La forza della musica e “l’Effetto Mozart”

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La forza della musica e “l’Effetto Mozart”

Sul perché la musica provochi delle reazioni emotive così forti non c’è nulla di certo ed inoltre
sono state avanzate delle ipotesi sulla proprità che hanno alcune melodie di Mozart nel migliorare
le capacità intellettive (“Effetto Mozart”).
Come il linguaggio, anche la musica ha origini antichissime nell’uomo. I primi strumenti musicali
ritrovati furono costruiti 35.000 anni fa.

Ma quali vantaggi ne ricava l’essere umano con la musica? Molti scienziati hanno cercato di dare una
risposta, ed il canadese Jaak Panksepp, studioso delle emozioni, afferma che la musica ha avuto
origine dalle grida dai primi ominidi quando qualcuno si allontanava dal gruppo. Sempre secondo lo
stesso studioso il fenomeno della “pelle d’oca” che si prova durante un passaggio musicale
particolarmente melodico e commovente, ha un’origine ben precisa, ovvero ricalca il rizzarsi dei
peli dell’ominide o del cucciolo di animale al richiamo vocale della madre. A livello cerebrale,
durante questo particolare momento musicale, si attiva il sistema limbico della gratificazione,
proprio come quando si prova un’eccitazione sessuale o si assumono droghe come la cocaina.

Inoltre non dobbiamo dimenticare la capacità della musica di organizzare la vita di una comunità e
rinsaldare i legami tra i membri all’interno di un gruppo. Basti pensare alle danze di guerra ancora
praticate da culture non occidentali (corrispondenti alle nostre parate militari) così come i canti
dei lavoratori fino ad arrivare alla ninna nanna usata per rassicurare il “cucciolo d’uomo”.
Se ci pensiamo la musica ha un’importanza tutt’altro che marginale nella nostra vita, ed anche se
considerata spesso come hobby, ha invece radici molto più profonde.
Durante l’ascolto della musica i due emisferi del cervello cooperano. Il destro capta la melodia nel
suo complesso ed il sinistro la analizza. Così le teorie costruite e ritenute valide fino ai primi
anni ’90, le quali indicavano il solo l’emisfero cerebrale destro come unica parte del cervello ad
intervenire sulla percezione musicale, sono state abbondantemente smentite.
Attualmente a dividere il mondo scientifico sono gli studi che riguardano l’ascolto di musica e i
relativi effetti sulle capacità intellettive.

Tutto ha avuto origine con l’ormai famoso esperimento chiamato ”Effetto Mozart”.
Questo riguardava un’articolo pubblicato nel 1993, da G. Shaw e F. Rauscher, ricercatori
dell’University of California e Irvine, nel quale si sostenevache studenti sottoposti all’ascolto
della Sonata per 2 pianoforti in re maggiore K 448 di Mozart, riuscivano con più facilità in compiti
cognitivi di vario tipo, rispetto ad altri soggetti del gruppo di controllo.
Nella ricerca in questione, 84 studenti di un college furono sottoposti ad una delle tre condizioni
che seguono, per la durata di 10 minuti:
– il primo gruppo ascoltò l’Allegro con spirito della Sonata per 2 pianoforti in re maggiore K 448
di W. A. Mozart,
– il secondo gruppo ascoltò della musica rilassante,
– il terzo gruppo non ascoltò musica.

Ai giovani che parteciparono all’esperimento fu chiesto poi di completare una prova di ragionamento
spaziale tratta dal test “Stanford-Binet” ed i risultati indicarono che gli studenti che avevano
ascoltato il brano di Mozart, avevano ottenuto risultati di 8/9 punti più alti rispetto agli altri
due gruppi. Tale effetto aveva però una durata di soli 10/15 minuti.
Il primo a smentire risultati dell’esperimento fu il Prof. Kenneth Steele dell’Appalachian State
University, il quale affermò che nei risultati nelle sue ricerche non esisteva nessun reale
beneficio.
In seguito (nel 1999), un articolo pubblicato sulla rivista Nature, illustrava lo studio di
Christopher Chabris del Dipartimento di Psicologia della Harvard University, Cambridge,
Massachusetts, presentandol’analisi di 17 studi e affermando che l’effetto Mozartera minore di
quanto emerso altrove.
Si arrivò così ad ipotizzare che l’ascolto di Mozart migliora solamente l’umore di una persona e
quindi le performance derivanti dipendano solo da questo.

Arriviamo così all’inizio del 2006, dove il caso “Effetto Mozart” viene riaperto.
Infatti il team di ricercatori coordinati da Mark Bodner del Mind Institute di Costa Meza, in
California, ha dimostrato pubblicando il proprio lavoro sulla rivista Neurological Research, un
effetto positivo sulle capacità dei topi di laboratorio esposti alla musica del celebre compositore.
I ricercatori americani hanno infatti dimostrato che l’ascolto sistematico della Sonata di Mozart
K448, imposto a diverse batterie di topolini, provoca un incremento della capacità di ”ragionamento
spazio-temporale”. Si tratta dell’abilità, propria anche degli esseri umani, di formare immagini
mentali e di ragionare in base a queste; capacità che nei topolini viene misurata attraverso il
classico test del labirinto.

Così, in un primo studio, batterie di 15 topi di poche settimane sono state sottoposte all’ascolto
sistematico del pezzo mozartiano in questione, per 12 ore al giorno per 10 settimane, mentre ai
gruppi di topolini di controllo è stato fatto ascoltare il pezzo di Beethoven ”Per Elisa”. La
scelta del pezzo di controllo non è casuale. Secondo studi di “imaging funzionale” citati dai
ricercatori, questo pezzo non attiverebbe quelle aree corticali coinvolte nel ragionamento
spazio-temporale. Alla fine dell’ascolto e dopo sei ore di silenzio, i ricercatori hanno potuto
verificare che i topolini sottoposti alla full-immersion mozartiana mostravano una maggiore velocità
di esecuzione del test e un minor numero di errori.

Secondo i ricercatori, “l’Effetto Mozart” non è transitorio ma potrebbe durare per giorni.
A queste affermazioni il mondo scientifico ha reagito con molto scetticismo mobilitandosi nuovamente
per verificare quanto pubblicato sul Neurological Research dal team di ricercatori californiani,
dove si afferma anche che il brano possa servire per normalizzare l’attività dei neuroni in alcune
forme di epilessia.
Rimaniamo… così in attesa della prossima “puntata” sull’Effetto Mozart.

Dove approfondire:

– Bridgett, D.J. and Cuevas, J., Effects of listening to Mozart and Bach on the performance of a
mathematical test. Percept Mot Skills, 2000.
– K.M. Steele, K.E.Bass and M.D.Crook, The mystery of the Mozart effect: failure to replicate.
Psychological Science, 10, 1999.
– Rauscher, F.H., Shaw, G.L. and Ky, K.N. Music and spatial task performance. Nature,1993.
– ALTENMULLER E., How Many Music Centers are in the Brain, in «Annals of the New York Academy of
Sciences», 930, 200 t.
– PERETZ L. e ZATORRE R.J., The Cognitive Neuroscience ot Music, Oxford University Press, 2003.

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da altopotenziale.it

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