QUATTRO SALTI CON LA MUSICA MYSTERIOSA (SECONDA PARTE)

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QUATTRO SALTI CON LA MUSICA MYSTERIOSA (SECONDA PARTE)

di Paolo Colombo

IL MISTERO DEI MYSTERE

L’influenza della chiesa sulla produzione musicale è stata notevolissima, e ha creato addirittura la
necessità di una carica apposita (“Maestro di cappella”) per espletare la necessità di una
parrocchia.

Nelle prime comunità cristiane la musica era utilizzata esclusivamente nella liturgia; in epoca
medievale, con il mutare delle condizioni politico-sociali e per esigenze, come diremmo oggi, di
audience, si andò verso una progressiva teatralizzazione del rito. Infatti nella gente era crescente
l’esigenza di teatro (sempre condannato dalla chiesa) e la necessità di conoscere i sacri testi
(fino ad allora disponibili solo in latino, e quindi incomprensibili ai più). Ecco dunque la nascita
del dramma liturgico, drammatizzazione delle Sacre Scritture, durante i quali i lettori
interpretavano i vari personaggi dei passi evangelici.
Le prime rappresentazioni (ancora in latino) avvenivano in chiesa, sfruttando l’altare come
palcoscenico, le navate come quinte e la cripta come retropalco. Ma a causa del fasto sempre
crescente delle rappresentazioni (erano veri e propri “kolossal” ante litteram), fu necessario
eseguirle fuori dalle chiese, sul sagrato: ciò consentì l’utilizzo dei testi in volgare, consentendo
finalmente al popolo una totale comprensione del testo. In breve si crearono confraternite
specializzate nel curare e allestire questi drammi, che diedero origine a spettacoli di dimensioni
ancora più vaste (a volte coinvolgevano interi paesi) che in diedero vita alle sacre
rappresentazioni, mentre in Francia ai cosiddetti mystère.

Chiedendo perdono per il gran balzo di secoli che ci concediamo, segnaliamo la rock-opera Jesus
Christ Superstar di A. L. Webber, su libretto di Tim Rice (1971), anch’essa composta con l’intento
di popolarizzare il contenuto evangelico. Questo musical ha alle spalle migliaia di repliche in
tutto il mondo ed è stato sempre guardato con benevolenza dalla chiesa: eppure sin dalla prima
“song” di Giuda (fu scelto provocatoriamente un attore negro per interpretare questo ruolo) l’opera
rimane spesso in bilico tra messaggio teologico ufficialmente approvato ed eresia. Ad esempio,
prestando attenzione al testo del brano che Jesus canta prima di essere arrestato nell’orto del
Getzemani, si nota che esso non si discosta di molto dai temi del molto più contestato film L’ultima
tentazione di Cristo di Martin Scorsese.

MAGIA CRISTIANA

Alcune canti rituali cristiani possederebbero una vera e propria valenza magica: è ciò che si può
concludere ricordando che nel 1316 il Concilio di Colonia stabilì che era vietato intonare la
melodia Media Vita contro le persone, “salvo speciale dispensa”. Infatti essa poteva produrre danno
e sofferenza agli ascoltatori. Molto più recentemente, nel 1990, Giovanni Paolo II ha utilizzato la
melodia Ad petendam pluviam (“Opere Domini coelum nubibus – et para terrae pluviam – ut producat in
montibus foenum – et herbam servituti hominum”), per propiziare la pioggia dopo un periodo di
siccità.
Oggi alcuni teologi affermano che il canto gregoriano dovrebbe essere eseguito esclusivamente dai
monaci, in quanto solo essi posseggono una piena consapevolezza iniziatica della sua simbologia; per
questo si ritiene che l’aver introdotto il canto dell’assemblea dei fedeli durante la messa sia una
concessione alla “mondanità”. Tuttavia, nel Congresso Nazionale di Musica Sacra (Bologna, 1992) il
Cardinale Biffi ha ribadito, rifacendosi a Sant ‘Agostino, che la musica sacra deve costituire “la
voce unanime del popolo di Dio”, anche se occorre saper discernere tra la semplice “emozione
estetica” e la profonda “sostanza rituale”.

Musica alchemica. Fino all’età rinascimentale musica e alchimia, insieme alla poesia e alla
muratorìa, erano considerate “Arti tradizionali”, ovvero arti nelle quali il termine Arte assumeva
il suo significato originario (“tradizionale”). “Arte” deriva infatti dal radicale indo-europeo are,
che possiede il significato semantico di “ordinare”; quindi l’Arte era tecnica per portare ordine e
perfezione (processo che gli alchimisti definivano solve et coagula) nel mondo fisico, continuando
l’opera iniziata dal creatore (da qui il detto fare ad arte). Musica e alchimia condividevano quindi
il comune scopo della rigenerazione umana; in comune possedevano anche la peculiarità di utilizzare
un lessico e un linguaggio puramente simbolico. Così come mercurio, zolfo e sale alchemici erano ben
diversi dai corrispettivi elementi fisici, anche il suono (“Logos”) poco aveva in comune con la
produzione acustica. In alcuni casi i testi di alchimia (tra cui quelli di Zosimo di Panopoli, III –
IV sec. d. C.) si servirono proprio del lessico musicale come codice espressivo.
Il medico Robert Fludd (1574 – 1637) scrisse nel 1626 il testo alchemico Medicina Catholica.
Partendo da presupposti pitagorico-platonici, era convinto che la musica dovesse essere oggetto di
studio dei fisici e non dei matematici: poichè la vera natura dell’armonia era spirituale, essa non
poteva essere colta da coloro che ragionano in termini numerico-quantitativi, bensì da chi è in
grado di comprendere l’elemento qualitativo del numero.

CODICI E SIMBOLI

In epoca rinascimentale il rapporto tra musica e alchimia era così stretto che persino gli strumenti
musicali erano associati simbolicamente agli elementi. Ecco le associazioni più ricorrenti:

¨ Terra: viola o cornetto (di colore nero, come le “Vergini nere”, simbolo di fertilità)
¨ Acqua (Luna): cornamusa e liuto (altro simbolo di fertilità, con la ricurva cassa armonica che
ricorda il grembo materno)
¨ Aria: tamburo, organo, cister (tipo di liuto)
¨ Fuoco (Sole): strumenti a fiato e arpa (che ha la forma di cuore e il numero simbolico di 7 o 21
corde)
¨ Etere (Quintessenza): arpa (anche nei secoli successivi spesso simbolo della divinità).

Atalanta in fuga. Michael Maier (1566-1622) si laureò in filosofia a Rostock e in medicina a
Basilea, una città in cui ancora si sentivano gli influssi del pensiero di Paracelso. Nel 1608, a
Praga, fu medico personale dell’imperatore alchimista Rodolfo II. Nella città boema conobbe tra gli
altri Keplero e John Dee, prima di trasferirsi in Inghilterra per incontrare Fludd. Maier è l’autore
dell’Atalanta fugiens, unico testo della tradizione ermetica in cui la fusione tra musica e alchimia
è esplicitamente teorizzata. Il testo fa riferimento al mito di Atalanta, una vergine che sarebbe
dovuta andare in premio a chi l’avesse vinta nella corsa. Atalanta sembrava insuperabile; se non che
un suo sfidante, Ippomene, riuscì ad avere la meglio con uno stratagemma: disseminò lungo la strada
tre pomi d’oro, che la donna si fermò a raccogliere, attardandosi.

L’Atalanta costituisce a tutti gli effetti un “Libro di emblemi”, ovvero un particolare genere
letterario iniziato dall’italiano Andrea Alciati e diffuso per tutta Europa durante il rinascimento.
Ogni “emblema” era costituito da un disegno simbolico, un motto e una didascalia poetica. Quello di
Maier ne conteneva cinquanta, ognuno corredato da un epigramma, da un “canone” musicale a tre voci
che cantano il testo dell’epigramma e da un discorso esplicativo (il “canone”, spesso confuso con la
“fuga”, è una composizione a più voci, ciascuna delle quali canta la stessa melodia iniziando in
momenti diversi, un po’ come succede nella popolare “Frà Martino”). Le voci ricordano il mito della
vergine-velocista: la prima si chiama infatti Atalanta fugiens, mentre quella che la segue è
l’Hippomenes sequens.

L’opera è ricca di simbolismo: emblemi, epigrammi e canoni sono 50 perché questo è il numero che
indica la remissione dei peccati (Agrippa riferì che, secondo le leggi, dopo 50 giorni si
rimettevano i debiti) e la grazia dello Spirito Santo (esso discese sugli Apostoli dopo 50 giorni
dalla resurrezione di Cristo). Ogni fuga è composta da 21 note, e in Alchimia questo numero si
riferisce al simbolo solare. Anche la scelta dello stile musicale non è casuale: canone deriva dal
termine greco che sta ad indicare sia “regola” che “regolo”: quest’ultimo in alchimia era lo
strumento che serviva a “divorare le impurità dell’oro volgare”.
La musica di Maier è, soprattutto, il pretesto per un “gioco” intellettuale, senza particolari
valenze esoteriche. Nel corso del tempo, infatti, l’originaria funzione dei simboli – che, in
termini riduttivi, potremmo definire come “nodi al fazzoletto” per ricordare un’amplissima gamma di
concetti – si è andata perdendo; nell’epoca moderna le “Arti Tradizionali” hanno duvuto fare posto
alla loro manifestazione materiale (per quanto riguarda la musica, all’acustica e all’estetica
musicale) e i loro aspetti spirituali sono andati pressoché dimenticati. In questo senso sono
particolarmente illuminanti gli studi di Bruno Cerchio, tra l’altro autore de Il suono filosofale,
un saggio che approfondisce il rapporto musica-alchimia, e trascrittore in italiano dell’Atalanta
fugiens.

Compositore alchimista. Bruno Cerchio (1945) non solo è autore di musica, ma anche di saggi sulla
conoscenza ermetica: Il suono filosofale (Libreria Italiana Editrice) e la traduzione dell’Atalanta
fugiens, (Edizioni Mediterranee) sono completamente dedicati al rapporto tra musica e alchimia. Dal
punto di vista musicale, la composizione di Cerchio più densa di aspetti simbolici è la Missa aurea
per soli coro e orchestra, che lo stesso autore definisce “messa alchemica”, e che è ispirata al
Processus sub forma missae di Nicolaus Melchior Cibinensis, cappellano e astrologo della corte di
Vladislao II d’Ungheria tra il XV e il XVI secolo.
La Missa alterna brani cantati a brani solo strumentali, che sono simbolicamente distribuiti in tre
parti strategiche del percorso musicale. Intitolati rispettivamente Nigredo, Albedo e Rubedo, si
riferiscono alle tre fasi della “Grande Opera” alchemica necessarie alla preparazione della Pietra
filosofale. L’assenza delle voci umane nei brani strumentali richiama il concetto di silenzio
interiore, di tacere iniziatico degli alchimisti. Il brano centrale, cuore della Missa, è cantato
dal coro “a cappella” (cioè senza l’accompagnamento degli strumenti), per ricordare che l’uomo è
l’essere centrale del cosmo.

Musica e massoneria. Attenzione: se un giorno vi dovesse capitare di leggere una partitura il cui
frontespizio riporta la data del 5749 o di altri anni “impossibili”, (come in certe opere di
Christian Gottlob Neefe, maestro di Beethoven) sappiate che non vi trovate di fronte a un reperto
del futuro portato da una macchina del tempo o a un errore di stampa, bensì a un brano di musica
massonica: secondo le tradizioni di questa società, infatti, la Massoneria fu fondata nel 4000 a.C.,
per cui occorre compiere la debita sottrazione per avere la data reale. La nascita della moderna
massoneria speculativa e simbolica si fa coincidere con la fondazione della Grande Loggia di Londra,
il 24 giugno 1717 (Vedere il Dizionario dei Misteri N. 12). Lo statuto della loggia non parlava
espressamente di musica, ma già esistevano quattro canti che i confratelli amavano intonare alla
fine dei banchetti (alla locanda “All’oca e alla graticola” di Londra) dopo le adunate. Inoltre, in
appendice allo statuto, c’era la premessa ai contraffacta, cioè melodie famose a cui si sostituiva
all’originale un testo di natura massonica. La musica fu quindi presente sin dalle origini dei riti
massonici, ma senza una precisa codificazione: durante le cerimonie gli officianti improvvisavano i
canti, e la qualità della musica non ne traeva certo vantaggio.

Poiché la massoneria era (ed è) basata su una struttura di stampo cavalleresco-militare, durante i
riti erano presenti piccoli complessi strumentali detti colonne d’harmonie, formati da due
clarinetti, due corni e due fagotti, i quali creavano un’atmosfera adatta alle marce d’ingresso
degli officianti (come nella Marcia dei sacerdoti del Flauto magico di Mozart).
Di seguito, ai canti rituali si aggiunsero brani di carattere morale, composizioni per coro (cantare
insieme rafforzava il senso di unità della confraternita), e musiche appositamente commissionate a
compositori di grido (come le Sinfonie parigine di Haydn). In Inghilterra la massoneria organizzò
per prima al mondo i concerti pubblici, affidando a grandi autori – tra cui Haydn, Beethoven,
Cherubini, Mendelssohn – brani adatti all’occasione. Altri compositori affiliati alla massoneria si
occuparono di Cathedral music, genere tipico della chiesa anglicana, e di “Oratori” (famoso il
Messiah di Haendel ).

La musica massonica ha un debito particolare nei confronti di Federico II di Prussia, che a Vienna
cercò di far coincidere le esigenze spirituali del gruppo con quelle puramente artistico-musicali.
Con il suo appoggio, anche economico, molti artisti, tra cui Mozart e Haydn, poterono lavorare con
tranquillità fino alla morte del monarca. Beethoven – senza, forse, essere massone a pieno titolo –
scelse comunque un testo di Schiller particolarmente caro alle logge, An die Freude (oggi famoso
come Inno alla gioia) per musicare l’ultimo movimento della sua nona sinfonia. Anche Mendelssohn e
Liszt ebbero rapporti con la massoneria, a cui invece Wagner non si iscrisse mai, pur condividendone
gli ideali. Il suo mecenate e il finanziatore del teatro wagneriano di Bayreuth era infatti Ludwig
II, che, da buon cattolico, detestava i massoni. Meglio non correre rischi.

INNI NAZIONALI

Curiosa è la vicenda di To old Hiram in Heaven, where he sat in full glee (Hiram era il mitico
edificatore del Tempio di Gerusalemme e, secondo la tradizione, il fondatore della Massoneria),
canto della loggia londinese “Anacreontic Society”. Composto nel 1796 da Stafford Smith, nel 1814 il
titolo venne modificato in The Star-spangled Banner, e, poco più di un secolo dopo, il brano divenne
l’inno nazionale statunitense. The Star-spangled Banner non è il solo inno nazionale di origine
massonica: quello austriaco è un brano massonico di Mozart; quello tedesco di Haydn. Anche Rouget de
Lisle, compositore della Marsigliese era massone.

In Francia il catalogo di musica massonica è particolarmente vasto. Ne emergono lo Zoroastro di
Rameau, L’alliance de la Musique à la maçonnerie di Cherubini, oltre alle già citate sinfonie di
Haydn. In Italia, nel ‘700, oltre a Cherubini e Salieri, merita di essere ricordato il violinistra
Gaetano Pugnani, affiliato alla loggia torinese La Mysterieuse (chissà, forse è stata fondata da un
antenato del BVZM – cioè Martin Mystère – !) e, in epoche più recenti, Paganini, Boito, Verdi e
Puccini. La figura più rappresentativa della musica massonica europea è il finlandese Jean Sibelius
(1865-1957), autore della Musique religieuse (Masonic Ritual Music), opera 113.

