COERENZA FUNZIONALE EMISFERICA

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COERENZA FUNZIONALE EMISFERICA 1

PATTERNS ELETTROENCEFALOGRAFICI DI COERENZA FUNZIONALE EMISFERICA E SCHIZOFRENIA .

Tesi di Laurea di Katia Polopoli, Relatore: Prof. Tullio Scrimali

Universita’ Degli Studi di Catania, Facolta’ di Medicina e Chirurgia, anno accademico 1998-1999

Alcuni commenti che compaiono in alcuni punti del testo con la dicitura Commento by G.W. sono ad
opera dell’autore di questo sito e non fanno parte del testo della tesi di laurea qui pubblicato.)

INTRODUZIONE

La schizofrenia costituisce uno dei problemi centrali della Psichiatria, sia per quanto concerne
l’aspetto psicopato- logico e clinico, che terapeutico e riabilitativo.

Se si considera, infatti, che la prevalenza, life-time, di tale affezione si aggira intorno all’uno
per cento della popolazione, senza sostanziali differenze nelle varie regioni del globo, si
comprende facilmente che tale drammatica condizione affligge oggi milioni di persone.

Tenendo conto del carico di sofferenze che questa patologia comporta, per tutti i famigliari, e
degli enormi costi sociali che essa provoca, si comprende chiaramente come la terapia della
schizofrenia costituisca una delle piu’ importanti sfide della Psichiatria contemporanea.

A fronte di tale drammatica e complessa realta’, si e’ costretti ad ammettere una notevole
arretratezza delle nostre conoscenze sulla dinamica della malattia, e sopratutto, la carenza di un
approccio terapeutico sistematizzato e soddisfacente.
Un mito da sfatare, a riguardo, e’ che l’introduzione dei neuro lettici abbia modificato
sostanzialmente il quadro complessivo della terapia della schizofrenia.

Un esauriente meta-analisi effettuata da Warner (1991) su tutti gli studi prodotti, nell’arco di
questo secolo, sul decorso della schizofrenia, negli Stati Uniti e nel Nord Europa, ha condotto
questo autore a formulare un quadro riassumibile: i tassi di guarigione non sono significativamente
migliorati dopo l’introduzione dell’impiego dei neurolettici.
La deistituzionalizzazione dei pazienti psichiatrici, e dunque il numero degli stessi, in strutture
di degenza, e’ diminuita, nel corso del secolo, ma il trend di tale diminuizione e’ stato
particolarmente intenso prima della introduzione, in terapia, dei neurolettici.

Tale quadro trova riscontro anche in altri risultati di studi contemporanei, come quelli effettuati
da Watt e collaboratori e Wing, secondo i quali l’introduzione della terapia neurolettica non ha
modificato il decorso a lungo termine delle sindromi schizofreniche.

D’altra parte, due ricerche della Organizzazione Mondiale della Sanita’, denominate International
Pilot Study of Schizophrenia e Determinants of outcome of severe Mental Disorders (W.H.O., 1979)
hanno dimostrato un fatto paradossale, e cioe’ che La prognosi della schizofrenia appare piu’
favorevole nei paesi in via di sviluppo che in quelli industrializzati
Tali inattesi risultati sono stati interpretati nel senso che l’organizzazione di strutturati (e
costosi) servizi assistenziali, ed una maggiore pratica del trattamento farmacologico, non correlano
attualmente con la prognosi della schizofrenia.
Sembra invece che un clima sociale meno stressante e competitivo e la possibilita’ del paziente
psicotico di mantenere un ruolo socialmente accettabile, grazie alla disponibilita’ di lavori ed
incombenze semplici, costituiscano la variabile piu’ importante, ai fini di un decorso positivo
della schizofrenia.

A queste riflessioni occorre aggiungere le considerazioni relative agli studi sul clima emotivo
famigliare, che hanno dimostrato, in termini ormai difficilmente contestabili, il ruolo fondamentale
della situazione famigliare nel determinismo dell’evoluzione clinica della schizofrenia.
Riassumendo, dunque, si e’ costretti ad ammettere che, a tutt’oggi, il problema dell’approccio
terapeutico alla schizofrenia resta ancora aperto.

