La Shandilya Upanishad – 2

pubblicato in: AltroBlog 0

La Shandilya Upanishad – 2

(a cura di Roy Eugene Davis)

Traduzione a cura di Furio ( fsyukteswarji@yahoo.com )

(questo testo è tratto dal libro: “The science of Self-Realization” – CSA
Press 2004)

…segue

Testo:

Quando, attraverso la pratica regolare del pranayama, i canali sono stati
purificati, la forza vitale si muove facilmente verso l’alto attraverso la
sushumna. Mandando la forza vitale verso l’alto, lo yogi, libero dalla
vecchiaia, diventa come un ragazzo di sedici anni. Respira attraverso
entrambe le narici, manda verso l’alto la forza vitale, ed esala attraverso
entrambe le narici. Attraverso questa pratica, eliminerai l’insorgenza di
fame, sete, letargia e sonno.

Commento:

Prima della pratica del kriya pranayama si può praticare una leggera
contrazione dei muscoli della gola e dello sfintere anale con il mahamudra
(o una tecnica equivalente). Durante la pratica del kriya si manda la forza
vitale verso l’alto attraverso i chakra fino al cervello con l’inalazione, e
si permette alla stessa di fluire verso il basso con l’esalazione.

Testo:

Il controllo del respiro e della forza vitale è di due tipi: quello
accompagnato dalla respirazione, e quello privo di tale azione. Pratica il
pranayama fino a che non avrai raggiunto l’isolamento del silenzio. Nulla è
irraggiungibile per chi ha raggiunto il controllo dell’assenza del respiro.
Attraverso questa capacità emerge la conoscenza della kundalini, il corpo
s’inclina,
gli occhi diventano luminosi, l’espressione del volto diventa serena, le
forze vitali scorrono verso l’alto, e aumentano i fuochi gastrici (i poteri
di digestione e assimilazione).

Commento:

Dopo la pratica del pranayama, il respiro può essere tanto sottile da
potersi notare a malapena. Tra l’inalazione e l’esalazione, osserva gli
intervalli di mancanza del respiro. Nota che i pensieri sono o molto
sottili, o assenti del tutto. I bisogni sensoriali sono deboli o pacificati,
i desideri mondani sono pochi, o totalmente assenti, e la consapevolezza è
chiara. Il bisogno dell’anima di avere la sua consapevolezza ristabilita
nella completezza (lo stato puro e cosciente) può culminare nel risveglio
spontaneo della kundalini, nella meditazione senza sforzo, e nella
rigenerazione e rivitalizzazione del corpo.

Testo:

Focalizzare l’attenzione su un oggetto interiore della contemplazione è una
tecnica di meditazione segreta (perché poco conosciuta). Con la mente e il
respiro assorti in questo modo, si vede con l’occhio interiore. Questo è il
kechari (essere libero nello spazio) mudra (sigillo). Si rivela quindi il
nucleo (l’essenza profonda) della natura. Con occhi parzialmente chiusi e
ferma concentrazione, fissando lo sguardo nell’occhio spirituale,
assorbendosi nel sole e nella luna, rimanendo fermamente stabili nella
contemplazione meditativa, lo yogi diviene consapevole della luce che
trascende ogni cosa. Fondere il suono nella luce ed elevare un po’ le
sopracciglia culmina nella trascendenza della mente, e quindi nella
sperimentazione del sabikalpa Samadhi. Il tempo non esiste per chi raggiunge
questo livello.

Commento:

Quando osservate l’occhio spirituale durante lo stato tranquillo generato
dalla pratica del kriya pranayama, focalizzate l’attenzione sulla luce e sul
suono interiori. Se non percepite la luce, continuate a fissare con fermezza
lo sguardo verso l’occhio spirituale mentre ascoltate OM. La luce
dell’occhio
spirituale è il riflesso di quella del midollo allungato. Quando la
kundalini emerge e ascende attraverso i chakra, le correnti duali della
forza vitale che fluiscono attraverso i canali di sinistra e destra della
sushumna convergono sul centro del midollo, da qui il riferimento
all’assorbimento
dell’attenzione nel “sole e nella luna”. Alzare le sopracciglia aiuta a
rilassare i muscoli della fronte e aumenta la sensazione piacevole
nell’occhio
spirituale. Quando l’attenzione è totalmente assorta nell’oggetto della
meditazione contemplativa, si sperimenta il Samadhi con il supporto
dell’oggetto
della meditazione, quindi, dirigendo totalmente l’attenzione verso l’oggetto
della meditazione, non esiste consapevolezza dei fenomeni esterni, incluso
il tempo.