Simbolismo massonico. Cosa contraddistingue un brano di musica massonica da un brano “qualsiasi”?
Non solo le tematiche, ma anche precisi simbolismi numerici e non, che caratterizzano la struttura
formale e l’orchestrazione. L’opera musicale che più di tutte può essere considerata un “tempio
massonico” è Il flauto magico di Mozart. Non solo vi vengono espressi gli ideali di solidarietà, di
fratellanza universale e di spiritualità tipici della Massoneria, ma sono presenti parecchi di quei
simbolismi cui abbiamo appena accennato.
In massoneria tre sono i “viaggi” che il neofita deve compiere durante l’iniziazione, tre sono i
livelli a cui possono accedere gli adepti, sono i colpi con i quali il Gran Maestro apre e chiude le
sedute. Questo numero è spesso ricorrente nel Flauto: tre sono i fanciulli, tre le dame. Già
nell’ouverture (brano iniziale dell’opera) sono presenti molti simboli poi ripresi nel corso
dell’opera. Si comincia con un triplice accordo (in mi bemolle maggiore, tonalità utilizzata nei
momenti solenni e, guarda caso, con tre bemolli in chiave, vedi poi glossario). Poi c’è un periodo
musicale caratterizzato da un’ambiguità melodico-armonica e da timbri scuri che simboleggiano il
caos, l’assenza di luce: il regno della Regina della Notte. Queste ombre vengono diradate dal brano
successivo, un allegro fugato. In effetti, nell’opera ogni momento di particolare rilevanza
simbolica viene sottolineato con una “fuga”: essa è un tipo di composizione musicale caratterizzata
da una struttura estremamente complessa e governata da ferree leggi, così come sono rigide le leggi
che l’architetto deve seguire per costruire un edificio. Ecco che nasce il parallelismo
architettura-musica, da cui il compositore può essere considerato architetto di un'”edificio
musicale” (come i lettori del Dizionario dei Misteri N. 12 ricorderanno, la divinità è rappresentata
dalla Massoneria con l’appellativo di “Grande Architetto dell’Universo”).

Medicina musicale alternativa. Le facoltà curative della musica erano ben note già ai popoli
antichi: secondo il filosofo neoplatonico Porfirio (circa 232-305 d.C.) era possibile curare malanni
fisici e mentali con ritmi e canti a modello dell’harmonia mundi. Ancora oggi si conservano a
livello poco più che folkloristico cerimonie in cui musica e danza rappresentano lo scudo di
protezione della comunità contro i pericoli.
Di particolare interesse sono alcuni metodi curativi che i maestri spirituali indiani si tramandano
da secoli. Alcuni di essi ricorrono ancora oggi alla tamboura, uno strumento a corda già presente in
Mesopotamia 2000 anni prima di Cristo. All’inizio del trattamento terapeutico la tamboura va
scordata, “assimilandola” al fisico del malato che non è più “intonato”, cioè in armonia, con
l’universo. A poco a poco il maestro accorda lo strumento, e le sue vibrazioni, entrate in
consonanza con quelle del corpo del paziente, lo riportano nello stato di armonia spirituale e
fisica. Un altro sistema a mezzo tra musica curativa e meditazione è quello che associa i suoni ai
chackra, punti di energia vitale che, secondo la dottrina indù, sono disseminati in varie parti del
nostro corpo.

Con l’aiuto di un Maestro, ogni individuo deve scoprire la propria nota musicale “personale” di base
e associarla mentalmente al chackra dell’osso sacro. Dopo averla intonata, per consolidare l’armonia
interiore, dovrà salire di un’ottava (vedi glossario), passando idealmente agli altri chackra: i
centri vitali saranno così purificati.
I primi studi fisico-scientifici sui rapporti tra musica e corpo risalgono al XV-XVI secolo con
Marsilio Ficino e Gerolamo Cardano, e continuano ai giorni nostri. Oggi la musicoterapia coinvolge
diversi settori tra cui la terapia clinica, la psicoterapia per portatori di handicap, la pedagogia.
Diverse sono le teorie di riferimento dei moderni musicoterapeuti, alcuni dei quali si rifanno
persino alle concezioni dei filosofi greci; solitamente la musicoterapia propone ai pazienti ritmi,
melodie e sonorità particolarmente stimolanti, che li aiutano a superare particolari blocchi
psichici. La musica sembra infatti agire direttamente sui lobi cerebrali adibiti alle emozioni,
superando le barriere determinate dai condizionamenti; sono numerosi, a questo proposito, i casi di
uscita dal coma a seguito di uno stimolo musicale. La rivista Riza Scienze ha dedicato a questi
argomenti l’interessante numero speciale La musica e la psiche, a cura di Alessandro Carrera.

ALEKSANDER SKRJABIN

Discoteca metafisica. Il pensiero musicale di Aleksander Skrjabin (1872 – 1915) è talmente unico e
personale che non è possibile definire i suoi antecedenti culturali nella Russia e nell’Europa del
suo tempo: come il famoso Kaspar Hauser (vedi Dizionario dei Misteri N. 5), pare venuto dal nulla e
nel nulla tornato; dopo la sua morte nessun compositore ha più continuato a lavorare nella direzione
indicata dalla sua musica.

Incline sin da giovane alle tormentate visioni e al fascino del decadentismo russo Skrjabin cominciò
a comporre alla luce delle sue convinzioni filosofiche: l’Arte deve essere sinestesia (cioè fusione
assoluta) delle diverse forme espressive, perciò l’artista deve essere maestro in ciascuna di esse.
Le sue ricerche in campo armonico lo portarono ad elaborare il cosiddetto “accordo mistico”, cioè
una sovrapposizione di cinque intervalli di quarta (vedi figura), e ad inventare l'”organo a colori”
(per il Prometeo), uno strumento che (ben prima delle ormai diffusissime luci da discoteca)
proiettava fasce di luce colorata in rapporto preciso con le note del brano. Queste proiezioni non
avevano un carattere scenografico, ma servivano per distogliere l’attenzione dell’auditorio dalla
musica, affinché, rilassando la mente, i suoni potessero penetrare più naturalmente e più
profondamente nella psiche. Nel Misterium, opera che la morte gli impedì di terminare, Skrjabin
avrebbe tentato di “penetrare con i suoni l’esoterica realtà del supersensibile” grazie a una
tastiera che emetteva profumi! Vi avrebbero trovato posto suoni, danze, luci, profumi da eseguire in
uno spazio emisferico (da lui definito tempio) circondato da acqua. Intuendo forse che non ce
l’avrebbe fatta a concludere l’opera, si affrettò a scrivere almeno l’atto preparatorio ed alcuni
abbozzi musicali che oggi testimoniano solo in una piccola parte ciò che sarebbe stato il suo più
importante progetto.
Discografia consigliata: Poema tragico, Poema satanico, Messa bianca, Messa nera, Poema divino,
Poema dell’estasi e Prometeo, il poema del fuoco.

Una nuova era. Che si tratti dell'”Età dell’Acquario” o dell'”Era dell’Arcobaleno” profetizzata
dagli aborigeni americani, oggi sono sempre più numerosi coloro che attendono una “New age”, “Epoca
nuova” in cui l’uomo potrà finalmente inserirsi nell’armonia dell’universo.
Per farlo è necessario eliminare con la meditazione e altre pratiche gli stress e tutti quei fattori
negativi dell’esistenza quotidiana che allontanano dallo scopo ultimo della vita. Nata verso la fine
degli anni settanta, collocandosi a metà tra musica di consumo e musica colta, la musica New Age
riscosse subito un grande successo, soprattutto nelle grandi città, principale teatro
dell’alienazione; i suoi brani – spesso indebitati con quelli terapeutici della tradizione indiana
di cui ci siamo occupati poc’anzi – infondono infatti (almeno in chi non li considera profondamente
irritanti) un grande senso di pace, di tranquillità, di serenità, in grado di favorire la
meditazione.

La caratteristica comune dei brani New Age è la straordinaria semplicità formale e melodica,
caratterizzata dalla ripetizione che, seguendo la stessa logica da noi analizzata nella musica
sacra, consente il superamento della dimensione spazio-temporale e degli stress quotidiani; tra gli
autori spiccano i nomi di Will Ackermann, George Winston, Yanni e Wollenweider.
Numerose sono le applicazione musicali del pensiero “New age”. Tra queste la biodanza, elaborata
dallo psicologo-antropologo cileno Rolando Toro, cerca di risolvere i problemi di comunicazione tra
gli uomini esercitando le cinque funzioni che regolano l’esistenza: la vitalità, la sessualità,
l’affettività, la creatività e la trascendenza.

P. Colombo (18/09/04)

da nuovaricerca.org/musica_myst2.htm

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