NIETZSCHE

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Nietzsche Friedrich Wilhelm (Röcken 1844 – Weimar 1900).

Università Statale di Milano

Filosofo, poeta e filologo classico tedesco, uno dei pensatori più importanti del XIX secolo.
Dopo aver intrapreso gli studi di teologia all’Università di Bonn, Nietzsche si dedicò alla
filologia classica all’Università di Lipsia: in questo periodo lesse Il mondo come volontà e
rappresentazione di Schopenhauer e ne rimase profondamente colpito. I suoi interessi volgevano
sempre più alla filosofia: leggeva i presocratici e Kant; apprezzò la Storia del materialismo di
Friedrich Lange. Venne nominato professore di filologia classica all’Università di Basilea a soli 24
anni. Qui entrò in contatto con Jacob Burckhardt. Conobbe Richard Wagner, col quale intrattenne un
rapporto di collaborazione intellettuale (all’organizzazione del teatro di Bayreuth) e di
travagliata amicizia, che si concluse con la rottura definitiva, nel 1878, a seguito della
pubblicazione di Umano, troppo umano. Qui Nietzsche rimproverava a Wagner lo smodato desiderio di
successo e soprattutto la deriva misticheggiante della sua ultima produzione. Fin dal 1873 soffrì di
emicranie, disturbi alla vista e insonnia, sintomi premonitori della malattia mentale, che lo
costrinsero, nel 1879, a lasciare l’insegnamento.

Grazie a una modesta pensione concessa dall’Università, cominciò a condurre una vita errabonda fra
la riviera francese, l’Italia e la Svizzera. Fu il periodo filosoficamente più fecondo per
Nietzsche, fino a quando, nel 1889, a Torino, venne colto da un grave attacco di pazzia. Stava in
quel momento lavorando a un’opera che intendeva intitolare La volontà di potenza, ma che, date le
sue gravi condizioni, rimase incompiuta e frammentaria fino a dopo la sua morte, quando la sorella
la fece pubblicare operando però tagli e manipolazioni dettati dal suo fanatismo nazionalista e
razzista.
Ricoverato dapprima in clinica e poi curato dalla madre e dalla sorella, morì nel 1900.
Studioso della cultura greca, in particolar modo dei presocratici, di Platone e di Aristotele,
Nietzsche trasse ispirazione anche dalla musica di Richard Wagner e dall’opera di Schopenhauer, dal
quale colse l’immagine di un mondo governato dal principio irrazionale del dolore, rispetto al quale
l’esistenza umana non è che un istante transeunte destinato alla morte.

Tutti questi influssi confluiscono ne La nascita della tragedia(1871), dominata, come tutte le opere
giovanili di Nietzsche, dal tema della vita e della coraggiosa accettazione del dolore di contro
alla noluntas e all’ascesi schopenhaueriana. La cultura tedesca, come quella greca dopo Socrate, è
stata decadente e rinunciataria, consolatoriamente aggrappata a credenze di ordine metafisico e
religioso. La lettura che Nietzsche compie della tragedia si intreccia coi grandi temi del vitalismo
romantico: rifiuto della visione della grecità di stampo neoclassico winckelmanniano, accentuazione
degli accenti paganeggianti e anticristiani del naturalismo goethiano. L’accettazione
dell’irrazionalità dell’esistenza, l’amore per la sofferenza e la felicità di cui la vita è fatta
significano rispondere alla sua crudeltà con più crudeltà, con più vita. In tale direzione porta
anche la concezione musicale di Richard Wagner: la musica è veicolo dell’interiorità,
dell’inesprimibile, dell’immediatezza sottratta ai vincoli della ragione e del concetto che
soffocano la dimensione creativa e produttiva dell’uomo, impedendogli il riscatto e la salvezza. Per
il giovane Nietzsche è dunque l’arte, e la tragedia in particolare, ad aprire alla vera comprensione
dell’essere. In essa si incontrano le due grandi forze che animano lo spirito greco: l’apollineo e
il dionisiaco. Apollo è il dio dell’ordine, della forma e dell’autocontrollo, mentre Dioniso
simboleggia il parossismo delle passioni e delle forze vitali e trova la sua migliore espressione
nella musica.

