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Il comportamento che pensiamo di attuare a caso è in realtà stabile nel tempo e tra compiti diversi:
ciò può avere ricadute nella sicurezza dei dati.
11 febbraio 2025 – Elisabetta Intini
Pensa a un numero da 1 a 10… tra un anno potrebbe essere lo stesso che avete scelto ora.
Se vi chiedono di immaginare un numero a caso tra 1 e 10, è probabile che scegliate il 7; se un
colore, è facile che sia il blu. Siamo notoriamente poco abili a compiere scelte apparentemente
casuali, non ragionate. Ma ognuno di noi lo è – ha appena appurato uno studio – in un modo altamente
prevedibile e riconoscibile, sia nel tempo, sia tra un compito e l’altro. Il comportamento che
seguiamo quando ci viene chiesto di scegliere a caso è in realtà molto stabile, e questo potrebbe
essere un problema nei campi in cui vogliamo evitare di risultare prevedibili, per esempio nei
processi di protezione di informazioni e dati sensibili.
SCOMMETTI CHE INDOVINO? Tal Boger, scienziato specializzato in percezione visiva e statistica della
Johns Hopkins University (Stati Uniti), ha sottoposto insieme ai colleghi 143 volontari a due
compiti separati: selezionare un numero a caso da 1 a 9 e scegliere una tra 9 scatole in una griglia
di 3 celle per 3. Per ognuno dei compiti, i partecipanti hanno dovuto effettuare 250 scelte casuali.
Boger e colleghi si sono accorti che era possibile usare un modello computazionale per prevedere
quali scatole ogni persona avrebbe scelto a partire dalla scelta effettuata dei numeri, e viceversa.
Nonostante i volontari dovessero lasciarsi guidare dal caso, c’erano, tra i due compiti, più
risonanze di quando si credesse.
Un anno dopo, quando ai partecipanti è stato chiesto di ripresentarsi ed effettuare di nuovo le
scelte (solo 53 si sono prestati di nuovo alla sfida), le loro decisioni risultavano ancora
prevedibili. Il modello computazionale si è dimostrato più accurato del 10% nel predire le mosse di
ciascuno rispetto – appunto – al puro caso.
ATTIVA MODALITÀ: A CASO. Lo studio, in pre-pubblicazione su PsyArXiv, suggerisce che il cervello
umano metta in atto uno schema predefinito quando riceve il comando di compiere una scelta a caso.
Ciò potrebbe riflettere le differenze individuali nel controllo cognitivo, l’abilità di controllare
il modo in cui processiamo le informazioni e il comportamento da attuare in vista di un obiettivo.
NON SIAMO A PROVA DI HACKER… Ma al di là dell’interesse per le neuroscienze, questa inaspettata
“stabilità” nel modo in cui (non) effettuiamo scelte a caso potrebbe avere ripercussioni negli
ambiti della scienza in cui si cerca di prevedere come si comporteranno le persone. Per esempio,
nella teoria dei giochi (la teoria matematica che descrive come si comportano le persone negli
scenari in cui si trovino a competere per una vincita o a spartire qualcosa, molto usata nelle
ricerche di economia), o nell’ambito della sicurezza dei dati.
L’elevata prevedibilità dei singoli individui nel tempo e tra un contesto e l’altro potrebbe rendere
più prevedibili del dovuto anche le password che generiamo, la crittografia dei dati e le abitudini
di navigazione online, solo per fare qualche esempio. Conoscere i limiti del nostro cervello
potrebbe servire ad affidare alcuni di questi compiti ad hardware, o a intelligenze, non umani.
osf.io/preprints/psyarxiv/mtfdc_v1
da focus.it
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