Testo:

Sii felice dirigendo la consapevolezza nel mezzo della shakti, la shakti nel
mezzo della consapevolezza, e guardandoti all’interno. Metti il Sé nello
spazio, e lo spazio nel Sé. Dopo aver ridotto tutto a spazio, non pensare a
nient’altro. Come il sale è assorbito dall’acqua, così la consapevolezza del
devoto si assorbe nella vera essenza di quello che contempla.

Commento:

La consapevolezza del meditante e la corrente vitale, che fluisce nella
spina dorsale e nel cervello, si mischiano quando si pratica il kriya
pranayama con profonda concentrazione. Dopo la pratica del pranayama, il
meditante dovrebbe dissolvere la consapevolezza nello spazio.

Testo:

L’unico percorso (per il meditante) è quando sia la conoscenza dell’oggetto,
sia l’oggetto conosciuto sono assenti. Abbandonando tutta la cognizione
degli oggetti, la mente s’illumina. Quando la mente è illuminata, rimane
solo la consapevolezza del Sé.

Commento:

Il Samadhi trascendentale è uno stato supercosciente, vigile e non
modificato. Gli stadi preliminari di Samadhi possono includere una varietà
di umori e di percezioni visive e uditorie. Le influenze supercoscienti
infuse nella mente la purificano e la illuminano.

Testo

Per la dissoluzione della consapevolezza individuale ci sono due vie:
Samadhi e conoscenza. Il Samadhi si raggiunge contenendo e pacificando le
modificazioni e le fluttuazioni della mente. La conoscenza si acquisisce
indagando nei contenuti della mente e degli altri oggetti della conoscenza.
Quando le modificazioni della mente si quietano, cessa il ciclo di nascita e
morte. Quando non si desidera l’esistenza mondana, o quando i desideri sono
stati soddisfatti, cessano le fluttuazioni della forza vitale. Il
chiarimento della consapevolezza si può raggiungere attraverso lo studio
delle scritture, la compagnia di persone adatte, l’indifferenza ai piaceri
dei sensi, la pratica dello yoga (le varie procedure e la supercoscienza),
la contemplazione (con l’attenzione in uno stato di allerta) focalizzata su
un oggetto desiderato di concentrazione, o con il fermo aderire alle leggi
della vita. Le fluttuazioni mentali cessano controllando il respiro
attraverso la pratica del pranayama che non causa fatica, e meditando in un
posto ritirato. Le fluttuazioni del prana cessano grazie alla corretta
realizzazione della vera natura del suono all’estremità della pronuncia di
OM, e alla corretta cognizione dello stato di sonno senza sogni, Le
fluttuazioni del prana cessano quando la coscienza si fonde con la forza
vitale che fluisce all’occhio spirituale. Le fluttuazioni del prana cessano
quando l’occhio spirituale diventa calmo e chiaro, in modo che il meditante
possa vedere nello spazio profondo. Le fluttuazioni del prana cessano quando
si discerne come OM, e null’altro, la conoscenza benefica non toccata dalle
modificazioni. Le fluttuazioni del prana cessano contemplando a lungo sia la
fine essenza del cuore, sia la mente priva di tendenze influenti. Le
fluttuazioni del prana cessano con questi metodi, con altri che si possono
utilizzare, e sintonizzandosi con la coscienza dei santi.

Commento:

Si possono utilizzare svariate pratiche per fermare le azioni casuali della
mente e delle forze vitali. Per calmare le attività mentali e rilassare il
corpo si può praticare il respiro con le narici alternate. Notate la
raccomandazione di evitare la stanchezza quando si pratica la meditazione, e
di meditare in un posto ritirato senza distrazioni. La contemplazione e
l’assorbimento
della consapevolezza in OM è una via diretta per la trascendenza, così come
lo è l’intuizione degli stati di sonno senza sogno. Durante quest’ultimo
stato, i processi mentali si raffinano, e le forze vitali del corpo
fluiscono verso l’interno. Si può sperimentare la consapevolezza pura e
assoluta duplicando coscientemente le caratteristiche fisiologiche del sonno
senza sogni. Mantenendo il flusso dell’attenzione e delle forze vitali verso
l’occhio spirituale durante la meditazione, si raffinano i processi mentali
e si sperimentano gli stati supercoscienti. La “fine essenza del cuore” da
contemplare è la vera natura del Sé individualizzato riguardo all’egoismo
(il senso illusorio di esistenza indipendente) e ai suoi poteri di
discernimento intellettuale, quando questi sono relazionati a mente e
materia. Quando i pensieri e gli stati di coscienza del devoto sono in
sintonia con quelli dei santi passati e presenti della propria tradizione
illuminata, la coscienza del devoto s’innalza dagli stati ordinariamente
coscienti fino a raggiungere quelli supercoscienti e trascendentali.

Testo

Dopo aver aperto la porta della kundalini attraverso la pratica di certe
procedure, si dovrebbe aprire intenzionalmente anche la porta della
liberazione. Chiudendo l’apertura attraverso la quale dovrebbero passare le
proprie forze vitali, la kundalini dorme, arrotolata come un serpente. Lo
yogi che fa muovere la kundalini (e la rende espressiva) si libera
velocemente. Quando la kundalini è influente nel chakra del collo (e in
quelli più elevati), contribuisce alla liberazione. Nelle persone in preda
all’illusione, la kundalini è influente solo nelle regioni inferiori del
corpo. Lasciando le due nadi (ida, il canale sinistro del percorso spinale,
e pingala, il destro) la shakti della kundalini (l’energia vitale) dovrebbe
muoversi nella sushumna (il percorso centrale della spina). Questo canale è
definito come “il percorso di Dio”. Per fare questo, si dovrebbe praticare
con concentrazione il pranayama (seguendo le direttive del guru). Non si
dovrebbe limitare la pratica solo al giorno e alla notte, ma la si dovrebbe
pianificare in modo da renderla più benefica possibile secondo
l’aspirazione,
e l’impegno nella pratica, del meditante. Quando si pratica il kechari
mudra, mentre si è seduti nella meditazione, le forze vitali che
precedentemente fluivano nei canali sinistro e destro della spina, sono
inclini a fluire nella sushumna. Dovresti muovere la forza vitale nella
sushumna (praticando il kriya pranayama). Quella è la sede del kechari
mudra, che è anche localizzato nell’occhio spirituale.

Commento:

Si sperimenta il kechari mudra quando la consapevolezza del meditante non è
più limitata dai processi fisici e mentali. C’è anche una procedura fisica,
definita kechari mudra, che consiste nel toccare l’ugola con la punta della
lingua, con lo scopo di dirigere verso il cervello i flussi delle forze
vitali raffinate. Questa tecnica si dovrebbe imparare dal proprio insegnante
(se quest’ultimo decide di spiegarla) e non da altri o da qualche libro.

Testo:

Premere con fermezza il perineo con il tallone sinistro, portare su
l’energia
fino ai chakra del collo e del capo, stirare la gamba destra, prendere il
piede con entrambe le mani, e ritenere momentaneamente la forza vitale nei
centri più elevati. Con questa procedura, si controlla il prana e si
conquista la morte; quindi, seduti in meditazione, si deve contemplare il
vero Sé nel proprio piano di consapevolezza. In questo modo si sperimenta la
verità (della propria essenza dell’essere).

Commento:

Questo è il maha mudra, che si pratica estendendo prima la gamba destra, poi
la sinistra, e quindi entrambe. Si consiglia la meditazione contemplativa
della propria vera natura e realtà assoluta. Si supera la morte
(incoscienza) quando le forze vitali non sono più limitate e la
consapevolezza non è più modificata.

Testo:

Chi ritiene la forza vitale nell’occhio spirituale con attenzione
concentrata, distrugge tutti gli effetti delle azioni passate.

Commento:

Non ci può essere un rapporto specifico tempo/valore tra la pratica della
meditazione e i risultati che questa produce. Quando il meditante è stabile
nella realizzazione trascendentale per un sufficiente periodo di tempo, è
possibile che la consapevolezza sia rimossa in modo permanente dagli stati
di coscienza individuale e dagli effetti delle condizioni che possono essere
relazionate a questi stati.

Testo:

Contemplando l’Om, si conosce ogni cosa (tutte le cose su Dio e sui processi
della manifestazione cosmica).Trascendendo il dharma e l’adharma, si conosce
il passato e il futuro. Contemplando il suono delle creature si conosce la
causa dell’emissione di tali suoni. Contemplando il proprio karma non ancora
manifestato, si manifesta autonomamente la conoscenza delle proprie
incarnazioni precedenti. Contemplando la mente degli altri, si conoscono i
loro pensieri. Contemplando la forza, si diventa forti. Contemplando il sole
(il sistema solare), si ottiene la conoscenza del sole stesso e i movimenti
dei pianeti. Contemplando il vero Sé, si ottiene la conoscenza dello spirito
di Dio che nutre il campo della natura.

Commento:

Sono qui menzionati alcuni siddhi (poteri della perfezione) descritti nel
capitolo tre degli yoga sutra. Si acquisisce la capacità di conoscere il
presente e il passato quando i propri pensieri ed azioni sono realmente
spontanei, e non limitati dai pensieri su ciò che è giusto (dharma) o
sbagliato (adharma). Quando si rimuove la consapevolezza del devoto dalle
leggi meccaniche del karma, si possono comprendere, a livello intuitivo ed
intellettuale, i rapporti tra le cause e i loro effetti.

Testo:

L’interiorizzazione è il ritiro dell’attenzione dai sensi con lo scopo di
evitare gli attaccamenti alle cose esteriori. Vedere ogni cosa che si
osserva come una manifestazione della Coscienza suprema, è una pratica di
interiorizzazione, così come lo sono la rinuncia agli attaccamenti ai
risultati delle azioni giornaliere, il ritirare l’attenzione e dirigerla
interiormente per meditare senza distrazioni, e altre procedure utilizzate
per controllare l’attenzione e i sensi.

Commento:

Fino a che non si acquisisce la capacità di essere centrati nell’anima
quando si è indaffarati nelle attività di tutti i giorni, è difficile
ritirare l’attenzione dall’esterno (inclusi i sensi) e meditare
efficientemente. La pratica della meditazione supercosciente dona la
tranquillità che permette di relazionarsi alle circostanze senza esserne
eccessivamente coinvolti.

Testo:

Si possono quindi praticare con successo i tre tipi di concentrazione:
fissare l’attenzione sul vero Sé, contemplare lo spazio profondo del cuore
( essere ), e osservare le cinque varietà di influenze che regolano i cinque
elementi: terra, acqua, fuoco, aria, ed etere (lo spazio con le forze
cosmiche). Dhyana (meditazione) segue naturalmente, ed è di due tipi: saguna
(con le influenze dei guna, o qualità della natura) e nirguna (senza queste
influenze). La prima si pratica solitamente avendo qualche aspetto di Dio
come oggetto di contemplazione, la seconda è la contemplazione della realtà
del proprio Sé o del Sé supremo. Il Samadhi è il “legare insieme” la
consapevolezza del “jivatman” (Sé individualizzato) e del “paramatman”
(Coscienza suprema), senza nessun senso di se stessi come conoscitori, o di
quello che si conosce in quanto oggetto o conoscenza. Le sue caratteristiche
sono la beatitudine suprema (gioia dell’anima senza qualità) e la perfetta
realizzazione della pura Coscienza assoluta.

Testo:

Quindi Shandilya, non avendo (ancora) ottenuto la pura conoscenza del
Brahman (l’assoluto) descritto nei quattro veda (i testi della conoscenza
rivelata), si avvicina ad Atharvan e chiede: “Qual è la conoscenza
dell’assoluto?
Insegnami la via per conoscerlo, attraverso la quale otterrò il meglio”.

Atharvan:

L’assoluto è satya (essere – verità – realtà), conoscenza, e la realtà
infinita nel quale questo mondo è intessuto. E’ quello da cui tutto si
origina e nel quale ogni cosa viene assorbita, quello che, una volta
conosciuto, rende conosciuta ogni cosa. E’ senza forma, irraggiungibile
(dalla mente e dall’intelletto), e indefinibile. Lo si può percepire
attraverso la conoscenza intuitiva e lo yoga (Samadhi). E’ quello dal quale
è stato proiettato il prana. E’ quello non duale (uno, senza divisione), che
pervade ogni cosa come lo spazio, che è estremamente sottile, senza macchia,
senza azione, solo Esistenza-Essere, l’essenza della beatitudine della
coscienza, benevolo, calmo, immortale, e oltre i fenomeni. Quello è il piano
di coscienza puro e assoluto, e tu sei quello. Sappi questo con gioia e
saggezza. Colui che è uno, splendente, che dona il potere del vero Sé,
l’onnisciente,
il Signore (colui che regola) di tutte le realtà interiori di ogni essere,
che dimora in ogni essere, che è nascosto in ogni essere e ne è l’origine,
che si realizza solo con lo yoga (Samadhi) e crea, supporta, e dissolve ogni
cosa. Quello è il supremo Sé. Comprendi i molti mondi (dimensioni) nel
supremo Sé. Non abbatterti, conoscitore del supremo Sé, raggiungerai la fine
del dolore.

Commento:

Attraverso l’indagine intellettuale, la realtà della pura Coscienza si può
conoscere solo parzialmente. Un approccio è di arrivare alla certezza della
sua esistenza tralasciando tutto ciò che non può essere. Si può realizzare
direttamente attraverso la pratica del Samadhi. Gli stati preliminari di
Samadhi (sabikalpa, con supporto) danno esperienza e conoscenza dei vari
aspetti della mente e della natura. Il Samadhi trascendentale (nirbikalpa –
senza il supporto delle azioni mentali o della percezione delle forze della
natura) è la piena conoscenza della Coscienza suprema.
L’insegnante dice: Posso parlartene, ma lo dovrai conoscere attraverso la
realizzazione diretta. A Shandilya è detto: “Tu sei quello” (La Coscienza
suprema). Quando questa si realizza, scompaiono illusioni e convinzioni
errate, le cause del dolore e della confusione.

Shandilya:

Come sorge quest’universo dalla Coscienza suprema? Origine di Om, immortale,
senza azione, benevola, e solo pura esistenza. Come esiste nella Coscienza
suprema? Come si assorbe in essa? Ti prego, parlami di questi misteri.

Atharvan:

La Coscienza suprema è immortale e senza azione. Dalla sua mancanza di forma
sorgono tre aspetti: ciò che è senza caratteristiche, ciò che le ha, e ciò
che le ha e non le ha. L’aspetto senza forma è quello che è pura realtà,
coscienza, beatitudine della consapevolezza del Sé, senza modificazioni,
onnipresente, sottilissimo, indefinibile ed eterno. Mahesvara (Maha,
grande – Ishvara – signore, o influenza governante) con maya (natura
primordiale) o avidya (ignoranza) è l’aspetto con e senza caratteristiche.
Un impulso all’interno di Dio culminò nello sviluppo della manifestazione
universale. Dio è l’aspetto della coscienza dotato di tutte le risorse, che
pervade ogni cosa ed è situato nel cuore di ogni essere. Esso regola le
forze che manifestano la natura primordiale. Nella coscienza di Dio dimorano
tutti i Dei (aspetti della forza governante) e gli esseri (anime
individualizzate). L’aspetto che regola la forza creativa della coscienza è
gentile verso i devoti, toccato da nulla, e ha solo caratteristiche
(d’influenza
trasformante).

Commento:

Il primo aspetto manifesto della coscienza con caratteristiche distinguibili
è la mente di Dio, la grande anima con il potenziale di causare il processo
della manifestazione. L’aspetto intelligente, che governa e regola la natura
primordiale, è senza caratteristiche. Le sue qualità (guna) sono le
caratteristiche causative ed espressive che lo caratterizzano. L’aspetto
dotato di caratteristiche, che controlla le forze cosmiche ed è di supporto
per i devoti mentre rimane intonso da qualsiasi cosa esista nella natura, ha
qualità che rendono possibili le sue azioni trasformanti e di redenzione. Si
dice che la natura primordiale non abbia conoscenza propria poiché le sue
azioni sono dirette dall’intelligenza innata di OM, la sua causa. Nelle
scritture vediche, l’aspetto di Dio che si espande è denominato “Brahma”,
quello che sostiene (preserva) è chiamato “Vishnu”, e quello che partecipa
ai processi di cambiamento e trasformazione è chiamato “Shiva”. Quest’ultimo
è riverito dagli yogi impegnati nella trasformazione interiore che permette
lo sviluppo della coscienza del Sé, e la liberazione della coscienza stessa.
Benché Brahma, Vishnu e Shiva siano spesso dipinti come esseri personali,
essi non sono altro che aspetti espressivi di Dio. Allo stesso modo, gli dei
e le dee descritti nelle scritture vediche sono i vari poteri e le qualità
di Dio. I devoti possono personalizzarli nell’intento di stabilire una
relazione di solidarietà e invitare così le loro influenze benefiche.

Testo:

Perché ci si riferisce a ciò che è la sola realtà, e l’essenza della
beatitudine della coscienza, come alla coscienza trascendentale suprema?
Perché si espande e fa espandere ogni cosa. Perché ci si riferisce a Lui
come al Sé senza dimora? Perché contiene ogni cosa, assorbe ogni cosa, ed è
ogni cosa. Perché lo si chiama “il grande signore”? Perché attraverso il suo
potere governa ogni cosa. Chi conosce questi significati segreti (sottili),
conosce ogni cosa. Diventa conoscitore della Coscienza suprema il devoto che
la contempla come il proprio Sé. Il devoto che contempla (e comprende) la
realtà di Dio riguardo alla natura, si libera da ogni errore e si risveglia
alla piena realizzazione dell’assoluto.

Commento:

Quando il Sé si relaziona ad una mente e un corpo, e assume il punto di
vista di essere una mente o un corpo, lo si definisce “anima”. Questo errore
di percezione non cambia che il Sé è sempre quello che è: Coscienza –
Esistenza. Essere autorealizzati significa essere pienamente svegli nella
nostra vera natura.

Così termina questa Upanishad

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *