ma qual era questa dimensione ‘scientifica’ dello spiritismo? I fenomeni e i medium che durante le
sedute medianiche pretendevano di far levitare tavolini, suonare strumenti musicali senza che alcuno
li sfiorasse, o presentare fantasmi di trapassati, sostenenendo che tali fenomeni rappresentassero
la riprova empirica delle loro asserzioni teoriche.
A quest’aspetto s’interessarono molto gli psichiatri italiani. Tra la fine dell’Ottocento e i primi
anni del Novecento, attraverso le ‘forche caudine’ delle ricerche sullo spiritismo passarono i più
bei nomi della psichiatria italiana: Lombroso, Morselli, Bianchi e un numero non precisato di altri
psichiatri.

È bene precisare che non si trattò di un fenomeno solo italiano quello per cui uomini di scienza
della più varia estrazione decisero di occuparsi dei fenomeni spiritici. Anche in altri paesi
avveniva più o meno la stessa cosa. E dappertutto si trattò di un’esplosione endemica, che si esaurì
con la stessa velocità con la quale era iniziata. D’altra parte, l’interesse di un certo numero di
psichiatri per i fenomeni medianici era giustificato dall’esistenza di uno straordinario interesse
pubblico per questi misteriosi eventi. Le performance dei medium, gli spettacoli pubblici dei
magnetizzatori, che riempivano le sale dei teatri, riscuotevano successo in tutti gli strati sociali
e gli studi sui fenomeni occulti trovavano entusiastici sostenitori anche negli ambienti scientifici
e culturali di tutto il mondo occidentale. Nel Regno Unito era stata fondata, nel 1882, una Società
per la Ricerca Psichica (Society for Psychical Research), che annoverava tra i suoi fondatori
personaggi molto noti del mondo della scienza e della cultura: chimici come William Crookes –
l’inventore del tubo a raggi catodici -, fisici come William Barrett, docente di fisica
all’Università di Dublino, o Thompson, o gli stessi coniugi Curie, davano avallo a queste ricerche
sostenendone a spada tratta la validità e l’importanza. Ma l’elenco degli intellettuali infatuati
dello spiritismo potrebbe essere ben più lungo: scrittori come Conan Doyle (il creatore di Sherlock
Holmes), come Alexandre Dumas, o, in Italia, Antonio Fogazzaro e Luigi Capuana davano credito a
questi fenomeni, e rappresentavo il nocciolo duro di un movimento d’opinione dalle dimensioni
davvero imponenti, che orbitava inevitabilmente intorno ad alcune figure di medium in grado di
produrre fenomeni che erano ritenuti prova indiscutibile dell’esistenza di altre forme di realtà. Di
fronte al divampare di un simile movimento d’opinione, era quasi impossibile che gli psichiatri si
eclissassero. Specialmente in Italia, visto che uno dei medium ritenuti più straordinari era proprio
una contadina pugliese: Eusapia Palladino.

IL CASO PALLADINO

Eusapia Palladino fu una delle più note medium del periodo compreso tra gli ultimi decenni del
diciannovesimo secolo e i primi del ventesimo e, comunque in assoluto una delle medium più celebri
della storia. Nata, per quanto se ne sappia, a Minervino Murge nel 1854, sembra che sia stata
definita ‘la figlia dello spavento’, sia per certe oscure vicende biografiche (si diceva che la
madre era morta nel partorirla, e il padre era stato ucciso dai briganti. Ma Biondi suscita diversi
attendibili dubbi al riguardo: “pare che si debba ritenere che i suoi genitori sopravvissero a lungo
alla sua nascita, contrariamente a quanto diceva lei, che li voleva uno ucciso dai briganti, l’altra
morta nel darla alla luce” [Biondi, 1988, p. 97]) sia perché avrebbe incarnato per decenni l’essenza
stessa dello spiritismo. Si sa abbastanza poco delle sue vicende biografiche, ma sta di fatto che,
ad un certo momento, grazie a una serie di complesse circostanze, Eusapia Palladino divenne una
delle medium più celebri del mondo. Gli spiritisti sostenevano che era in grado di provocare
fenomeni allucinanti in seduta medianica. I critici la accusavano di frodare talvolta anche in
maniera rozza.
Durante la sua attività, comunque, fu studiata e osservata da un gran numero di ricercatori.
Ancorché molti di loro fossero dei dilettanti, un certo numero di coloro che compirono ricerche
sulla sua medianità furono scienziati di grande esperienza e prestigio, alcuni addirittura dei premi
Nobel (come Richet, i coniugi Curie, Thompson).

Si discute ancora oggi della genuinità o della fraudolenza dei suoi fenomeni, e questo perché, anche
se la Palladino fu scoperta a frodare nel corso delle sedute un gran numero di volte, continuano ad
esservi indefessi sostenitori dell’autenticità delle sue mirabilie. Di certo, i fenomeni che questa
donna pretendeva di manifestare furono studiati in maniera apparentemente approfondita e molti degli
investigatori che se ne occuparono talvolta addirittura si convertirono, sino a ritenere
indubitabili gli eventi che si producevano nel corso delle sedute medianiche alle quali
assistettero. Alcuni, dopo avere effettuato sedute con la Palladino, abbracciarono la fede
spiritistica; altri continuarono a credere che i fenomeni della donna potevano essere prodotti da
una qualche forma di energia psichica, o essere frutto di frodi deliberate. In ogni caso, la
medianità della Palladino è probabilmente una delle meglio investigate nella storia della ricerca
psichica.

Esiste un’ampia letteratura sui fenomeni prodotti dalla Palladino. Si tratta di relazioni e di
rapporti realizzati da un numero impressionante di studiosi che parteciparono a sedute con lei nel
periodo in cui la medium produceva fenomeni fisici spesso spettacolari. Una delle fondamentali
caratteristiche psicologiche della Palladino, infatti, fu la sua disponibilità ad essere studiata, e
questo permise, abbastanza spesso rispetto agli standard della storia della ricerca in questo campo,
un’applicazione frequente (anche se non si sa quanto esatta di metodi di controllo e comunque la
registrazione dei fenomeni fisici che si producevano in sua presenza. Questa attitudine psicologica
della Palladino stimolò molti studiosi a sperimentare con lei e, infatti, su questa notissima medium
oggi è disponibile un numero enorme di scritti, pubblicati in numerose lingue. La sua medianità fu
investigata, tra I’altro, da Aksakof (1912; vedi anche Rapport, 1893), Bozzano (1903, 1901, 1927,
1930), Carrington (1954), Feilding, Baggally e Carrington (1909), Flammarion (1897, 1907), Flournoy
(1911), Hodgson (H. Sidwick, 1895), Lodge (1894, 1895), Lombroso (1909), Myers (1894, 1895),
Ochorowicz (1896), Krauz (1894), Richet (1893, 1895), Rochas (1897, 1898, 1906), Schrenk?Notzing
(1920), E.M. Sidgwick (1895), Vassallo (1902), Venzano (1907), Vecchio (1918), Warcollier (1958).

Altri articoli furono pubblicati da Blech (1897), Darieux (1896), Fiocca?Novi (1910), Lucci (1915,
1916), Sabatier, Rochas, Gramont, Maxwell, Darieux e Wateville (1836), Senigaglia (1910) e altri
ancora. Alcuni di questi studi furono condotti con I’uso di strumenti per obiettivare i fenomeni
fisici della medium e per studiare le variabili fisiche e psicologiche delle sue manifestazioni
medianiche (Aggazzotti, Foà, Foà e Herlitza, 1907; Bottazzi, 1907; Courtier, 1908; Favre, 1910;
Imoda, 1908; Krauz, 1894; Lombroso, 1892, 1909; Marzorati, 1909 e Morselli, 1908, tra gli altri).
L’estensione numerica e, talvolta, la qualità dei resoconti (per delle rassegne, cfr. Alippi, 1962;
Carrington, 1909; De Boni, 1960; Dingwall, 1950; Fodor, 1933; Inglis, 1977; Morselli, 1908; Nicol,
1956; Piccioli, 1965; Rochas, 1906) e la controversia sulla genuinità dei suoi fenomeni (o almeno
una piccola parte di essi), come anche l’evidenza di sue indubitabili attività fraudolente (per la
prospettiva critica vedere Finch, 1903; Hansel, 1980; Podmore, 1911; Rawcliff, 1959; Sidgwick, 1909)
rendono oltretutto l’attività medianica della Palladino e, comunque, la sua vicenda biografica, più
interessante di tante altre nella storia delle indagini in questo campo.

Anche se recenti studi storici hanno chiarito numerosi aspetti della vita e dell’attività medianica
della Palladino (vedi, per esempio, Cassirer, 1978, 1983, 1983b; Alvarado 1982, 1983), tra i quali
persino una riflessione sulla corretta dizione del cognome della medium (se con una o due l:
Alvarado, 1984) o, in senso più lato, l’importanza delle sedute con la Palladino nell’attività
scientifica e del pensiero di alcuni dei suoi studiosi (vedi per esempio, un interessante articolo
di Guarnieri sulle esperienze di Morselli con la medium: 1985), esiste attualmente una notevole
mancanza di informazioni su certi particolari biografici o genericamente storici relativamente
all’attività della Palladino come medium. È certo che fosse un personaggio furbo, strano,
problematico, probabilmente con tratti psicopatologici, sicuramente di scarsissima affidabilità.
Come scrive con umorismo Biondi (1988): “Dal tipo di fenomeni presentati, era evidente che la donna
era in frequentazione con spiriti non troppo elevati. Per di più i suoi modi popolari e la scarsa
educazione nei confronti degli uomini presenti alle sedute (ai quali talora indirizzava commenti e
proposte di dubbio gusto, che però inevitabilmente accesero desideri e turbarono la mente di molti)
non lasciavano certo immaginare che in lei si evidenziassero le parti migliori della spiritualità,
terrena o ultraterrena che fosse” (p. 97).

Alcuni eventi della carriera medianica della Palladino sono comunque non molto noti, come la serie
di sedute che la Palladino tenne a Palermo nel 1902. Queste sedute compresero ben 14 sessioni,
durante le quali furono osservati molti fenomeni fisici. Inoltre, queste esperienze furono
investigate in modo apparentemente approfondito da un gruppo di noti psichiatri e medici e il
resoconto completo delle osservazioni realizzate fu poi pubblicato su una rivista allora di
rispettabile livello scientifico: si tratta de II Pisani. Giornale di Patologia Nervosa e Mentale.
Su questa stessa serie di sedute, altri resoconti apparvero sul quotidiano palermitano L’Ora, sulla
rivista Annales des Sciences Psychiques (Samonà, 1903), su Luce e Ombra (Lanza, Samonà et al., 1903)
sulla quale venne ripubblicato l’articolo originariamente apparso su II Pisani, e sulla Rivista di
Studi Psichici (Bozzano, 1903).

LE SEDUTE DI PALERMO

Dal 21 luglio al 14 agosto 1902, Eusapia Palladino tenne a Palermo una serie di sedute, organizzate
da un gruppo di studiosi, tra i quali Carmelo Samonà, medico e noto studioso di fenomeni spiritici
(1), Gerolamo Mirto, professore associato di neuropsichiatria all’università di Palermo, Giuseppe
Pagano (professore di fisiologia nella stessa università) e altri, numerosi dei quali medici o,
comunque, uomini di scienza o di cultura (2). Sembra che gli sperimentatori sottoposero la Palladino
a controlli severi. Ecco quanto scrissero in merito gli stessi studiosi: “Non occorre dire che i
locali dove ebbero luogo le sedute ed i vari oggetti serviti alle medesime furono da noi stessi
scelti e disposti, sicché resta interamente escluso qualunque piu lontano sospetto di preparazioni
fraudolente. E similmente che prima di ogni seduta, locale ed oggetti venivano accuratamente
riesaminati e spesso anche gli abiti e la persona della medium” (Lanza, Samonà et al., 1903, p.
165).