Se da una parte, infatti, il trattamento farmacologico appare in grado di modificare soltanto la
fenomenologia clinica della malattia, ma non il decorso della stessa, dall’altra non esistono ancora
prove sufficienti sull’efficacia e su un positivo rapporto costi-benefici del lavoro psicoterapico,
nella terapia della schizofrenia.

In considerazione del quadro ancora incerto che caratterizza la Eziopatogenesi, la Psicopatologia e
la Clinica della schizofrenia, abbiamo deciso di sviluppare, nell’ambito di questa tesi, un aspetto
importante relativo alla disfunzione cerebrale che sotto forma di vulnerabilita’ biologica affligge
i pazienti schizofrenici.

CAPITOLO I: EEG ED ATTIVITA’ MENTALI

La superficie dell’encefalo e’sede di potenziali bioelettrici spontanei che si modificano a seconda
che il soggetto si trovi in uno stato di riposo o di attivita’.

L’elettroencefalogramma (EEG) e’ appunto la registrazione grafica dei cambiamenti del potenziale
elettrico sotto forma di onda raccolta attraverso elettrodi posti sullo scalpo. Fu Hans Berger che
nel 1929 sviluppo’ la prima tecnica di registrazione EEG e descrisse le varie caratteristiche
dell’attivita’ normale, fra cui il ritmo Alfa. L’attivita’ elettrica, raccolta mediante elettrodi,
viene inviata all’elettroencefalografo, che provvede ad amplificarla notevolmente e a registrarla.
Le onde EEG sono caratterizzate da una frequenza, espressa in cicli/secondo (Hz) e da una ampiezza
espressa in microvolts.

Mediante questi due parametri si distinguono quattro ritmi fondamentali: Beta, Alfa, Theta e Delta.

Ritmi
Frequenza (Hz)
Microvolts

Beta
13 – 40
5 – 10

Alfa
8 – 12
10 – 25

Theta
4 – 8
25 – 100

Delta
1 – 4
50 – 250

In un normale tracciato EEG sono sempre presenti tutte queste onde, in proporzioni diverse a seconda
della attivita’ mentale prevalente, ma anche in rapporto all’eta’ del soggetto. Infatti, nelle prime
settimane dopo la nascita, e’ presente solo attivita’ di tipo theta e delta. Le onde Alfa compaiono
attorno ai 18 mesi. Man mano che il bambino cresce, aumenta la presenza di ritmo alfa, che diventa
il ritmo dominante ad occhi chiusi nella maggior parte degli adulti.
Dopo l’eta’ di 60 anni, la frequenza media alfa tende a diminuire, mentre l’attivita’ beta tende ad
aumentare, a partire dall’eta’ media avanzata.

Nell’adulto in riposo, sdraiato ad occhi chiusi, i segnali EEG sono caratterizzati dalla presenza
del ritmo alfa, ben evidente soprattutto sui lobi temporali ed occipitali. Il ritmo alfa compare con
il rilassamento progressivo, ad occhi chiusi, quando la mente non e’ impegnata in compiti
particolari e sono assenti o ridotti stimoli visivi e sonori.
Se il soggetto viene invitato ad aprire gli occhi, o ad effettuare un calcolo mentale, o se sente un
rumore improvviso, si realizza una modificazione EEG detta ” reazione di arresto ” o ” blocco
dell’alfa “: il ritmo alfa scompare e viene sostituito entro pochi secondi dal ritmo beta, che e’
piu’ rapido, e meno ampio.

Il ritmo beta compare, oltre che in condizioni di veglia, anche in una particolare fase del sonno
detto paradosso, perche’, nonostante l’individuo dorma, esibisce un ritmo elettrico come se fosse
sveglio. Il ritmo beta indica la presenza di una attivita’ mentale, causata da una stimolazione
sensoriale o da una elaborazione mentale attiva (calcoli, pensieri, ragionamenti..)
Il ritmo theta puo’ essere registrato fisiologicamente dal lobo parietale e da quello temporale di
soggetti giovani.
Il ritmo delta consiste in onde di bassa frequenza ed elevato voltaggio. In questo caso si dice che
il tracciato elettroencefalografico e’ sincronizzato, perche’ tutte le parti dell’encefalo sembrano
battere all’unisono.
Si realizza evidentemente una sommazione dei potenziali elementari, fatto che non si verifica quando
e’ presente il ritmo beta, cioe’ in questo caso si dice che il ritmo e’ desincronizzato.

Nello stato di sonno, le onde delta sono fisiologiche, ma se vengono registrate in altre
circostanze, assumono un significato patologico: si puo’ sospettare in questi casi la presenza di
qualche lesione, quale un tumore, un ematoma che alterando la normale struttura del cervello,
impedisce la comparsa del ritmo alfa o di quello beta.
L’avvincente natura dell’attivita’ elettroencefalografia, un parametro psicofisiologico direttamente
connesso all’attivita’ cerebrale, ha reso la tecnica EEG molto interessante per i ricercatori,
inducendoli a studiare i rapporti con il comportamento.
Alcuni tipi di rapporti che sembravano inizialmente razionali, si sono rivelati poi di difficile
dimostrazione. Un esempio e’ lo sforzo fatto nel tentativo di rapportare l’intelligenza
all’attivita’ elettroencefalografia.

Senza dubbio questo e’ dovuto alla straordinaria complessita’ del cervello stesso e alla difficolta’
nella interpretazione della vasta quantita’ di dati elettroencefalografici. Il tracciato EEG e’
stato inoltre molto utile nel dimostrare l’esistenza di differenze funzionali fra gli emisferi
destro e sinistro del cervello.

Riguardo al problema del rapporto EEG – intelligenza, l’EEG a prima vista potrebbe sembrare una
tecnica completamente culture-free per il fatto di valutare l’intelligenza in modo imparziale, cioe’
di non fare discriminazioni nei confronti delle persone svantaggiate dal punto di vista culturale.

La base del rapporto EEG-intelligenza potrebbe essere questa: il cervello e’ la sede
dell’intelligenza biologica, l’EEG rappresenta l’attivita’ cerebrale, dunque si potrebbe predire
l’intelligenza a partire dai patterns elettroencefalografici, analizzando ampiezza e frequenza.

Ma a parte questo ragionamento, la correlazione EEG- intelligenza si e’ rivelata una ipotesi non
facilmente dimostrabile e dopo molti anni di ricerca il problema e’ ancora controverso.

Vari autori nel corso degli anni se ne sono occupati ottenendo risultati contrastanti.

Lindsley studio’ il problema negli anni ’30 e agli inizi degli anni ’40 e concluse che la maggior
parte degli studi non riportava alcuna relazione fra EEG ed intelligenza.

Successivamente Vogel e Broverman (1964) dimostrarono che, anche se nessun rapporto significativo
era stato trovato per gli adulti normali, una tale relazione poteva essere dimostrata per i bambini,
le persone mentalmente ritardate, i pazienti geriatrici ed i pazienti con danni cerebrali.

Ellingson (166) esamino’ le conclusioni di Vogel e Broverman, considero’ non convincenti le prove
riguardo ai bambini ed ai soggetti mentalmente ritardati.

Nel caso dei pazienti geriatrici e di quelli con danni cerebrali, egli noto’ che le anomalie EEG e
la ridotta capacita’ intellettuale sono entrambe effetti di un disordine organico cerebrale. Cosi’,
l’EEG non riflette l’intelligenza, ma riflette il diminuito funzionamento del sistema nervoso
centrale nel caso di lesioni cerebrali e nei pazienti geriatrici.
Ulteriori studi furono svolti da Surwillo negli anni ’70. Egli critico’ qualcuna delle scoperte
positive riguardo al rapporto EEG-intelligenza, sottolineando che gli studi passati non tenevano
conto dell’eta’ dei soggetti e che l’EEG, nella maggior parte dei casi, era registrato quando il
soggetto si trovava in uno stato di riposo e non era impegnato con qualche metodo che servisse a
misurare l’intelligenza.

Surwillo (19710) utilizzo’ il metodo digit-span della scala d’intelligenza Wechsler per bambini
(WISC) che esamina la capacita’ a trattenere a breve termine un’informazione nel deposito mentale.
Vengono presentate liste di numeri e al soggetto viene chiesto di ripeterli esattamente in ordine
inverso.

Surwillo esamino’ 79 ragazzi normali di eta’ compresa dai 4 anni e mezzo ai 17 anni. L’EEG venne
registrato a livello occipitale e parietale e si vide che maggiore era il digit-span (capacita’ di
depositare informazioni a breve termine) maggiori erano le frequenza EEG. Ma quando l’eta’ veniva
mantenuta costante, il rapporto scompariva e Surwillo concluse che non c’erano prove che digit-span
e frequenza EEG fossero in relazione nei bambini normali.
In un altro studio, Surwillo (1971b) registro’ l’EEG a livello parietale e occipitale di entrambi
gli emisferi (O1-P3 per l’emisfero sinistro e O2-P4 per il destro) mentre i soggetti eseguivano il
test digit-span e confronto’ l’attivita’ EEG dell’emisfero sinistro e destro. Quando venivano
presentate liste piu’ lunghe, i dati EEG dai due emisferi erano piu’ simili rispetto a quando
venivano presentate liste piu’ corte.

Inoltre i soggetti in grado di elaborare liste di numeri piu’ lunghe mostravano nell’EEG una
maggiore sincronia fra i due emisferi rispetto ai soggetti che non erano in grado di farlo cosi’
bene.

Surwillo sostiene dunque l’ipotesi che quando e’ presente un’aumentata sincronia EEG fra i due
emisferi, si sta elaborando una maggiore quantita’ di informazioni.

I vari studi esaminati non chiariscono totalmente il problema riguardante il rapporto
EEG-intelligenza, ma offrono spunti per ulteriori approcci.

A questo proposito particolarmente importante si rivela il confrontare l’attivita’ EEG proveniente
dai due emisferi e considerare le relazioni fra questi nelle performance intellettuali. Infatti
l’EEG e’ stato sempre piu’ utilizzato per determinare se vari stimoli e lavori risultassero in
differenti attivita’ emisferiche e in differenti performance. Diversi studi sul comportamento
effettuati su individui normali hanno indicato la presenza di una specializzazione emisferica.
E’ possibile, con riferimento al mondo dei computer, paragonare le modalita’ di funzionamento dei
due emisferi cerebrali a due diversi tipi di computer: quelli analogici e quelli digitali.

I primi sono velocissimi e capaci di processare molte informazioni contemporaneamente. Sono quindi
piu’ versati per la sintesi. I computer digitali invece processano l’informazione in modo seriale,
cioe’ un dato dopo l’altro e non molti insieme. Sono pero’ piu’ accurati ed essi eccellono nelle
qualita’ analitiche.

Come sottolineato da Pribram, esistono due differenti modalita’ di processamento dell’informazione
da parte del sistema nervoso centrale: quella olografica e quella analitica.

La modalita’ olografica si avvale di un codice analogico, capace di acquisire, trasferire e
memorizzare enormi quantita’ di informazioni che costituiscono il background di riferimento
dell’intero sistema di conoscenza umano. L’emisfero destro sarebbe piu’ abile in codificazioni
olografiche e spaziali dell’informazione: opererebbe quindi come un computer analogico.
Sue specializzazioni sono i lavori spaziali, il senso geometrico spaziale, il senso figurativo, la
sintesi temporale, il riconoscimento di facce e oggetti, la capacita’ musicale.

