L’umiltà è indispensabile alla sopravvivenza

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L’umiltà è indispensabile alla sopravvivenza

di Marco Ferrini

Dal seminario sul Mahabharata, Volterra, 10 agosto 2014

Raramente troviamo nella vita chi abbia letto per intero il Mahabharata. E’ un’opera che si estende in altezza e in profondità, alla quale umilmente sento di inchinarmi. Racchiude tutto lo scibile divino e le umane esperienze. Non si trova opera al mondo che abbia insegnamenti che il Mahabharata non contiene, così dice il Mahabharata stesso.

Noi ci accostiamo con la nostra finitude alla magnitude di questa immensa opera, e a me sembra come se su una barchetta di carta stessimo per affrontare l’immenso oceano. Affrontare l’oceano del Mahabharata in questa dimensione di finitude che è l’esistenza incarnata, è un’avventura grande e meravigliosa. Per compierla occorre attrezzarci.

Prima di mettersi in mare, tra i marinai di un tempo era usanza esserci un mastro che verificava che nel vascello non ci fossero rotture, crepe, fenditure e, laddove le scorgessero, subito si predisponevano a mettervi riparo. Lo facevano infilando dentro a quelle fessure un particolare tipo di legno, ricoprendo poi tutto con la pece.

Cosa avrà a che vedere ciò con noi e con il Mahabharata?

Anche noi, come quei marinari di allora, dobbiamo fare la stessa cosa: se riscontriamo nella nostra personalità delle fessure, delle falle, delle intercapedini da chiudere, dobbiamo attivarci immediatamente, con solerzia e impegno.

Qual è la nostra pece? L’umiltà. Abbiamo una sola speranza di sopravvivenza: l’umiltà. Non è facile svilupparla. Occorre scavare profondamente dentro di noi per trovarne un pochino, e pensare che a noi ne serve molta. Perché?

Perché se affrontiamo il Mahabharata con atteggiamento presuntuoso e con preconcetti indotti da falso sapere, rischiamo di rimanere fuori dal senso di questa antica e grandiosa narrazione che, invece, prende tutto il suo senso quando ci poniamo di fronte ad essa con umiltà. L’umiltà è uno dei prerequisiti principali per comprendere, come dice Krishna in Bhagavad-gita IV.34: se vuoi scuotere via da te la sofferenza e la morte, devi diventare umile, leale, compassionevole.

Le ombre dei condizionamenti oscurano le nostre dinamiche affettive, relazionali, cognitive. Povero invece chi pensa, nella sua presunzione, di veder tutto chiaramente e di saper tutto gestire.

Farsi umili non è un’umiliazione. L’umiliazione si subisce dall’esterno ed è una sorta di alienazione. Umiltà è invece sentirsi pervadere da un’ammirazione profonda verso ciò che è grandioso e immenso, non solo quantitativamente ma anche qualitativamente. La stessa ammirazione che provava Immanuel Kant di fronte alla grandezza di un cielo stellato.

Con quell’umiltà, mi faccio attento ascoltatore del Mahabharata e sono concentrato nell’apprendere. Così davvero potrò vedere aprirsi la via alla comprensione e all’evoluzione.

Marco Ferrini

da www.marcoferrini.net/

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