Intelligenza collettiva 3

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Intelligenza collettiva 3

di: Alessio Mannucci

Il “web che pensa”, l’infrastruttura di rete che sta nascendo grazie ai progetti collaborativi e
all’organizzazione sempre più raffinata di idee e contenuti chiamata Web 2.0, stà trovando un
alleato prezioso nel crescente utilizzo dei “tag”: l’attività di “tagging” consiste
nell’attribuzione di una o più parole chiave, dette appunto tag, che individuano l’argomento di cui
si sta trattando a documenti, o più in generale files su internet, per catalogare le informazioni
correlate agli utenti (in Italia, è stato il sito RadioRadicale.it uno dei primi ad etichettare i
propri contenuti). Molti software per gestire blog supportano gli standard che si sono sviluppati
attorno ai tags. Esistono anche i “geotags”, parole chiave che descrivono elementi geografici: il
“geotagging”, oltre al semplice tagging che identifica elementi culturali, consente anche di
identificare fisicamente nello spazio quanto pubblicato sul web.

Su Flickr si usano “nuvole semantiche”, su YouTube i tag descrittivi dei video. Il fenomeno è in
crescita, come attestato da una recente ricerca di mercato a curadi Pew Internet & American Life
Project, secondo cui, nel corso di dicembre 2006, il 28% dei netizen ha fatto uso di tag, etichette
e catalogazioni più o meno specifiche di contenuti on-line come foto, video, news o entry di blog.
In un giorno di connessione tipico, il 7% degli utenti sostiene di dedicarsi a questa opera di
classificazione. La ricerca, però, basata su interviste online e telefoniche, mette anche in
evidenza come la pratica del tagging sia in realtà più complessa di quel che sembra: alcuni siti, ad
esempio, permettono di catalogare i contenuti in maniera così semplice che gli utenti non sanno di
stare partecipando alla costruzione del Web 2.0.

Nel frattempo, continuano a crescere gli utenti di internet in tutto il mondo. Per quanto riguarda
l’Italia, Nielsen//NetRatings ha comunicato i dati ufficiali relativi allo scenario Internet in
Italia nel mese di marzo 2007: sono 18,8 milioni gli utenti che si sono connessi al Web almeno una
volta nel mese da casa o dal luogo di lavoro (+2% rispetto a febbraio 2007, +5% rispetto a marzo
2006), e che diventano 20,7 milioni se si prende in considerazione anche chi ha utilizzato
applicazioni quali l’instant messenger o i programmi per scaricare musica e film. «Il mondo del Web
2.0, in particolare quello dei contenuti digitali audiovisivi, è il beneficiario privilegiato
dell’alta velocità.

L’ampliamento della banda consente una nuova esperienza di navigazione, più dinamica e appagante,
capace di coniugare la fruizione televisiva dell’immagine e dei suoni con l’interattività della
rete», ha dichiarato Ombretta Capodaglio, Marketing Manager Nielsen//NetRatings. A conferma dei
successi dei siti del Web 2.0 come YouTube, i canali video di Libero, Alice, Google e le Web TV
(come le sezioni TV e Multimedia di Repubblica e i Mediacenter di Corriere e Gazzetta), ma anche dei
motori di ricerca “umani” come Wikipedia (6,6 milioni di utenti, più che raddoppiati nell’ultimo
anno) e Yahoo ! Answers (che in 10 mesi ha raggiunto un’utenza di 2,2 milioni) e dei siti dove
costruirsi una vita virtuale come Second Life (ancora poco visitato in Italia, ma che solo
nell’ultimo mese ha visto triplicare la propria utenza).

Technorati segnala la classifica dei migliori motori di ricerca Web 2.0, che, in un modo o
nell’altro, offrono sistemi alternativi dei presentazione dei dati, stilata recentemente dall’OEDB
(Online Education Database): FlickrStorm,ad esempio, consente, oltre la semplice ricerca per
parole-chiave, anche una ricerca indirizzata verso aree specifiche, che può essere raffinata
mediante ulteriori termini correlati; Keotag, a partireda Del.icio.us, scandaglia i social bookmark
e può fungere anche da generatore di tag e link; Whonu è un eccellente aggregatore di tag, che
permette un’infinità di combinazioni per ricerchepersonalizzate e differenziate per categoria;
Mnemomap punta invece sulla visualizzazzione grafica dei risultati, dopo aver setacciato i
principali “tagging site”; Ujiko, con una interfaccia da videogioco, presenta i risultati
circolarmente, mentre Tagnautica opta per sfere ondulanti. Tutti esperimenti da cui potrebbe nascere
l’effettivo Web 2.0 del prossimo futuro.

