La casa sta bruciando ma nessuno se ne accorge – Osho

pubblicato in: AltroBlog 0
La casa sta bruciando ma nessuno se ne accorge

Tratto da: “I segreti della gioia” – di Osho

(Tascabili Bompiani)

[…]

Ho sentito un aneddoto. Alla riunione di un partito conservatore
venne invitato a parlare Lord Mancroft, che si presentò trafelato e
all’ultimo momento. Raggiunta la tribuna, con voce alquanto scossa
disse al pubblico: “Scusatemi se accorcerò un po’ il mio discorso, ma
il fatto è che la mia casa sta bruciando!”.

Ed è quello che accade a chiunque. Anche la tua casa sta bruciando, ma
non ne sembri minimamente scosso.

Tutti hanno la casa in fiamme, ma nessuno se ne accorge. Non sei
consapevole della morte, del fatto che la vita ti sta scivolando dalle
mani. A ogni istante stai morendo, stai perdendo un’opportunità
irripetibile. Il tempo perduto è perduto per sempre: non puoi fare
nulla per riacquistarlo e la tua vita diventa più breve a ogni
istante.

Ecco cosa intendo quando dico che anche la tua casa è in fiamme. Ma
non sembra che la cosa ti preoccupi, ti inquieti: non ne sei affatto
consapevole. La realtà è sotto i tuoi occhi, ma non ci fai caso. E
tutti pensano che ci sia abbastanza tempo per fare qualcosa. Non c’è
tempo, perché ciò che occorre fare è così tanto che il tempo non basta
mai.

Una volta il diavolo rimase per anni in attesa di qualcuno che
scendesse all’inferno: sulla Terra tutto funzionava così bene e la
gente era tanto buona che nessuno andava all’inferno. Naturalmente,
il diavolo si preoccupò. Indisse un concilio di emergenza. I suoi
discepoli più importanti si riunirono per discutere la situazione;
l’inferno stava attraversando una grande crisi e questo non poteva
essere tollerato.

Bisognava fare qualcosa. Per cui il diavolo chiese consigli: “Cosa
dovremmo fare?”. Un discepolo suggerì: “Andrò sulla Terra e cercherò
di convincere la gente che Dio non esiste, che le religioni sono
false e che tutto ciò che dicono la Bibbia, il Corano e i Veda sono
sciocchezze”.

Il diavolo rispose: “Non funzionerà, perché è ciò che facciamo da
sempre e non abbiamo ottenuto grandi risultati. Con questi
insegnamenti puoi convincere solo chi è già convinto. Dunque questa
proposta non è di grande aiuto”.

Allora il secondo discepolo, più scaltro del primo, disse: “Andrò
sulla Terra e cercherò di convincere la gente che tutto ciò che
dicono la Bibbia, il Corano e i Veda è vero. Il paradiso e Dio
esistono, ma poiché il diavolo e l’inferno non esistono, non occorre
preoccuparsi. Se riusciamo a diminuire la loro paura, non penseranno
più alla religione, perché tutte le religioni si basano sulla paura”.

Il diavolo rispose: “La tua proposta è migliore. Potresti riuscire a
convincere una minoranza, ma la maggioranza non ti ascolterà. La gente
non è tanto spaventata dall’inferno, più che altro è avida del
paradiso. Anche se riuscissi a convincerli che l’inferno non esiste,
vorranno sempre entrare in paradiso e per questo cercheranno di
essere buoni. Quindi, nemmeno questa proposta è molto utile”.

Poi il terzo discepolo, il più scaltro di tutti, disse: “Ho un’idea.
Dammi la possibilità di provarla. Andrò sulla Terra e dirò che tutto
ciò che affermano le religioni è assolutamente vero. Esistono Dio, il
diavolo, il paradiso e l’inferno, ma non c’è fretta”.

E il diavolo disse: “Perfetto! Tu hai il sistema giusto. Va’ pure!”.

E si dice che da allora l’inferno non abbia più conosciuto crisi.
Anzi, ha un problema di sovrappopolazione.

Così funziona la nostra mente: pensiamo sempre che non ci sia fretta.
Le tecniche di cui stiamo parlando sono inutili se pensi che non c’è
fretta. Rinvio dopo rinvio, la morte arriverà per prima; quel giorno
non arriverà quando penserai che è giunto íl momento di affrettarsi.
Per tutta la vita non abbiamo fatto che rinviare.

Devi deciderti, fare qualcosa. Sei in crisi: la casa è in fiamme. La
vita è sempre in fiamme, perché la morte è costantemente dietro
l’angolo: in qualsiasi momento potresti non esserci più. E non puoi
metterti a discutere con la morte, non puoi fare nulla; quando
accade, accade. Il tempo è poco, anche se vivrai settanta o cent’anni,
il tempo è molto poco. Ciò che devi fare per trasformarti, per mutare,
per diventare un essere nuovo è un lavoro enorme. Non rinviare.

Se non hai la sensazione di trovarti in un’emergenza, in una crisi
profonda, non farai nulla. Se la religione non diventa una questione
primaria, se non senti che evitando di trasformarti stai sprecando la
vita… solo se senti tutto ciò in modo profondo, acuto e onesto,
queste tecniche saranno di qualche aiuto. Infatti, la comprensione da
sola è inutile se non fai nulla; in realtà, se non fai nulla, non le
hai comprese, perché la comprensione deve trasformarsi in azione. Se
non diventa azione, rimane solo un sapere, non è una comprensione.

Cerca di comprendere questa distinzione. Il sapere non è comprensione:
non ti costringe ad agire, a cambiare. Non ti obbligherà a fare
niente, lo accumulerai nella mente e diventerà informazione.
Diventerai più colto, ma con la morte finirà tutto. Continui a
raccogliere un’infinità di cose senza farci nulla: diventano
semplicemente un peso.

Comprensione vuol dire azione. Quando comprendi una cosa, cominci a
lavorarci subito, perché se senti che è giusta, devi fare qualcosa.
Altrimenti, tutto resta preso in prestito e la conoscenza presa in
prestito non può trasformarsi in comprensione. Puoi dimenticare che è
presa in prestito… ti piacerebbe, perché il fatto che sia presa in
prestito ferisce l’ego. Per questo lo dimentichi, a poco a poco
cominci a sentirla come tua e questo è molto pericoloso.

Ho sentito un aneddoto… I fedeli di una chiesa erano molto
preoccupati per il loro parroco. Venne un momento in cui i membri di
quella congregazione gli dissero apertamente: “Devi andartene”.

Il prete rispose: “Datemi un’altra possibilità, una sola e, se non
avete cambiato opinione, me ne andrò”.

Dunque, la domenica successiva tutta la città si raccolse in chiesa
per vedere cosa avrebbe fatto il parroco, ora che aveva un’ultima
possibilità. Nessuno avrebbe mai sospettato, mai immaginato che quel
giorno il prete avrebbe pronunciato un sermone così bello. Non
avevano mai sentito cose simili.

Sorpresi e felici, alla fine del sermone tutti si raccolsero intorno a
lui, dicendo: “Non occorre che te ne vada. Non abbiamo mai sentito
cose così belle; per favore resta qui. Naturalmente, con uno stipendio
migliore”.

Tuttavia un uomo, uno dei fedeli più influenti, chiese: “Dimmi una
cosa. Quando hai cominciato il sermone, hai sollevato la mano sinistra
mostrando due dita. Quando hai finito il sermone, hai sollevato la
mano destra, mostrando ancora due dita. Qual è il significato di
questo gesto?”.

Il prete rispose: “È semplicissimo: quelle dita stanno a indicare le
virgolette. Quel discorso non era mio: l’ho preso in prestito!”.

Ricorda sempre quelle virgolette. È bello dimenticarle: ti senti
meglio, ma tutto ciò che conosci sta tra virgolette, non è farina del
tuo sacco. E puoi lasciare cadere quelle virgolette solo quando una
cosa diventa la tua esperienza.

Queste tecniche servono a trasformare la conoscenza in esperienza, in
comprensione. Ciò che appartiene al Buddha, a Krishna o a Cristo può
appartenere a te attraverso queste tecniche, cioè può diventare tuo:
nessuna verità è autentica se non diventa tua. Può essere una grande
bugia, una bellissima bugia, ma nessuna verità è tale se non diventa
la tua esperienza autentica e individuale.

Tre punti. Il primo: ricorda sempre che la tua casa è in fiamme.
Secondo: non ascoltare il diavolo, che ti dirà sempre che non c’è
fretta. E terzo: ricorda che il sapere non è comprensione. Tutto ciò
che sto dicendo adesso per te avrà il valore di un’informazione; è
necessaria, ma non sufficiente: è l’inizio del tuo viaggio, non la
meta. Fa’ qualcosa affinché quel sapere non resti un’informazione o
un ricordo, ma si trasformi nella tua esperienza e nella tua vita.

Ora la prima tecnica:

“Ogni cosa viene percepita attraverso la conoscenza.
Il sé splende nello spazio attraverso la conoscenza.”

Percepisci un essere come colui che conosce e il conosciuto.

Ogni volta che conosci qualcosa, ciò avviene attraverso il conoscere.
L’oggetto entra nella tua mente attraverso la facoltà del conoscere.
Guardi un fiore, sai che è una rosa; qualcosa passa da te alla rosa,
viene proiettato su quest’ultima. Un’energia parte da te, arriva alla
rosa, prende la sua forma, il suo colore, il suo profumo e torna
indietro portando l’informazione che questa è una rosa.

Tutto ciò che sai, qualunque sia l’oggetto, si rivela attraverso la
facoltà del conoscere. Il conoscere è una tua facoltà. Il sapere si
accumula grazie a questa facoltà. Ma il conoscere rivela due cose: il
conosciuto e il conoscitore. Ogni volta che conosci una rosa, se
dimentichi colui che conosce, la tua conoscenza si ferma a metà.
Mentre conosci una rosa, ci sono tre oggetti: la rosa (il
conosciuto), tu (il conoscitore), la relazione tra questi due (il
conoscere).

Quindi, la conoscenza può essere divisa in tre parti: il conoscitore,
il conosciuto e il conoscere. Il conoscere è come un ponte tra questi
due punti, il soggetto e l’oggetto. Di solito, la tua conoscenza
rivela solo il conosciuto, mentre colui che conosce rimane celato. La
tua conoscenza è unidirezionale: rivela la rosa, non te. Se non
comincia a dirigersi verso di te, tale conoscenza ti permetterà di
conoscere il mondo, ma non te stesso.

Tutte le tecniche di meditazione servono a scoprire colui che conosce.
George Gurdjieff usava una tecnica particolare, simile a questa. La
chiamava rimembranza di sé. Diceva che ogni volta che conosci
qualcosa, devi sempre ricordare colui che conosce. Non perderlo
nell’oggetto; ricorda il soggetto. In questo istante, mi stai
ascoltando. Quando mi ascolti, puoi farlo in due modi. Uno: la tua
mente può focalizzarsi su di me. In questo caso, dimentichi colui che
ascolta. Conosci colui che parla, ma dimentichi chi ascolta.

Secondo Gurdjieff mentre ascolti devi conoscere non solo chi parla, ma
anche chi ascolta. La tua conoscenza deve essere duplice, orientata in
due direzioni: il conoscitore e il conosciuto. Non deve fluire in
un’unica direzione, verso l’oggetto. Deve scorrere simultaneamente in
due direzioni: il conosciuto e il conoscitore. Questa viene chiamata
rimembranza di sé.

