La fragilità dell’uomo moderno

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La fragilità delluomo moderno

di Ludovico Polastri

Lhomo consumer moderno non sa più cosè la storia; non sappiamo più cosè il Cosmos che ci accetta, e finiamo per avere paura della nostra fine, non la accettiamo più…

La parola fragile deriva dal latino frangere, che significa rompere. Spesso la troviamo allesterno
di imballi di oggetti delicati, un avvertimento ad usare con cautela. Fragile è un vetro, un fiore,
il carattere o la sensibilità di una persona. Si sente spesso dire ha un carattere fragile, è
fragile di salute; è anche usato come sinonimo di debole, gracile, inconsistente. Da sempre il
concetto di fragilità è unito al destino umano del perire, del morire: Piccola candela, su,
spegniti! altro non sei che unombra vagabonda, la vita, un povero attore come te che si dimena
sopra una scena, unora e poi ne cessa la voce, il raccontare di un idiota tra strida e scoppi di
furore, privo di senso; un niente, così si esprimeva William Shakespeare nellatto quinto del Macbeth.

Quello della fragilità è un tema che mostra molto bene in che modo, nel mondo attuale, stiamo
assistendo ad un cambiamento di paradigma. Stiamo entrando, secondo molti sociologi, nella
post-modernità. I periodi storici del 17°, 18° e poi nel 19° secolo, fino alla metà del 20° secolo
furono epoche che mettevano laccento sulle idee cartesiane; luomo era padrone e possessore della
Natura, con una visione fondamentalmente aggressiva nei confronti del sé, dellaltro e della Natura
stessa; una visione aggressiva che si inoltrava anche agli dei, al divino. Attualmente gli studi sui
giovani, sulle nuove generazioni evidenziano una saturazione verso il mondo moderno; si inizia ad
avvertire la necessità di tornare ad un qualcosa di più dolce, tranquillo, soft, slow, e la grande
tematica della fragilità si iscrive i queste coordinate. Per dirla in breve, si sente la necessità
di avere un altro rapporto con il mondo, diverso, meno intrusivo. Per usare un termine greco si
potrebbe dire una metanoia, ovvero una profonda revisione nel modo di pensare, di sentire, di
giudicare le cose; una nuova concezione del mondo ed un nuovo modo di rapportarsi al mondo. Si parla
di downshifter, di persone che vogliono vivere ai margini della società puntando ad un recupero del
proprio tempo, della propria esistenza; talvolta si sente parlare di decrescita felice.
Il tema della fragilità poggia i suoi fondamenti a partire da questioni antiche. Il salmo 90 dice
che siamo fragili perché la nostra caducità, la nostra sofferenza, il nostro invecchiare, conducono
irreversibilmente in un unico luogo che è quello della morte. Gli uomini hanno cercato, a più
riprese, di dare una risposta alla fragilità, alla provvisorietà; ma le risposte di oggi coinvolgono
avvenimenti a noi sconosciuti in precedenza: siamo esposti al terrorismo, alle grandi malattie, alla
precarietà del lavoro, ai rapporti sentimentali sempre più frivoli, insomma a tutta una serie di
difficoltà spesso soverchianti. Dunque anche la fragilità ha cambiato, con il tempo, modalità di
manifestarsi e richiede di essere affrontata con dei nuovi pensieri. Oggi si parla di fragilità
sociale quando luomo ha perso la capacità di vivere in armonia con la propria natura e con se
stesso. La fragilità personale, unita pertanto ad una insicurezza del sistema sociale, lavorativo, formano oggi una miscela deflagrante.

Gli antichi, con la loro cultura, si sentivano parte di un sistema, di un Cosmos, e accettavano
pertanto di avere un ruolo, una storia, una fine. Lhomo consumer moderno non sa più cosè la
storia; non sappiamo più cosè il Cosmos che ci accetta, e finiamo per avere paura della nostra
fine, non la accettiamo più. Gli antichi, pur non avendo a disposizione sofisticate tecnologie, si
sentivano parte di un gigantesco divenire, cosa che noi non accettiamo più. Luomo moderno non vuole
avere dubbi. Il grande razionalismo, per cui cè una soluzione ad ogni problema o domanda, ha
influenzato i grandi sistemi sociali attuali, compreso quello di idea di Europa. Non è più tollerato
laggiustamento, la rettifica. Deve essere inquadrato tutto entro rigidi parametri, schemi
matematici che non rendono più luomo protagonista ma lo rendono invece schiavo del sistema, privo
di ogni margine di manovra. La certezza che tutto debba andare bene per forza, pena il crollo del sistema, aliena la fragilità insita nellessere umano.

Lumiltà è pertanto stata bandita, il dubbio fecondatore non deve far più parte del pensiero
moderno. Eraclito ci ricordava che Dio è il giorno e la notte, la fine è il principio; insomma
ci aveva insegnato a vedere la concezione del mondo secondo chiavi multiple. Gli uomini che
conducono una vita meno stressata, meno consumistica, hanno un cuore meno morto, meno insensibile,
più aperto ad accettare il cambiamento. La fragilità, allora, non è più vista in senso dispregiativo
ma diventa un valore. Le cose fragili sono anche le più delicate e, come tali, sono maggiormente da salvaguardare.

La tecnica ha allontanato in maniera molto pericolosa luomo dalla sua fragilità. Heidegger ci
ricorda che la tecnica è un farmaco che da un lato fa luomo più potente, ma al tempo stesso lo
rende ancora più fragile. Pensiamo ad esempio alla potenza di internet; da un lato possiamo
comunicare con il mondo intero solo facendo un click, dallaltra parte ci porta ad una sorta di neo
monadismo. In Giappone ci sono gli Hikikomori. Dei giovani che hanno deciso di auto recludersi, di
estromettersi dal mondo reale per vivere esclusivamente nel mondo virtuale, come in atri tempi i
monaci si chiudevano nelle loro celle di clausura, o andavano nel deserto. E questa una difficoltà
a parlare con noi stessi, anzi sembra che più ci sia facilità a parlare con il mondo più si abbia
difficoltà a parlare con il nostro IO. Il mondo attuale purtroppo ci incita continuamente ad un
cammino di rimozione della nostra fragilità. C.G. Jung ammoniva, con il concetto di Ombra, che
l’atto riflessivo su noi stessi, accompagnato dall’ausilio dell’inconscio, ci restituisce anche ciò
che di noi non amiamo vedere. L’Ombra è quindi la figura negativa portatrice dei nostri limiti.

Incontrarla, significa accettarla e, accettandola, permetterle di offrire quanto di prezioso
racchiude in se stessa: non scordiamo che ogni simbolo è ambivalente e che ogni negativo è ponte verso un positivo e viceversa in un costante gioco dialettico.
L’Ombra si fa lanterna verso figure sempre più numinose e accade così che, attraverso di lei (figura
con cui, è bene ricordarlo, si convivrà tutta la vita stante l’infinita imperfezione e l’infinita perfettibilità dell’uomo), si faccia avanti l’archetipo dell’Anima.
Luomo moderno ha perso la propria Anima proprio perché non riesce più ad accettare la propria fragilità, i propri limiti.

Zygmunt Bauman
Homo Consumens
Editore:Erickson
Data pubblicazione:Marzo 2007
Formato:Libro – Pag 101 – 15×21
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__homo_consumens.php?pn=1567

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