a cura di Nuovi Mondi Media
di David W. Orr
L’originale promessa della scienza era di utilizzare il potere della ragione e della conoscenza per
il miglioramento della condizione umana e per il progresso. Quella nobile visione è stata ridotta
per adattarsi a fini ignobili e, peggio, è stata corrotta a scopi che compromettono la dignità e il
futuro umani. Questa manipolazione della scienza, dicono gli autori, è senza precedenti. In breve,
la conoscenza oggettiva viene distorta per fini politici da parte dell’Amministrazione Bush, e
viene travisata o addirittura nascosta al Congresso e al largo pubblico.
A chi fa attenzione, conclusioni come queste non giungeranno inaspettate. Si inseriscono in un
modello più ampio che spazia dall’uso errato di informazioni riservate per giustificare la guerra in
Iraq, la frode sul bilancio, sull’andamento economico, e sugli effetti del taglio delle tasse, e la
lista continua, e per la sua lunghezza e la sua portata è, ancora, senza precedenti. Qualcuno
potrebbe obiettare che tale informazione è faziosa e non dovrebbe stare su questo giornale e non ha
nessuna attinenza con la sua missione di portare la scienza autentica sui problemi di conservazione.
D’altra parte, indipendentemente dallo schieramento politico, la corruzione della scienza e
dell’informazione pubblica per fini politici dovrebbe essere profondamente offensiva, allo stesso
modo, per scienziati e cittadini. Se continuerà, come il metodo di Lysenko (2) nell’Unione
Sovietica, questa corruzione demoralizzerà gli scienziati, degraderà la reputazione della scienza,
e discrediterà l’informazione necessaria per una società libera. E, in modo specifico per quelli che
lavorano nella biologia della conservazione, la ricerca, qualunque sia il suo merito o apporto, non
sarà tenuta in conto o sarà trascurata dagli uffici federali, dal Congresso, e dalla Casa Bianca.
Per quanto negativa sia la recente corruzione della scienza statunitense operata dagli ideologi di
destra per fini politici, c’è un più profondo modello di corruzione descritto recentemente dal
collaboratore del Manchester Guardian George Monbiot (2004) (3). I problemi citati da Monbiot
includono:
il 34% dei principali autori di articoli in giornali scientifici sono compromessi con i loro
fornitori di finaziamenti;
solo il 16% dei giornali scientifici hanno una linea di condotta sui conflitti di interessi, e
solo lo 0.5% degli articoli pubblicati hanno autori che abbiano svelato tali conflitti;
gli scienziati inglesi e statunitensi stanno inserendo i loro nomi su articoli che non hanno
scritto, che sono invece scritti da autori che lavorano per diverse aziende;
l’87% degli scienziati che scrivono linee guida cliniche hanno legami finanziari con aziende
farmaceutiche.
Monbiot, in breve, accusa come alcune branche di scienza universitaria siano sistematicamente
corrotte da denaro aziendale. Nei recenti decenni c’è stata un’autentica inondazione di
finanziamenti aziendali alle grandi università, e possiamo ragionevolmente assumere che la
corruzione sia approssimativamente proporzionale al volume del finanziamento, che non significa, ad
ogni modo, dire che tutta la ricerca così finanziata sia a causa di ciò corrotta.
La corruzione giunge in gradi variabili. La Union of Concerned Scientists e George Monbiot sono
preoccupati degli effetti del fanatismo politico, dell’avidità, e del desiderio di fama
sull’informazione scientifica. Ma c’è una più sottile forma di corruzione attraverso cui il
finanziamento commerciale e il possesso del sapere recidono il libero flusso di idee nella scienza e
deviano interi campi del sapere. Alcune branche di scienza semplicemente non avrebbero prosperato
senza la promessa di una grande ricompensa pecuniaria sia per i ricercatori che per le istituzioni
in grado di brevettare i risultati. E alcuni campi, di considerevole importanza per la prospettiva
umana più ampia, si sono indeboliti perché non offrono tali potenziali. Come risultato, i libri di
testo, i curricula, le agende di ricerca, le decisioni di titolarità, le opportunità di impiego
vengono a riflettere il modello dell’assegnazione e del dono di denaro, non la ricerca della verità
liberamente scelta. Non c’è alcuna cospirazione qui del tipo descritto dalla Union of Concerned
Scientists o George Monbiot. Invece, c’è il potere del denaro di fare quello che il denaro ha sempre
fatto, cioè imporsi in questo caso sottomettendo molta della scienza a finalità commerciali e di
potere determinando perciò le direzioni di interi campi del sapere.