Quando osservi un fiore, ricorda anche colui che sta osservando. È
difficile, perché se cerchi di farlo, se cerchi di essere consapevole
di colui che conosce, ti dimenticherai la rosa. Sei così abituato a
essere unidirezionale che ci vorrà del tempo. Se diventi consapevole
di colui che conosce, dimenticherai il conosciuto. Se diventi
consapevole del conosciuto, dimenticherai colui che conosce.

Ma con un po’ di sforzo puoi essere consapevole di entrambi allo
stesso tempo. E quando riesci a essere consapevole di entrambi allo
stesso tempo, percepirai ciò che Gurdjieff definisce rimembranza di
sé. È una delle tecniche più antiche utilizzate dal Buddha e Gurdjieff
l’ha introdotta nel mondo occidentale.

ll Buddha la chiamava samyak smriti, il giusto ricordo. Diceva che la
tua mente, se conosce un solo punto, non è in un giusto stato di
attenzione. Deve conoscere entrambi. E poi accade un miracolo: se sei
consapevole sia del conoscitore che del conosciuto, improvvisamente
diventi una terza realtà. Non sei né l’uno né l’altro. Cercando di
essere consapevole del conoscitore e del conosciuto, diventi una terza
realtà, un testimone. Nasce immediatamente una terza possibilità: un
sé testimone. Infatti, come potresti conoscere entrambi? Se sei il
conoscitore, resti fissato su un punto. Nella rimembranza di sé ti
sposti dal punto fisso del conoscitore, in quel caso il conoscitore è
la tua mente, il conosciuto è il mondo e tu diventi un terzo punto: la
consapevolezza, un sé testimone.

Questo terzo punto non può essere trasceso e ciò che non può essere
trasceso è l’Assoluto. Ciò che può essere trasceso non ha valore,
perché non è la tua natura: puoi trascenderlo.

Cercherò di spiegartelo con un esempio. Di notte dormi e sogni. Quando
ti svegli al mattino, del sogno non c’è più traccia. Nello stato di
veglia non esistono sogni; entri in un mondo diverso: cammini per le
strade, lavori in fabbrica o in ufficio. Poí torni a casa e di nuovo
ti addormenti, a quel punto il mondo che conoscevi da sveglio
scompare. Non ricordi più chi sei, non sai se sei nero o bianco,
povero o ricco, saggio o stupido. Ignori tutto. Non sai se giovane o
vecchio, uomo o donna. Tutto ciò che è collegato alla consapevolezza
della veglia scompare, entri nel mondo dei sogni. Ti dimentichi il
mondo della veglia, non esiste più. Al mattino, il mondo dei sogni
scompare di nuovo, ritorni nel mondo della veglia.

Qual è il mondo reale? Mentre sogni, il mondo reale, quello che
conoscevi da sveglio, non esiste più, quindi non puoi fare paragoni. E
mentre sei sveglio, il mondo dei sogni non esiste più. Qual è dunque
il mondo reale? Perché definisci “irreale” il mondo dei sogni? Con
quale criterio? Se rispondi: “Perché scompare quando mi sveglio”, non
può essere il criterio, perché il mondo della veglia scompare quando
ti addormenti. E, in realtà, se questa fosse la regola, il mondo dei
sogni potrebbe essere più autentico, perché mentre da sveglio puoi
ricordare i sogni, quando dormi non sei in grado di ricordare la
consapevolezza della veglia e il suo mondo. Quale mondo, dunque, è più
reale e autentico? Il mondo dei sogni elimina completamente quello che
chiami il mondo reale, mentre quest’ultimo non è in grado di fare
altrettanto con il mondo dei sogni: apparentemente il mondo dei sogni
è più consistente e reale. Qual è, allora, il criterio? Come
giudicare? Come fare paragoni?

Secondo il Tantra entrambi i mondi sono irreali. Dunque, cos’è reale?
Il Tantra sostiene che è autentico chi conosce sia il mondo dei sogni
che quello di veglia, perché egli non viene mai trasceso o
cancellato. Che stia sognando o che sia sveglio, resta presente.

Secondo il Tantra è reale chi conosce i sogni, ma sa quando sono
finiti e conosce il mondo della veglia, ma sa quando questo è
scomparso. Egli resta sempre presente e ciò che non può essere
cancellato da alcuna esperienza è reale. Quello che non può essere
trasceso, oltre il quale non puoi spingerti, è íl tuo sé: se potessi
andarne oltre, non sarebbe il tuo sé.

La tecnica che Gurdjieff chiamava “rimembranza di sé”, quella che il
Buddha definiva “giusto ricordo” e questo su-tra tantrico conducono
tutti allo stesso punto. Portano a una realtà dentro di te, che non è
né il conosciuto né il conoscitore, ma è un sé testimone che conosce
entrambi.

Questo sé testimone è l’Assoluto oltre il quale non puoi andare,
perché ora tutto ciò che farai sarà una testimonianza. Non puoi
spingerti oltre il testimone. Per cui, il testimone è il substrato
fondamentale, il terreno basilare della consapevolezza. Questo sutra
te lo rivelerà.

“Ogni cosa viene percepita attraverso la conoscenza.
Il sé splende nello spazio attraverso la conoscenza.”

Percepisci un essere come colui che conosce e il conosciuto.

Se riesci a percepire in te stesso un punto che è sia il conoscitore
sia il conosciuto, hai trasceso l’oggetto e il soggetto, la materia e
la mente, l’esteriore e l’interiore. Sei arrivato a un punto in cui il
conoscitore e il conosciuto sono una cosa sola: non esiste divisione.

Se c’è la mente, resterà la divisione. Solo in presenza del sé
testimone, la divisione scompare. Con esso non puoi dire chi è il
conosciuto e chi il conoscitore: il testimone è entrambi. Ma ciò deve
basarsi sull’esperienza, altrimenti diventa una discussione
filosofica. Prova, fa’ degli esperimenti.

Siediti vicino a una rosa e osservala. La prima cosa da fare è essere
profondamente attenti, dare alla rosa un’attenzione totale, in modo
che tutto il mondo scompaia e resti solo la rosa. La tua
consapevolezza è totalmente presente all’essere della rosa. Se
l’attenzione è totale, il mondo scompare, perché più l’attenzione si
concentra sulla rosa, più tutto il resto scivola via. Il mondo
scompare, resta solo la rosa. La rosa diventa il mondo.

Questo è il primo passo: concentrarsi sulla rosa. Se non riesci a
concentrarti su di essa, sarà difficile passare al conoscitore,
perché la tua mente sarà sempre distratta. Per cui la concentrazione
diventa il primo passo verso la meditazione. Solo la rosa rimane,
tutto il mondo è scomparso; adesso puoi andare dentro di te, la rosa è
diventata il punto di partenza. Ora guarda la rosa e comincia a
diventare consapevole di te stesso, di colui che conosce.

All’inizio non ce la farai. Quando ti sposterai verso il conoscitore,
perderai consapevolezza della rosa; si allontanerà, diventando
nebulosa e distante. Allora tornerai alla rosa, ma dimenticherai il
sé. Questo giocare a nascondino andrà avanti per un po’, ma, se
persisti, prima o poi arriverà un momento in cui ti troverai
improvvisamente nel mezzo. Saranno presenti colui che conosce — la
mente — e la rosa e tu sarai esattamente nel mezzo, intento a
osservarli entrambi. Quel punto mediano, quel punto di equilibrio, è
il testimone.

Una volta che lo conosci, sei diventato entrambi. Allora la rosa e la
mente — il conosciuto e il conoscitore — saranno semplicemente due
ali. L’oggetto e il soggetto sono due ali e tu sei in mezzo a esse.
Sono tue estensioni. Sia il mondo sia il divino sono tue estensioni.
Sei arrivato al centro dell’essere e questo centro non è altro che un
testimone.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *