La registrazione binaurale

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La registrazione binaurale

Il microfono binaurale Neumann KU 100 “dummy head” (ovvero “testa artificiale”) è una esatta replica
della testa umana, equipaggiata con due eccezionali microfoni proprio dentro le sue “orecchie” (da
cui il termine “binaurale”).

Ascoltando una registrazione eseguita con il KU 100 tramite cuffie stereo di buona qualità,
l’ascoltatore riceve un’impressione quasi completamente identica a quella che avrebbe avuto tenendo
la sua testa ferma nell’identica posizione della “testa artificiale” durante la registrazione
stessa, ovvero la sensazione di essere fisicamente presente alla performance originaria!
Se la registrazione viene invece riprodotta attraverso altoparlanti stereo, la percezione dei suoni
è quasi identica a quella ottenuta con le tecniche stereofoniche convenzionali, con un incrementato
senso di “profondità” del campo sonoro e con una qualità timbrica straordinariamente naturale.

Per le registrazioni artistiche (il KU 100 è ugualmente adatto per i radiodrammi creativi come per i
concerti, l’opera lirica o il teatro) il vantaggio della registrazione binaurale sulle tecniche
convenzionali di ripresa stereofonica è di una più realistica rappresentazione delle condizioni
acustiche dell’ambiente di registrazione.

Nelle applicazioni industriali il KU 100 può essere utilizzato per monitorare i fastidiosi rumori
ambientali di differenti luoghi di lavoro in condizioni realistiche (il campo sonoro è percepito in
modo fisiologicamente corretto, e può essere registrato per successive valutazioni a mezzo di
differenti soggetti posti nelle medesime condizioni d’ascolto).

Il KU 100 rappresenta la terza generazione dei sistemi di microfoni stereofonici a “testa
artificiale” della Neumann.
Il modello iniziale KU 80 fu rimpiazzato dal KU 81, che rappresentò la transizione
dall’equalizzazione “free-field” (“a campo libero”) a quella “diffuse-field” (“a campo diffuso”), e
che per primo introdusse la compatibilità della registrazione binaurale con la riproduzione per
mezzo di altoparlanti stereo.
Il KU 100 ha rimpiazzato a sua volta il KU 81, ed offre i seguenti miglioramenti acustici:

a) Aggiornato il disegno dei padiglioni auricolari, per una più precisa simmetria delle
caratteristiche acustiche fra lato destro e sinistro;

b) Migliorate le coordinate auricolari, per evitare lo spostamento verticale delle sorgenti sonore
(detto “elevazione artificiale”);

c) Incrementata l’approssimazione alla curva ideale di equalizzazione a “campo diffuso”, per
assicurare la completa compatibilità coi sistemi convenzionali di riproduzione stereofonica.

Considerazioni personali

Il modo migliore per comprendere la differenza tra la registrazione stereofonica e la registrazione
binaurale è di confrontare le due diverse metodologie di ripresa audio.
Immaginiamo quindi di voler registrare un’orchestra in una sala da concerto, e valutiamo i
differenti concetti di base:

Le tecniche di registrazione stereofonica sono basate sul concetto di ripresa “space-related”
(“relativa allo spazio”), ovvero sul tentativo di ottenere una registrazione che fornisca
all’ascoltatore la miglior esperienza acustica possibile, tramite un sistema di due altoparlanti
disposti frontalmente a lui, nel soggiorno di casa sua.
Realizzare ciò, nella pratica, è difficile: Vediamo perchè.

Innanzitutto i microfoni vanno posizionati vicino ai singoli strumenti musicali (captandone così
prevalentemente il suono diretto, quasi privo di “ambiente”), cosa che nessun ascoltatore farebbe
mai con le proprie orecchie, se desidera ascoltare anche gli altri strumenti…

Infatti, per ricostruire una giusta rappresentazione dell’equilibrio dei livelli sonori tra tutti
gli strumenti coinvolti (e cioè senza che nessuno primeggi o scompaia), vengono abitualmente usati
parecchi singoli microfoni contemporaneamente: Si crede infatti che più microfoni vengano utilizzati
e meglio è, perchè così si catturano adeguatamente i suoni di tutti i singoli strumenti (che
dovranno poi essere mixati per poter ricostruire artificialmente un equilibrio convincente tra di
essi), dimenticando però che l’ascoltatore possiede soltanto due orecchie, ma ciò nonostante li
sente benissimo tutti quanti! (specie se messo alla giusta distanza dall’intera orchestra…)

In tal modo (utilizzando cioè parecchi microfoni) otterremo una registrazione in cui la sonorità
specifica della sala da concerto (cioè l’insieme delle sue caratteristiche di riverberazione
acustica, o “ambiente”) risulta in gran parte eliminata, cosicché un ascoltatore, quando l’ascolterà
tramite gli altoparlanti di casa sua, invece dell’ambiente originale udrà l’ambiente del suo
soggiorno, certo non paragonabile a quello di una sala da concerto… (ovviamente, cambiando stanza
cambierà pure il suono, anche utilizzando gli stessi altoparlanti!)

Per concludere, con questa tecnica (inverosimilmente diffusa) anche le caratteristiche direzionali
delle sorgenti sonore originali vanno completamente perdute (o, al massimo, artificialmente
ricostruite nel mixaggio).
Non dimentichiamo inoltre che l’assenza di riferimenti visivi, durante l’ascolto di una
registrazione audio, crea un incremento della difficoltà di ricostruzione dello spazio sonoro, nel
cervello dell’ascoltatore (ma questa è un’altra storia…).

Le tecniche di registrazione binaurale sono invece basate sul concetto di ripresa “head-related”
(“relativa alla testa”): Per ottenere una registrazione davvero realistica di un evento sonoro
reale, che accade in un ambiente reale, appare evidente che i suoni debbano essere registrati
attraverso una sola coppia di eccellenti microfoni, dal momento che questo è il sistema con cui
quotidianamente ascoltiamo la realtà, e cioè le nostre orecchie!

E’ opportuno notare che le orecchie lavorano proprio come dei microfoni (e con caratteristiche
irraggiungibili per qualunque tecnologia), trasformando le onde sonore -energia meccanica- in
segnali nervosi -energia elettrica- da inviare al nostro cervello, il quale li elabora e ce li fa
riconoscere gli uni dagli altri, così come ce ne fornisce direzione di provenienza, distanza,
intensità, etc… (praticamente allo stesso modo, tramite gli occhi, la luce -energia luminosa-
viene tradotta in analoghi segnali nervosi -o elettrici- diretti ad un’altra zona del nostro
cervello -seppur passando prima dal Vestibolo dell’orecchio- che elaborandoli ci fa percepire le
immagini… ma anche questa è un’altra storia…)

Risulta inoltre evidente che la nostra testa funge da separatore naturale tra le due orecchie, e che
quindi il nostro cervello (abituato in tal modo fin dalla nostra nascita, e anche da prima…) non
riconoscerà come realistici i suoni registrati con i due microfoni di cui sopra, se questi non
saranno separati da qualcosa con la forma e le caratteristiche della nostra testa.

Se a ciò si aggiunge il fondamentale ruolo del padiglione auricolare nel convogliare i suoni
all’ingresso del canale uditivo, consentendo così al cervello di determinarne con precisione la
direzione di provenienza, risulta indispensabile il fornire i nostri due microfoni di “orecchie”
esterne, ben modellate e ben posizionate sulla “testa artificiale”.

Tramite la riproduzione per mezzo di cuffie si eviteranno sovrapposizioni di ambiente, mettendo così
il nostro cervello nelle condizioni ottimali per riconoscere tutte le caratteristiche acustiche
dell’esecuzione originale (in fin dei conti, è il cervello che ci fa sentire i suoni, noi possiamo
solo decidere se ascoltarli o no…), col risultato di una esperienza virtuale molto convincente,
realistica nel timbro, nel suono dell’ambiente, nella posizione, nella distanza, nell’intensità,
etc.

Da questo ragionamento oggettivo nasce l’idea di base da cui la tecnologia binaurale si è sviluppata
negli anni ’70 col primo modello di “testa artificiale” Neumann -il KU 80-, su un progetto teorico
del 1952! (ovvero poco dopo l’avvento della stereofonia)

Apparve presto evidente che la riproduzione obbligatoria per mezzo di cuffie rappresentava un grosso
ostacolo alla diffusione di questa geniale tecnologia, per cui si applicò ad un successivo modello
-il KU 81- un sistema incorporato di equalizzazione “a campo diffuso” (“diffuse-field”) che rese le
registrazioni binaurali più compatibili con la normale riproduzione stereofonica a due altoparlanti
frontali.

Il modello attuale -il KU 100- è stato ulteriormente messo a punto, per definirne ancor più
esattamente la distinzione destra/sinistra e alto/basso (ridisegnandone accuratamente le “orecchie”,
su una media di 5000 calchi di padiglioni auricolari di musicisti e audiofili!), e per assicurarne
la completa compatibilità coi sistemi di altoparlanti stereofonici (tramite un aggiornatissimo
circuito incorporato di equalizzazione “diffuse field”).

Ovviamente l’ascolto tramite altoparlanti non ci permetterà di apprezzare appieno la “spazialità”
tridimensionale tipica della registrazione binaurale (ovviamente, sentiremo provenire il suono solo
da un lato della stanza…), ma la risposta timbrica, ovvero la “qualità” sonora, risulterà comunque
molto più convincente di qualunque altro genere di ripresa audio, soprattutto se la “testa
artificiale” è stata posizionata correttamente al momento della registrazione stessa.

Conclusioni

La Natura ci ha dotato di un sistema di ascolto altamente sofisticato -il nostro udito- in grado di
fornirci prestazioni del tutto adeguate alle immense capacità di elaborazione del nostro cervello.

Se desideriamo effettuare una registrazione davvero realistica, che soddisfi pienamente la nostra
capacità di percezione dei suoni, non possiamo che utilizzare il metodo di ripresa più simile al
nostro stesso udito: Il sistema binaurale.

© Franco Russo aka Franko – aprile 2004
[tratto da: “The Dummy Head – Theory and Practice”, Neumann – Berlin]

visto su www.terzoorecchio.com/binaurale.html

per ulteriori approfondimenti:
>> www.sublimen.com

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