Sastra: i testi sacri dell’Induismo

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Sastra: i testi sacri dell’Induismo

da Vidya Bharata

I testi dell’Induismo formano un complesso eccezionalmente ampio e importante, anche se, secondo la
tradizione, si è conservata solo una minima parte di tutto il materiale originario. Queste scritture
ci sono state trasmesse come suddivise in scuole, chiamate tradizionalmente “rami”, inizialmente
quattro di numero in corrispondenza con la quadruplice funzione degli officianti incaricati delle
cerimonie, e poi scisse in “rami” ulteriori in relazione agli insegnamenti particolari attraverso i
quali si sono avuti lo sviluppo progressivo della pratica religiosa e la sua diffusione in tutta
l’India. Un fatto certo è che non ci sono giunte né tutte le scuole primitive, né tutti i rami
secondari (così come neppure la totalità o l’integrità dei testi di uno stesso ramo), che
sicuramente dovevano essere molti.

I Veda

I testi più importanti, e quindi più antichi, sono le quattro “raccolte” (Samhita) che costituiscono
ciò che vengono chiamati i quattro Veda. La parola veda, che significa “sapere”, si usa anche, in un
senso più esteso, per indicare tutta o parte della letteratura successiva, fondata sull’uno o
sull’altro delle quattro Samhita.

Queste sono:

Rig Veda, o “Veda dei versi da recitare”
il più antico documento della letteratura indiana. È una raccolta di 1.028 inni alle divinità, una
specie di antologia ottenuta raccogliendo frammenti vari conservati dalle vecchie famiglie
sacerdotali. La maggior parte di questi inni si riferiscono, più o meno direttamente, al sacrificio
del soma, anche se alcuni hanno un legame molto vago o del tutto assente con il culto.

Yajur Veda, o “Veda delle formule”
ci è pervenuto in diverse recensioni: lo Yajur Veda Nero, composto dalle “formule” che accompagnano
la liturgia e da elementi di un commentario in prosa, e lo Yajur Veda Bianco che comprende le sole
formule.

Sama Veda, o “Veda dei versi da cantare”
è una raccolta di versi come il Rig Veda, da cui del resto proviene la maggior parte dei canti,
arrangiati qui in vista dell’esecuzione del canto sacro e chiosati da annotazioni musicali.

Atharva Veda
una raccolta analoga a quella del Rig Veda, ma di carattere in parte magico e in parte speculativo.
La tradizione spesso parla dei “tre Veda” o della “triplice scienza”, dato che implicitamente
considera l’Atharva come estranea all’alta dignità propria dei “tre Veda”.

Brahmana
Vengono poi, in ordine cronologico, i Brahmana, o “Interpretazioni sul Bramhan”, commentari in prosa
che spiegano sia i riti che le formule che li accompagnano: ve ne è uno unito a ciascun Veda, e due
o più per i Veda nel loro complesso, a eccezione dell’Atharva.

Questi due primi segmenti della letteratura vedica formano la cosiddetta sruti, o “rivelazione”, il
che significa che sono considerati di origine divina, risultati di una comunicazione “veggente”,
fatta a certi umani privilegiati. La sruti comprende anche dei brevi testi, complementari ai
Brahmana, chiamati Aranyaka o “Trattati delle foreste”, fatti per essere recitati lontano dagli
agglomerati umani, e le Upanishad, o “Vicinanze”, impegnate in speculazioni filosofiche.

Gli altri documenti connessi ai Veda appartengono alla smriti o “tradizione mnemonica”. Tra questi
ci sono prima di tutto i Sutra, o “Aforismi”, vale a dire testi composti in uno stile abbreviato,
destinati a essere imparati a memoria dagli apprendisti della liturgia. Ne esistono in gran numero
per i vari “rami”, per le cerimonie solenni e per i rituali “domestici”, così come ve ne sono altri
che riassumono insegnamenti di carattere più generale, e segnano in questo modo l’inizio di un
diritto civile e penale che nasce a poco a poco dalla ganga delle prescrizioni sacerdotali.

Questa letteratura viene completata da una serie di testi scritti sia in aforismi che in prosa o, a
volte, in versi, il cui compito è la formazione complessiva di un addetto ai rituali: trattati di
metrica, di fonetica, d’astronomia, liste diverse, tavole degli argomenti, e così via.

L’insieme è redatto in sanscrito, un sanscrito arcaico che contiene un certo numero di peculiarità
che in seguito verranno perse. Gli Inni e le “formule” (incluse sotto il nome di mantra) sono di un
arcaismo più pronunciato della prosa che li ha seguiti. Si deve però dire che in generale non è
facile stabilire la cronologia interna di questa prima letteratura e ancor meno la sua cronologia
assoluta. La redazione del Rig Veda può essere situata, in via ipotetica, verso il decimo o il
dodicesimo secolo prima di Cristo, mentre i testi vedici successivi, cioè gli “annessi” ai Veda e le
grandi Upanishad, tra il sesto e il quinto secolo, anche se la preparazione di questi ultimi deve
essere avvenuta molto prima e il completamento dei vari trattati vedici isolati più tardi. La
trasmissione e la stessa preparazione avvenivano oralmente e solo molti secoli dopo sono state
fissate nella scrittura. Tuttavia, anche al giorno d’oggi sopravvivono in tutta l’India dei cantori
che tramandano oralmente vaste porzioni del Veda con estrema esattezza.

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