Se la scelta è ambigua, ci pensa l’amigdala

pubblicato in: AltroBlog 0

Se la scelta è ambigua, ci pensa l’amigdala

25 maggio 2016

Di fronte a situazioni ambigue, in cui è dubbio se uno stimolo ambientale è associato a un
successivo evento avverso, è innanzitutto l’amigdala che si fa carico di valutare la probabilità di
quell’associazione. E per farlo sembra applicare algoritmi simili a quelli messi a punto per insegnare ad apprendere ai computer (red)

da lescienze.it

Di fronte a una situazione ambigua, la valutazione dell’azione migliore da compiere è fatta dai
circuiti neuronali dell’amigdala – nota per il suo ruolo di “archivio” degli eventi avversi già
sperimentati – sulla base di modelli statistici che la stessa amigdala elabora. È quanto risulta da
uno studio effettuato da ricercatori della New York University e del RIKEN Brain Science Institute, a Saitama, in Giappone, che firmano un articolo su “Nature Neuroscience”.

Imparare a prevedere l’esistenza di relazioni pericolose nell’ambiente – per esempio tra odori o
suoni e predatori – è essenziale per la sopravvivenza. Per studiare come diversi eventi sono
collegati, a livello cerebrale, con esiti spiacevoli, ai soggetti di studio vengono proposte
tipicamente situazioni in cui l’associazione tra evento ed esito è molto chiara. Proprio per questo
finora poco si sapeva su che cosa accade quando le situazioni sono ambigue, quelle cioè in cui vi è
una concorrenza di stimoli differenti e contrastanti oppure l’associazione è, per vari motivi, dubbia.

Nel nuovo studio Tamas J. Madarasz e colleghi hanno creato una simile situazione di incertezza
facendo sì che alcuni ratti apprendessero prima un’associazione fra un suono e una scossa, per poi
trasmettere la scossa anche in assenza del suono. Se la scossa viene trasmessa solitamente dopo il
suono, i ratti che hanno appreso quell’associazione normalmente “congelano”, ovvero mettono in atto
un comportamento chiamato freezing in cui rimangono immobili, anticipando lo shock. Ma, quando gli
stessi animali imparano che la scossa può arrivare senza essere preceduta dal suono, il freezing
anticipatorio è molto più debole perché il nesso causale tra il suono e la scossa a quel punto non è più evidente.

Sfruttando la tecnica dell’optogenetica, che permette di controllare l’attività delle cellule
cerebrali attraverso impulsi luminosi, i ricercatori hanno dimostrato che a valutare la situazioni
di incertezza sono circuiti neuronali dell’amigdala. I ratti sono stati sottoposti a diversi tipi di
stimoli che creavano una molteplicità di situazioni ambigue. In seguito, grazie all’analisi dei
risultati, Madarasz e colleghi hanno trovato che il comportamento degli animali era spiegato nel
modo migliore da un modello dinamico che tiene contemporaneamente conto delle diverse possibili
configurazioni dell’ambiente (suoni, luci o altre caratteristiche) e del modo in cui esse possono
interagire durante l’apprendimento di una possibile associazione tra stimolo ed evento avverso.

“Per fare previsioni riuscite – ha detto Madarasz – il cervello deve considerare diversi modelli
delle varie configurazioni ambientali, ed eseguire calcoli in parallelo per ciascuno di essi e per
l’incertezza associata. In questa valutazione sembra che gli animali usino gli stessi algoritmi che sono stati sviluppati per migliorare le capacità di apprendimento dei computer.”

Questi risultati potranno essere importanti per comprendere meglio come si formano e vengono
modificati ricordi e associazioni, ma possono anche avere implicazioni per la comprensione di
malattie in cui ci si trova di fronte alla costante e indebita formazione, a livello cerebrale, di associazioni ambigue, come nel caso delle patologie d’ansia.

http://www.nature.com/neuro/journal/vaop/ncurrent/full/nn.4308.html

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *