Le prove sperimentali del Big Bang

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Le prove sperimentali del Big Bang

Scritto da: Michio Kaku

Scienza e Fisica Quantistica

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Le prove sperimentali del Big Beng

Tratto dal libro Iperspazio

Ogni anno troviamo ulteriori prove scientifiche che ci dimostrano come il Big Bang abbia avuto luogo circa 15-20 miliardi di anni fa. Esaminiamo alcuni di questi dati.

Per prima cosa, il fatto stesso che le stelle si stiano allontanando da noi a una velocità
fantastica è stato verificato più volte misurando la distorsione della loro luce. Si tratta del
cosiddetto red shift : la luce di una stella che si allontana dal nostro sistema solare è
caratterizzata da uno spostamento verso le lunghezze donda superiori, ovvero verso la parte
terminale rossa dello spettro, proprio come accade con il fischio del treno, che ha un suono più
alto del normale se il treno si sta avvicinando, e più basso se si sta allontanando. Tale fenomeno
prende il nome di effetto Doppler. Abbiamo inoltre la legge di Hubble, secondo la quale più una
stella o una galassia è lontana da noi, più rapidamente si sta allontanando. Tale dato venne
annunciato per la prima volta nel 1929 dallastronomo Edwin Hubble, ed è stato ampiamente verificato
durante gli ultimi cinquantanni. Nelle galassie più distanti non è mai stato registrato alcuno
spostamento verso il blu (blue shift ), e ciò significa che luniverso non sta collassando.

Secondariamente, sappiamo che lesatta distribuzione degli elementi chimici allinterno della nostra
galassia concorda quasi perfettamente con la stima della produzione di elementi pesanti sia nel Big
Bang sia nelle stelle. Nel Big Bang originale, a causa dellenorme calore, i nuclei didrogeno
elementare urtarono violentemente gli uni contro gli altri ad una velocità tale da provocarne la
fusione, formando un nuovo elemento: lelio. La teoria del Big Bang sostiene che lelio e
lidrogeno dovrebbero essere presenti nelluniverso in una proporzione del 25% delio e del 75%
dellidrogeno. Ciò concorda con i risultati ottenuti in seguito a ricerche volte a determinare la quantità delio presente nelluniverso.

Terzo, i più vecchi oggetti delluniverso possono essere fatti risalire a 10-15 miliardi di anni fa,
e ciò tenderebbe a suffragare il calcolo citato allinizio del paragrafo. Non ci sono prove
dellesistenza di oggetti più vecchi dello stesso Big Bang . Giacché il materiale radioattivo decade
(per esempio, attraverso le interazioni deboli) con un ritmo conosciuto e definito, possiamo
determinare letà di un qualsiasi oggetto calcolando labbondanza relativa di un certo materiale
radioattivo. Per esempio, la metà di una sostanza radioattiva chiamata carbonio-14 decade ogni 5.730
anni, e ciò ci permette di determinare letà di certi manufatti archeologici contenenti lelemento carbonio.
Altri elementi radioattivi (come luranio-238, con un tempo di dimezzamento di più di 4 miliardi di
anni) ci permettonodi determinare letà delle rocce lunari (recuperate durante la missione Apollo).
Le rocce e le meteore più vecchie mai trovate sulla Terra possono essere fatte risalire a 4-5
miliardi di anni, ovvero la presunta data di nascita del sistema solare. Calcolando la massa di
certe stelle, la cui evoluzione è nota, possiamo dimostrare che le più antiche stelle della nostra galassia hanno al massimo 10 miliardi di anni.

Quarto e ultimo punto, di certo il più rilevante, il Big Bang produsse uneco cosmica, il cui
riverbero si propagò in tutto luniverso, e i cui effetti avrebbero ben dovuto essere misurabili
anche a livello del nostro pianeta. In effetti, Arno Penzias e Robert Wilson, della Bell Telephone
Laboratories, nel 1978 si meritarono il premio Nobel per essere riusciti a individuare quelleco,
che ha la forma di una microonda, irradiata uniformemente in tutto luniverso conosciuto. Il fatto
stesso che leco del Big Bang dovesse circolare per luniverso miliardi di anni dopo quellevento
era stato previsto da George Gamow e dai suoi studenti Ralph Alpher e Robert Herman, ma nessuno li
aveva presi sul serio. In effetti, allorché, poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale,
proposero di tentare una misurazione di quel rumore proveniente dallistante della creazione, sembrò proprio si trattasse di una gran stupidaggine.

Esistono gli universi paralleli?

Possiamo raggiungere queste nuove dimensioni?

La scienza ufficiale per molto tempo non si è occupata di queste ipotesi; oggi invece, nuove teorie
come quella dell’Iperspazio, sono il fulcro dellattività scientifica e sostengono che dimensioni
inesplorate potrebbero essere incredibilmente vicine. Capaci di circondare completamente la nostra
realtà e di attraversare lo spazio in cui ci muoviamo, esse sarebbero tuttavia al di fuori della portata dei nostri sensi.

Se davvero dovessero esserci altre dimensioni parallele a quella che abitiamo, non è affatto
improbabile che esistano anche punti di contatto, passaggi tra una dimensione e laltra.

Con questo libro, Michio Kaku si rivolge a quei lettori che vogliono comprendere meglio l’universo, portandoli a conoscenza delle moderne ricerche scientifiche al riguardo.

In questo modo viene finalmente resa disponibile anche al grande pubblico la teoria dellIperspazio,
presentata dall’autore con rigore scientifico ma con un linguaggio comprensibile. Essa potrebbe
rappresentare ciò che Einstein inseguì invano: una teoria capace di spiegare e includere tutte le
leggi della natura, dalla più piccola particella atomica alla più vasta galassia.

Continua la lettura di questo straordinario libro

Iperspazio – Hyperspace
Un viaggio scientifico attraverso gli universi paralleli, le distorsioni del tempo e la decima dimensione.
Michio Kaku
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Michio Kaku (San José, 24 gennaio 1947) è un fisico statunitense, figlio di immigrati giapponesi.

Noto per la sua intensa attività di divulgatore, Michio Kaku è un fisico teorico impegnato da anni
nello studio della teoria delle stringhe, di cui è stato il primo a dare una formulazione in termini
di teoria di campo. In particolare con il collega Keiji Kikkawa si è dedicato allo studio delle
interazioni delle stringhe di tipo I, catalogandole e stabilendo che per le stringhe aperte
sussistevano cinque interazioni possibili, mentre per quelle chiuse una era sufficiente.

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