Rilassamento, Stress e Ansia

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Rilassamento, Stress e Ansia
 
Chiariamoci le idee sullo stress
 
Ma che cos’è veramente lo stress?
 
 
 
Spesso usiamo il termine stress in modo improprio.
 
Una prima distinzione da fare è tra le parole stressor e stress propriamente detto: 
 
– Lo stressor è una situazione-stimolo qualsiasi, cioè una qualsiasi cosa che ci accade; questa può essere sia positiva che negativa (ad es. vincere parecchi miliardi alla lotteria oppure, viceversa, subire un tamponamento in macchina). 
 
– Lo stress (termine inglese che significa “sforzo”) propriamente detto è la risposta generica del nostro organismo allo stimolo stressante. 
Nel linguaggio comune i due termini, stress e stressor, vengono costantemente confusi, cioè lo stimolo stressante e la risposta di stress sono chiamati entrambi stress.
In condizioni di stress acuto, di una certa intensità, nell’organismo si attivano: il sistema endocrino, il sistema nervoso vegetativo (o autonomo) ed il sistema immunitario. 

– Il sistema endocrino reagisce immediatamente alle situazioni di stress improvviso, modificando la produzione di diversi ormoni: aumentano adrenalina e noradrenalina (catecolamine), il cortisolo, l’ormone della crescita (GH), la prolattina, più lentamente si innalzano gli ormoni tiroidei. Gli ormoni sessuali tendono ad abbassarsi, la glicemia tende ad aumentare, come pure colesterolo e trigliceridi. 
 
– Il sistema nervoso vegetativo reagisce immediatamente producendo adrenalina e noradrenalina per attivare l’organismo e prepararlo a fronteggiare o ad evitare al più presto la situazione stressante. 
 
– Il sistema immunitario è molto sensibile allo stress. In una fase iniziale potremo avere una diminuzione della risposta immunitaria. Successivamente è più facile avere un aumento della produzione degli anticorpi (immunostimolazione reattiva).
La reazione che costituisce lo stress investe tutto l’organismo ed è estremamente utile perché favorisce l’adattamento della persona agli improvvisi avvenimenti negativi; per questo è chiamata reazione di adattamento. Essa è fondamentale per la sopravvivenza e perciò è chiamata eustress
Quando invece la reazione di stress è troppo intensa o lo stimolo negativo è prolungato (stress cronico), le variazioni ormonali descritte possono diventare stabili, predisponendo l’organismo a problemi psicologici anche gravi ed a malattie psicosomatiche. In questi casi si parla di stress cronico o distress. Tale situazione a lungo andare determina una diminu­zione delle nostre capacità di risposta e di adattamento, la cosiddetta sindrome da esaurimento.
 
estratto da http://www.stress-e-co.it 
 
 
Curiamoci dallo Stress
 
Anche il medico della mutua dichiara ormai tranquillamente che lo stress è la malattia del secolo. Sono stressati gli impiegati, sono stressate le mamme, sono stressati i nonni e perfino i bambini. Sembrerà strano, ma lo stress è necessario alla vita ed ha un significato positivo quando rimane sotto controllo. 
Immaginiamo ad esempio uno studente di fronte ad un esame. Se il suo livello di stress è nullo, probabilmente la sua “prestazione” non sarà ottimale o più facilmente non sarà sufficiente. D’altra parte, quando invece il cosiddetto “eu-stress” (lo stress positivo) aumenta oltre la soglia che ne fa uno stimolo positivo alle normali attività, esso supera le possibilità di adattamento dell’organismo. L’eccesso di ansia risulta allora paralizzante e diventa “dis-stress” causando manifestazioni funzionali ed organiche negative. 
 
Lo stress è stato specificatamente studiato sin dagli inizi di questo secolo. E’ stato dimostrato che una sindrome da stress può essere caratterizzata da ipertrofia delle ghiandole surrenali, ipotrofia del timo e degli organi linfatici, inibizione della reazione infiammatoria e ulcere gastroduodenali. In realtà la Medicina Psico-somatica attribuisce allo stress una gamma di sintomi e di reazioni fisiologiche molto più vaste e caratterizzate in maniera specifica da individuo ad individuo. Gli stimoli che danno origine a stress, detti stressor, possono essere di varia origine e natura. 
Rumore, suoni, luce, calore, freddo, additivi chimici, virus, batteri, tensioni familiari, dinamiche relazionali disturbate, angosce nevrotiche, ecc. sono tutti stressor, ovvero fonte di stress. 
 
La risposta dell’organismo agli stressor si sviluppa in 3 fasi. Nella prima fase, detta di ALLARME l’organismo cerca di riconoscere lo stimolo (ad esempio la ventola rumorosa dell’ufficio accanto) e cerca di adeguarsi a tale stimolo. In questa maniera, se stiamo svolgendo un’altra attività, dopo qualche tempo ci accorgiamo del rumore continuo solo se qualcuno ce ne fa notare la persistenza. 
Alla fase di allarme, nell’organismo segue la fase di RESISTENZA. Il corpo e la psiche intervengono attraverso una complessa reazione biologica che coinvolge il sistema neurovegetativo, endocrino e immunitario. 
Se lo stimolo stressante persiste ulteriormente nella sua azione, l’organismo esaurisce le sue energie richiamate appositamente per la fase di resistenza, ed entra nella terza ed ultima fase, detta appunto diESAURIMENTO
In questa fase si sono già instaurate delle risposte organiche e psicologiche complesse (spesso contorte) che mettono insieme il tentativo di continuare a reagire allo stress e alcuni sintomi paradossali ed abnormemente amplificati. 

 

I principali quadri clinici prodotti da stress sono: 
 
– ansia – insonnia – panico – depressione – affaticamento – cefalea – ipertensione arteriosa – perdita di memoria e concentrazione – palpiatazioni – ipereccitabilità muscolare – dismenorrea – disturbi sessuali (vaginismo, eiaculazione precoce, impotenza) 
 
Se siete irascibili, se vi alterate per un nonnulla, se la notte faticate a prender sonno mentre la mente continua a seguire imperterrita il filo dei suoi pensieri, non è detto che siate proprio nella fase di Esaurimento, ma insomma fareste bene ad interrogarvi sulla qualità della vostra vita. Se poi a tutto questo si aggiungono palpitazioni, cefalea ricorrente o qualche disturbo sessuale, non esitate a consultare uno specialista: trascurare i sintomi da stress in molti casi potrebbe esitare in una fastidiosa e difficile cronicizzazione dei disturbi. Inutile dire che in tutti questi casi, sostanze neurotrasmettitori come nicotina, caffeina, teina, agiscono sul sistema nervoso come una corrente elettrica elevata oltre la soglia di sopportazione. 
Se per cattiva abitudine, si è convinti che senza almeno un caffè la mattina non si riesce neppure a capire in che anno siamo, vuol dire che è estremamente importante per l’organismo ristabilire i suoi originali ritmi metabolici, producendo in maniera naturale la giusta quantità di adrenalina necessaria la mattina per svegliarci efficacemente. 
 
In tutte le manifestazioni cliniche sopra descritte è spesso possibile individuare una con-causa organica, che tuttavia non esaurisce l’etiologia del quadro patologico. La causa è sempre psico-somatica, ovvero l’insieme complesso di reazioni psicologiche ed organiche associate. E’ dunque chiaro che la terapia non può rivolgersi esclusivamente alla cura di un aspetto, tralasciando l’altro. 
Curare l’ipertensione – ad esempio – esclusivamente con un farmaco diuretico non produce altro risultato che quello di ridurre il sintomo grazie all’azione chimica del farmaco: una volta esaurita tale azione, l’ipertensione tornerà esattamente come prima, se non vengono affrontate le cause che l’hanno determinata. 
Un terapia autentica è sempre una cura che prende in prima considerazione le cause psicologiche,organiche – e perchè no – esistenziali: è una terapia che tenta di sciogliere quell’intreccio paradossale che ha prodotto il sintomo, agendo prima di tutto nel profondo. Man mano che la cura ammorbidisce le dinamiche profonde, anche i sintomi più esteriori andranno scomparendo. Lo stress – come ogni altro quadro patologico – è un messaggio del nostro corpo: va ascoltato ed accolto. Solo così la persona potrà imparare a conoscere il messaggio profondo che la malattia vuole comunicargli e certamente potrà fare un passo avanti in direzione non solo della propria guarigione ma anche della propria evoluzione personale. 
 
