L’apprendista arrogante

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L’apprendista arrogante

In Giappone, un giovane praticante zen andava molto fiero
degli insegnamenti ricevuti dai suoi maestri e, dopo aver
trascorso alcuni anni in monastero, ritorno’ nel mondo
esterno con grande disponibilita’ alla compassione verso
tutti gli esseri senzienti. Dedicandosi ad attivita’ che
noi oggi definiremmo “socialmente utili”, aveva bisogno di
un posto dove alloggiare e praticare.

Incontro’ cosi’ un artigiano, uomo semplice e pacifico, ma
alquanto scettico verso i praticanti sia dello Zen che del
Nembutzu che del Daimoku. Egli era comunque persona
generosa e compassionevole verso coloro che gli chiedevano
un’opportunita’ per vivere. Il giovane praticante zen fu
quindi alloggiato per alcuni anni in un’ala inutilizzata
del laboratorio dell’artigiano, senza che quest’ultimo
chiedesse mai neppure una piastra di bronzo per l’affitto.

Capitava spesso che il giovane si vantasse presso l’uomo di
quanto quell’insegnamento gli era stato utile e di quanto
quell’altro insegnamento lo avesse temprato, oppure di
quanto avesse imparato da quel maestro e di quanto avesse
ricevuto da quell’altro maestro e di quanto ancora avesse
assimilato da quel tal’altro maestro.

L’artigiano era anche un po’ mattacchione e di tanto in
tanto faceva al giovane qualche tiro birbone per metterlo
alla prova. Puntualmente il giovane si rizzelava, si
infastidiva, s’imbronciava e piu’ di una volta era giunto a
dare in escandescenze. La cosa piu’ strana, almeno dal punto
di vista dell’artigiano, era che, qualsiasi cosa gli
accadesse, il giovane si esprimeva sempre in modo da far
notare come egli non avesse nessuna responsabilita’
karmica, ma anzi ad avere la colpa degli eventi era sempre
qualche altro essere senziente, reale o fantastico.

Tra l’altro l’artigiano scopri’ che il giovane si recava
nottetempo in un’altra ala del suo laboratorio per giocare
con alcuni giocattoli di legno, i quali erano stati
costruiti per i suoi figli, ma dato che essi erano
cresciuti, erano ora riposti inutilizzati nel laboratorio.

Un giorno l’artigiano, avendo ricevuto una grossa commessa
di lavoro da un importante Daimhio di Edo, decise di far
pulizia nel laboratorio. Regalo’ i giocattoli di legno ad
alcuni bambini del villaggio e getto’ via una vecchia
lanterna rotta che giaceva abbandonata in un’angolo vicino
al letto ove dormiva di notte il giovane.

Quando giunse la Festa delle Luminarie il giovane ando’
alla ricerca della lanterna alla quale si era segretamente
affezionato. Non trovandola, si reco’ pieno di rabbia a
casa dell’artigiano e gli chiese conto della lanterna
rotta. Nell’apprendere che era stata gettata via, ando’ su
tutte le furie ed aggredi’ con ogni genere di epiteti il
poveretto, che stava tranquillamente giocando con i suoi
nipoti. A questo punto l’artigiano, ormai stufo
dell’arroganza del giovane, lo mando’ disinvoltamente al
diavolo e lo invito’ a lasciare il suo laboratorio.

Il mattino dopo all’alba un apprendista informo’
l’artigiano che qualcuno stava trafficando nel laboratorio.
Egli corse all’edificio e trovo’ il giovane che con alcuni
amici stava portandosi via, non solo quello che possedeva,
ma anche alcuni attrezzi secondari ma utili al suo lavoro,
dicendo istericamente che quell’attrezzatura era di sua
proprieta’. L’uomo si arrabbio’ e spintono’ in malo modo il
giovane fuori del laboratorio.

Poi preso dalla compassione per un essere cosi’ pieno di
sofferenza, l’artigiano chiamo’ i suoi apprendisti e li
mando’ dietro al giovane per regalargli gli attrezzi che
stava rubando.

Un saggio monaco che passava per il villaggio, nell’udire
questa storia, commento rivolto ai suoi discepoli:

“Vedete, o monaci, quell’artigiano e’ un Hyakushibutzu
(Pratyekabuddha) ed ha gia’ raggiunto il Nirvana senza aver
mai udito l’insegnamento del Tathagata; mentre quel giovane,
per quanto si sforzi, non riesce neppure ad essere un buon
Shomon (Shravaka), ed anche il suono della voce del
Tathagata potrebbe non essere sufficiente a strapparlo
dall’inferno che si sta costruendo con le sue mani”

da lista Risveglio

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