LA VERA FELICITA’: ANANDA

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LA VERA FELICITA’: ANANDA

Di Marco Ferrini

Ananda significa felicità inesauribile, beatitudine. Non è paragonabile al piacere dei sensi;
quest’ultimo non rappresenta neanche l’ombra di tale felicità. Euforia, eccitazione, orgasmo, tutti
hanno un inizio e una fine e quindi dalle persone sagge vengono considerati prodotti illusori della
vita umana(1). Quando l’essere è completamente soddisfatto nel sé non ha nessun’altra aspirazione.
Colui che prova ananda sperimenta un senso di comunione con tutte le creature, desidera diventare
amico e diviene benevolo nei confronti di tutti gli esseri viventi. La conflittualità infatti è
segno di insoddisfazione, di sofferenza. L’involucro intellettivo è dunque sostenuto da un involucro
di beatitudine o gioia essenziale, anandamaya kosha. Ananda appartiene all’atman, che costituisce la
vera sorgente energetica della persona, di natura puramente spirituale, non fisica o psichica, le
cui caratteristiche, oltre ad ananda, sono sat e cit. Noi siamo anima, siamo atman. Sat, cit e
ananda sono caratteristiche per noi impossibili da perdere, qualsiasi cosa succeda, perché sono
intrinseche, inseparabili da ciò che oggettivamente e intimamente siamo, sebbene possano essere più
o meno appannate dall’ignoranza, neglette o atrofizzate.

Ananda, inoltre, non è semplicemente l’esito di una reazione fisico-chimica. Clinicamente si possono
indurre euforia e una vasta gamma di altre emozioni, ma ananda non la si può ottenere per reazione
chimica. Una reazione chimica o in generale uno stato mentale o emotivo indotto artificialmente, va
monitorato per l’alta probabilità che degeneri in effetti collaterali dannosi: anche un farmaco, se
si sbaglia la dose, può uccidere. Ananda, invece, non ha effetti collaterali, è anzi un’energia che
non solo è benefica per la persona stessa, ma innesca gradualmente anche l’energia latente della
medesima natura, nelle persone circostanti. Individui veramente beati, perché capaci di questo amore
divino, costituiscono una risorsa a disposizione di tutti, la loro compagnia è perciò immensamente
preziosa. Come si fa a risvegliare ananda? Come si fa a liberare il sé dai condizionamenti? Come
giungere all’illuminazione? Innanzitutto frequentando persone che abitualmente vivono con una
coscienza risvegliata, virtuosa (sattvica); in sanscrito questo tipo di compagnia è detta satsanga.
Sattvaguna è un’energia della natura3 vivendo nella quale si giunge via via a percepire una
dimensione che è la più elevata, dalla quale si intuiscono realizzazioni, risposte appaganti a ciò
che tutti cerchiamo da sempre: l’amore. Quell’“Amor che move il sole e l’altre stelle” di cui ha
parlato anche Dante4 e che è causa e fine di tutto ciò che esiste.

(1) [[Bhagavad-gita V.22: Ye hi samsparsa-ja bhoga duhkha-yonaya eva teady antavantah kaunteya na
tesu ramate budhah – La persona liberata non subisce l’attrazione del piacere materiale dei sensi,
ma è sempre in una condizione di estasi perché gode di un piacere interiore. Così la persona
realizzata prova una felicità senza limiti perché si concentra sul Signore Supremo.]]

Tratto da ‘Pensiero, Emozioni e Realizzazione’.

da psicologiaespiritualita.blogspot.com/

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