Un diverso modo di organizzare e presentare l’enorme quantità di informazioni disponibili su
internet è d’altronde quanto mai necessario. Gli esperti sono preoccupati dall’ “information
overload” e dalla relativa perdita di attenzione che ne può derivare, così come dall’aumento di
stress che potrebbe provocare. Qualcuno si è spinto perfino a dire che la quantità di dati è tale
che l’adattamento ad essa impedirà, in un futuro prossimo, di dedicare un coinvolgimento reale
nell’utilizzo dei nuovi media.

Tim O’Reilly, l’editore e intellettuale della rivoluzione digitale, cuolui che ha inventato la
definizione di Web 2.0 (al Web 2.0 Summit del 2005), qualsiasi cosa voglia dire oggi, ha presentato
al Moscone Center di San Francisco il “Web 2.0 Expo”, una conferenza a cui hanno partecipato
diecimila persone, decine di workshop e saloni, e una serie di speaker di tutto rilievo, da Jeffrey
Bezos di Amazon a Eric Schmidt di Google e Jeff Weiner di Yahoo!. «L’informatica persistente, le
connessioni globali, l’integrazione tra rete e business non sono affatto finite», ha detto O’Reilly,
«non va persa la fiducia nell’integrazione costante e proficua tra tecnologia, imprenditoria e
individui come strumento di grande potenzialità per l’intero pianeta a ogni livello. Si tratta di
costruire un network globale in grado di sfruttare a pieno l’intelligenza collettiva fornita da
tutti coloro che sono connessi, come facenti parte di una stessa grande macchina».

È ormai noto che il Web 2.0 rappresenta l’insieme delle tecnologie e metodologie che caratterizzano
la seconda generazione del World Wide Web basate fondamentalmente su due paradigmi: l’inserimento di
contenuti direttamente da parte degli utenti finali (blog, wiki, forum ecc.) e l’immagazzinamento
delle informazioni non più sul client, ma sul server, con accesso dell’utente tramite Web browser.
TopQuadrant e Franz – aziende di punta nella programmazione di tool di sviluppo in questo settore –
hanno comunicato che intendono unire le forze e i loro prodotti – TopBraid Composer e AllegroGraph
64-bit – in un unico ambiente di sviluppo semantico per il Web. La “Semantic Technology”, che aiuta
i computer a meglio interpretare i dati, è particolarmente utile quando si tratta di organizzare ed
utilizzare grandi quantità di informazioni, oltre che per tutte quelle applicazioni che si occupano
di ricerca di informazioni, proprio perché permette agli elaboratori di effettuare relazioni tra gli
elementi a disposizione. Una ricerca per keyword restituisce infatti solo i documenti che contengono
quella parola specifica senza distinzione di contenuto, mentre una ricerca semantica restituisce
solo informazioni relative al particolare significato della parola.

Il Semantic Web però ancora non esiste, perché ancora non ci sono adeguati tool di sviluppo che
permettano di realizzarlo. “Noi dobbiamo costruire questi applicativi per far sì che il Semantic Web
possa decollare” ha detto Ralph Hodgson, co-fondatore nonché executive partner di TopQuadrant,
aggiungendo che attualmente le applicazioni semantiche non sono particolarmente efficienti in fatto
di scalabilità, utilizzando database e ambienti di sviluppo di tipo convenzionale. Esistono svariate
specifiche semantiche per il Web, protocolli e linguaggi, inclusi RDF (Resource Description
Framework), il Web Ontology Language, e SPARQL Query Language for RDF, oltre a tecnologie collegate
come XML, che danno agli sviluppatori la possibilità di organizzare i dati in framework di tipo
semantico. Quello che l’unione TopQuadrant-Franz aggiungerà a questo panorama è un ambiente di
sviluppo grafico con un database integrato basato su Eclipse, appositamente ideato per gestire
grandi quantità di dati RDF. Attualmente, molte società, come la farmaceutica GlaxoSmithKline e la
Kodak, stanno testando AllegroGraph 64-bit per realizzare infrastrutture che rispondano meglio alle
esigenze di marketing e produttività.

Jeff Bezos ha dettagliato la sua nuova carta: la creazione di mega data-center per offrire in
affitto spazi, infrastrutture, servizi web, puntando più in là a creare “magazzini globali” anche
per merci fisiche. Un outsourcing tagliato su misura per utenti, start-up e aziende di ogni
grandezza e Paese, con tariffe da pochi spiccioli, pagando “on-the-go”, per “bevanda” consumata.
Anche se per ora, ha ammesso, «siamo nettamente in rosso con i conti». Kevin Lynch, di Adobe, ha
parlato della nuova piattaforma Apollo, mirata a integrare i benefici delle applicazioni Web con le
tipiche capacità dell’ambiente desktop, onde arrivare a far girare sul proprio PC in maniera
autonoma i programmi che consentono poi l’interazione con i maggiori siti online. eBay sta già
testando un applicativo basato su Apollo grazie al quale gli utenti possono operare in modo fluido,
off-line, sui suoi siti di aste online. Bill Tancer di Hitwise e il boss di Technorati, Dave Sifry,
hanno poi snocciolato i dati relativi allo “State of the Web 2.0”: mentre i più giovani consultano
spesso Wikipedia, a inserire e rivederne le voci sono persone più adulte; rispetto all’upload dei
video online, i meno rappresentati sono quelli compresi tra 18 e 24 anni; in discesa la percentuale
di blog attivi, dal 36% di maggio 2006 al 21% di marzo 2007; aumentano i blog in lingue diverse
dall’inglese (tuttora in vetta con il 43%), con il giapponese al 37%, il cinese all’8% e lingue
inaspettate come il farsi che raggiunge l’1%.

All’Expo si sono anche potute mettere in luce esperienze meno note, come Esnips, una rete sociale
che vanta oltre 2 milioni di utenti registrati e 10 milioni di visite al mese in poco più di un anno
di attività. Alle spalle c’è una piccola azienda di Tel Aviv che ora, guarda caso, pensa di
trasferirsi in Silicon Valley. Ha destato poi un certo scalpore l’incontro tra alcuni rappresentanti
di Microsoft, Google, Mozilla e Opera per discutere del futuro “browser Web” mediante applicazioni
Web 2.0. Oltre ai problemi legati alla sicurezza, l’opinione comune degli sviluppatori intervenuti
pare essere quella secondo cui il vero sforzo vada fatto nel garantire la possibilità di utilizzare
le stesse applicazioni su differenti browser. Da parte sua, Mozilla Foundation si è già lanciata in
grande stile nel Web 2.0. con il nuovo add-on The Coop, un motore multisharing che permette la
condivisione in tempo reale dei contenuti tra utenti tramite il browser. Rilasciato per ora a
livello di prototipo nella versione 0.1, The Coop fa proprie le precedenti esperienze dei circuiti
Zweitgeist e Dai.sy, e le sperimentazioni XMPP di Hyperstruct, per implementare direttamente su una
barra laterale del browser gli elementi di social networking.

In particolare, sarà permesso condividere foto, video, link, profili, tags, blog, rss, senza aver
bisogno di webserver che facciano da tramite. Una sorta di peer-to-peer via browser che si
preannuncia vincente già nell’idea, e su cui decine di sviluppatori si stanno gettando con anima e
corpo. Eric Schmidt, di Google, invece, ha annunciato l’acquisto di Tonic System, società che da
tempo propone una soluzione basata su Java per lo sviluppo di una nuova applicazione web che
affiancherà le attuali soluzioni Google Docs & Spreadsheets. Il nuovo elemento permetterà di gestire
in modo pratico e versatile le presentazioni multimediali e offrirà funzionalità simili a quanto
garantito da Microsoft PowerPoint. Il boss di Google ha anche aggiunto che le applicazioni web based
offerte dalla propria azienda non intendono competere con la suite di Microsoft.

Ma accanto agli entusiasti ci sono anche i “Web 2.0-scettici”: HitWise, la nota società di
Consulenza e Marketing Internet fondata da Adrian Giles ed Andrew Barlows, ha lanciato l’allarme
sull’attività degli utenti online, ancora troppo passivi. Sono pochissimi infatti gli utenti che
partecipano alla costruzione del Web producendo contenuti: solo l’1% dei soggetti contribuisce con
contenuti propri, il 10% svolge attività di commento, mentre la stragrande maggioranza, l’89%, si
limita a godere del risultato (fonte: “Finanza e Mercati”, sabato 21 aprile). Per HitWise, dunque,
gli utenti Web 2.0 per ora sono più che altro fruitori. Ciò che ancora manca è proprio l’input che
O’Reilly indicava come condizione fondamentale per mettere la persona al centro della Rete e creare
un social networking globale: l’immissione dei contenuti da condividere. Infatti, mentre i semplici
fruitori di contenuti Web 2.0 crescono a ritmi del 668% annuo, sono ancora pochissimi gli utenti che
uploadano materiale. In YouTube, ad esempio, solo lo 0,16% immette filmati; in Flickr, addirittura
il 4 per mille. Ne esce male anche il fenomeno Wikipedia: a fronte di una consultazione divenuta uno
standard mondiale per il reperimento enciclopedico, solo il 4,6% degli utenti immettono o modificano
dati.

Data articolo: maggio 2007
Fonti: PuntoInformatico, nova.ilsole24ore, Vnunet, Apogeo Online

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