Abitualmente 5?7 investigatori sedevano attorno al tavolo e qualche altro studioso stava nella
stanza come semplice spettatore. Durante le sedute, la Palladino era controllata in maniera
piuttosto rigorosa: “Il controllo della persona della Palladino era affidato ordinariamente ai due
che le sedevano vicino, ciascuno dei quali le teneva una mano e poneva un piede sotto quello di lei.
Più volte a questi due controlli e se ne aggiunse un terzo, non facente parte della catena, il
quale, disteso per terra sotto il tavolo, teneva le gambe della Palladino; ovvero seduto a fianco di
lei, ne sorvegliava tutta la persona, tenendole le braccia, le ginocchia o altre parti del corpo.
Anche i due controlli ordinarii, senza mai lasciare la mano o il piede loro affidati, frequentemente
coll’altra mano andavano tastando qua e là la persona della medium”.

Questi metodi permisero agli investigatori di scoprire la medium in “frode” flagrante, ma nel
contempo di guardare con maggiore attendibilità ai fenomeni che durante quelle sedute si produssero,
sia al buio che in piena luce. Tali fenomeni (che “per lo più si presentavano inaspettati”) furono
spesso eclatanti. Ecco come alcuni di essi sono descritti dagli stessi ricercatori: “Più volte
abbiamo potuto assistere al sollevamento completo del tavolo (levitazione) col semplice contatto di
una sola mano della Paladino sul piano di esso, mentre I’altra mano e le mani dei componenti la
catena restavano fuori, e questo fenomeno avvenne anche con luce abbastanza chiara da permettere il
più sicuro controllo oculare.
“Una volta il sollevamento del tavolo si verificò, particolarità interessante, stando la Paladino
seduta nel mezzo del lato lungo del tavolo stesso, senza che noi stessimo in catena e con una
penombra che permetteva di leggere nettamente i minuti sul quadrante di un orologio da tasca.

“Cessando la levitazione, il tavolo d’ordinario ricadeva di peso sul pavimento, ma una volta che
sopra il tavolo stava una bottiglia piena d’acqua, trasportatavi poco prima della forza medianica,
il tavolo levitò e poi non cadde, ma si abbassò lentamente in modo che la bottiglia non subì alcuna
scossa. Una levitazione interessante fu pure quella senza contatto, di un piccolo e leggero tavolino
rotondo, collocato dietro la tenda, il quale ne usci fuori e si sollevò di circa due metri dal
pavimento, raggiungendo la mano di uno di noi, che stava in ginocchio sul tavolo centrale col
braccio interamente proteso in alto. Questo fatto avvenne al buio, ma il controllo della persona
della Paladino era esercitato da tre persone nel modo più rigoroso”.

In un’altra occasione, un tavolo pesante kg 15,400, che distava circa un metro e mezzo dalla
Palladino si mosse, in piena luce, verso la medium. Uno dei fenomeni probabilmente più suggestivi
dell’intera serie di sedute è comunque quello descritto qui di seguito: “Un mandolino situato dentro
una cesta cilindrica, stretta ed alta, posta sul pavimento a circa m 1,50 dalla Paladino, venne
fuori dopo lunghi tentativi, durante i quali lo sentivano agitarsi, restando la cesta immobile:
uscitone, venne sollevato e si pose a girare, suonando al di sopra delle teste dei componenti la
catena”.

Uno dei fenomeni più insoliti della serie di sedute è così descritto nel rapporto degli studiosi
palermitani: “Ad uno di noi, una volta al buio, venne tolta la sedia, sulla quale stava seduto,
malgrado resistesse con tutta la sua forza. Fatta la luce, la sedia fu trovata sul tavolo centrale;
rifatto buio, la sedia ritornò precisamente al suo posto e il proprietario di essa, che era rimasto
tuttora in piedi, fu tirato energicamente per il lembo della giacchetta, dalla parte di dietro, e
forzato a piegare le ginocchia e rimettersi a sedere. Durante il lungo svolgersi di questo fatto il
controllo della persona della Paladino fu, come per tutti i fenomeni qui narrati, completamente
sicuro”.

Furono anche registrati fenomeni meno impressionanti: mani invisibili che toccavano gli
sperimentatori (specialmente quelli che stavano vicini alla medium o quelli che la controllavano);
alcuni degli investigatori vennero anche toccati e accarezzati da due mani contemporaneamente, e
questo accadeva nello stesso momento a due persone. Si osservarono anche soffi di vento tanto forti
da muovere le tende della stanza, raps, luci misteriose. Non fu invece osservato alcun fenomeno
psichico. È interessante notare che fenomeni simili furono anche riportati altrove (in un articolo
di Ponte, citato in Alvarado, 1983).
I ricercatori palermitani, comunque, trassero da queste osservazioni delle conclusioni
ragionevolmente prudenti: “Ciascuno di noi da questa serie di sedute naturalmente ha riportato le
proprie impressioni, che, com’è facile supporre, sono assai disparate; però tutti siamo d’accordo
nel serbarle in pectore e limitarci alla nuda constatazione dei fatti, ritenendo non essere
possibile in atto mettere avanti qualsiasi tentativo di spiegazione scientifica circa la causa che
produce i fenomeni in parola”.

Le loro conclusioni sono in qualche modo simili a quelle esposte dagli studiosi che si occuparono
dei fenomeni di un’altra famosa medium, l’americana Margery: “Quando, in una seduta medianica, gli
oggetti si muovono e le usuali normali cause di tali movimenti, quali il tirare con le mani, i piedi
o la testa, lacci, funi e leve, magnetismo, elettricità, vento, gravità o radioattività sono
escluse, tale movimento è, nondimeno, un miracolo. Siamo di fronte soltanto a qualcosa di
supernormale, ripetuto e ancora ripetuto: supernormale perché non possiamo spiegarlo normalmente”
(American Society for Psychical Research, 1933, p. 493).
Entrambi i giudizi, quello dei ricercatori palermitani e quello degli studiosi dell’American Society
for Psychical Research, possono essere, o meno, condivisi. Anzi si tratta di due giudizi connessi: è
giusto sospendere in pectore qualunque valutazione, proprio perché non si sa se per spiegare i
fenomeni prodotti dalla Palladino a Palermo è possibile ipotizzare qualcuna delle ipotesi che
vengano esposte dagli studiosi di Margery. Infatti il resoconto dei ricercatori palermitani può
essere criticato, in quanto ad attendibilità scientifica in base alla palese mancanza in esso di una
descrizione più accurata delle condizioni nelle quali furono condotte quelle esperienze. Nel
rapporto si notano consistenti mancanze relative, per esempio, alle dimensioni e alle
caratteristiche fisiche degli oggetti spostati e descrizioni opportunamente dettagliate sui
controlli del medium prima, durante e dopo le sedute. Si nota anche l’assenza di più completi dati
strumentali: i fenomeni, cioè, furono semplicemente osservati ? il che può essere sufficiente ma non
in una prospettiva sperimentale.

Comunque, e in ogni caso, questo rapporto ha un buon valore storico, perché fornisce una serie di
indicazioni di sicuro interesse su un aspetto della attività “medianica” della Palladino. Ci rivela
non solo alcuni aspetti delle performance della medium, ma anche alcuni dati relativi all’importanza
che, nel 1902, alcuni uomini di scienza e di cultura italiani attribuivano ai suoi fenomeni. Tra gli
psichiatri spiccano i nomi di Augusto Tamburini, Tullio Seppilli, Angelo Mosso, Francesco Vizioli,
Eugenio Tanzi. Tutti loro si interessarono, in vario modo e con diversa intensità, di fenomeni
medianici.

LOMBROSO E MORSELLI

Il caso forse più clamoroso fu quello di Cesare Lombroso, uno dei personaggi più in vista della
cultura italiana della belle époque e uno dei pionieri storici della psichiatria italiana. Forse
furono proprio queste sue caratteristiche a suscitare il vespaio di commenti, polemiche, critiche ed
assensi che accompagnarono il suo interesse per i fenomeni spiritici.
Di origine ebrea, Lombroso aveva cominciato ad occuparsi di problemi psichiatrici nel 1870, insieme
ad altri temi di rilevanza medico-sociale (celebre il suo attivismo nella lotta contro la pellagra),
con grande lungimiranza ed impegno. Di fede materialista, positivista convintissimo, Lombroso
incontrò i fenomeni spiritici come conseguenza dei suoi studi sull’ipnotismo, tappa allora quasi
obbligata per chi si occupasse delle malattie mentali. Proprio studiando i fenomeni ipnotici,
Lombroso si era spesso dovuto confrontare con fenomeni misteriosi: “in rarissimi casi io ho potuto
verificare la possibilità della trasmissione a distanza di un ordine o di una visione ed audizione e
la trasposizione della vista e dell’odorato”.

Ma questo non significava affatto che i fenomeni che gli spiritisti pretendevano accadere durante le
sedute, accadessero realmente. Anzi proprio i meravigliosi fenomeni ipnotici consentivano di trovare
delle spiegazioni razionali per gli eventi delle sedute medianiche. Si trattava di fatti per i quali
doveva necessariamente esistere una spiegazione psichiatrica.
Lombroso si trovò a dovere confrontare la sua intransigenza con i fenomeni di Eusapia Palladino,
donna rozza, ignorante ma, nel suo genere, unica. Fu grazie a lei che nelle sedute si manifestò lo
‘spirito’ della madre di Lombroso. E fu questo fenomeno che lo avviò verso la totale conversione
allo spiritismo. Nel 1891 avrebbe pubblicato una ritrattazione completa delle sue critiche allo
spiritismo: “Io sono molto vergognato e dolente di avere combattuto con tanta tenacia la possibilità
dei fatti così detti spiritici; dico dei fatti perché alla teoria sono molto contrario “.
Ben presto avrebbe abbracciato anche la teoria, e l’ultima sua opera, pubblicata postuma col titolo
Ricerche sui fenomeni spiritici e ipnotici (1914) avrebbe mostrato quanto profonda era stata la sua
‘conversione’.

Chi invece non riuscì mai a convertirsi fu Enrico Morselli. Anch’egli aveva avuto il suo ‘battesimo
del fuoco’ con la Palladino. E non si trattò di esperienze da poco. In una seduta tenutasi in casa
sua, a Genova nel dicembre 1902, si era sentito accarezzare i capelli, e aveva sentito una voce
sussurragli qualcosa all’orecchio. Avrebbe riconosciuto anch’egli lo spirito della propria madre,
morta 27 anni prima. Ebbe un momento di commozione intensa, sconvolgente. Ma si riprese subito: non
era possibile che la propria madre si fosse realmente manifestata “in mezzo a tante volgarità e a
tante sfacciate e inconsce astuzie d’una isterica”. Di spiriti, neanche a parlarne. Questo non
significava che Morselli non riconoscesse la possibilità che molti fenomeni insoliti fossero
autentici. E li studiò con molta attenzione, anche utilizzando strumenti che allora erano
all’avanguardia: diapason elettrici, anemometri che potevano misurare il vento che si produceva in
seduta, macchine fotografiche. Il problema era filosofico: i fenomeni potevano anche essere reali,
ma non avevano nulla a che vedere con la dottrina spiritista. Per spiegare i fatti si potevano
utilizzare tre tipi di ipotesi: le ipotesi extrascientifiche, come per esempio l’occultismo, le
ipotesi ultrascientifiche, appunto lo spiritismo, e le ipotesi prescientifiche, come le varie teorie
metapsichiche. E sebbene delle spiegazioni di tipo fisiopatologico potessero dare ragione dei
fenomeni di tipo ‘intellettuale’ che avvenivano nel corso delle sedute medianiche, non esisteva
alcuna spiegazione attendibile per i fenomeni ‘fisici’ ? come gli spostamenti di oggetti, per
esempio ? che avvenivano in quel contesto. L’unica spiegazione poteva risiedere in una forza
‘psichica’ sconosciuta.

Gli sembrava una ipotesi legittima: “Noi psicologi ? scriveva ? non sappiamo intorno alla intima
natura della forza o attività psichica meno di quello che il meccanico sappia del movimento; il
fisico della gravitazione o dell’elettricità, il chimico della affinità, il biologo della vita”.
Ma si trattava d’astrazioni, in fondo, di ‘principi eccedenti ogni possibilità di dimostrazione’ e
Morselli lo sapeva benissimo. Insomma, dopo tanto cercare, si tornava al punto di partenza.
Restavano incertezze sull’autenticità dei fenomeni, sulla loro natura e sul modo in cui essi fossero
prodotti. Per quanto riguardava le manifestazioni intellettuali degli spiriti che si incarnavano,
Morselli non aveva alcun dubbio: era perfettamente d’accordo con le tesi del neurologo di Boston
Morton Prince, attribuendoli a processi dissociativi della personalità.
E i fenomeni fisici? Necessitavano di essere studiati con molta attenzione, molto rigore, per
“sfrondare con mano vigorosa e con tagli recisi l’albero miracolo dello spiritismo da tutte le
escrescenze ed efflorescenze che vi hanno appiccicato o fatto artificiosamente spuntare l’ingenuità
e l’inganno, la buonafede e la finzione”.

In ogni caso la cosa non gli interessava più, e infatti abbandonò del tutto i suoi studi sullo
spiritismo, qualche tempo dopo la pubblicazione, nel 1906, del ‘diario’ delle sue esperienze
medianiche, due ponderosi volumi dal titolo Psicologia e spiritismo. Morselli rappresenta il
trait?d’union, in fondo, tra le posizioni di coloro che credevano ai fenomeni spiritici e quelle
degli scettici più intransigenti, come il napoletano Bianchi, per esempio, convinto assertore delle
frodi della Palladino.

Dopo aver partecipato a una seduta con la medium, ne scrisse in termini tutt’altro che entusiastici:
“Io porto opinione ? affermò ? che se si applicassero due miografi sulle masse muscolari degli
antibracci della medium, e si mettessero in comunicazione con un poligrafo, troveremmo rilevata
sulla carta affumicata la vera identità dello spirito invocato”.
Bianchi era irriducibile: notava che le voci che aveva udito provenivano sempre dalla bocca della
medium, e non dal centro del tavolo, ironizzava sulla ‘fotofobia di cui soffriva lo spirito quella
sera’, e rilevava come una volta, dopo che aveva legato la medium, lo spirito non fosse riuscito a
scioglierla. Non si trattava di opinioni nuove, d’altra parte.
Una certa parte di psichiatri, o psicologi, non concedeva allo spiritismo nemmeno il beneficio del
dubbio. Wundt, che aveva peraltro studiato il medium Henry Slade, era stato, al riguardo, più che
categorico: “Gli scienziati, fisici, fisiologi, psicologi, che non siano occultisti credenti, hanno
buone ragioni per non avventurarsi su simile terreno. Queste ragioni si trovano, secondo me, nei
risultati dell’investigazione occultistica”.

Wundt era severissimo: posto che questi fenomeni siano reali, questo implicherebbe l’ammissione
dell’esistenza di due distinti mondi. “Da una parte quello di Copernico, di Galileo e di Newton, di
Leibnitz e di Kant: quell’universo retto da leggi eternamente immutabili, e in cui le minime cose
come le più vaste, si uniscono in un tutto armonico. D’altra parte, a lato di questo grandioso
universo che provoca sempre più la nostra meraviglia e la nostra ammirazione ad ogni nuovo passo che
in esso facciamo, vi sarebbe ancora un altro piccolo mondo, un mondo di spiriti folletti, di maghe e
di medii, il quale sarebbe il completo rovescio del primo, del grandioso e sublime universo, le cui
leggi immutabili si troverebbero qui sospese a profitto di persone fra le più volgari e spesso
isteriche”.

Dovendo scegliere, lo scienziato non poteva non scegliere il primo, rifiutando in ogni caso il
secondo. E non risparmiava critiche a Charles Richet, al contrario di lui convinto sostenitore del
paranormale: cosa era possibile vedere in tale interesse se non “una prova del turbamento che il
fatto d’occuparsi di problemi occulti può produrre nel criterio d’un uomo pieno di perspicacia?”
(Wundt, citato in Flournoy, 1911).

Si tratta, insomma, di un continuum ai cui estremi si collocano posizioni inconciliabili: dalla
credenza di Lombroso, allo scetticismo a oltranza di Bianchi, o di Wundt. Ed è questo che appare
strano, il fatto che in uno stesso periodo storico si incontrino specialisti in discipline affini
che la pensino in maniera tanto diversa su un fenomeno che, in qualche modo, afferisce alle loro
aree professionali. Ma è una contraddizione solo apparente. In realtà essa si risolve all’interno
stesso di quel grande movimento che fu il positivismo italiano di fine Ottocento, con le sue
contraddizioni, le sue esigenze anche metafisiche, le sue forze dinamiche, il bisogno di “sentire i
propri tempi, il partecipare agli eventi sociali che accalorano le masse”, come scriveva Lombroso
nel 1903. A questa esigenza di fondo ognuno diede il proprio personale contributo, secondo i propri
bisogni e il proprio temperamento. Il risultato non fu la comprensione di fenomeni misteriosi, ma la
dimostrazione della grande vivacità della giovanissima scienza psichiatrica italiana.

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Nota 1
Carmelo Samonà fu un noto ricercatore psichico italiano nel periodo tra la fine del XIX e gli inizi
del XX secolo. Nato a Palermo, studiò medicina nell’Università della sua città e presentò una tesi
di laurea sui “fenomeni spiritici”, che fu una delle prime nel mondo. Il suo nome è legato a un
famoso caso di presunta reincarnazione che coinvolse la sua famiglia, in particolar modo sua figlia
Alessandra, apparentemente la reincarnazione di una sorella col medesimo nome morta precedentemente.
Per ulteriori informazioni su questo celebre caso vedi Piccioli (1965), Samonà (1910), Samonà
(1966), Iannuzzo (1978).

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Nota 2

Ecco l’elenco completo dei firmatari del resoconto del quale si parla in questo articolo: “Avv.
Dott. Domenico Lanza ? Dott. Carmelo Samonà ? Dottor Mirto Gerolamo (professore pareggiato di
malattie mentali e nervose) ? Giacchino Dott. Melazzo ? Dott. Luigi Siciliano ? Dott.Giuseppe Pagano
(professore pareggiato di Fisiologia) ? Dott. Giacomo Furnò ? March. Giuseppe Natoli – Dott.
Virgilio La Scala – Avv. Giovanni Cascio Vito Beltrami – Capitano Raffaele Mondini ? Avvocato Prof.
Emilio Monastra ? Alessandro Amato ? Ing. Prof. Giuseppe Damiani – Giuseppe Ciaccio Montalbano”. È
interessante notare che, nell’articolo originale, all’elenco dei partecipanti alle sedute è
premesso: “Letto ed approvato, si sottoscrive da tutti i partecipanti alle sedute, meno uno”. Non si
comprende bene se questo misterioso “uno” non “approvò” perché dissenziente dal giudizio degli
altri, o per qualche altro motivo.

Fonte: www.psichica.it

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