Dott. Giampiero Ciappina Psicologo clinico – Sophianalista http://www.telematica.it/solaris 
 
 
Rilassamento
 
Per rilassamento si intende, nel significato generale e comune, distendersi, riposarsi a livello fisico e psicologico. E’ la riduzione di uno stato di tensione, situazione dell’organismo pronto all’azione, caratterizzato, in genere, da inquietudine e da disagio.
Le terapie di rilassamento determinano una riduzione dei livelli di stress attraverso un addestramento progressivo all’autocontrollo e al rilassamento muscolare. 
I trattamenti terapeutici disponibili per raggiungere un rilassamento profondo e curativo sono diversi. Fra questi ricordiamo il training autogeno, il rilassamento progressivo e la tecnica più recente del biofeedback. 

 

Biofeedback
 
Il biofeedback (lett. “retroazione biologica”) rappresenta probabilmente la tecnica di rilassamento più efficace tra le varie disponibili. Consiste nell’uso di uno strumento che insegna a rilassarsi da soli e a gestire funzioni del nostro corpo da sempre ritenute indipendenti dalla nostra volontà, come la tensione nervosa, il battito cardiaco, la sudorazione, ecc. 
Il biofeedback viene collegato al muscolo della fronte attraverso tre sensori. Questi percepiscono lo stato di tensione della muscolatura frontale, che è direttamente collegato al livello di stress dell’intero organismo. La macchina capta il segnale muscolare, lo elabora e lo trasforma in un segnale acustico (o visivo), che sarà tanto più frequente quanto più siamo stressati. In questo modo la persona può percepire, attraverso i suoni prodotti dall’apparecchiatura, l’intensità del proprio stress, sperimentando la propria tensione emotiva in tempo reale e, cercando di evitare che la macchina suoni, impara ad esercitarsi per riportare alla normalità le sue funzioni interne. In sostanza, si tratta di un sitema di monitoraggio continuo da parte del paziente del proprio stato di ten­sione muscolare ed emotiva, tale da permettere un rapido apprendimento del rilassamento.
 
Il biofeedback rappresenta il punto di forza della moderna terapia psicosomatica ed è della massima utilità nel trattamento dello stress, dell’ansia cronica, degli attacchi di panico, delle fobie, dei disturbi ossessivo-compulsivi, (sia da solo che come supporto all’intervento con i farmaci) e, in genere, in tutte le “somatizzazioni” dell’ansia: cefalee da tensione, tachicardia da stress e disturbi funzionali del ritmo cardiaco, ipertensione arteriosa labile (da stress), gastriti e colon irritabile. 
L’apprendimento del rilassamento attraverso biofeedback risulta più rapido e completo di quello ottenibile con altre tecniche, con precise e signiticative modificazioni del funzionamento dell’organismo. 
Studi selezionati dimostrano che è efficace nel 90-95% dei casi. 
Il training di rilassamento con biofeedback è applicabile in ogni fascia di età senza particolari controindicazioni. Ad es., nei bambini spesso evita il ricorso ai farmaci, con risultati tali da prevenire la cronicizzazione dell’ansia. 
 
Va ricordato che il biofeedback non dà risultati immediati, ma nel medio-lungo termine, trattandosi di una tecnica che va appresa e che richie­de allenamento nel tempo. I benefici, quindi, sono osservabili verso la fine del trattamento.
Per una apprendimento ottimale del rilassamento, sono in genere sufficienti 12-15 sedute, di 30-40 minuti ciascuna, da effettuare una-due volte alla settimana. In genere, si consiglia di seguire le prime quattro sedute in tempi ravvicinati, ad esempio il martedì ed il venerdì. 
Il biofeedback, ed in generale le terapie di rilassamento hanno, rispetto al trattamento farmacologico, il vantaggio di un coinvolgimento attivo della persona nella propria terapia e rappresentano l’intervento primario nei casi di intolleranza o di inefficacia degli psicofarmaci.
 
Oltre al biofeedback, per provocare il rilassamento sono disponibili altre efficaci tecniche: il training autogeno, il rilassamento muscolare progressivo ed il controllo della respirazione. 

 

Traning autogeno
 
Il training autogeno è un metodo di rilassamento ideato dallo psichiatra tedesco J. Schultz, basato su esercizi che consentono di raggiungere uno stato di rilassamento muscolare e psicoemotivo attraverso la concentrazione passiva e l’uso di formule di autosuggestione. 
“Training” significa allenamento: si tratta di ripetere con costanza e disciplina, per alcuni minuti al giorno una serie di esercizi, allo scopo di raggiungere un rilassamento autoprovocato (autogeno). 
 
In genere il training autogeno si pratica distesi su un divano o su una idonea poltrona. E’ importante porsi in un ambiente tranquillo, nella semi-oscurità, almeno per le prime volte, slacciando le cinture e gli indumenti troppo stretti. 
Gli esercizi del training autogeno si dividono in fondamentali (autoinduzione di calma, sensazione progressiva di peso, sensazione progressiva di calore), con i quali già si raggiunge un ottimo rilassamento) e complementari, che inducono un rilassamento ancora più profondo (esercizio del cuore, della respirazione e della fronte fresca; è preferibile tralasciarli in persone con problemi cardio-respiratori).
Esiste anche un ciclo superiore di esercizi di training autogeno, ma va praticato esclusivamente sotto la guida di uno specialista.
Una volta appreso, la sua pratica è facile e bastano pochi minuti per ottenere uno stato di rilassamento.
Per un buon apprendimento del training autogeno è fondamentale la costanza nell’allenamento, da effettuare seguendo le direttive indicate da Schultz, da protrarre per almeno sei mesi.
Oltre che in psicosomatica, il training autogeno è largamente impiegato in medicina dello sport per migliorare la preparazione psicologica degli atleti e, con adeguate modifiche, nella preparazione al parto (RAT, parto in autoipnosi).

 

Rilassamento muscolare progressivo
 
Ideato da E. Jacobson, è un metodo di rilassamento basato sull’apprendimento della decontrazione muscolare volontaria. 
E’ incentrato sulla presa di coscienza da parte della persona dello stato di contrazione o di distensione di ciascun gruppo muscolare, passando man mano in rassegna tutto il corpo, concentrandosi su un solo muscolo per seduta, fino a raggiungere la decontrazione totale. 
L’apprendimento è piuttosto complesso e di lunga durata, potendo durare anche un anno o più. 

 

Il controllo della respirazione
 
Il controllo della respirazione è una tecnica di rilassamento basata sul presupposto che respirazione e tensione muscolare sono direttamente collegate: è ben noto infatti che la tensione nervosa tende ad alterare il ritmo e la profondità del respiro, con conseguente diminuzione dell’ossigenazione del sangue. 
La respirazione addominale (diaframmatica profonda) è un metodo di rilassamento naturale; noi tutti fin da piccoli respiriamo in questo modo ma, col passare degli anni, ce ne dimentichiamo, usando per lo più una respirazione di tipo toracico. 
Il training consiste in una serie di esercizi volti a riapprendere volontariamente la modalità di respirazione diaframmatica.

 

Agopuntura 
 
Anche se è considerata come medicina “alternativa”, l’agopuntura ha parecchi estimatori anche nell’ambito della medicina tradizionale. Consiste nell’applicazione di aghi in modo tale da favorire la produzione da parte del sistema nervoso di “tranquillanti interni” (es. endorfine); si determina così rilassamento muscolare, rallentamento del battito cardiaco e abbassamento della pressione arteriosa. In tal senso l’agopuntura può essere considerata un buon trattamento antistress.
In media una seduta dura 30-40 minuti; i benefici cominciano ad avvertirsi verso la terza-quarta applicazione. 
L’agopuntura va comunque considerata una tecnica di intervento “soft”, valida soprattutto quando lo stress non ha raggiunto livelli elevati. Può essere usata anche in caso di depressione lieve. 

 

Musica 
 
La musica può essere usata sia come mezzo per favorire il rilassamento sia come tecnica terapeutica a sé stante (musicoterapia). 
 
