Il problema del paradiso

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Il problema del paradiso

Le persone che desiderano andare in cielo possono non sapere esattamente cosa le aspetta.

di Mukunda Mala Dasa

(Tratto da Ritorno a Krishna)

Una mattina, mentre leggevo un quotidiano indiano, l’occhio mi cadde sugli annunci mortuari e su un
elenco di persone defunte ricordate con affetto dai loro familiari e amici. Ad ogni persona defunta
veniva dato l’appellativo di svargavasi, “un abitante del paradiso”. Sebbene la cultura laica
moderna non insegni niente della vita sugli altri pianeti — e non sappia niente di essa — rimasi
sorpreso nel vedere che le persone credono ancora che il loro parente defunto ottenga il paradiso.
Questa persona è andata veramente in paradiso? Mi chiedevo. Meritava davvero di entrare in paradiso
a godere dei piaceri e delle delizie celestiali? E se si trattava di un criminale o di un macellaio
— poteva andarci lo stesso? E in questo caso, tutto sarebbe stato come egli aveva sperato?

PARADISO E INFERNO: MITO O REALTÀ?

Gli scienziati vorrebbero farci credere che il paradiso e l’inferno sono concetti della mitologia
che si trova nelle Scritture religiose. Pensano che queste idee siano state diffuse per incoraggiare
le persone a condurre una vita improntata alla moralità nella speranza di ottenere il paradiso dopo
la morte.
Gli scienziati però non spiegano in modo adeguato la natura e la causa di questo illimitato universo
e i suoi diversi aspetti. È piuttosto ragionevole credere nell’esistenza del paradiso e dell’inferno
all’interno di questo universo. Vediamo che perfino su questo pianeta esistono condizioni di vita
diverse — dalla miseria più squallida al lusso più estremo. Perché una differenza di questo tipo non
potrebbe esistere all’interno dell’universo? Le Scritture vediche ci danno una descrizione
dettagliata della vita sugli altri pianeti, ivi compreso il paradiso. Esse ci dicono che
nell’universo ci sono quattordici sistemi planetari e che i pianeti celesti, conosciuti come
Svargaloka, costituiscono uno di essi. Essi si trovano al di sopra di Bhuloka, il sistema planetario
della Terra. Sopra Svargaloka ci sono pianeti ancora più elevati, il più elevato dei quali è
Satyaloka o Brahmaloka, dove risiede Brahma, l’ingegnere progettista di questo universo. La felicità
e i piaceri sperimentati dagli abitanti del paradiso sono immensamente superiori a quelli che si
provano sulla Terra.

Indra, capo degli esseri celesti che hanno funzioni amministrative, è il re del cielo. A Indraloka,
il pianeta dove risiede Indra, ci sono giardini dove si può godere la compagnia di meravigliose
donne angeliche e gustare senza limite il somarasa, una bevanda celestiale. Ci sono magnifici
palazzi, splendidi paesaggi e immensi giardini con fiori profumati. Ci sono i Gandharva, esseri
celesti che eseguono continuamente musiche deliziose. Questi sono i piaceri del paradiso di
Indraloka. Se si sale più in alto, oltre Indraloka verso altri domini celesti, i sensi e i loro
oggetti diventano più sottili e la qualità sensuale diventa molto più raffinata. In confronto ai
pianeti celesti, il piacere dei sensi sulla Terra è insignificante e lo si sperimenta ad un livello
estremamente grossolano. Un’altra caratteristica dei pianeti più elevati è la differenza nella scala
del tempo. Gli scienziati concordano sul fatto che il tempo sugli altri pianeti è diverso da quello
sulla Terra. Le Scritture vediche ci dicono che sei mesi sulla Terra equivalgono a dodici ore su
Indraloka. Secondo i nostri calcoli la durata della vita è di diecimila anni.

I pianeti celesti sono abitati da esseri celesti come Indra, Candra, Varuna e Vayu. Le persone che
vi risiedono sono prevalentemente situate nella virtù e poco coinvolti dalle influenze inferiori
della passione e dell’ignoranza. Sono tutti devoti di Dio, la Persona Suprema, anime molto pie che
aderiscono rigorosamente ai principi religiosi. Nessuno può insinuarsi liberamente, senza controllo,
nei pianeti celesti.
Gli scienziati di oggi cercano di entrare in molti pianeti dello spazio esterno ed affermano di
essere riusciti a mandare un uomo sulla Luna. Le Scritture vediche respingono questi tentativi umani
come infantili. Proprio come le nazioni impediscono agli stranieri di entrare, autorità più elevate
impediscono l’ingresso ai pianeti celesti. Per entrare nei pianeti celesti una persona deve avere
accumulato una quantità immensa di crediti pii compiendo molte attività virtuose sulla Terra. La
sezione karma-kanda (“percorso delle attività”) della letteratura vedica consiglia specifici
sacrifici alle persone che desiderano andare sui pianeti celesti.

LA NATURA TEMPORANEA E MISEREVOLE DEI PIANETI CELESTI

Nonostante tutte le comodità e il lusso che si possono trovare sui pianeti più alti, spesso le
Scritture vediche ci scoraggiano dall’andarci. I pianeti celesti che fanno parte della creazione
materiale sono per natura temporanei e alla fine verranno distrutti. Sebbene la durata della vita su
di essi possa sembrare infinitamente grande se paragonata alla nostra, risulta insignificante
rispetto all’eternità. E poiché fanno parte della creazione materiale, le sofferenze presenti sulla
Terra – nascita, vecchiaia, malattie e morte – esistono anche là. Krishna nella Bhagavad-gita (8.16)
dice, a-brahma-bhuvanal lokah punar avartino ’rjuna:” Tutti i pianeti del mondo materiale, dal più
alto al più basso, sono luoghi di sofferenza dove nascita e morte si susseguono ripetutamente.” Lo
Srimad-Bhagavatam descrive come demoni potenti attaccano spesso gli esseri celesti, i quali a volte
perdono la battaglia che ne segue. Il risultato è che essi perdono le loro posizioni prestigiose di
controllori dell’universo e sono costantemente in ansietà. Srila Prabhupada paragona il mondo
materiale ad una prigione dove diversi tipi di criminali occupano vari tipi di celle. In base alla
gravità del crimine commesso il criminale viene posto in un certo tipo di cella – le celle più
orribili sono per coloro che hanno commesso i crimini più terribili. Nello stesso modo questo
universo funziona come una prigione in cui le anime ribelli vengono inviate perché si rettifichino
correggendo i loro errori. In base alle nostre attività passate veniamo messi in condizioni di vita
in cui godiamo o soffriamo dei risultati dei nostri atti. Per le azioni più pie veniamo inviati in
paradiso a godere piaceri divini. Per le azioni malvagie andiamo a soffrire all’inferno. Purtroppo,
anche se una persona si qualifica per entrare in paradiso, non avrà la possibilità di restarvi
permanentemente. Una volta esauriti i crediti accumulati con azioni pie si deve tornare sulla Terra
e ricominciare da capo. Nella Bhagavad-gita (9.21) Sri Krishna spiega: te tam bhuktva svarga-lokam
visalam ksine punye martya-lokam visanti evam trayi-dharmam anuprapanna gatagatam kama-kama labhante
“Quando, dopo aver goduto a lungo dei piaceri paradisiaci, il frutto delle loro attività pie è stato
consumato, essi tornano di nuovo su questa Terra mortale. Così le persone che si conformano ai
principi dei tre Veda perché ambiscono al piacere dei sensi ottengono soltanto di nascere e morire
ripetute volte.”

IL MONDO SPIRITUALE

Krishna perciò c’incoraggia a raggiungere la Sua dimora, il mondo spirituale eterno, pieno di
felicità e conoscenza, al contrario del mondo materiale che è temporaneo e pieno di sofferenza.
Nella Bhagavad-gita (15.6) Egli ci fa intravedere la natura della Sua dimora affinchè che ci
sentiamo invogliati ad andarci:

na tad bhasayate suryo
na sasanko na pavakah
yad gatva na nivartante
tad dhama paramam mama

“Questa Mia suprema dimora non è illuminata né dal sole né dalla luna, né dal fuoco o
dall’elettricità. Coloro che la raggiungono non tornano più in questo mondo.”

Il mondo spirituale contiene innumerevoli pianeti Vaikuntha dotati di luce propria, dove non c’è
bisogno della luce del sole, di quella della luna, del fuoco o dell’elettricità. Qui nel mondo
materiale vediamo che il tempo onnipotente controlla tutto e gradualmente porta ogni cosa a finire.
L’azione invalidante del tempo è assente nel mondo spirituale. In quell’atmosfera sono assenti le
influenze materiali inferiori dell’ignoranza e della passione. Tutti sono al livello di
suddha-sattva, la pura virtù. Il Signore Supremo ne è il capo e tutti gli abitanti collaborano nel
Suo servizio d’amore. Non c’è competizione per comandare e tutti sono seguaci del Signore. Nella sua
spiegazione al verso 9.21 della Bhagavad-gita Srila Prabhupada scrive: “Invece di raggiungere il
mondo spirituale, da dove non si ricade più nel mondo materiale, l’uomo resta prigioniero del ciclo
di nascite e morti, ora sui pianeti superiori ora su quelli inferiori. È meglio dunque entrare nel
mondo spirituale per godervi un’esistenza eterna piena di conoscenza e felicità assolute, senza il
rischio di ritornare nella miserabile esistenza materiale.”

LO SCOPO DELLA VITA UMANA

La forma umana comporta una responsabilità più grande di quella delle forme animali. Anziché
concentrare la nostra energia per ottenere risorse migliori nel mondo materiale, dobbiamo
concentrarci su come poter risolvere in modo definitivo il vero problema della vita, cioè nascita,
vecchiaia, malattia e morte. Altrimenti non faremo altro che andare su e giù nell’universo materiale
come se fossimo su una ruota panoramica. Srila Prabodhananda Sarasvati, un grande devoto di Sri
Caitanya, ritiene che i pianeti celesti e le posizioni degli esseri celesti siano solo fantasmagoria
— qualcosa d’immaginario, come fiori nel cielo. Un puro devoto non è mai attratto da questa opulenza
celestiale. In realtà, per un devoto completamente impegnato nel servizio al Signore la situazione
esterna non ha alcuna importanza. Come Shiva spiega nello Srimad-Bhagavatam (6.17.28): “I devoti
impegnati esclusivamente nel servizio di Dio, la Persona Suprema, Narayana, non temono alcuna
condizione di vita. Per loro i pianeti celesti, la liberazione e i pianeti infernali si equivalgono,
perché tali devoti sono interessati soltanto a servire il Signore.” Un devoto desidera ricordare
sempre Krishna e servirLo. In una situazione di estrema comodità e di lusso, come quella
paradisiaca, si può essere portati via dai piaceri sensuali e dimenticare il Signore. Consapevole di
questo pericolo, un devoto concentra tutta la sua energia per ottenere l’eterno mondo spirituale. Al
momento del trapasso non desidera essere chiamato svargavasi, un residente del paradiso, ma
Vaikunthavasi, un residente di Goloka, il mondo spirituale.

Mukunda Mala Dasa è laureato in ingegneria e fa servizio a tempo pieno per l’ISKCON di Mumbai. Fa
parte dello staff di BTG in India ed insegna la coscienza di Krishna agli studenti.

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