Nei consumatori recenti o assidui la cannabis influisce negativamente sulla funzione cognitiva che
ci permette di fare ragionamenti complessi e prendere decisioni.
3 febbraio 2025 – Elisabetta Intini
L’uso abbondante di cannabis, sia esso recente o consolidato nel tempo, è legato a una riduzione
dell’attivazione cerebrale nei compiti di memoria di lavoro, la funzione cognitiva che sfruttiamo
per concentrarci su ragionamenti complessi o per prendere decisioni.
Mentre l’uso frequente e abitudinario di cannabis è associato a riduzioni a lungo termine
dell’attività del cervello nei compiti di memoria, aver fumato cannabis di recente può causare un
declino temporaneo in questo tipo di performance cognitiva. A dirlo è il più ampio studio mai
condotto sull’impatto della cannabis sulla funzionalità cerebrale durante le attività cognitive,
pubblicato su JAMA Network Open.
SCANSIONI CEREBRALI. Un team di ricercatori della Scuola di Medicina dell’Università del Colorado ha
usato i dati dello Human Connectome Project (un progetto che ha lo scopo di mappare i percorsi
neurali sottostanti alle principali funzioni cerebrali umane) su 1.003 adulti di età compresa tra i
22 e i 36 anni, sottoposti tra il 2010 e il 2015 a risonanza magnetica funzionale (fMRI) durante
sette test per valutare l’attivazione cerebrale in compiti che riguardavano: memoria di lavoro,
sistema della ricompensa, emozioni, linguaggio, controllo motorio, capacità relazionale e teoria
della mente.
DIFFERENZE DI CONSUMO. In base all’uso che facevano di cannabis i partecipanti sono stati suddivisi
in tre gruppi: non consumatori (meno di 10 spinelli fumati nel corso della vita); consumatori
moderati (da 10 a 999 canne fumate) e consumatori pesanti (oltre 1.000 canne fumate). L’uso recente
di cannabis è stato valutato con un esame delle urine che ha individuato i metaboliti di THC
(delta-9-tetraidrocannabinolo), sostanza psicoattiva nonché il principio attivo chiave della
cannabis.
UNA FUNZIONE FONDAMENTALE. La memoria di lavoro è una sorta di magazzino temporaneo che ritiene un
numero limitato di informazioni da utilizzare nell’immediato quando ragioniamo, lavoriamo o dobbiamo
prendere decisioni: ci consente per esempio di comprendere un testo in più passaggi, comprendere
istruzioni orali, compiere una sequenza di azioni attingendo a un serbatoio di dati appena
acquisiti. Quando questa facoltà è compromessa, può risultare difficile compiere operazioni di
routine come ricordarci un indirizzo, rammentare una lista della spesa, studiare.
MENO PERFORMANTI. L’8,8% dei partecipanti allo studio ha riferito di essere un consumatore pesante e
abituale di cannabis, un’abitudine che è risultata associata a una riduzione dell’attivazione
cerebrale nei compiti di memoria di lavoro. Maggiore era stato l’uso dichiarato di cannabis, minore
è risultata l’attivazione del cervello durante questo tipo di funzione cognitiva.
In particolare sono risultate meno reattive le regioni della corteccia dorsomediale prefrontale e
dorsolaterale prefrontale e insula anteriore, che giocano un ruolo importante nei processi
decisionali, di pianificazione e in altre funzioni cognitive superiori – deficit che preoccupano
soprattutto se riguardano persone chiamate a svolgere, per lavoro, compiti cognitivamente complessi.
DEFICIT DURATURI. I consumatori pesanti e “a vita” di cannabis hanno mostrato una ridotta
attivazione cerebrale nei compiti di memoria di lavoro anche quando dalle analisi sono stati esclusi
coloro che avevano consumato cannabis da poco. Significa che la sostanza potrebbe influire
negativamente su questa funzionalità nel lungo termine: l’esposizione cronica al THC potrebbe
infatti ridurre la densità di recettori cannabinoidi (CB1) nel cervello ai quali il THC si lega,
finendo per desensibilizzarli.
DANNI NELL’IMMEDIATO. Anche l’esposizione alla cannabis “in acuto” (cioè quella degli utilizzatori
recenti, pari al 10,6% dei volontari, stando agli esami delle urine) è parsa influire negativamente
sull’efficienza cognitiva, in particolare nella memoria di lavoro e in compiti motori: un fatto da
tenere a mente se si è chiamati a svolgere compiti cognitivi complessi per motivi di lavoro o di
vita (come mettersi alla guida). Gli autori suggeriscono tuttavia che l’astinenza dalla cannabis
nelle settimane che precedono compiti cognitivi difficili potrebbe aiutare gli utilizzatori moderati
e non troppo assidui a migliorare le performance.
jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2829657
da focus.it
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