Tomatis e gli effetti terapeutici del canto

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Tomatis e gli effetti terapeutici del canto

compilato da Marco Stefanelli

Il canto regola, rafforza e intensifica la respirazione, favorisce lo sviluppo del sistema uditivo, fa vibrare il corpo e tonifica e calma il sistema nervoso, rivitalizza gli organi interni e vivifica tutto il sistema ghiandolare endocrino, amplifica e ottimizza il campo elettromagnetico. La voce riflette lo stato fisico, emotivo e spirituale, quindi lo stato di salute globale.
 
Il medico otorinolaringoiatra francese Alfred Tomatis, uno dei maggiori studiosi del suono dal punto di vista medico, fondatore dell’audiopsicofonologia ed esperto conoscitore del rapporto suono-vita, ha studiato approfonditamente gli effetti terapeutici del canto. Le sue ricerche in Francia e in Canada hanno messo in rapporto l’udito con le dinamiche del corpo e della mente. Al contrario della comprensione popolare, dice Tomatis, “l’orecchio è un organo primario di consapevolezza”. E’ inteso essenzialmente per provvedere una carica di potenziale elettrico al cervello. La corteccia poi distribuisce in tutto il corpo la carica che ne deriva. La conclusione di Tomatis è che l’orecchio non è un pezzo differenziato della pelle, piuttosto, la pelle è un pezzo differenziato dell’orecchio. Le alte frequenze sembrano avere il maggior effetto ricaricante. I suoni nelle basse frequenze possono “scaricare” o stancare gli ascoltatori. Questo è il segreto del canto delle alte frequenze.

Il dr. Tomatis sostiene che i canti sacri siano ricchi di armonici ad alta frequenza con effetti neurofisiologici sul cervello umano. Una delle funzioni principali dell’orecchio è quella di stimolare la corteccia cerebrale e al 95% la carica totale del corpo attraverso la ricezione del suono. Tomatis ha esaminato il suono dei canti Gregoriani con un oscilloscopio ed ha rapportato che cadevano entro il raggio dei suoni ricaricanti e contenevano tutte le frequenze dello spettro vocale, da 70 cicli al secondo fino a 9000 cicli al secondo. Queste frequenze si possono riscontrare anche negli accordi  ad una voce dei monaci tibetani. Inoltre, erano come uno “yoga respiratorio”, dice Tomatis, “Coloro che cantavano sembravano rallentare il loro respiro e inducevano gli ascoltatori nello loro stesso stato di tranquillità”.
 
Tomatis ha visitato monasteri Benedettini in tutto il mondo per studiare i monaci che praticano i canti Gregoriani. Ad un ritiro in Francia, un giovane frate stava riformando la tradizione; tagliò severamente il tempo che i monaci dedicavano al canto e notò che presto cominciarono a diventare più svogliati e a dormire di più. Inoltre, un medico consigliò agli uomini di seguire una dieta tradizionale e questo fece peggiorare le cose. Fu chiamato Tomatis che reintrodusse il lungo orario di canto. Presto, disse, stavano dormendo meno, lavorando di più e si sentivano meglio.
“Certi suoni sono efficaci come due tazze di caffè. I canti Gregoriani sono fonti di energia fantastici. Io ci lavoro come musica di sottofondo e dormo solo tre o quattro ore a notte”.
Ciascun essere è immerso in una struttura sonora che lo scolpisce. Il suono, cioè il silenzio, le sue diverse modulazioni, ed i rumori che ne interrompono la trama, non si indirizza solamente all’orecchio ma interessa tutto il corpo.

 

È quello che spiega il prof. Tomatis in un’intervista  con Alain Gerber(24) della rivista Son:
 
“Son Magazine: Professore, nei suoi libri ed articoli sull’orecchio, l’ascolto, il linguaggio e tutti i problemi connessi, emerge un concetto, quello dell’immagine del corpo. Può spiegarci in cosa consiste?
Prof. Tomatis: In effetti è una domanda molto importante. Il concetto “immagine del corpo” è un’espressione molto usata da coloro che si interessano di psicologia. Ma se voi grattate la vernice, potrete scoprire che dietro l’espressione utilizzata vi è una grande ignoranza del problema, o perlomeno delle espressioni molto vaghe, nella maggior parte dei casi, sbagliate. Bisogna ben comprendere, in primo luogo, che non si tratta della immagine del corpo come possiamo riprodurla in una fotografia. E non si tratta nemmeno di questa immagine sensibile e materializzata che sorge con il toccare. L’immagine del corpo in effetti è l’immagine che ognuno si fa di sé, o più precisamente il “concetto integrato” che ognuno si fa di se stesso in quanto schema corporale. Un’immagine, e lo sottolineiamo, è il più delle volte differente da quella che dovrebbe essere un’immagine obiettiva. La prova è che in certe fotografie noi facciamo difficoltà a riconoscerci. Gli altri ci identificano immediatamente, ma noi siamo imbarazzati perché non è quella l’idea che abbiamo del nostro corpo, del nostro portamento. Fate questa esperienza: presentate a qualcuno una sua fotografia presa a sua insaputa che lo raffiguri di schiena, non vi stupirete se farà fatica a riconoscersi.
 
Son: Esiste un modo di rendersi conto dell’immagine che un individuo può avere di sé?
Tomatis: Sì. Non è certamente perché voi avete un’immagine del corpo dell’altro che siete Colpito da come si comporta, da come si tiene, etc.? Ora come questa persona si mostra, la sua posizione, sono in dipendenza diretta dell’immagine che egli si è fatta di sé. Con un poco di esperienza voi potete affermare che una persona che vedete per la prima volta è sordo o balbuziente o schizofrenico. Per ciascuno di questi soggetti esiste un certo modo di camminare e le attitudini posturali che rispondono in maniera precisa ad un’immagine del corpo molto particolare, imposta, in parte, dal deficit che li ha colpiti.
 
Son: Vi è quindi necessariamente un rapporto fra l’immagine e certe disposizioni interne somatiche o mentali?
Tomatis: lo direi che per l’uomo l’immagine del corpo è determinata dall’utilizzazione del suo campo neuronico, utilizzazione che varia per ciascun individuo, a seconda dei fattori accidentali (come la sordità o la psicosi), che li distinguono gli uni dagli altri. Noi siamo dei sistemi nervosi ricoperti da una guaina somatica. L’immagine si costruisce partendo da ciò che funziona per il meglio. Questo può essere la testa, ma anche i piedi. Nei calciatori è evidente, l’immagine del corpo privilegiata è quella degli arti inferiori, mentre per un intellettuale, che resta seduto nel suo studio tutto il giorno essa è diversa. Nei giocatori di bigliardo è ancora ad un altro livello che si sviluppano la maggior quantità di neuroni.
 
Son: Si può quindi dire che, in una certa misura, l’immagine del corpo del calciatore integra il pallone, e che quella del giocatore di bigliardo integra la stecca?
Tomatis: E’ proprio così. Se uno è un grande musicista deve avere integrato il suo strumento. Il violino o il piano o qualsiasi altro strumento deve divenire il prolungamento diretto del corpo, come se esso stesso fosse equipaggiato dai neuroni di quello che lo suona. L’uomo che conduce la sua vettura ha un’immagine molto differente da quello che invece cammina, perché in una certa maniera questa immagine si estende fino ai pneumatici: “fa corpo con il suo veicolo” si dice spesso.
 
Son: Ma vi è una differenza netta fra i piedi, i pedali o le ruote…
Tomatis: Senza dubbio, ma bisogna dire che l’immagine del corpo è via via più difficile da distinguersi se saliamo verso la parte superiore del corpo. Se vi domando dove finiscono i vostri piedi e dove incominciano le vostre scarpe, saprete certamente rispondermi. Se vi domando il confine fra i vostri vestiti ed il vostro corpo, avrete già più difficoltà, e se vi chiedo dove finisce il vostro cranio e dove cominciano i vostri capelli non saprete rispondermi.
 
Son: Per ritornare all’esempio del musicista bisogna pensare che il suo modo di suonare è determinato da elementi corporali e neuronici?
Tomatis: Se chiedete ad un virtuoso di improvvisare, e modificate nello stesso tempo il campo neuronico che utilizza, constaterete che la sua improvvisazione sarà perturbata. Grazie all’Orecchio Elettronico si può modificare il suo modo di ascoltare. Si osserverà, allora, che se imponete un diagramma uditivo molto ampio, egli suonerà in modo tale che le sue braccia danzeranno su tutta la tastiera. Imponendogli al contrario un campo molto ristretto le sue mani saranno sempre in contatto. Si può agire anche sul filtro che fa passare la banda di frequenza, per esempio dai gravi agli acuti, le sue mani seguiranno lo stesso percorso.
 
Son: Come si forma l’immagine del corpo?
Tomatis: In breve, il nostro corpo è circondato da una struttura fatta di stimoli e impulsioni che eccitano tutti i suoi punti. Poco a poco la somma di queste eccitazioni e pressioni compone un’immagine integrata, una immagine che, in qualche modo, disegna il corpo nella sua totalità. Possiamo meglio sentirlo, se ci immergiamo in una superficie di acqua agitata e con onde. Quando le onde ci toccano noi possiamo sentire meglio il limite del nostro corpo.
 
Son: Voi dite anche che l’immagine del corpo è la conseguenza del linguaggio.
Tomatis: Sì, potrete comprendere tutto quando vi preciserò che le pressioni e gli eccitamenti in cui è immerso il corpo sono “acustiche”. Ciascun essere è immerso in una struttura sonora che lo scolpisce. Il suono, cioè il silenzio, le sue modulazioni ed il rumore che ne interrompe la trama non si indirizzano solamente all’orecchio, ma tocca tutto il corpo. L’orecchio, certamente, ne è divenuto il captatore principale, ma si tratta solo di una differenziazione progressiva, derivata da una zona di pelle che all’origine non si distingueva dalla superficie cutanea.
L’aria non smette di muoversi, di essere animata da movimenti di rotazione ed il nostro corpo nella sua totalità ne subisce le conseguenze. Il fatto di vivere nel suono, e più precisamente in quello che possiamo emettere, “il linguaggio”, imprime sempre tutta una serie di piccoli impulsioni, tocchi, su tutta la nostra immagine corporale, su tutto il nostro sistema nervoso periferico. In funzione del modo di parlare, del timbro della nostra voce, noi andiamo a toccare più o meno intensamente alcune parti del nostro corpo. E’ evidente che la loquacità scolpisce alcune superfici privilegiate: il viso, la faccia anteriore del torace e del ventre, le palme delle mani, la faccia dorsale della mano destra fra pollice ed indice, la parte interna delle membra inferiori soprattutto a livello del ginocchio, la pianta dei piedi.
 
Son: Vi è una ragione particolare per tutto questo?
Tomatis: Certamente. Il linguaggio sensibilizza poco a poco tutte le zone sensoriali più facilmente toccate dalla fonazione. E le zone più favorevoli a queste informazioni risiedono soprattutto là dove particolari fibre nervose specializzate a percepire gli stimoli pressori, sono più dense. Allora la verticalità è necessaria per offrire la più grande superficie possibile agli stimoli sonori, se vogliamo sviluppare il nostro linguaggio. E la postura verticale non è la migliore.
 
Son: Quale è la postura più favorevole?
Tomatis: Quella che gli Yogi chiamano l’Asana del loto. Ci sarebbe molto da dire a riguardo.
 
Son: A seconda che noi siamo intellettuali o calciatori, la nostra voce non va dunque a toccare le stesse parti del corpo?
Tomatis: Assolutamente! Se ascoltate un corridore ciclista dire che farà certamente meglio alla prossima corsa, potrete ascoltare una voce sorda, poco ricca in acuti. Perché parla a quella sua parte che funziona meglio, che è il centro della sua attività, della sua vita. Quest’uomo vive certamente nelle sue gambe. Ora è necessaria una voce grave per toccare la parte inferiore del corpo. E certamente la voce di un benedettino non ha niente a che vedere con quella di un carrettiere.
 
Son: La cosa migliore non sarebbe quella di potere toccare con la voce tutte le superfici corporali?
Tomatis: Sì, e certe ascesi aiutano a farlo. Gli Yogi tibetani cercano di ottenere questo suono omogeneo capace di toccare il corpo nella sua totalità.
 
Son: Come può succedere ciò?
Tomatis: E’ impossibile entrare nei dettagli di questa tecnica ascetica così complessa. L’importante è ricordare che la voce cambia. Perché? Perché essa non tocca solamente il corpo dall’esterno, ma anche tutta la struttura ossea. Emettere un suono è fare vibrare l’aria esterna, senza dubbio. Ma questa vibrazione non si ottiene solamente facendo uscire tutto dalla bocca, lanciando degli stimoli attraverso questo orifizio. Molti credono che sia così, ma è a causa di questo che non sanno parlare. Nello stesso tempo i cattivi cantanti, spingono sulla loro laringe come sull’imboccatura di una tromba. Mentre colui che canta bene, utilizza tutto il suo corpo come uno strumento straordinario, che prende a vibrare per mezzo dell’appoggio della laringe sulla colonna vertebrale. E infatti, è la colonna che canta, e che cantando, fa vibrare tutto il corpo fino al cranio. Il vero suono esce da tutto il corpo, e non solamente dalla bocca. Aristotele e Platone dicevano che cantare e parlare era fare vibrare all’unisono l’aria che è all’esterno con quella che è all’interno: avevano compreso tutto!
 
Son: Se l’immagine del corpo è la conseguenza del linguaggio, migliorando la parola si può rimodellare il corpo?
Tomatis: In effetti, con una buona voce ci si può rimodellare completamente. Ed è in funzione della voce che noi possiamo integrare la struttura del nostro corpo e modificarla. Vi voglio dare un semplice esempio. Prendete un piccolo italiano di Napoli, un inglese filiforme ed un tedesco tarchiato. Trasportateli negli U.S.A.: in capo a qualche tempo essi avranno acquisito una morfologia identica. Cambiando lingua cambiano viso. La loro testa sarà più piatta, più allungata come quella degli indiani che sono là da più tempo. L’elemento determinante in questo cambiamento è il suono, che modella l’essere nella sua totalità. E preciso che a mio avviso, il suono che noi formiamo va a toccare elettivamente le ghiandole endocrine. Come sono le ghiandole endocrine, quello che tentano di toccare certe ascesi orientali.
 
Son: La voce può veramente toccare tutte le parti del corpo? La schiena per esempio?
Tomatis: Si può fare vibrare la schiena con un poco di esercizio. Gli asceti lo sanno fare molto bene.
Son: Gli occidentali hanno dunque interesse a studiare queste tecniche?
Tomatis: Senza dubbio. Ciò è già stato impiegato nel teatro. Tutto il teatro di Jerzi Grotowsky consiste nel cercare di fare vibrare questa o quella parte del corpo, per esempio facendo la parte del leone, ed emettendo suoni, gridando. Il personaggio lanciato in questa improvvisazione finisce per avere, in una certa misura, le sembianze del leone o dell’animale feroce che sta rappresentando! E siccome questo teatro è basato sulla partecipazione collettiva, il pubblico stesso, ad un certo momento, viene ad assumere questa o quella sembianza.
Son: E’ dunque possibile imporre agli altri la propria immagine del corpo?
Tomatis: Vi rispondo con un nuovo esempio. Mi sono recato recentemente in Africa del Sud per un consulto su un soggetto balbuziente, e non ero solo. Questi aveva sedici anni e possedeva una dinamica straordinaria. Era un soggetto estremamente brillante, ma affetto da una balbuzie molto importante, che si accompagnava a dei movimenti scoordinati. In capo a qualche tempo, tutti si muovevano come lui, con gli stessi gesti. Il più sorprendente era l’interprete che era più coinvolto nel linguaggio di questo soggetto. L’immagine del corpo di questo soggetto era così forte che nel corso di questa consultazione ce lo aveva imposto a tutti.
 
Son: E’ la ragione per la quale in presenza di certi balbuzienti noi cominciamo a balbettare?
Tomatis: Esattamente. Ciò avviene quando la personalità è forte. Nello stesso modo un buon cantante vi euforizza: in poco tempo è come se voi stessi cantaste; il vostro respiro si espande, il vostro viso si distende. In presenza di cantanti mediocri voi soffrite. E farete come fa lui, spingerete sulla vostra laringe e non mi stupirebbe che in capo a qualche tempo voi lo considererete come se vi avesse fatto un affronto personale. E possiamo andare anche più lontano: se un soggetto pronuncia davanti a voi qualche frase potrete vedere il suo modo neuronico di utilizzare il suo corpo.
 
Son: Con ciò si può dedurre che noi siamo scolpiti non solamente dal suono messo da noi, ma anche da quello emesso dagli altri?
Tomatis: Certo, ed è questo l’interesse della musica.
Son: Un dialogo, secondo questa prospettiva, avviene perché due persone si mettono in vibrazione l’uno con l’altro?
Tomatis: E’ così. Noi trasmettiamo il nostro linguaggio con tutto il corpo. E quello che noi desideriamo trasmettere originariamente, non sono i modi, ne dei suoni, ma delle sensazioni profondamente sentite, profondamente vissute in noi dai nostri neuroni sensoriali. Ho scritto che ciò che desideriamo comunicare sono le impressioni tattili che la nostra parola fa correre sulla nostra chiave sensoriale. Senza saperlo, trasmettiamo gli stessi accordi al nostro interlocutore, che inconsciamente fa funzionare la propria chiave ad immagine della nostra, cosicché entreremo in risonanza. E’ quello che succede quando voi avete due piani e suonandone uno voi fate vibrare anche il secondo. E’ curioso notare che Lao-Tze aveva detto tutto questo con l’esempio delle due arpe.
 
Son: Per una larga parte la qualità della comunicazione fra due individui dipende dunque dalla compatibilità delle loro immagini corporali?
Tomatis: Sì, ed ho potuto verificarlo sperimentalmente. Grazie ai miei filtri ho imposto a due soggetti delle curve uditive identiche, poi li ho lanciati in una spinosa discussione: non sono entrate in disaccordo! Poi ho invertito le curve e ho iniziato un dialogo sul tempo che faceva: un quarto d’ora dopo stavano litigando. Ciò dimostra fino a quale punto il mentale è influenzato dal corpo e quanto a sua volta modifichi il linguaggio dal quale è scolpito. Questo sistema funziona nei due sensi: c’è una interazione fra mentale e corpo. Quale dei due è all’origine del processo d’interazione è cosa difficile da dire. Riassumendo, l’immagine del corpo è l’integrazione che uno si fa dell’utilizzo di sé. Ma è anche il modo di rapportarsi all’altro.
 
Son: Allora il fondo del problema è neuronico, ma altri elementi intervengono dall’esterno. Si può invocare l’influenza dell’interlocutore. Si può anche richiamare quella che è definita l’impedenza del mezzo.
Tomatis: Naturalmente. Questo gioca molto e ci può essere uno sviluppo da fare in questa direzione. Potremmo sollevare dei problemi sulla architettura. Alloggiare in un medesimo locale un musicista ed un ciclista è un non-sense! Fintanto che l’architettura non si adatterà all’individuo ci scontreremo con questo ostacolo. Bisogna arrivare a personalizzare queste strutture per non impedire alla maggior parte dei soggetti di trovare l’armonia, la perfetta manifestazione del loro corpo, della parola, del pensiero.
 
Son: Vorrei porvi un’ultima domanda: la buona immagine del corpo è quella che permette l’espressione dell’essere?
Tomatis: Questo problema è giustamente uno di quelli in cui si dibatte la psicologia moderna. Ed è stato al centro di tutte le ascesi orientali di cui vi ho parlato. I persiani hanno dato delle risposte interessanti. Quello che bisogna ricordare è il concetto di armonizzazione fra i differenti piani di un individuo. Per esempio quello psichico, intellettuale e spirituale (ma si possono fare delle classificazioni differenti). Bisogna che l’immagine del corpo sia omogenea con tutte le parti che lo compongono. Coloro che hanno delle distorsioni sul piano corporale o spirituale, o che hanno soprattutto delle distorsioni fra i vari livelli di cui abbiamo parlato, possiamo essere sicuri che proveranno delle difficoltà ad adattarsi al mondo e a se stessi. In ogni caso una buona immagine del corpo è quella che realizza una unione fra il corpo reale e corpo immaginato: è l’immagine grazie alla quale uno può sentirsi se stesso fino al suo ultimo atomo. Una buona corrispondenza fra l’immagine ed il reale del corpo è essenziale nella misura in cui, come ho tentato di dimostrare, il comportamento dell’essere dipende in grande parte dall’immagine che ci si fa del rivestimento somatico”.
 
(24) Prof. A.A. TOMATIS, Le son modifie la structure du corps, Magazine SON, n. 40, luglio- agosto 1973. (traduzione di Concetto Campo)
 
approfondimento su www.sublimen.com 
 
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