– Per l’induzione del rilassamento si ricorre all’ascolto a basso volume di brani lenti e ripetitivi, secondo i gusti della persona. Per lo più si usano brani di musica classica (Bach, Mozart, Chopin, ecc.), ma possono essere molto utili anche brani new age o simili. 
 
– La musicoterapia è una tecnica terapeutica basata sia sull’ascolto di una determinata musica scelta dal terapeuta (musicoterapia passiva), sia sulla creazione di suoni e note attraverso strumenti messi a disposizione (musicoterapia attiva). Oltre che di aiuto nel trattamento di stress, ansia, disturbi psicosomatici e depressione, la musicoterapia è usata in neuropsichiatria infantile come mezzo di comunicazione col bambino autistico. 
 
In generale, l’effetto tranquillizzante della musica è dovuto ad un aumento dell’attività dell’emisfero destro del cervello, responsabile dell’attività immaginativa e creativa, con diminuzione del lavoro dell’emisfero sinistro, sede del linguaggio, del pensiero razionale e della capacità di calcolo.

 

Massaggio
 
Il massaggio può essere di aiuto nel trattamento dello stress lieve per la sua azione muscolo-rilassante e stimolante la circolazione locale. Altro effetto importante è quello tranquillizzante del contatto fisico, tale da rievocare ancestrali sensazioni psico-corporee collegate alle cure materne. 
Fra le svariate tecniche di massaggio ricordiamo lo shiatsu, antica tecnica cinese mirante a “liberare” le energie della persona, attraverso la pressione su determinati punti del corpo. 

 

Terapia della luce (Fototerapia, Light-Therapy)
 
La terapia della luce consiste nell’esposizione programmata del paziente ad una luce bianca artificiale molto intensa. La tecnica sembra adatta per il trattamento del disturbo depressivo stagionale, una condizione di depressione lieve aggravata dalla carenza di luce nei mesi autunno-invernali. 
Una seduta di terapia della luce dura circa 30-40 minuti; il trattamento dura in media 2 settimane. I primi miglioramenti del tono dell’umore possono osservarsi già dopo pochi giorni. 
Oltre che nel disturbo depressivo stagionale, la light-therapy può essere molto utile nel trattamento di altri disturbi dell’umore (es. depressione post-partum), nel disturbo ossessivo-compulsivo e nei disturbi del sonno. L’intervento può essere usato anche in associazione con la psicoterapia e con la terapia farmacologica.

 

estratto da http://www.stress-e-co.it  

 

Stress e Ansia
 
Abbiamo già visto come lo stress “negativo” non sia altro che una risposta emotiva a delle particolari situazioni ambientali e intrapsichiche, filtrate attraverso il nostro modo di pensare (sistema cognitivo). Tali risposte emotive di stress possono essere chiamate in modo più preciso: ansia, depressione, rabbia, colpa, ecc. 
L’ansia è definibile come un’emozione diffusa molto sgradevole, spesso vaga e penosa, di pericolo, di oscura minaccia alla nostra integrità psicofisica. Essa è accompagnata da una serie di risposte fisiche molto diverse da persona a persona, come irrequietezza, tensione muscolare (tremori alle mani, voce tremula), sintomi cardiovascolari (tachicardia, aumento della pressione arteriosa), aumento della sudorazione, sintomi gastrointestinali (nausea, crampi allo stomaco, disturbi intestinali ecc.), difficoltà respiratoria, minzione frequente, ecc. 
 
L’ansia può presentarsi in forma acuta, sotto forma di crisi improvvise ed intense (attacchi di panico) oppure in forma cronica, continua, sotto forma di preoccupazione esagerata ed eccessiva nei confronti di qualsiasi cosa possa accadere (disturbo d’ansia generalizzata).
L’ansia è come un segnale di allarme che ci avverte di un pericolo incombente e che ci attiva per prendere adeguate contromisure. Quando si determinerà un comportamento di risposta positivo tendente a ridurre il pericolo, l’ansia sarà funzionale e, quindi, “normale”. Viceversa, quando questa sarà troppo frequente, intensa e durevole, tale da creare un disagio soggettivo che interferisce con le attività sociali e lavorative della persona, sarà disfunzionale o “patologica”, 
L’ansia va distinta dalla paura e dalla fobia. Mentre l’ansia di solito non è riferibile a qualcosa di preciso, si parla di paura quando essa è collegabile ad un oggetto o una situazione reale ben chiara (paura degli animali, del sangue, ecc.). La paura diventa fobia quando l’ansia dell’oggetto o della situazione è talmente intensa da condurre all’evitamento di quel tipo di stimolo (es. fobia di volare in aereo). 

 

Modernamente, si classificano tre tipi di fobie:
 
– La fobia specifica (o semplice), ossia l’evitamento ansioso di situazioni od oggetti specifici. Abbiamo così le fobie per gli animali, per il sangue, per gli agenti atmosferici (lampi, tuoni, oscurità, ecc.), per le altezze, ecc. 
 
– La fobia sociale, ossia la paura esagerata del giudizio negativo altrui. Sono persone che presentano notevoli difficoltà a relazionarsi con gli altri, non si espongono, se ne stanno in disparte. La fobia sociale è in gran parte sovrapponibile alla comune timidezza. Diversi studi hanno dimostrato che i rapporti interpersonali costituiscono una delle principali fonti di ansia-stress.
 
– L’agorafobia. Compare quando una persona che ha avuto ripetute crisi di panico comincia a temere che queste si ripresentino; quindi evita quei luoghi in cui, in caso di ansia improvvisa, sarebbe più difficile fuggire o ricevere aiuto: i posti affollati (cinema, supermercati, mezzi di trasporto), i tunnel, le autostrade, ecc. Perciò queste persone o non escono più di casa o riescono a farlo solo se in compagnia di una presenza “rassicurante” (partner, familiare o amico).

 

Un altro disturbo d’ansia molto importante è il disturbo ossessivo-compulsivo. 
 
In questo caso la persona è costantemente assillata da idee molto sgradevoli, che si presentano nella mente in un modo improvviso, ripetitivo e incontrollabile. Un tipico esempio di idea ossessiva è relativa alla perdita dell’autocontrollo: paura di aggredire qualcuno, di ucciderlo, di suicidarsi gettandosi dall’alto, ecc. Frequenti sono il pensiero di sporcarsi, di infettarsi, oppure il “dubbio ossessivo” (dubbio di non avere chiuso il gas, di non avere chiuso bene la porta di casa, ecc.). 
Le ossessioni tendono ad invadere sempre più la sfera psicologica, con aumento progressivo dell’ansia. Conseguentemente compaiono le cosiddette compulsioni, ossia comportamenti anch’essi ripetitivi tesi a contrastare l’ideazione ossessiva. Quindi, il paziente ossessionato dall’idea di essere contaminato da germi si laverà molte volte al giorno le mani; la persona in preda al dubbio di non avere chiuso la porta di casa ritornerà indietro compulsivamente molte volte, perdendo anche delle ore, non riuscendo quasi mai a convincersi del tutto che le cose stiano effettivamente a posto. Anche se i comportamenti compulsivi tentano di ridurre l’ansia associata con l’ossessione, in certi casi questa può addirittura aumentare. 
I disturbi d’ansia in genere colpiscono in eguale misura sia i maschi che le femmine. Fa eccezione il disturbo di panico, che si osserva soprattutto nel sesso femminile.
 
estratto da http://www.stress-e-co.it  
 
 
Siete stressati?
 
L’ansia è una spiacevole sensazione di disagio psicologico, sovente accompagnata da modificazioni somatiche.
Trae origine da eventi o situazioni, vissute come minacciose, ma non necessariamente tali in termini oggettivi. A livello psicologico, l’ansia si manifesta con situazioni di irritabilità, inquietudine, difficoltà di attenzione e di concentrazione, pessimismo, sfiducia nelle proprie capacità.
Da un punto di vista fisico, le variazioni sono molteplici: interessano, ad esempio, l’apparato gastro-intestinale, cardio-circolatorio e respiratorio.
Chi di voi non ha mai provato la fatica a respirare, la cosiddetta “fame d’aria” o ha sentito il “cuore in gola”?
Una situazione eccessiva d’ansia determina, inoltre, modificazioni salivari, della temperatura corporea e della tensione muscolare.
Anche la sfera sessuale ed il sonno possono risultare alterati.
Esprimendosi così, può sembrare che l’ansia sia una condizione necessariamente patologica. In realtà, le cose non vanno proprio in questi termini. Cosa si vuol dire?
Che l’ansia non si deve intendere come uno stato sempre negativo; è corretto pensare che un certo livello d’ansia non abbia effetti nocivi, ma attivi positivi comportamenti di adattamento all’ambiente che permetta, cioè, un miglior utilizzo del potenziale psico-fisico, che ciascuno di noi possiede.
La grande diffusione del “problema ansia” ha interessato negli ultimi decenni il dibattito scientifico.
L’ansia risulterebbe l’espressione di un fenomeno che riconosce, alla sua base, varie componenti: individuali, familiari, genetiche, eventi di vita. Risulta, a questo punto, come l’argomento si presenti particolarmente complesso e di rilievo nella quotidianità della vita.

 

Dall’ansia allo stress
 
Abbiamo definito l’ansia come una situazione spiacevole di disagio psicologico, sovente accompagnata da modificazioni somatiche. Si è altresì precisato che il fenomeno ansia, particolarmente complesso, trae origine da eventi o situazioni vissuti soggettivamente come pericolosi. Proviamo ora a metterne a fuoco alcuni aspetti. Un primo, fondamentale.
L’ansia comporta sempre un certo grado di attivazione: tale situazione è stata definita, negli anni e nei diversi contesti teorici, in modi differenti. Si sente parlare di attivazione, di grado di eccitazione, di “arousal“.
Tutti termini che vogliono indicare una misura del livello di risposta sia fisica che psichica ad un evento esterno o interno all’individuo, non necessariamente oggettivo. Proviamo con un esempio.
Tutti hanno ben presente, almeno nei ricordi, la situazione d’ansia provata nell’attesa di un’interrogazione a scuola o di un colloquio di lavoro.
Tale condizione, se mantenuta a certi livelli, non solo non pregiudica il comportamento nella prova, ma addirittura migliora il rendimento, in quanto attivatrice delle risorse individuali.
Se, però, l’ansia supera certi livelli, il comportamento ne potrà risultare compromesso o, addirittura, ve ne deriveranno dei danni a livello psicofisico.
Un altro esempio, anch’esso bagaglio dell’esperienza di molti di noi. Vi può essere capitato che un banale malessere abbia scatenato fantasie, paure di malattia.
Pochi esami clinici o una semplice visita vi hanno tranquillizzato.
Ma prima?
Quanta ansia… per non parlare di stress, termine inglese, ormai usato ed abusato nel vocabolario ricorrente. In breve, lo si può intendere come uno squilibrio tra le richieste dell’ambiente, le aspettative sia pratiche che affettive e la percezione personale di inadeguatezza o incapacità a farvi fronte.
Su quest’ultimo concetto vale la pena di soffermarsi: gli stressor (eventi stressanti) non necessariamente o oggettivamente sono causa di ansia. E’ la loro percezione soggettiva quello che conta. Risulta fin troppo chiaro, allora, come sia importante mettere in atto strategie corrette per farvi fronte.
 
L’ansia si distingue in:
ansia di stato (condizione transitoria dell’organismo, caratterizzata da sentimenti negativi di apprensione. Si manifesta in momenti o situazioni particolari, percepiti come una minaccia);
 
ansia di tratto (caratteristica relativamente stabile e duratura della personalità. E’ la tendenza a valutare determinate situazioni come minacciose e a reagirvi di conseguenza).
 
Lo stress è una condizione derivante da uno squilibrio tra le richieste ambientali e la capacità di risposta. In altre parole, il senso d’inadeguatezza, talvolta soggettivo, a far fronte a tali richieste determina un aumento del livello d’ansia.
 
estratto da Wayfitness.net 

 

Introduzione alla Relaxing Music
 
Il concetto di “Relaxing Music” è già noto in senso storico con il significato di musica adatta al rilassamento e cioè capace di favorire un abbassamento di stress e, contemporaneamente, di dare all’ascoltatore il controllo della propria tensione fisica ed emotiva. 
Già nel passato, la musica è sempre stata indicata per i suoi effetti calmanti sulla mente umana e per l’abilità nel risvegliare ed arricchire lo spirito; lo stress accumulato durante il giorno è originato dalla frenesia delle nostre azioni, dagli orari da rispettare, dal traffico, dai contrattempi, non ultimo, dall’inquinamento acustico. 
Ogni emissione sonora, sia essa rumore o musica, è l’attuale colonna sonora di ogni nostra giornata e tutto ciò si trasforma in un autentico bombardamento di informazioni acustiche discontinue contribuendo in modo decisivo ad aggravare la condizione di stress. E’ necessario, quindi, che il tipo di musica utilizzato per indurre la condizione di rilassamento sia perfettamente in grado di agire sull’ascoltatore in modo positivo, utilizzando la strategia contraria a quella del caos sonoro. 
 
In base agli studi scientifici compiuti non esiste, però, un tipo di musica rilassante “universale” capace di trasmettere calma e pace ad ogni individuo; questo limite è causato dal fatto che ognuno di noi ha una certa formazione e cultura musicale che ci porta inconsciamente a ritenere sgradevoli alcuni generi musicali. E se ciò si verifica, è possibile generare anche un effetto totalmente opposto al significato di relax nonostante vengano applicati i criteri di composizione emersi dagli studi. E’ bene ricordare, infatti, che è la nostra mente, attraverso il cervello, che produce e trasmette il messaggio di “relax” a tutto corpo; e se ad essa non risulta piacevole il tipo di musica non verrà mai raggiunto il traguardo del benessere mentale e fisico. 
 
I parametri generali da poter seguire per indurre il senso di rilassamento possono essere riassunti nella seguenti regola:
Diversificare il tipo di musica o produrre brani inequivocabilmente belli per qualunque tipo di orecchio sia esso di formazione “rock”, “classica”, “pop”, o di altro tipo… In ogni caso, i parametri più importanti da rispettare sono riferiti essenzialmente al tempo e al ritmo
Ciò è spiegato dal fatto che il nostro corpo tenta in modo naturale una immediata sincronizzazione con il ritmo musicale (dal battito del piede, al movimento della mano, delle dita, o di tutto il corpo) e tutto questo influisce, attraverso la mente, anche sul ritmo cardiaco. 
L’ideale battito cardiaco umano rilevato in condizioni di relax è di circa 60 bpm (battiti per minuto) e raggiungerlo significa aprire le porte ad un benessere non solo fisico ma soprattutto mentale; è stato dimostrato che durante questa condizione i risultati di apprendimento e le capacità creative vengono amplificate di molte volte con significativi benefici pratici che permettono anche il recupero di quell’energia vitale apparentemente già esaurita a causa dello stress giornaliero. 
Addirittura, utilizzando in modo appropriato la musica con alcune terapie mediche naturali è stato possibile curare pazienti affetti da gravi problemi di natura emotiva, da stress, da sconforto, ansie, paure e persino da problemi fisici. 
 
Le ricerche condotte in questo più specifico settore diventano, però, di competenza della “Music Therapy” e permettono anche di aiutare la riabilitazione o alleviare le sofferenze di pazienti affetti da più seri handicap. Lo sviluppo di brani “rilassanti” deve essere prevalentemente affrontato con l’uso di tempi che variano fra i 60 e 90 bpm, utilizzando i 60 bpm anche per quei brani indicati per compiere esercizi di respirazione. 
Stabilita questa costante temporale, si potranno realizzare lunghe atmosfere pacifiche lievemente animate da un piccolo battito ritmico per dare modo all’ascoltatore di “sincronizzarsi” inconsciamente. Lo sviluppo di una appropriata melodia di riferimento stabilirà un diretto “feeling” emotivo e indurrà un piacevole senso di rilassamento. Un brano musicale realizzato nel rispetto di queste indicazioni dalla sensibilità del compositore, potrà piacevolmente impiegato anche per scopi strettamente collegati a quell’aumento di capacità creative e di apprendimento brevemente anticipate in precedenza.
Lo studio, il lavoro, le espressioni artistiche saranno, ad esempio, le principali attività che troveranno giovamento se svolte durante l’ascolto di tali brani. Seguirà, ovviamente, il meritato relax…! 
 
estratto da Cybertraks.it 
 
approfondimento su http://www.amadeux.net/sublimen/  
 
 
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