Perché se conosciamo una strategia efficace ne testiamo di nuove?

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Perché se conosciamo una strategia efficace ne testiamo di nuove?

Una volta che abbiamo appreso una strategia efficace per concludere un compito decidiamo comunque di
tentare nuove strade, anche con il rischio di peggiorare la performance.

2 marzo 2025 – Chiara Guzzonato

Anche se conosciamo la migliore strategia per affrontare un compito, tendiamo a provare nuove vie
per vedere se ci portano a un risultato diverso e migliore: è quanto emerge da uno studio condotto
dal MIT e pubblicato su Current Biology, che ha testato il comportamento di umani e uistitì, piccoli
primati diffusi in America meridionale.

Questo comportamento apparentemente illogico sarebbe in realtà funzionale alla scoperta di nuove
strategie migliori, poiché potrebbe esistere un modo più efficace migliore di quello che già
conosciamo per completare un compito. «È come con il cibo», spiega Mriganka Sur, uno degli autori:
«Tutti abbiamo dei piatti che ci piacciono, ma continuiamo a provarne di nuovi perché – non si sa
mai – potremmo trovarne qualcuno che ci piace ancora di più».

Una buona notizia per gli studi sull’autismo. Il fatto che umani e uistitì si siano comportati allo
stesso modo nei test è importante perché significa che questi primati, più cognitivamente complessi
dei topi, potrebbero essere utili per studiare l’autismo negli umani. La differenza nel formulare
previsioni riguardo determinate situazioni, infatti, è una caratteristica tipica dei disturbi dello
spettro autistico.

SCHEMA INTERIORIZZATO. I test prevedevano che tre umani e due uistitì osservassero per un lasso di
tempo più o meno breve un’immagine sullo schermo, e che premessero un pulsante quando l’immagine
scompariva. Più il pulsante veniva premuto in fretta dalla scomparsa dell’immagine, maggiore era il
successo ottenuto nel compito.

Sia gli umani che i primati (questi ultimi in un po’ più di tempo) hanno imparato che più l’immagine
rimaneva sullo schermo, più era probabile che dovessero premere il pulsante a breve. Dopo un po’ di
esercizio, seguendo questo schema, i loro tempi di reazioni si erano velocizzati.

E SE QUALCOSA CAMBIASSE? Mano a mano che l’esperimento continuava, però, gli autori hanno iniziato a
notare qualcosa di inaspettato. I risultati della prova precedente influenzavano il comportamento di
umani e animali nella prova successiva, portando a volte a peggiorare la performance: se nel test
appena concluso l’immagine era rimasta sullo schermo per poco tempo, i partecipanti diminuivano il
tempo di reazione (probabilmente aspettandosi ancora una volta una durata minore); se, al contrario,
nel test precedente l’immagine era rimasta a lungo sullo schermo, aumentavano il loro tempo di
reazione (probabilmente prevedendo di dover aspettare di più).

«Il fatto che il comportamento continui a cambiare anche dopo aver appreso il compito potrebbe
indicare che l’esplorazione è una strategia utile a stabilire un modello interno ottimale
dell’ambiente», concludono gli studiosi. In altre parole, continuare a esplorare anche dopo aver
imparato qualcosa può portare a una comprensione più profonda e a un adattamento migliore alle
situazioni future.

bit.ly/3DhGPhN

da focus.it

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