La via della devozione mistica di Sai Baba

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Tratto da:

SATHYA SAI BABA
La rivelazione continua….

(Una lettura del messaggio e dell’opera dell’Avatar
alla luce della Teosofia o Saggezza Eterna)

di Maria Luisa Donà

Nel 1994 ha ricevuto da Sathya Sai Baba
l’incarico di compilare questo testo

1995 maria Luisa Donà

1995 BLU INTERNATIONAL STUDIO EDIZIONI

La Devozione

Sathya Sai Baba insegna che la vera devozione (bakti) consiste nel mantenere
costantemente la mente focalizzata su Dio, senza lasciarsi distogliere da
alcuna faccenda od oggetto dei sensi.

L’autentico devoto (bakta), pur curandosi dei suoi molteplici doveri, resta
distaccato dalle cose esterne. La sua mente immersa nella Sorgente di ogni
conoscenza e di ogni stato di coscienza, è silenziosa e stabile e può
accedere alla totalità della Conoscenza Superiore. Così egli è ad un tempo
jnani e bakta. Non divide le azioni in buone e cattive perché queste
classificazioni sono categorie mentali e non provengono dal cuore. Non si
preoccupa delle conseguenze derivanti dalle azioni, bensì della purezza del
movente. Non bada agli effetti esterni, ma alla purezza del cuore. Libero
dalle qualità inferiori quali l’ira, la gelosia e la lussuria, di cui è
responsabile la mente non dominata, il vero bakta, che è anche jnani, resta
stabile nella gioia costante che deriva dal divino distacco.

Su questo punto l’insegnamento di Swami concorda ancora una volta con quello
del maestro Tibetano D. K. quando afferma “l’occultista include il mistico”.

Una semplice storia vera conferma l’univocità dei due messaggi che possono
sembrare inconciliabili a prima vista:

-una giovanissima aspirante sannyasi attraversava un momento di vivo
conflitto interiore, essendo allo stesso tempo fervente devota di Sai Baba e
assidua studiosa dell’insegnamento esoterico del Maestro Tibetano D. K. e
della teosofia, di cui divorava i libri classici.

Questo dilemma non le dava pace, creandole dubbi e incertezze sulla via da
seguire. Un giorno, mentre era assorta in profonda meditazione nel mandir
(tempio) del’Ashram di Sai Baba, ebbe una visione nitida e rivelatrice :
vide Sai Baba in tutto il suo splendore e il Maestro Tibetano D. K. emergere
dalla Sua testa. Da quel momento ogni dubbio si dissolse e la giovane
proseguì il suo sadhana fatto di devozione unita a conoscenza. Ella comprese
che i Grandi Esseri non conoscono la competizione e la divisione. La loro
opera mira unicamente a realizzare il Piano Divino, cui Tutti concorrono
scevri da contese, rivalità ed esclusivismi, che sono faccende puramente
umane.

La devozione è una forza solare per eccellenza; appartiene alla forza-amore
e sospinge all’unione-identità tra amante e Amato. E’ la forza che trascina
il creato verso la perfezione del suo Creatore ed è presente in tutti noi.
Se autentica, è il frutto di una Verità intuita, che ci parla di Unità della
Vita. Essa esprime il desiderio di uniformarsi con ciò che rappresenta
l’ideale della devozione stessa e che è percepito come superiore.

Il superiore include sempre l’inferiore e lo assorbe. Il movimento non può
essere inverso. Il punto non può comprendere l’Infinito, ma Questo comprende
il punto che partecipa della Sua essenza, di ogni potenziale e qualità
dell’Infinito.

L’inferiore non può dare al superiore se non la dedizione e la devozione.
Può solo arrendersi ad esso ed esserne assorbito. Così per penetrare nei
segreti dell’Infinito bisogna arrendersi ad Esso e lasciare che il Divino si
esprima attraverso noi.

“Ubi maior, minor cessat’, dicevano i latini per esprimere tale verità, che
Sai Baba afferma in questi termini: “Voi non potete comprendere il Divino.
Potete solo arrendervi ad Esso”. Il ruscello non può far altro che
precipitarsi verso il mare e fondersi in esso, seguendo la linea di minor
resistenza. L’oceano non risale la china, ma accoglie in sé il ruscello e
altri ne crea con l’emanazione di vapore che, a sua volta precipitando,
perpetua il ciclo di allontanamento e di ritorno all’origine.

Come il ruscello, prima di fondersi nell’oceano, scende dalle alte vette di
balza in balza, acquistando sul suo percorso sostanze e qualità conformi al
terreno di scorrimento, così il Jiva individualizzato nel suo processo
evolutivo acquisisce quel tipo e quel tanto di qualità e di esperienze che
era suo Dharma acquisire.

Sia il ruscello che il Jiva devono infine gettarsi nell’oceano per vivere la
totalità della possibilità. L’acqua del ruscello, perdendo le sue qualità
individuali, guadagna tutte le qualità dell’acqua dell’oceano. Il Jiva
individuale perde la sua identità per fondersi, annullarsi e tuttavia Essere
nell’oceano di Beatitudine di Brahman, la Persona Cosmica. La dissoluzione
del Jivatina nel Paramatma non è perdersi nel nulla, bensì perdersi nella
Coscienza Suprema Che pervade l’intero Universo.

Il Vivekacudamani [31] recita:

“Fra i mezzi che conducono alla liberazione, la devozione occupa un posto
elevato. La ricerca costante della propria natura si chiama devozione.”

Alla domanda “qual è la più rapida e sicura via di ritorno alla Sorgente
Suprema?” Sai Baba risponde: “La mente può cercare la via lentamente e con
grande difficoltà, mentre la via dell’amore e della dedizione a Dio é veloce
e sicura, poiché Dio é l’Amore stesso. Fissate la vostra mente in Me e senza
dubbio vi fonderete in Me, Signore dell ‘Amore Che dimoro nel vostro cuore.”

Mettendo da parte ogni movente ed emozione autocentrata e dedicando ogni
pensiero, sentimento e azione al Supremo Spirito, colui che cerca Dio
seguendo la via del cuore viene presto infuso dalla Sua Grazia. Raggiunge la
conoscenza di ATMA o conoscenza superiore che annulla tutte le dualità,
inclusa quella adoratore/adorato. La vera conoscenza è al tempo stesso
coscienza; è riconoscere coscientemente la non dualità; è conoscenza di
identità, per cui Conoscere è Essere!

Realizzando che tutto è Uno e sacro, perché ogni cosa è Brahman stesso,
colui che dianzi cercava Dio perviene al retto agire, all’Amore e alla vera
comprensione. Tutto questo è devozione.

Sathya Sai Baba parla spesso della via del Cuore. Egli dice : “Il cuore è il
centro di Dio e genera sentimenti nobili. Dal cuore originano compassione,
amore, sacrificio e tolleranza.” Il cuore di cui Egli parla non è il cuore
fisico bensì il cuore spirituale, la sede (per così dire) del Principio Vita
o Spirito che anima ogni grado di sostanza, dall’atomo ultimo alle Galassie.
Esso è localizzato in un punto, che ognuno deve trovare da sé, nella parte
destra del torace.

Un altro grande Maestro, ispiratore della Società Teosofica, così si esprime
nel sottolineare l’importanza rilevante dello sviluppo del cuore:

“Considerare che le persone non sempre riconoscano che il conseguimento più
elevato è lo sviluppo del cuore. La collaborazione e il vivere uniti insieme
sono basati sul cuore. Sembra che questa semplice verità non possa essere
realizzata; la meccanizzazione impedisce le penetrazioni basilari nel mondo
del Fuoco” (Morya).

Diverse e autorevoli voci proclamano all’unisono la stessa verità : c’è una
conoscenza che è inaccessibile ala mente umana. Essa si consegue percorrendo
la via del Cuore, la via del Principio Vita e non la via dei nomi e delle
forme.

Quando ogni forma scompare, il relativo si dissolve nell’Assoluto, Che può
essere realizzato solo mediante esperienza e conversazione interiore e non
seguendo scuole o rituali istituzionalizzati. Secondo il Maestro D. K.1 in
questo sistema solare, durante il ciclo dell’umanità, il corpo astrale è il
perno dello sforzo spirituale, poiché ha un effetto riflesso sugli involucri
fisico e mentale. Ora il corpo astrale è il luogo delle emozioni, da quelle
più basse a quelle più elevate, come la devozione.

La devozione è l’emozione di colui che si pone in posizione di inferiorità
rispetto all’entità cui la devozione è diretta. Presuppone quindi il
riconoscimento di un diverso livello di realizzazione della divinità
interiore onnipresente. Il devoto si colloca umilmente al proprio posto
sulla scala evolutiva incontestabile, sapendo di non essere ancora affermato
nello stato di Unità.

Di fatto ogni Jiva possiede in sé al tempo stesso un doppio potere, per cui
gli è impossibile sia l’unione assoluta che la separazione assoluta.
L’intero processo evolutivo è una danza infinita tra questi due stati di
coscienza. All’interno di questa danza comica, il Jiva percepisce
l’inferiore e il Superiore. Tra due Jiva è inferiore quello che si muove
verso l’altro, mentre quello che attrae è Superiore e possiede ciò che manca
a colui che mentre quello che attrae è Superiore e possiede ciò che manca a
colui che viene attratto. Il Superiore supplice con le sue qualità alle
mancanze dell’inferiore elevando quest’ultimo al suo livello e rendendo così
possibile l’unione. L’unione perfetta implica l’identificazione assoluta e
in questo stato, e solo in esso, l’Amore stesso, che é attrazione, cessa.

Quando la superiorità di un Jiva è marcata o straordinaria, come nel caso di
Sathya Sai Baba, è spontaneo mettersi in ginocchio o prosternarsi: il Jiva
inferiore si arrende al Superiore e Lo adora. Sente la spinta a colmare la
distanza per unirsi a Lui e si sforza di assimilare sempre più la propria
natura alla Sua fino a pervenire al punto in cui scompare la coscienza
dell’esistere di due volontà separate e la volontà inferiore viene
sottomessa alla Volontà Superiore. L emozione del devoto si traduce allora
in queste parole: “Signore, non la mia ma la Tua volontà sia fatta.” Questa
è l’espressione dell’Amore perfetto: l’adorazione si è trasformata in
estasi, grazie al sentimento di unione completa. Sostituendo la volontà
superiore alla propria, il devoto arriva veramente a fondersi nel Divino,
adorato attraverso una forma gloriosa Che Lo esprime totalmente.

Nell’unione ogni movimento scompare e si realizza quello stato che
appartiene all’Assoluto, o Paramatma, Che “é la sorgente della contentezza
perché é l’incarnazione della più pura delle emozioni”1

L’approccio devozionale, che concentra tutta l’attenzione sulla forma o
sulle qualità del Maestro, é -tra i vari tipi di meditazione- quello che
produce le emozioni più elevate, provenienti dal piano buddhico.

Queste emozioni si riflettono nel corpo astrale, purché sia adeguato lo
sviluppo dei corpi mentale e causale, che sono i veicoli intermedi tra
l’astrale e il buddhico. Tra questi due piani vi è uno stretto rapporto e si
può dire che il corpo astrale, sede delle emozioni e dei sentimenti
devozionali, sia in certo qual modo un riflesso del piano buddhico. Quando
vi è equilibrio tra gli impulsi emozionali e la fermezza direttiva della
mente, la devozione cosciente produce precisi fenomeni.

In presenza di una straordinaria sorgente energetica qual è l’Avatar,
potenti raggi di energia purissima da Questo emanati raggiungono l’astrale
superiore dei devoti inducendovi intensa brillantezza. Il veicolo buddhico,
a causa dello stretto rapporto con l’astrale, viene profondamente
influenzato e attivato in qualche misura.

Quando un Grande Essere accetta o stimola la devozione dei discepoli, dà
loro la grande occasione di sviluppare le qualità mancanti e di elevarsi al
Suo livello attraverso il servizio dedicato.

Secondo Bhagavan Das, la devozione recante con sé la ricerca di
collaborazione con il Maestro, la Deità adorata, o l’Istruttore, conferisce
al devoto, sia pure entro certi limiti, l’uguaglianza con l’adorato. Lo
stabilirsi di un puro, sincero e incondizionato amore tra l’aspirante e il
suo Maestro consente di raggiungere la vera conoscenza, o Jnana, che il
Maestro detiene e che è fondata sulla visione corretta (Sad-darshan),
intuitiva : la visione del cuore per cui si percepisce l’Uno nei molti. Essa
rende consapevoli della Suprema Verità, l’Uno immanente nella molteplicità.
Tale consapevolezza conferisce liberazione (Moksha), la fine del dolore, il
raggiungimento della meta : Brahman, la Beatitudine. La Beatitudine senza
esperienze è al di là della mente e dei sensi. Quando la mente è calma,
resta la Vita e la Beatitudine ; in esse gli opposti sono assenti.

In tale stato, la coscienza è nella Mente Superiore, che è associata al
Corpo causale o Karana-sharira, il mondo delle cause, il quale è in seno al
Divino o Causa Prima (Mahakarana), Quel potere che illumina ogni cosa nel
mondo.
Alla luce di quanto sopra, il darshan, il contatto e la collaborazione con
l’opera di Sathya Sai Baba possono essere visti come aspetti fondamentali
dell’arte di coltivare, coscientemente e deliberatamente, elevate emozioni
capaci di annullare, trasmutandole, quelle inferiori. Così può essere
raggiunto lo stato supremo di Unità lungo la via di minor resistenza per gli
esseri umani del presente Sistema solare.

tratto da lista Sadhana > it.groups.yahoo.com/group/lista_sadhana

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