Creativita’ questa sconosciuta

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Creativita’ questa sconosciuta

Ogni giorno sentiamo un gran parlare della creatività, alla radio, alla televisione; perfino in
edicola troviamo fascicoli sulla creatività in cucina, nel giardinaggio, ecc. Tale termine, di
solito, fa venire in mente una qualità misteriosa, rara, prerogativa di persone particolarmente
intelligenti. E’ spontaneo pensare a grandi personaggi come Galileo Galilei, Leonardo da Vinci,
Albert Einstein, che si sono contraddistinti per invenzioni o scoperte apparentemente
irraggiungibili al resto dell’umanità.

Tutti noi, almeno una volta, ci siamo chiesti: “Che cos’e la creatività”?

Cerchiamo di scoprirlo insieme.
Consultando il vocabolario troviamo che è una “capacità produttiva della ragione o della fantasia” e
ancora “talento creativo, inventiva”.
Questa prima definizione di aiuta a capire che la creatività può essere rivolta sia alla fantasia
sia al pensiero razionale; in entrambi i casi, comunque, è caratterizzata dalla produzione di
qualcosa di “nuovo”.

Approfondendo le nostre ricerche, in un buon manuale di psicologia, apprendiamo che gli studi degli
ultimi decenni hanno chiarito che la creatività non è più una misteriosa peculiarità di pochi
“eletti”, ma una qualità posseduta, in maniera maggiore o minore, da tutti.
Superata la prima concezione (dimostratasi presto errata) secondo la quale la creatività
rappresentava una particolare espressione dell’intelligenza, successive ricerche hanno chiarito la
scarsa correlazione tra capacità d’immaginazione e quoziente d’intelligenza.
Alcuni autori cominciano, allora, ad ipotizzare che ogni individuo presenta, in diversa misura,
tutte le abilità intellettive, compresa la creatività; la differenza tra le persone “normali” e
quelle “creative” va concepita non in termini di tutto o niente, ma collocandola lungo un
“continuum” attitudinale.

Come interpretare e valutare, allora, le capacità creative?

Dagli anni ’50 le ricerche in questo campo si sono diversificate ed ogni scuola psicologica ha
elaborato una propria teoria.
La prospettiva psicoanalitica già proposta da Freud, e successivamente sviluppata da Segal, Kris,
Kubie, e Arieti, interpreta la creatività come la capacità di far ricorso a contenuti inconsci o
preconsci particolarmente vivaci e produttivi.
Rogers e Maslow suggeriscono, invece, una visione personalistica, che considera l’attitudine
creativa come l’espressione del perfetto funzionamento dell’individuo, dovuto al raggiungimento di
un equilibrio stabile tra le varie componenti comportamentali.
All’interno dell’approccio cognitivo, poi, ci sono varie correnti, ognuna delle quali pone l’accento
su un particolare aspetto psicologico.
Guilford concentra l’attenzione su un esame fattorialistico dei diversi elementi che costituiscono
il pensiero, analizzandone le varie componenti, comprese le capacità creative.
Mednick, Wallach e Kogan studiano, invece, il particolare modo di organizzarsi del processo
associativo (stimoli-risposte), ritenendolo il maggior responsabile del funzionamento della
creatività.
Gli psicologi della Gestalt, infine, colgono nel processo creativo un’acuta quanto improvvisa
ristrutturazione dei dati, che permette di vedere il problema sotto una nuova prospettiva.

Ulteriori ricerche condotte da Sternberg (siamo ormai a metà degli anni ’90) hanno permesso di
comprendere i processi mentali che sono all’origine delle “illuminazioni” (insight), grazie alle
quali sono state realizzate importanti scoperte nei diversi campi del sapere.
L’insight era comunemente definita dalla maggior parte degli psicologi come un balzo, veloce ed
inconsapevole, del pensiero, o come un cortocircuito dei normali processi di ragionamento;
spiegazioni di questo genere, però, circoscrivono l’intuizione all’interno di una “scatola nera”,
senza analizzarne né i contenuti, né il funzionamento.
Secondo Sternberg, invece, essa è composta da tre processi psicologici separati ma correlati tra
loro: codificazione selettiva, combinazione selettiva e confronto selettivo.

– la codificazione selettiva si esplica nella selezione delle informazioni importanti, rilevanti,
rispetto a quelle che non lo sono;
– la combinazione selettiva è la capacità di collegare e combinare, in un insieme unitario, le
informazioni che all’inizio apparivano separate;
– il confronto selettivo, infine, consiste nell’abilità di mettere in relazione le informazioni
appena acquisite con quelle già apprese e risolvere, per analogia, il problema.

Tale spiegazione ci permette di comprendere, quindi, che i processi intuitivi non sono
qualitativamente dissimili da quelli cognitivi; ciò che differenzia i due diversi tipi di pensiero
sono le modalità e, soprattutto, le circostanze di applicazione. Nell’insight, in conclusione,
l’individuo creativo utilizza, in modo rapido ed intuitivo, le abilità cognitive normali per
individuare, in particolari circostanze, la soluzione al problema.
Gli orientamenti statunitensi più recenti suggeriscono, infine, un approccio multidimensionale alla
creatività, poiché, nel corso dei diversi studi, si sono delineati, in questo campo di ricerca,
quattro differenti ambiti:

1. Persona: Studi di matrice psicologica sull’eccellenza tramite questionari sulla personalità che
misurano i tratti creativi;

2. Processo: Ricerche sullo sviluppo di procedure e strategie per facilitare il pensiero creativo
(individuale e di gruppo);

3. Prodotto: Studio dei prodotti creativi valutati in base alla novità, efficacia, ecc;

4. Ambiente: Ricerche sull’ambiente sociale, culturale e lavorativo che favoriscono o inibiscono il
pensiero creativo.

Riassumendo possiamo, quindi, affermare che la creatività è una particolare abilità, posseduta da
ogni individuo, che permette di “produrre qualcosa di nuovo”. Questa produzione può originare
qualcosa di nuovo in assoluto o ricombinare e riorganizzare elementi appartenenti ad ambiti
differenti (che, fino a quel momento, erano stati pensati come distanti).
All’interno della “produzione del nuovo” è possibile ascrivere, ovviamente, sia “oggetti” artistici
(fini a se stessi), sia “oggetti” che, riconosciuti socialmente utili, permettono con il loro
impiego di risolvere o migliorare aspetti della vita quotidiana e lavorativa.
La creatività riveste, inoltre, un ruolo centrale tanto nella ricerca di soluzioni originali ed
innovative (problem-solving) quanto nell’analisi (e relativa ottimizzazione) di situazioni e
processi complessi (problem-making).
Più che una dote del carattere, la creatività rappresenta, quindi, una “forma mentis”, un modo di
rapportarsi alla realtà, di concepire e vivere la vita. Tale “habitus” mentale, attraverso
un’opportuna formazione, può essere appreso ed incrementato da ogni individuo, gruppo e
organizzazione.

di Giovanni Lucarelli – SDA Bocconi

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