Per quest’ultima specializzazione pero’ ci possono essere delle eccezioni, come nel caso di soggetti
preparati musicalmente nei quali avviene una elaborazione analitica della musica, che trasforma
quest’ultima in una attivita’ legata all’emisfero sinistro. Infatti, vari risultati indicano che i
soggetti mostrano patterns differenti di attivita’ cerebrale in dipendenza della loro preparazione.

L’esercitare a lungo una capacita’ cognitiva, come leggere e suonare la musica, puo’ determinare
cambiamenti permanenti della attivita’ cerebrale.

L’emisfero sinistro, paragonabile ad un computer digitale, sarebbe specializzato nell’elaborazione
digitale o analitica dell’informazione. Sue specializzazioni sono: l’analisi dei dettagli, l’analisi
temporale-sequenziale, le capacita’ linguistiche verbali, il calcolo numerico.

Vari studi hanno dimostrato le differenze funzionali fra i due emisferi.

In un lavoro di Robbins e McAdam (1974) ai soggetti venne chiesto di rispondere alla presentazione
di immagini uguali in tre modi differenti:

1) creando una propria immagine visiva suscitata dalla visione della scena mostrata;

2) componendo una relazione sulla scena presentata;

3) creando le immagini e scrivendo un commento sula scena mostrata.

Fu visto che quando venivano prodotte solo immagini visive, l’emisfero destro mostrava una maggiore
attivita’.

Il contrario si verificava per la composizione della relazione, registrandosi un piu’ grande
coinvolgimento dell’emisfero sinistro. La combinazione dei due lavori produceva la stessa attivita’
nei due emisferi.

Occorre comunque precisare che, sebbene sia utile paragonare computer e sistema nervoso centrale,
tuttavia questa analogia deve essere mantenuta entro limiti precisi. Infatti un aspetto
particolarmente importante che differenzia il sistema nervoso centrale da un computer e’ la
complessita’ e la variabilita’ delle reti neuroniche.

Edelman (1989) osserva che se si provasse a costruire un computer con un criterio simile
all’organizzazione neurotica, si otterrebbe solo un caotico rumore di fondo.

E sempre con riferimento alla complessita’ e alla variabilita’ del sistema nervoso centrale non
sarebbe possibile costruire due computer uguali, cosi’ come non esistono due cervelli umani
identici.

Ritornando alla specializzazione emisferica, vari dati indicano che i due emisferi sono
specializzati anche per reazioni emotive differenti. Davidson (1983) ha proposto che la base della
specializzazione emisferica per la reazione emotiva e’ avvicinare/evitare.
Cosi’ l’avvicinare (reazione positiva) e’ associata ad una maggiore attivazione del lobo frontale
sinistro, mentre l’evitare (reazione negativa) produce una maggiore attivazione del lobo frontale
destro.

In uno studio venne chiesto ai soggetti di valutare il grado di emozioni positive e negative
suscitate dalla visione di un film, mentre l’EEG veniva registrato dalle aree parietali e frontali
dei due emisferi (Davidson, Schwartz, Saron, Bennet e Goleman, 1979). Gli stimoli valutati come
provocanti emozioni positive determinavano maggiore attivita’ nel lobo frontale dell’emisfero
sinistro. Le asimmetrie dai lobi parietali invece non facevano differenza fra emozioni positive e
negative.
I ricercatori attribuirono le loro scoperte alle estese connessioni anatomiche esistenti fra i lobi
frontali e le strutture del sistema libico sottocorticale importanti nella emotivita’.

Simili patterns di risposta cerebrale furono osservati anche in uno studio successivo di Davidson e
Fox (1982) in neonati di 10 mesi mentre guardavano un video in cui una attrice assumeva espressioni
tristi e felici. In ultima analisi, anche se ciascun emisfero ha le sue funzioni speciali, l’intero
cervello deve lavorare in coerenza come una unita’ per l’elaborazione degli stimoli e l’attuazione
di risposte ottimali.

www.elemaya.com/Eegtesi1.htm

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