ETERE, AKASHA, E VUOTO QUANTO-MECCANICO

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ETERE, AKASHA, E VUOTO QUANTO-MECCANICO

di Andrea Boni

Molti non sanno che il pensiero scientifico moderno è stato (ed è tuttora) arricchito da diversi
pensatori (fisici, matematici, filosofi), che hanno proposto molte teorie che si avvicinano in modo
sorprendente alle conclusioni a cui sono arrivati i saggi indovedici con millenni di anticipo. I
loro risultati sono il frutto di un’intelligenza lucida, priva di pregiudizi scientifici e
religiosi, e di un’intuizione acuta, che trae molto spesso ispirazione da una vita basata su
principi virtuosi, fondati su un desiderio profondo di conoscere e divulgare la verità. Tra i tanti
desidero qui menzionare i nomi di Marco Todeschini (1899-1988), fisico, Luigi Fantappiè (1901-1956),
matematico, e Massimo Corbucci, fisico. Alcuni aspetti del pensiero del primo e del terzo sono
trattati in questo articolo, mentre le straordinarie scoperte del secondo saranno descritte in un
altro articolo.

Parte di quanto segue è stato liberamente tratto e parzialmente modificato dal libro di Marco
Teodorani “Marco Todeschini: Spaziodinamica e Biopsicofisica”, Macroedizioni.
Nato a Valsecca di Bergamo il 25 Aprile 1899, Marco Todeschini lasciò il corpo a Bergamo il 13
Ottobre 1988. Si laureò in Ingegneria a Torino nel 1921 e in seguito si specializzò in svariati rami
della Fisica e della Neurofisiologia. Insegnò sia alle scuole Superiori che al biennio di Ingegneria
Superiore STGM di Roma. I suoi studi ebbero ampia diffusione in Italia e nel mondo e riconosciuti da
importanti esponenti del mondo Accademico (tra cui Fermi, Majorana, Marconi, ecc.). Ebbe anche
diversi scambi di idee con Bohr, Chain, Heisenberg, Pauli, Dirac, ed altri. Tuttavia, malgrado ciò,
Todeschini fu sostanzialmente emarginato dal resto della comunità Accademica, e la sua opera, di
fatto, è tuttora ignota ai più, malgrado le sue forti implicazioni: è un fatto davvero grave che i
libri di Todeschini non siano presenti nella maggior parte delle Biblioteche Universitarie Italiane.
Ciò è principalmente dovuto al fatto che il lavoro di Todeschini pone dei forti dubbi su molti dei
risultati scientifici che si pensano ormai acquisiti, un terreno scientifico che si è sempre creduto
solido, monolitico, assodato e indiscutibile. Cercare realmente la verità ha tuttavia un prezzo:
comporta spesso ed inevitabilmente uno scontro con i paradigmi e i dogmi correnti.

Todeschini fu un uomo saldamente fermo nei suoi principi elevati, e dedicò la sua vita alla scienza.
Principalmente, egli fondò una nuova disciplina chiamata “Psicobiofisica”, per la quale, nonostante
numerosi contrasti con l’Accademia, fu proposto per il Nobel nel 1974. Tale teoria fu definita dal
suo stesso autore la “scienza unitaria del terzo millennio”, poiché inglobava in sé la fisica, la
biologia e la psicologia. Il suo scopo era una riunificazione di tutte le leggi del creato e partiva
dall’assunzione che i moti dell’universo, dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande,
nascessero da un “etere” universale in perenne moto vorticoso in grado di influenzare sia la materia
che gli esseri viventi. La psicobiofisica comprende tre settori: 1) una parte fisica, con la quale è
dimostrato come tutti i fenomeni naturali si identifichino in particolari movimenti di spazio fluido
(l’etere); 2) una parte biologica, con la quale si evidenzia che i movimenti di spazio fluido,
urtando contro i nostri organi di senso, producono delle correnti elettriche che vengono trasmesse
dalle linee nervose del cervello, suscitando così nella psiche le sensazioni di luce, elettricità,
calore, suono, tatto, odore, dimostrando così che tutti gli organi del sistema nervoso di un essere
vivente funzionano in base ad una vera e propria tecnologia elettronica; 3) una parte psichica, dove
la psiche viene intesa come un atto di volontà che si serve del sistema nervoso come di un semplice
strumento. Con questa teoria Todeschini riuscì a superare tantissime contraddizioni, dimostrando che
la frammentazione della scienza nelle sue tantissime branche è alla radice della nostra ignoranza
sulla reale natura dell’Universo e sulla nostra stessa vita. Solo una teoria unificata può davvero
cercare di comprendere le radici profonde dell’Universo ed il suo scopo (incluso il ruolo di ciascun
essere vivente).

La teoria di Todeschini contraddice la teoria della gravitazione universale così come enunciata da
Isaac Newton la quale, negando l’esistenza dell’etere, contempla l’esistenza di misteriose “forze”
che si manifesterebbero in corpi dotati di massa, e che sarebbero in grado di muoversi di moto
uniforme all’interno di uno spazio assolutamente vuoto e quindi privo di attrito.

Il pensiero di Todeschini raccoglie in parte quello di Cartesio, il quale era fermamente convinto
che lo spazio non fosse “vuoto”, come riteneva invece Einstein, ma riempito di una sostanza
denominata “etere”, nella quale possono prodursi vortici e onde (che generano la materia e tutte le
sue interazioni). Cartesio riteneva che lo stesso sistema solare fosse un gigantesco vortice di
etere in cui i pianeti sarebbero immersi e costretti a continue evoluzioni intorno al sole. E ancora
prima di Cartesio la stessa idea era nata dal caposcuola Anassagora, seguita e rielaborata da
Leucippo, e poi adottata dai Filosofi Platone e Aristotele, che condividevano l’idea che non
esistesse spazio vuoto, ma che la materia fosse immersa in una sostanza che indicavano come spazio
“pieno” (Platone) o “etere” (Aristotele), intendendo, in definitiva, la stessa cosa, simile a quello
che i fisici moderni chiamano “vuoto-quanto-meccanico”. Tale termine è stato recentemente utilizzato
anche dal Fisico Massimo Corbucci nel suo libro “Alla scoperta della particella di Dio”.

Il vuoto quanto-meccanico postulato dal dottor Corbucci nella sua teoria delle particelle
subatomiche riteniamo possa, in buona parte, corrispondere alle caratteristiche dell’elemento
“etere” di Todeschini e all’elemento akasha introdotto millenni or sono dalla filosofia Samkhya.
Questo, peraltro, è affermato anche da uno dei più famosi scienziati contemporanei, Ervin Laszlo.

L’elemento akasha descritto dall’antica filosofia Samkhya, probabilmente la più antica del genere
umano, è tradotto variabilmente nelle lingue europee moderne con i termini di ‘spazio’ e di ‘vuoto’.
Per le caratteristiche peculiari del vuoto quanto-meccanico potremmo utilizzare questa stessa
definizione anche per il termine akasha della filosofia Samkhya, che indica un contenitore (composto
di prakriti, materia, seppur sottile, essendo uno dei pancabhuta), per l’appunto “vuoto” avente la
potenzialità-disponibilità massima di manifestare tutto ciò che diventa fenomeno (dall’etere
infatti, secondo il Samkhya, derivano tutti gli altri bhuta, ovvero l’aria, il fuoco, l’acqua e la
terra). L’elemento akasha, insieme a tutti gli altri elementi, sono di fatto energie del
parampurusha, l’Essere che si situa ontologicamente al di là di materia, spazio e tempo. Si veda a
tal riguardo Bhagavad Gita VII.4:

“Terra, acqua, fuoco, aria, etere, mente,
intelligenza e falso ego – questi otto elementi distinti da Me,
costituiscono la Mia energia materiale”.

Quando si manifestano i fenomeni secondo il Samkhya? Quando nel vuoto o nello spazio si situa
l’osservatore, il purusha. Qui varrebbe la pena di citare la famosa teoria, poi dimostrata ed
accettata dalla scienza, del Principio di Indeterminazione di Heisenberg del 1928, secondo il quale
un fenomeno non si può precisamente determinare in quanto l’osservatore – osservandolo – lo
modifica; da qui appunto l’enunciazione del ‘Principio di Indeterminazione’. Similmente, nella
filosofia e psicologia Samkhya si evidenza che quando il purusha – con la sua coscienza e capacità
di osservazione – penetra nella prakriti o dimensione empirica, il primo impatto che questi ha è con
lo spazio ed è nello spazio – nell’interazione con la coscienza – che si manifesta la materia con la
sua specifica forma empirica, definita in termini moderni come massa, proprio come nel concetto del
vuoto quanto-meccanico postulato dal dottor Corbucci o dall’”etere” di Todeschini. Il purusha si
carica di massa, quindi manifesta il corpo materiale, a seguito dell’impatto con akasha (lo spazio,
il vuoto).

Che la massa si origini da questo spazio-vuoto nell’interazione con la coscienza dell’osservatore è
ciò che postula anche la Fisica moderna; infatti, affinché le onde energetiche si trasformino in
particelle subatomiche è necessario l’impatto con l’osservatore. Rimangono onde se non vengono
osservate e diventano particelle, dunque si caricano di massa, quando invece sono osservate. Con il
linguaggio della Fisica moderna il dottor Corbucci spiega che esse attingono massa dal vuoto
quanto-meccanico; nella filosofia Samkhya si afferma che il purusha si riveste di materia (massa)
nel suo impatto con la prakriti nella forma di akasha, ed è da questo impatto che si genera il
Tempo. Quest’ultimo ha infatti influenza solo sulla massa, ma non sul purusha. Il purusha non è
eterno perché dura tanto nel Tempo, bensì perché non ha niente a che fare con esso. Né con lo
Spazio: il purusha è definito pura coscienza (cit), a-temporale e a-spaziale. Si veda a tal fine
Bhagavad Gita II.12:

“Mai ci fu un tempo in cui non esistevamo,

Io, tu e tutti questi re, e in futuro mai nessuno di noi cesserà di esistere”.

Secondo la filosofia Samkhya, quando la prakriti è allo stato non manifesto (a-vyakta) i guna,
ovvero le sue energie strutturanti, sono come forze contrapposte che si annullano reciprocamente
producendo una stasi. Quando invece la coscienza (purusha) osserva la prakriti, queste forze si
attivano generando i fenomeni materiali e rimangono in moto fino a che non si produce lo stato di
kaivalya, ovvero la liberazione del purusha dalla prakriti così come descritta negli Yoga-sutra di
Patanjali. Kaivalya consiste nel processo attraverso il quale il purusha si libera dalla massa che
ha sviluppato per tornare ad essere puro purusha, puro brahman o puro atman.

Per saperne di più:
Marco Ferrini, “Coscienza e origine dell’Universo”, Edizioni CSB
Marco Ferrini, “Psicologia del Samkhya”, Edizioni CSB
Ervin Laszlo. “L’esperienza akashica”, Scienza e conoscenza, Gen.-Feb.-Mar.2009
Massimo Teodorani, “Marco Todeschini: Spaziodinamica e psicobiofisica”, Macroedizioni.
Massimo Corbucci, “Alla Scoperta della Particella di Dio”, Macroedizioni.

da scienzaespiritualita.blogspot.com/

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