I sostenitori del sistema argomentano che i fondi così ottenuti dalle università sono necessari per
fare la differenza tra aumentare i bilanci e diminuire il contributo pubblico. Ma che la povertà sia
una cosa relativa non è un buon argomento per compromettere l’integrità istituzionale, la fiducia
pubblica, o la ricerca della verità. Gli altri argomentano che la conoscenza acquisita in questi
campi, in qualunque modo finanziata, rappresenta un processo analogo all’evoluzione in cui solo il
più forte sopravvive. Questo non spiega perché ne sappiamo tanto su certe cose, spesso banali o
anche dannose al benessere umano, e così poco su altre cose, come le reali dimensioni della vita
sulla Terra, la biologia della conservazione, la salute delle donne, l’agricoltura senza sostanze
chimiche, o la creazione di città vivibili.
C’è una terza e più profonda causa di corruzione oltre il potere dell’ideologia e il denaro: il
fallimento dello scetticismo scientifico fra gli stessi scienziati. Robert Sinsheimer, in un
notevole articolo pubblicato su Daedalus nel 1978, chiese: Ci potrebbe essere una conoscenza, il
possesso della quale, in un dato momento e stadio di sviluppo sociale, sarebbe nemica del benessere
umano o anche fatale ad una ulteriore espansione della conoscenza? La sua risposta fu affermativa.
Il suo punto di vista era semplicemente che il diritto di libera indagine non dovrebbe essere usato
per scavalcare valori più grandi, inclusa la libertà, la pubblica sicurezza, la qualità
dell’ambiente, e anche la sopravvivenza del genere umano.
C’è, lui sostenne, una conoscenza scientifica che non possiamo controllare e che potrebbe, in un
modo o nell’altro, mettere a repentaglio l’umana sopravvivenza. Ventitré anni dopo, Bill Joy disse
quasi la stessa cosa, facendo un appello per una moratoria sulla ricerca su dispositivi capaci di
autoreplicarsi e intrinsecamente aldilà del controllo umano. Entrambi furono ampiamente ignorati o
respinti come allarmisti. Ma se l’essenza della scienza è lo scetticismo, allora una mancanza di
scetticismo sulla scienza stessa e il contesto più ampio in cui è condotta è ascientifico.
Nonostante né Sinsheimer né Joy offrirono facili risposte, una risposta scientifica sarebbe
risultata in un ampio dibattito sulle più ampie implicazioni della ricerca scientifica e la sua
relazione con il benessere umano.
La corruzione della scienza non iniziò con gli ideologi di destra nell’Amministrazione Bush, o con i
finanziamenti privati, o addirittura con il fallimento degli scienziati a pensare alla scienza in
modo scettico. Le radici del problema tornano indietro fino alla proposta di Francis Bacon (1627) di
unire la scienza e il governo e al suo intento di assoggettare la scienza all’obiettivo del
realizzare tutte le cose possibili. Quell’unione e le sue annesse possibilità restarono dormienti
fino alla Seconda Guerra Mondiale e l’uso ed abuso sistematico della scienza e degli scienziati da
parte dei governi Alleati e dell’Asse allo stesso modo. La scienza tedesca era corrotta ai fini
dell’assassinio e della militarizzazione. Ma la scienza nei paesi Alleati non può proclamarsi
innocente. Testimone l’eredità del Progetto Manhattan: Hiroshima, Nagasaki, mezzo secolo di corsa
agli armamenti, paesaggi radioattivi, e sistematica segretezza del governo. Bacon potrebbe non aver
previsto le dimensioni e la portata della rivoluzione scientifica e le possibilità per i governi di
corrompere la conoscenza applicandola allo sviluppo di orrendi ordigni e alla sorveglianza e
manipolazione dei suoi stessi cittadini.
