Cervello: il sesto senso

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Cervello: il sesto senso

di: Massimo Bertolucci ecplanet

Anche se la maggior parte dei ricercatori esclude l’esistenza di un cosiddetto “sesto senso” che
avverta il pericolo, una nuova ricerca della Washington University di St. Louis ha identificato una
regione del cervello che agisce chiaramente come un sistema d’allarme preventivo, tenendo sotto
controllo l’ambiente circostante, “pesando” le possibili conseguenze di ciò che vede, e contribuendo
a modificare il nostro comportamento per evitare le situazioni pericolose.

“ll nostro cervello – spiega lo psicologo Joshua Brown, uno degli autori dello studio – è in grado
di cogliere i piccoli segni di avvertimento nell’ambiente circostante molto meglio di quanto
pensassimo”. La scoperta fornisce rigorose basi scientifiche a un nuovo modo di concettualizzare i
complicati processi di controllo esecutivo che hanno luogo nella corteccia cingolata anteriore e nei
dintorni, un’area cerebrale situata vicino ai lobi frontali e lungo le pareti che dividono
l’emisfero destro da quello sinistro.

“In passato, – continua Brown – abbiamo osservato attività in questa regione quando un individuo
doveva prendere una decisione difficile scegliendo fra più opzioni che si escludevano mutuamente,
oppure dopo che commetteva un errore. Ma ora abbiamo scoperto che la corteccia cingolata anteriore
può imparare a riconoscere quando si commette un errore anche prima che venga presa una decisione.
Questa regione, in poche parole, sembra agire come un sistema d’allarme preventivo, avvisandoci in
anticipo se il nostro comportamento potrebbe condurci a un risultato negativo, in modo da essere più
cauti ed evitare gli sbagli”.

Data articolo: dicembre 2008

Istituzione scientifica citata nell’articolo:

Washington University www.wustl.edu/

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RICERCA americana, OLANDESE E ITALIANA

Il «sesto senso» dei ciechi esiste davvero
Permette di evitare gli ostacoli. Lo dimostrano studi su un uomo che ha perso la vista per un ictus

Il sesto senso non è un’invenzione popolare o letteraria. Gli scienziati ne hanno dimostrato la
reale esistenza studiando un cieco capace di camminare aggirando gli ostacoli e di reagire al cambio
di espressione delle persone

23 dicembre 2008

www.corriere.it/

ROMA – Il «sesto senso», che permette per esempio ai ciechi di camminare aggirando gli ostacoli,
esiste davvero. Lo hanno dimostrato ricercatori americani e olandesi che, insieme a colleghi
italiani dell’Università di Torino e a scienziati britannici e svizzeri, hanno pubblicato i
risultati dei loro studi sulla rivista scientifica «Current Biology».

IL PAZIENTE – Protagonista della loro indagine è un uomo rimasto cieco dopo un ictus, ma
perfettamente in grado di evitare sedie e altri ostacoli ricorrendo a connessioni nervose
alternative nel cervello. L’uomo, di cui si conoscono solo le iniziali (T.N.) è rimasto cieco dopo
un danno alla corteccia visuale in entrambi gli emisferi del cervello. I suoi occhi sono normali sul
piano funzionale, ma il suo cervello non può elaborare le informazioni che essi inviano, rendendo di
fatto l’uomo totalmente privo di vista. T.N. si era accorto però di avere la cosiddetta «vista dei
ciechi», l’abilità cioè di percepire la presenza di alcuni oggetti nell’ambiente pur senza vederli.
Non solo, era in grado addirittura di rispondere alle espressioni del volto altrui. Nonostante ciò,
camminava come un cieco, usano un bastone per tracciare gli ostacoli e chiedendo l’aiuto di altri in
strada.

IL VIDEO – Per testare le sue reali capacità scienziati dell’Harvard Medical School di Cambridge
(Usa) hanno predisposto in laboratorio un vero e proprio percorso a ostacoli, riprendendo poi in un
video la sua performance. E nel filmato si vede T.N. che completa in scioltezza il percorso senza
l’aiuto del suo bastone o di un’altra persona. Oltretutto T.N. «non si rendeva conto di fare
qualcosa di eccezionale: pensava di aver camminato in linea retta lungo un corridoio», spiega
Beatrice de Gelder della Tilburd University (Paesi Bassi) e dell’ateneo americano, che ha firmato la
ricerca insieme a Marco Tamietto dell’Università di Torino e un gruppo di colleghi internazionali.

CONSEGUENZE – «Si tratta in assoluto della prima ricerca su questa abilità nell’uomo. Dallo studio
emerge un messaggio importante, specie per le persone con danni cerebrali», aggiunge la responsabile
della ricerca. «Si può subire una totale perdita della visione corticale, ma ancora avere delle
capacità» misteriose, «che permettono di muoversi dentro e fuori da un luogo senza farsi male»,
spiega l’esperta. «Lo studio – conclude – ci mostra l’importanza di questi elementi visuali, molto
antichi dal punto di vista dell’evoluzione, che contribuiscono più di quanto pensiamo al nostro
funzionamento nel mondo reale». Insomma, c’è molto che i pazienti possono fare se superano l’idea di
non essere in grado di farlo.

——–

L’uomo che ha svelato il sesto senso

“Ecco come i ciechi vedono gli ostacoli”

di MONICA PEROSINO

www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200812articoli/9095girata.asp TORINO

Un uomo cieco cammina sicuro, aggira gli ostacoli senza tentennamenti. Non vacilla, non si ferma.
Non ha con sé il suo bastone bianco, né il suo cane. L’uomo che non dovrebbe vedere, vede. Guidato
da una forza misteriosa. Il sesto senso esiste. Nel disordine organizzato del suo ufficio, al primo
piano del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, tra fogli sgualciti, matite senza
punta e un poster di Don Camillo e Peppone, Marco Tamietto lavora come se la scrivania fosse di
qualcun altro. Ricercatore assunto da dieci giorni, il neuroscienzato sembra più che altro una
matricola di passaggio. Eppure lui, assieme a un gruppo di ricercatori olandesi, svizzeri, americani
e britannici, ha dimostrato che il sesto senso esiste. Ed è una forza antica del nostro cervello che
guida un cieco lungo un percorso pieno di ostacoli senza urtarne o sfiorarne nemmeno uno. Marco
Tamietto, a trentatré anni, ha firmato uno studio sul sesto senso pubblicato sulla rivista americana
«Current Biology». Al centro della ricerca un uomo rimasto cieco dopo due ictus, ma perfettamente in
grado di evitare sedie e scatole senza finirci contro, usando strutture antiche del cervello. «Tutti
noi – spiega Tamietto – usiamo risorse cerebrali non consapevoli, ma questa ricerca dimostra che la
parte più antica del sistema visivo è silente, ma non assente». Vale a dire che non solo la vista,
ma tutti i cinque sensi potrebbero avere una serie di elaborazioni precedenti, quindi potenzialmente
utilizzabili.

«Niente di metafisico», puntualizza il giovane ricercatore a 1200 euro al mese, mentre cerca di
mostrare immagini di cervelli e risonanze magnetiche sul suo pc senza strappare cavi e rovesciare
portapenne. Lui, che con la moglie Serena ha deciso di vivere a Mezzenile – un paese di neanche 900
abitanti arroccati sulle montagne della Val di Lanzo – ammette che uno dei suoi crucci è spiegare
alla moglie che quando sta seduto a fissare il vuoto oltre la finestra sta lavorando. La sua vita,
da quando si è diplomato al liceo scientifico, non ha mai deviato dal sogno di diventare
ricercatore, di capire come le emozioni guidano la nostra vita e quali strutture cerebrali le
elaborano.

Laurea in psicologia a Torino, dottorato con Giuliano Geminiani, assegnista e ora ricercatore. «Ma
non faccio il neuroscienziato tutto il giorno», protesta, forse preoccupato di assomigliare a chi
non riesce mai a smettere i panni professionali. La passione per il cervello lo tiene impegnato una
decina di ore al giorno, se non si contano quelle di notte, più riflessive, mentre la moglie dorme.
E per provare che riesce a spingersi oltre sinapsi, corteccia e neuroni si appassiona raccontando
del suo hobby, l’alpinismo e la montagna in tutte le sue manifestazioni, della passione per il buon
piemontese e per Bruce Springsteen. Le letture vanno da Salinger e Roth fino ad un saggio su «La
comunicazione del cane»: «Ad aprile ci prendiamo un pastore tedesco», spiega, come per scusarsi
dell’approccio scientifico anche alla vita domestica.

Del suo stipendio non si lamenta, piuttosto è preoccupato dei tagli all’Università nel complesso:
«Ma non andrò mai a lavorare all’estero, qui sono le mie radici. Non voglio abbandonare la sfida di
fare ricerca in Italia».

 

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