Nell’interpretazione nietzscheiana dell’origine della tragedia prevale però il ruolo di Dioniso e il
sentimento della caoticità dell’essere: l’eroe tragico non è che una maschera del dio, di cui ripete
le sofferenze e la continua rinascita. Ma il dionisiaco non è solo esperienza del dolore, ma anche
gioia che “dice sì alla vita”: lo spettatore della tragedia non viene purificato dalle passioni (la
catarsi aristotelica), ma si immerge e si abbandona al flusso di dolore e gioia che la tragedia fa
vivere sulla scena. Tale interpretazione è chiaramente più filosofica (ovvero è una concezione del
mondo) che filologica, tanto che gli causa l’attacco dei maggiori filologi classici e danneggia la
sua carriera accademica. Nietzsche spiegava l’evoluzione della tragedia greca come la vittoria di
Apollo su Dioniso, ovvero con la vittoria dello spirito scientifico-socratico e la sua pretesa di
racchiudere in concetti l’esistenza. Con Euripide, discepolo ideale di Socrate, la tragedia muore,
uccisa dall’impulso apollineo della serena e razionale armonia delle forme. Socrate infatti è il
filosofo che ha decretato la separazione di soggetto e oggetto e il primato della ragione
sull’istinto e la passione. Con lui s’impone l’uomo teoretico, rappresentante della mediocrità
intellettuale all’insegna della sicurezza e del dominio tecnico sulla vita. Ma è soprattutto la
cultura del XIX secolo che, soffocando ogni cosa con la religiosità cristiana ostile alla vita,
rinnega l’uomo dionisiaco. Nietzsche sostiene però che il dramma musicale di Wagner, riunendo gesto,
parola e musica sia la realizzazione dell’ “opera totale” all’altezza della tragedia antica.

Nelle Considerazioni inattuali Nietzsche si muove nella direzione di una critica della cultura
occidentale, accostando nella polemica Socrate, Strauss, Feuerbach e Comte: l’idea di un mondo che
si svolge all’insegna del mito della ragione e del progresso, secondo un ordine oggettivo e
conoscibile, ma non modificabile, appare a Nietzsche espressione di una cultura senza senso, senza
sostanza, senza scopo, che per di più rende insensata l’azione storica. L’uomo, sommerso dalla
propria coscienza storiografica, è incapace di creare nuova storia: lo storicismo è solo un altro
aspetto del razionalismo, ispirato dalla fede riposta nella scienza dal positivismo. A tali segni di
decadenza dell’uomo e alla saturazione di storia che lo grava come una triste malattia, Nietzsche
reclama la possibilità di vivere e agire in modo non storico: non c’è vita senza oblio. Solo l’arte
del dimenticare permette all’uomo di agire con quel grado di incoscienza che, solo, può portare alla
felicità e alla grandezza al di là della paura: chi non sa fissarsi sulla soglia dell’attimo
dimenticando tutto il passato non saprà mai che cosa sia la felicità. Tuttavia è possibile
instaurare un rapporto vitale e produttivo con il proprio passato: quando la vita sa porsi grandi
compiti e vuole potentemente il futuro, scopre il futuro che vive nel passato stesso. Nietzsche
vagheggia un progetto di rinascita della cultura delineando la figura del Genio, che egli vede
incarnata nei due eroi della sua giovinezza: Schopenhauer, educatore e redentore e Wagner. La
ricerca della verità, ovvero dell’essenza tragica della vita, fa, infatti, del Genio lo strumento di
una finalità sovrumana, di cui il superuomo sarà la massima espressione.

Umano, troppo umano inaugura una seconda fase del pensiero di Nietzsche, segnato da una radicale
critica della cultura, in particolare della metafisica e della religione cristiana. Si compie,
improvvisa, una rottura con gli “eroi” della propria giovinezza: ripudia Wagner (che, col Parsifal,
opera ispirata alla leggenda del santo Graal e a un’ideale di redenzione cristiana, raggiunge il
culmine della decadenza europea), per esaltare la musica mediterranea di Rossini e Bizet. Più in
generale Nietzsche smette di pensare che il rinnovamento della cultura possa avvenire attraverso una
sorta di riscatto estetico dell’esistenza. La polemica antiscientifica si attenua in vista di un
riavvicinamento alla scienza, che non è la scienza positiva, specialistica e calcolistica (nemica
della cultura), ma è piuttosto disinteressato esercizio del dubbio, modalità di pensiero più libera
e spregiudicata. L’arte e la religione sono, nella nuova prospettiva di Nietzsche, illusioni che la
critica scientifica, sempre e comunque soggetta ad errori, deve smascherare: l’artista è portatore
di una moralità più debole, in quanto fa leva sulle emozioni e attinge ad un passato non più nostro.
Bisogna pensare in modo critico (sospettoso anche rispetto alle verità più certe) e storico
(rigettando le verità assolute ed eterne e concependo l’uomo e i suoi valori come il risultato di
contingenze storiche). Rispetto alla precedente concezione universale del cosmo, l’interesse di
Nietzsche si rivolge ora all’antropologia: a questo uomo in questo mondo, contro ogni idea di
trascendenza. Nessuna via può condurci alla cosa in sé, come sognava Schopenhauer, perché essa, come
la metafisica e la religione, è un inganno a cui l’uomo volontariamente soggiace per sopportare la
propria caducità e trovare consolazione.

Romanticismo, idealismo e positivismo sono tutti raffinati imbrogli, espressione dello stato di
malattia dell’età moderna. E’ dunque necessaria una nuova chimica delle idee e dei sentimenti, che
sappia smascherare la natura illusoria e spregevole dei sentimenti e dei valori umani: gli opposti
divengono l’uno nell’altro, l’altruismo maschera l’egoismo; il vero motore dell’agire è l’istinto di
conservazione e la ricerca del piacere; la volontà di sapere è lotta per la sopravvivenza. Lo
spirito libero, scettico, radicale, audacemente alla ricerca della verità, libero dalle illusioni e
dalla paura, sostituisce la figura del Genio artistico. Si tratta di una figura di passaggio, alla
ricerca di una nuova filosofia del mattino, per la quale il valore della vita dell’uomo sta nei
grandi progetti che è capace di esprimere.
In Aurora e nella Gaia Scienza viene abbozzato l’annuncio di un’umanità a venire, capace di fare
della propria vita un esperimento: lo spirito libero inventa con coraggio e con gioia la propria
esistenza, consapevole di essere lui solo il creatore dei propri valori. Nella Gaia Scienza l’uomo
folle annuncia la morte di Dio: nessun Dio ci pùo salvare, c’è solo l’uomo. Il nichilismo irrompe
nel mondo moderno: il nulla appare come il fondamento dei valori e degli ideali su cui, per secoli,
si è retta la civiltà occidentale-cristiana; Dio stesso si rivela come la nostra più lunga menzogna.
La tragicità della modernità sta in questo precipitare dell’uomo nella percezione dell’insensatezza
del mondo e della crisi di tutti i valori: risentimento, pessimismo e odio per la vita avvicinano
l’uomo al nulla. Già nella Gaia scienza c’è un primo accenno al nichilismo attivo, quando Nietzsche
insinua il compito rimasto all’uomo: Non dobbiamo noi stessi diventare dei?

Così parlò Zarathustra (1883-85), libro straordinariamente poetico, inestricabilmente filosofico e
letterario, è l’opera in cui il pensiero di Nietzsche trova il suo compimento, annunciando i tre
grandi insegnamenti:

– il Superuomo : Il termine tedesco Uebermensch è stato tradotto da G.Vattimo con “oltreuomo”, per
marcare la distanza da qualsiasi interpretazione in chiave evoluzionistica e razzista sia stata data
della figura nietschiana. Zarathustra dice: Io vi insegno il superuomo. L’uomo è qualcosa che deve
essere superato. Il superuomo è l’eroe affermatore, che accetta con gioia dionisiaca la vita così
com’è, animato da un fatalismo coraggioso che lo rende in grado di assumere su di sé il peso delle
contraddizioni della vita e dei suoi orrori. Egli si pone al di là del bene e del male, è senza
morale, in quanto precristiano. Figura mitica di una dimensione storico-cosmica, il superuomo è però
fedele alla terra e sordo a qualsiasi promessa ultraterrena: la terra è la sola possibilità di
guarigione; la vita va accettata come transizione e tramonto.

– l’Eterno ritorno dell’uguale : Si tratta di un’intuizione improvvisa: il tempo non ha fine; il
divenire non ha scopo. Contro la tradizione giudaico-cristiana che attribuisce al tempo una
direzione lineare e una struttura articolata in passato, presente e futuro, Nietzsche nega
l’esistenza di un fine del corso storico che trascenda i singoli momenti: ogni esistenza in ogni
attimo ha tutto il suo senso in sé. Il superuomo, grazie all’amor fati, deve costruire un’esistenza
in cui ogni momento abbia tutto intero il suo senso: l’eterno presente della vita. Recuperando la
tradizione antica, presocratica e orientale, Nietzsche afferma la concezione ciclica del tempo,
secondo la quale gli eventi sono destinati eternamente a ripetersi in un movimento circolare.
L’infinita ripetizione dell’uguale è la verità del mondo; ma il superuomo non si abbandona al
fatalismo né accetta rassegnatamente le cose che accadono, ma volontariamente vuole questa legge
universale per vivere l’attimo con coraggio, decisione e, finalmente, felicità.

– la Volontà di potenza : Si tratta di un attacco all’ideale della mediocrità e alle varie forme di
morale della rinuncia, fra le quali Nietzsche annovera adesso anche la filosofia di Schopenhauer,
causa il suo pessimismo e il suo rassegnato ascetismo. Il cristianesimo, in particolare, è
caratterizzato dallo spirito di risentimento dei deboli verso i più forti, da una morale di schiavi
che nega tutto ciò che è differente da sé. Alla morale della rinuncia Nietzsche contrappone
l’aristocratica morale della totale affermazione di sé, dell’accettazione di tutto ciò che è
terrestre e corporeo, della trasmutazione di tutti i valori. La volontà di potenza è la condizione
della felicità del superuomo. Essa non rappresenta unicamente l’esercizio del potere sugli altri
individui, ma anche il dominio su se stessi, come insegna il brahmanesimo. E’ la volontà
dell’individuo di affermarsi come volontà e di affermare la propria prospettiva del mondo. Posto il
superuomo come il futuro dell’uomo, diventa necessaria una filosofia del martello che distrugga
quell’umanità forgiata dalla tradizione occidentale. Gli uomini del XIX secolo vivono isteriliti in
comportamenti anonimi, massificati, ordinati in ambiti di eticità opprimenti (la famiglia, la
società, lo Stato), obbedendo a un solo motto: compiere il proprio dovere. La morale e la religione
hanno inventato e imposto valori che, anziché essere assoluti, sono fondati sulla volontà di potenza
di singoli o gruppi.

La concezione di Nietzsche può essere definita individualista e aristocratica, insofferente all’idea
di uguaglianza delle dottrine socialiste, ritenute ottimiste e moraliste, variante moderna e
politica dell’ immagine cristiana del “gregge”. Egli immagina un’organizzazione sociale guidata da
una casta educata agli ideali del superuomo, ma la sua visione politica rimane astratta e
visionaria.
Gran parte della filosofia contemporanea francese e tedesca nasce sotto il segno di Nietzsche, così
come a lui si ispirano le correnti di critica letteraria statunitense che si definiscono
“decostruzioniste”.

Opere
– La nascita della tragedia (1871)
– La filosofia nell’età tragica dei greci (1873. Pubblicato postumo)
– Su verità e menzogna in senso extramorale (1873. Pubblicato postumo)
– Considerazioni inattuali (1873-76)
– Umano, troppo umano (1878)
– Aurora (1881)
– Gaia Scienza (1882)
– Così parlò Zarathustra (1883-85)
– Al di là del bene e del male (1886)
– Genealogia della Morale (1887)
– Il caso Wagner (1888)
– Crepuscolo degli idoli (1888)
– L’Anticristo (1988)
– Ecce Homo (1889)
– Nietzsche contra Wagner (postumo)
– La volontà di potenza (scritto intorno al 1889; pubblicato postumo nel 1901 e 1906)

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