L’ARMONIA DEL DNA

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L’ARMONIA DEL DNA

di Giuseppe Sermonti

Alcuni recercatori isolano la musica del DNA, come da info ufficializzata del 19 dicembre. L’autore
sembra conoscere da sempre la decifrazione musicale del DNA. “In natura – egli dice – il “messaggio
genetico” genera attraverso catene di aminoacidi un codice che somiglia all’ I ching. Lo stesso
messaggio processato con un codice musicale, genera catene di note che si sistemano nel pentagramma
a produrre suoni. Ma che genere di suoni? Che tipo di musica?”

La natura vivente – ed in specie quella vegetale – offre ai nostri sensi forme armoniose, suoni
melodici, profumi delicati. Per oltre un secolo, oppressi dall’idea dell’utilitarismo biologico,
siamo stati incapaci di apprezzare queste naturali armonie e bellezze, quasi considerandole
pletoriche e ingannevoli. Tutto si doveva misurare in termini funzionali, ed era quasi nata una
preferenza per la bruttezza, che stava a dimostrare la sbrigativa praticità della natura e il suo
disinteresse per inutili estetismi. La paura del bello e delle sue implicazioni filosofiche e morali
ha concorso alla fuga della ricerca biologica verso l’invisibile, verso le strutture
submicroscopiche e la chimica cellulare. Come è stato detto, questa tendenza ha segnato la
“scomparsa dell’organismo”. Il segreto della vita era nella sua chimica, nelle sue reazioni
molecolari, nelle sue strutture intime: che importanza avevano forme, suoni e profumi se non come il
futile belletto della vita? Nell’ultimo secolo c’è stato un progressivo rimpicciolimento degli
oggetti prediletti dai biologi. Abbandonati gli animali e le piante, su cui si era lavorato nel XIX
secolo, le ricerche di biologia generale si sono rivolte ai moscerini, poi alle muffe, poi ai
batteri e infine al virus. “quando si è compreso il virus – si soleva dire – si è compresa la vita”.
“ La vita è tutta nei geni – dicevano altri – ; l’organismo è un prodotto secondario che ha solo la
funzione di far riprodurre i geni”. “ Il gene – scrisse Dawkins – è un egoista: si costruisce
l’organismo che più gli fa comodo”.

La ricerca del submicroscopio ha rivelato un mondo insospettabile. Nelle profondità invisibili delle
cellule viventi non risiede una gelatina, un brodino, una poltiglia tutta impegnata al funzionamento
della vita elementare. Esistono invece figure meravigliose, eleganti cristalli, perfette spirali,
mirabili geometrie. Il materiale ereditario, il famoso DNA (Acido DesossiriboNucleico) è un nastro
avvolto in una regolare e lunghissima elica di misure costanti e perfette. Le officine della sintesi
proteica, i ribosomi, formano ordinati cristalli che si aggregano in tetrameri. I virus sono dei
meravigliosi poliedri fedeli alle regole dei solidi platonici. L’armonia della natura inizia dalle
sue più segrete e minute strutture, inizia nell’invisibile e si rivela nell’eleganza en nella
grazia delle forme visibili. La più straordinaria escursione nella inosservabile armonia della
natura e’ stata compiuta anni fa da un ricercatore giapponese operante in California: Susumu Ohno,
del Beckman Research Institute of the City of Hope, Duarte. Ohno è riuscito a produrre melodie
musicali dalla struttura del DNA (1). Il principio da cui Ohno parte è che la vita è caratterizzata
da una moltitudine di ricorrenze, da ripetizioni di moduli. Nel bruco segmentato, nel fiore
contornato di petali, nelle vertebre di un animale superiore, nelle fibre muscolari, nelle palizzate
dei tessuti vegetali, tutto è ripetitivo. Il principio della Ricorrenza Ripetitiva governa tutto:
“Ieri è un altro oggi, e l’anno prossimo sarà molto simile a quest’anno”.
Anche nella cultura umana la ripetizione, cioè il plagio, fonda la bellezza.

Parafrasando Vladimir Nabokov, Ohno dichiara “ Mentre gli ordinari mortali si contentano di imitare
gli altri, i geni creativi sono condannati a plagiare se stessi”. Essi inventano raramente più di un
modus operandi nella loro vita, e persino la civiltà si è in gran parte fondata sul plagio di un
piccolo numero di creazioni.

«La grande quantità di chiese gotiche può essere vista come un plagio paneuropeo della abbazia di
St. Denis o della cattedrale di Sens” (2). Anche la vita si è formata attraverso la ricorrenza di
pochi moduli originari. Questa è un’idea che Ohno sostiene dal 1970, quando pubblicò Evolution by
Gene Duplication (Evoluzione per duplicazione di geni).

Persino i geni si sarebbero formati attraverso la ripetizione di piccolissimi moduli originari
sub-genici. poiché la decifrazione musicale del DNA si riferisce al nastro di alcuni geni, basterà
fornire un’idea del tipo di scrittura chimica ricavabile dall’analisi di un gene. Si tratta di un
messaggio lineare, costituito da quattro soli tipi di “lettere” (i nucleotidi), disposte
consecutivamente e senza interruzioni, per qualche centinaia di battute. Le lettere sono
simbolizzate con le cifre A, G, T, C. Un particolare gene del topolino (per una immunoglobulina)
comincia, per esempio, così:

CACTCCCAGG TCCAACTGCAG …

e prosegue per centinaia di lettere.

La dotazione di ogni cellula animale è di 3,6 miliardi di nucleotidi, in rigoroso allineamento, ma
Ohno ha rilevato la sonorità di qualcosa di molto più ridotto, di milionesimi di questa sequenza,
corrispondenti, per l’appunto, ai geni.

Attraverso quale codice i geni siano «tradotti” nella cellula è un problema affascinante, che ha
occupato i biologi per una decina d’anni dopo il 1960, e che accenneremo soltanto, poiché poco
importante per la impresa musicale di Ohno. La «traduzione” di un gene consiste nella generazione,
dalla sequenza di nucleotidi, di una sequenza di amminoacidi (ce ne sono venti tipi), che si
allineano a formare una catena proteica. Ogni tre nucleotidi adiacenti prescrivono il luogo di un
amminoacido nella sequenza nascente. Quattro nucleotidi (A, G, T, C) forma no 64 possibili
combinazioni tre a tre. Sono i famosi 64 codoni, di cui è stata trovata perfetta corrispondenza nei
64 segni dell’ I‘ ching. Il codice genetico è un cerchio cosmico perfetto, un magnifico mandala (3).
In natura il messaggio genetico genera dunque catene di amminoacidi (proteine) attraverso un codice
che somiglia all’I ‘ching. Lo stesso messaggio, processato con un codice musicale, genera catene di
note che si sistemano nel pentagramma a produrre suoni. Che genere di suoni? Che sorta di musica?
Susumu Ohno, con la collaborazione di Marty Jabara, musicista a Los Angeles, o della moglie Midori,
ha preparato varie partiture, alcune pubblicate, alcune da dividere con gli amici. Ho avuto modo di
ascoltarne alcune. Una era tratta da un gene dell’immunoglobulina del topolino, una da quello della
fosforo- glicerochinasi dell’uomo, una da quello di un istone della trota. Il nome dei geni non
faccia impressione. Per il traduttore musicale sono solo lunghe processioni di lettere cui insegnare
a cantare.

E’ una musica tonale, garbata, caratterizzata dalla ricorrenza di un tema musicale dominante e dalle
sue variazioni. Qui ricorda Bach, là è limpidamente chopiniana. Il ritorno del motivo esprime quella
ricorrenza Ripetitiva che il DNA dei geni serba nel suo messaggio. La chiave musicale consente di
rendere la ripetizione di un modulo chimico un motivo musicale ritornante, in un ritornello.
L’operazione di Ohno e del suo amico musicista è stata piuttosto semplice. Egli ha convertito ognuno
dei quattro nucleotidi (A, G, T, C) in due possibili note in chiave di violino: A in do-re, G in
mi-fa, T in sol-la, C in si-do concedendosi l’arbitrio di scegliere tra le due per esigenze
musicali. L ‘accompagnamento, in chiave di basso, è anche affidato al gusto musicale; e così il
tempo. Tuttavia il vincolo imposto dal codice genetico rimane forte, e regola la struttura
fondamentale del brano. Questo vincolo si gode, ascoltando la Musica del DNA come un segno d’ordine,
una disposizione armonica che il DNA serba e la musica trasmette. Tutta la vita è simmetrica,
armoniosa, modulata, ma si rimane incantati ad ascoltare la melodia espressa da una struttura
chimica sottilissima e invisibile, racchiusa nel cuore più segreto della cellula. Il codice musicale
adottato da Ohno è semi-vincolante, poiché i nucleotidi sono meno delle note (4 contro 7). Tuttavia
da un a partitura musicale si ritorna ad una ed una sola sequenza nucleotidica. Data la chiave di
trasformazione e una serie di note, la sequenza nuclotidica del DNA è generata univocamente. Allora
ci si può chiedere: esistono dei geni corrispondenti a sequenze generabili da musica già composta?
Da sonate, valzer, mazurche? Ohno ha iniziato la ricerca partendo dal Notturno op. 55 n°1 di Chopin.
Per alcune sue caratteristiche strutturali esso si prestava bene. La perlustrazione tra i geni
conosciuti è stata lunga, e infine Ohno si è imbattuto, quasi incredulo, in una sequenza genica che
rassomigliava straordinariamente alla versione chimica del Notturno. Era un frammento del gene per
la Polimerasi II (una proteina) del topolino. Nel Notturno op. 55 n°. 1 di Chopin si incontra un
soggetto ricorrente di nove note:

do-fa-mi-re- do-si-do-re-do

che si presenta invariato o con varianti.

Il nonamero si traduce nella seguente sequenza di nucleotidi:

CAACCTCCC

Questo è un modulo ricorrente nel DNA del gene in esame. Si presenta ripetutamente nella versione
esatta o in leggere modificazioni. Se il gene è trasformato in sequenza musicale, il Notturno di
Chopin è continuamente rievocato. Nell’ascoltarlo, al piano, si prova un’intensa commozione, come se
la natura rivelasse una melodia chopiniana che da milioni e milioni di anni teneva serbata nel suo
cifrario chimico; come se quella melodia, discesa dal mondo degli archetipi, avesse ispirato il moto
delle dita del grande polacco su una tastiera incantata, in una notte del secolo scorso.

Come spiegare questa periodicità del DNA?

DNA? Ecco ricomparire l’Ohno genetista con la sua idea dell’Evoluzione per Duplicazione del DNA. Le
prime catene di DNA, in un ipotetico “brodo primordiale” pre-biotico, sarebbero state piccole
sequenze di 7-10 basi. Queste si sarebbero poi allineate, ripetendosi in serie, in modo da formare
strutture modulari. Le susseguenti vicende dell’evoluzione chimica avrebbero poi introdotto
variazioni in queste catene monotone, senza tuttavia abolire la fondamentale ripetitività del modulo
iniziale. Se la natura ha costruito il suo messaggio genetico (il DNA), mettendo in fila tante
frasette eguali e poi lasciandole variare, essa ha prodotto composizioni chimiche del tipo della
sonata. Miliardi e miliardi d’anni dopo, un genetista giapponese ha disposto queste notazioni sul
pentagramma e ha rivelato musicalmente le armonie primordiali della vita. Il cifrario genetico del
DNA attrae l’uomo moderno per la possibilità di intervenire sui geni alterati, di migliorare le
razze animali o vegetali, di costruire il ciclopico catasto della nostra eredità. lo Denso che sia
sommamente importante l’aver avvertito, in alcune striscioline della magica molecola, interne
armonie, decorsi melodici, strutture ricorrenti. Se il cieco accidente avesse costruito le strutture
viventi, senza una logica generativa e senza misura, l’esperimento di Ohno non sarebbe riuscito a
nessuno; ascoltando dalla strada un pianoforte suonare, avrebbe detto: “È Chopin!”, mentre un
pianista stava modulando sulla tastiera la partitura del DNA.

Note:
(1) Susumu Ohno & Marty Jabara. Repeats of Base Oligomers (N=3n ± 1 or 2) as Immortal Coding
Sequences of the Primeval World: Construction of Coding Sequences is based upon the principle of
Musical Composition. In Chemica Scripta 1986 26B; 43\49

(2) Susumu Ohno e Midori Ohno. The All pervasive Principle of Repetitions Recurrence governs Not
only Coding Sequence Construction but also Human Endeavor in musical composition. “Immuno-Genetics”
1986, 24: 71-78

(3) Poiché le triplette sono 64 e gli aminoacidi 20, il codice si dice “degenerato”: lo stesso
aminoacido corrisponde di regola ora a quattro ora a due triplette simili.

Giuseppe Sermonti – scrittore, saggista, già docente di Genetica all’Università di PerugiaUna
melodia dal mondo degli archetipi

Fonte: www.airesis.net

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