L’apertura del terzo occhio

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L’apertura del terzo occhio

Il rituale della perforazione del cranio, in uso in alcuni monasteri tibetani, potrebbe avere lo
scopo di aumentare il metabolismo cerebrale e ripristinare facoltà percettive perdute nei secoli

In tutte le culture delle antiche civiltà del mondo si ritiene che un tempo, in un passato remoto,
gli dei e gli uomini vivessero insieme e che questi ultimi fossero dotati di poteri straordinari,
simili a quelli degli dei stessi. In un tempo che fu, l’uomo peccò di presunzione e come castigo le
sue facoltà vennero drasticamente ridimensionate. In Tibet questa leggenda prevede che tali poteri
straordinari risiedano nel terzo occhio, chiuso dagli dei quando l’uomo tentò di ucciderli. I
monaci, o meglio i Lama, da migliaia di anni praticano, esclusivamente agli iniziati che ne sono
degni, un delicato intervento chirurgico di perforazione cranica in corrispondenza di un preciso
punto della fronte, per riaprire il terzo occhio e potenziare così di mille volte le capacità di
chiaroveggenza e di comprensione della realtà.

L’intervento chirurgico

Tutte le culture del mondo considerano la chiaroveggenza come un senso aggiuntivo, una sorta di
vista che scruta all’interno del mondo invisibile. L’apertura chirurgica del terzo occhio viene
accuratamente descritta nel libro “Il terzo occhio”, di T. Lobsang Rampa, pseudonimo utilizzato da
un Lama tibetano poi trasferitosi in Occidente. L’intervento chirurgico segue un rituale preciso che
inizia al tramonto con l’applicazione di un impacco di erbe sulla fronte. L’impacco viene tolto dopo
alcune ore e l’area viene accuratamente ripulita. Con uno strumento simile ad un punteruolo
dentellato, sterilizzato su una fiamma, viene quindi eseguita la perforazione. Nel foro viene
inserita una durissima scheggia di legno, precedentemente esposta al fuoco e all’azione di erbe
curative. Per alcune settimane l’iniziato rimane in una stanza buia, dove la luce viene fatta
entrare progressivamente, mangia e beve pochissimo, il minimo indispensabile alla sopravvivenza.
Dopo 17 giorni la scheggia viene estratta e bruciata insieme a degli incensi particolari.

Sulla minuscola ferita vengono infine applicate delle altre erbe dal potere cicatrizzante.
L’intervento avviene con il soggetto sveglio e cosciente. Dopo l’apertura l’iniziato è subito in
grado di vedere le auree psichiche emanate dalle persone. L’aura psichica è la radiazione della
forza vitale (anima) dell’individuo e si presenta come un profilo colorato che circonda il corpo e,
in base al colore e all’intensità cromatica, gli esperti possono dedurre lo stato di salute della
persona, la sua dirittura morale, lo stadio della sua evoluzione. Ad esempio, chi conduce una vita
virtuosa ha un alone tendente al dorato, chi deve evolvere spiritualmente ha un alone di colore blu,
chi mente emana degli aloni colorati, chi ha un carattere tendente all’ira è circondato da un alone
dal colore fiammeggiante. Anche lo stato di salute ed i pensieri negativi della mente sono
individuabili da particolari effetti di luce e di colori che compaiono nella sua aura psichica.

La vista interiore

Il terzo occhio, quindi, percepisce un livello della realtà normalmente inaccessibile.
Il suo uso viene insegnato e regolamentato dai Lama che si avvalgono di cristalli per mettere a
fuoco la vista interiore, come un biologo si avvale del microscopio per osservare i batteri.
Essi possono chiuderlo o aprirlo a piacimento, per essere anche in grado di avere una vista normale,
evitando di dover sempre scrutare nei difetti degli uomini. L’apertura del terzo occhio prelude poi
agli insegnamenti che renderanno l’iniziato in grado di comunicare telepaticamente e compiere viaggi
astrali, distaccandosi dal corpo fisico, di levitare e perfino di rendersi invisibile. Tutto ciò,
per noi occidentali, rimane difficile da capire e da accettare. I Tibetani hanno un bellissimo
paragone per rendere meglio l’idea. Supponete di dover spiegare ad una persona nata cieca e vissuta
esclusivamente in un contesto di persone prive della vista il fatto che voi vediate, che percepite
come sono gli oggetti senza doverli toccare, senza entrarvi in contatto fisico. Sarà molto difficile
che lo possiate far capire. Così siamo noi, disabituati all’uso di queste facoltà che abbiamo finito
per ignorare totalmente e che stentiamo ancora a concepire. Eppure, stando alle antiche tradizioni
di tutto il mondo, tali capacità “extra” sono innate, un tempo le usavamo normalmente. Questo sesto
senso di cui la storia, l’occultismo e l’esoterismo sono pervasi, ha una qualche base scientifica?
La risposta è sì. Certi animali sono dotati di un terzo occhio fisico, come alcune specie di
rettili, di anfibi e di pesci. Nei mammiferi, quindi anche nell’uomo, l’apparato è riconducibile
alla ghiandola pineale, una minuscola formazione posta alla base del cranio, le cui funzioni sono
oggi in gran parte sconosciute.

Tecniche di stimolazione

Molti psicologi attribuiscono allo sviluppo della ghiandola pineale le capacità paranormali dei
chiaroveggenti, capacità che si ritiene possano essere sviluppate in tutti, mediante la stimolazione
della ghiandola. Fra le tecniche ipotizzate per tale stimolazione vi è proprio la perforazione del
cranio all’altezza della fronte. In questo modo si ritiene che venga creato un flusso psichico tra
il mondo esterno e la ghiandola pineale, in grado di far percepire alla persona ciò che normalmente
non si può vedere. Le nostre (ancora molto limitate) conoscenze mediche sul funzionamento cerebrale
ci dicono che il mantenimento della massima quantità di sangue nel cervello consente a tutte le sue
cellule di avere un metabolismo ottimale. All’uomo, nella fase terminale della crescita, si chiudono
le suture del cranio ed il cervello cessa di espandersi, mentre aumenta la quantità di liquido
cerebrale. L’effetto di pompaggio delle arterie cerebrali che viene prodotto dal battito cardiaco,
viene soffocato e infine cessa. La posizione eretta e il maggior peso del sangue rispetto al liquido
cerebrale comportano un progressivo ridursi del sangue nel cervello. Come conseguenza il metabolismo
cerebrale rallenta e con esso si riducono tutte le funzioni del cervello. Gli interventi di
trapanazione e, come nel caso dell’antica civiltà sudamericana di Paracas, di perforazione unita a
deformazione ed espansione della scatola cranica, possono forse rappresentare un meccanismo scoperto
in un lontano passato, per mantenere un alto metabolismo cerebrale o forse addirittura per
aumentarlo ed espandere così le facoltà percettive umane.

di Silvia Matricardi

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