Un’immagine persino più desolante emerge nella scienza che ha usato i cittadini come cavie per
ricerche evocatrici della scienza nazista: l’Esperimento Tuskegee Syphilis (4) tra il 1932 e il
1972; esperimenti condotti tra il 1950 e il 1969 in cui il governo sperimentò medicine, prodotti
chimici, biologici e radioattivi su ignari cittadini statunitensi; e la deliberata contaminazione di
20000 km quadrati intorno a Hanford, Washington, per valutare gli effetti del plutonio disperso
(Cornwell 2003 (5)). E c’è stato un secolo o più di segreto aziendale sugli effetti ecologici e
sulla salute dell’inquinamento e di un buon numero di prodotti e processi industriali. Se mai
riusciamo a scoprire qualcosa, ciò avviene molto tempo dopo e principalmente grazie a qualche
accidentale breccia nel muro della segretezza.
Guardando avanti, il progresso della scienza accrescerà le tentazioni alla segretezza e l’ulteriore
uso improprio del sapere. Il progresso in molti campi sta creando dilemmi etici per i quali siamo
intellettualmente, moralmente e istituzionalmente impreparati, come Robert Sinsheimer temeva. E il
progresso del sapere in certi campi moltiplicherà le possibilità per i terroristi di tutti i tipi,
inclusi quelli che agiscono in nome del nostro governo mentre crescono le possibilità di errori
umani con gravi conseguenze. La guerra al terrore dell’Amministrazione Bush sta creando nuove
pressioni per militarizzare la scienza e l’industria sotto un denso manto di segretezza. Il
Pentagono già controlla circa metà dei 75 milioni di dollari annuali della ricerca federale e del
bilancio per lo sviluppo, una frazione che certamente aumenterà con la scusa della sicurezza
nazionale e la spinta a militarizzare lo spazio e quindi ad estendere ulteriormente l’egemonia
statunitense.
La scienza il più potente e problematico degli sforzi umani. Nel passato, ci siamo concentrati
prevalentemente sulla sua potenza e promessa, non sui suoi pericoli. E nell’età d’oro della scienza,
da Galileo al principio della scienza Nazista, questo era comprensibile, forse giustificabile. Ma
viviamo adesso in circostanze diverse previste dal Frankenstein di Mary Shelley o da Ahab nel Moby
Dick di Herman Melville. La scienza è cresciuta in potenza e portata senza un adeguato miglioramento
nel nostro giudizio collettivo sui suoi usi propri o limiti, quindi con un piccolo miglioramento
nella nostra capacità di prevedere e prevenire il sapere dannoso al genere umano per le ragioni che
Shelley ha rappresentato e a causa della nostra predisposizione per ossessioni collettive del tipo
descritto da Melville. Fare così ci richiederebbe di pensare più profondamente alla scienza e di
mettere in discussione le relazioni fra la scienza e la democrazia, la legge, e la responsabilità. A
tal fine offro le seguenti osservazioni.
Primo, la relazione tra la conoscenza e l’ignoranza non è a somma zero. La fede nel potere della
ragione che abbiamo ereditato dall’Illuminismo porta con se un crescente fardello di ironia. Il
fatto è che il progresso della scienza, condotto con la fede che la ragione renda la causa e
l’effetto trasparenti e il mondo più controllabile, ha di fatto creato un immensamente complicato
mondo di cose, materiali, sistemi, effetti ecologici, e circoli retroattivi a diverse scale e
orizzonti temporali in cui la causa e l’effetto stanno diventando più difficili da discernere e le
possibilità di controllo (almeno su larga scala) addirittura più remote. Ogni scoperta scientifica
espande il dominio del sapere ma espande anche l’interfaccia tra ciò che conosciamo e l’ignoto, che
equivale a dire che genere ancora più domande, alcune delle quali non riusciremo a porre o a porre
in tempo per evitare problemi seri (e.g., gli effetti dei clorofluorocarburi sullo strato di ozono).
Secondo, la scienza è neutrale solo al livello dei metodi e non al livello più alto al quale i
problemi sono scelti e i campi definiti. Quel livello più alto è determinato dai valori, dalla
politica, dal finanziamento, e da cosa Thomas Kuhn un tempo descrisse come paradigmi metodi
accettati di ricerca, problemi, e strutture che di volta in volta sono prodotti della cultura, della
psicologia e del potere politico.
Terzo, dal punto di vista pubblico, l’attuale pratica della scienza è sempre più lontana ed
esoterica, benché i suoi effetti siano sempre più pervasivi e intrusivi. La sua relazione con il
pubblico ricorda in qualche modo la relazione della teologia distribuita dal Papato in Latino alle
masse illetterate del Medioevo.
Quarto, in materia di conoscenza, il motivo conta. La differenza tra ricerca eseguita nello spirito,
per esempio, della compassione per l’essere vivente di Barbara McClintock e quella motivata dalla
curiosità spinta dal commercio non è banale. Una può condurre al profondo rispetto, l’altra più
probabilmente all’ingegnosa manipolazione della natura o addirittura al sacrilegio. Infine, le non
volute conseguenze ecologiche, sociali ed economiche del progresso scientifico pongono sempre più i
diritti di libera ricerca contro quelli della gente e delle future generazioni alla sicurezza, alla
salute, alla sicurezza, al benessere, alla dignità e ad una piena e integra umanità. Per quanto
Sinsheimer temeva, i risultati della ricerca libera può portare a risultati sempre più presuntuosi e
irreversibili. Sarebbe stupido, penso, dare per scontato il contrario.
Da questa prospettiva, cosa può essere fatto per redimere il potenziale della scienza per il
miglioramento umano come concepito un tempo durante l’Illuminismo? Una risposta è insistere sulla
vigilanza basata su principi da parte degli scienziati. Lo storico britannico John Cornwell
(2003:462 (5)), per esempio, descrive un buono scienziato in questi termini: Lui (o lei) non pone
conoscenza o tecniche pericolose nelle mani di persone indegne di fiducia, tenta di pubblicizzare
con ogni mezzo possibile le conseguenze sociali e ambientali di sapere potenzialmente pericoloso [e]
respinge l’uso delle persone come strumento. Allo stesso tempo nota le forze che lavorano per dubbi
interessi, come i patti Faustiani [che] stanno in agguato in ordinarie richieste di borse di
studio, nella pressione a pubblicare al fine dell’occupazione di un posto e del bilancio del
dipartimento, nel considerare il sapere e della scoperta alla stregua di una comodità che possa
essere posseduta, comprata e venduta.
Non c’è nessun buon argomento contro l’importanza di una giusta valutazione e di una robusta
sensibilità etica esercitata da singoli scienziati. Sebbene necessari, tuttavia, tali qualità sono
insufficienti dati i limiti della natura umana e la percezione individuale e l’ampiezza del
problema.
Una seconda risposta è di migliorare l’educazione nelle scuole e nelle università al fine di creare
persone scientificamente preparate. Raramente tali moniti vanno oltre il proporre una scienza più
essenziale nel curriculum piuttosto che il più vasto obiettivo di preparare le persone per pensare
con razionalità e scetticismo alle tendenze della scienza stessa o agli usi a cui viene asservita.
Il risultato è spesso una specie di superficiale livello di conoscenza finalizzato a creare un ampio
ma acritico appoggio alle grandi scienze e un più profondo stato di torpore pubblico senza mettere
la gente in grado di porre domande serie. In materia di educazione, la letteratura scientifica
dovrebbe essere considerata come un mezzo per fornire alla gente la capacità di pensare criticamente
sulla scienza stessa.
Una terza, e connessa, risposta richiede la creazione di meccanismi che permettano a persone
preparate scientificamente di partecipare alla decisione delle priorità nella ricerca e sviluppo
finanziati pubblicamente. Persone perspicaci sarebbero d’accordo, ad esempio, di pagare per la
scienza necessaria a militarizzare lo spazio o per quella necessaria a cercare avventure sul pianeta
Marte, o anche al Progetto Genoma Umano? Porre queste domande evidenzia il fatto che attualmente
abbiamo pochi meccanismi efficaci per collegare la vita civile e il dibattito pubblico con le scelte
sugli obiettivi della ricerca. Questa disgiunzione può solo insidiare la democrazia e alla fine il
pubblico appoggio alla scienza stessa. Il contro-argomento che la gente non può mai saperne
abbastanza per fare oculate scelte su complessi problemi scientifici è sia faziosa che dubbia alla
luce dei molti esempi dall’esperienza nostra ed Europea in cui la gente ha partecipato
costruttivamente alla decisione sulle direzione della scienza e le sue applicazioni (Sclove
1995:197-328 (6)). Il problema non è la stupidità della gente, la mancanza di interesse, o ancora la
difficoltà del problema, bensì il fallimento dell’immaginazione politica richiesta per creare
istituzioni democratiche innovative adatte a circostanze mutate.
Tutto ciò conduce ad una quarta risposta. C’è una frattura sempre più ampia tra ciò che è ritenuta
la parte più avanzata della scienza ed i reali bisogni umani. Ne sappiamo abbastanza per dire con
sicurezza che l’intersezione tra cambiamento climatico, impoverimento delle forme di vita, declino
dell’ecosistema, e povertà ci stanno trascinando verso quello che è nella migliore delle ipotesi un
futuro sgradito. Sappiamo, anche, che la crescente dinamica fra egemonia economica statunitense
guidata dal combustibile fossile, terrorismo, e militarizzazione sta sviando l’attenzione e le
risorse critiche dallo sforzo per occuparsi dei nostri problemi. Inoltre noi ne sappiamo abbastanza
per dire che i poteri della scienza dovrebbero quindi essere reindirizzati con velocità calcolata
dalla conoscenza banale e anzi pericolosa verso la conoscenza necessaria a:
mettere in atto una rapida transizione dai combustibili fossili all’energia solare; fornire
assistenza sanitaria per tutti sulla Terra;
istituire sistemi agricoli sostenibili;
fornire un riparo a basso costo e alta efficienza;
ripristinare gli ecosistemi danneggiati;
preservare le specie e le ecologie;
sviluppare economie che lavorino con, non contro, i sistemi naturali.
L’originale promessa della scienza era di utilizzare il potere della ragione e della conoscenza per
il miglioramento della condizione umana e al progresso in generale. Quella nobile visione è stata
ridotta per adattarsi a fini ignobili e, peggio, è stata corrotta a scopi che compromettono la
dignità e il futuro umani. La redenzione della scienza è niente meno che lo sforzo di reclamare un
futuro umano diretto da una razionalità più ragionevole, da una scienza più scientifica, e dalla
visione che siamo davvero capaci di elevarci al di sopra delle illusioni, della cattiva volontà e
dell’avidità.
NOTE
(1) Sinsheimer, R.: The presumptions of science, Daedalus 107 (2): 23-36, Union of Concerned
Scientists (UCS), 1978 Sinsheimer, R.: Scientific integrity in policymaking, UCS, Cambridge,
Massachusetts, 2004 (<<)
(2) Trofim Lysenko [NdT] fu un personaggio di rilievo in Unione Sovietica per il suo controverso
approccio alle scienze biologiche, che iniziò con l’agricoltura e portò ad una teoria
dell’ereditarietà che negava l’esistenza dei geni. In particolare insistette sulla capacità di
diverse specie di trasformarsi in altre specie. Sembra che abbia messo a tacere i suoi critici
sfruttando contatti con la Polizia Segreta. (<<)
(3) Monbiot, G.: The corporate stooges who nobble serious science, Manchester Guardian 24 February
(disponibile in http:/www.guardian.co.uk/comment/story/0,3604,1154585,00.html) (<<)
(4) Nell’Esperimento Tuskegee Syphilis [NdT], si lasciò che in un gruppo di 400 neri americani
nell’area di Tuskegee, Alabama, la malattia progredisse fino al terzo stadio per consentire ai
medici di studiarlo, nonostante esistessero efficaci trattamenti per curare la sifilide, scoperti
molti anni prima. L’Esperimento Tuskegee Syphilis durò dal 1932 al 1972, anno in cui terminò solo
perché fu scoperto dalla stampa. Dal 1947, si sapeva che la pennicillina era un trattamento efficace
per la sifilide, tuttavia i rimanenti pazienti del gruppo Tuskegee furono lasciati ammalarsi e
morire per altri venticinque anni. (<<)
(5) Cornwell, J.: Hitler’s scientists, Viking, New York, 2003 (<<)
(6) Sclove, R.:Democracy and technology, Guilford Press, New York, 1995 (<<)
Fonte: www.zmag.org/italy/orr-corruzionescienza.htm
Documento originale The Corruption (and Redemption) of Science
Traduzione di Paolo Casagranda David W. Orr lavora per il dipartimento di Studi Ambientali
all’Oberlin College, Oberlin, Ohio.
A cura di Nuovi Mondi Media
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