Il Matrimonio e la Famiglia

pubblicato in: AltroBlog 0

Il Matrimonio e la Famiglia

Da una lezione del prof. Marco Ferrini del 13-05-08 ( www.c-s-b.org )

Famiglia, matrimonio, figli rappresentano un’unica realtà, costituita da elementi da considerarsi
nel loro complesso come inscindibili, se non a costo di gravi errori e conseguenti significativi
disagi e sofferenze. Intendiamo spiegare questa complessa realtà secondo gli Shastra o testi del
pensiero psicologico e filosofico indovedico e secondo gli insegnamenti e le realizzazioni di vita
dei Maestri di tale Tradizione, tenendo di conto che viviamo in un’epoca purtroppo molto inquinata
da condizionamenti culturali, sociologici e psicologici. Non è facile sottrarsi alla pressione che
essi esercitano, permeando ogni sfera del nostro vivere quotidiano e rafforzando a volte nostre
tendenze antiche e malsane abitudini contratte a seguito di errori e di cattive impostazioni nel
rapportarci a noi stessi e agli altri.

Intendendo valutare alcune caratteristiche determinanti che si consiglia di ben valutare per chi
desidera intraprendere la vita matrimoniale, il primo elemento fondamentale da prendere in
considerazione è il grado di responsabilità della persona che si pensa come futuro coniuge; una
responsabilità ovviamente da misurarsi non soltanto a parole ma soprattutto nella realtà dei fatti e
nella storia della vita personale del soggetto. Il livello e la qualità della responsabilità che si
è in grado di assumere e mantenere nel tempo sono essenziali per ritenersi idonei al matrimonio.
Matrimonio significa prole e prole implica educazione, dunque un intenso, complesso e lungo impegno,
che nella società di oggi dura come minimo 30 anni di cure assidue dedicate ai figli. Prendere
decisioni impulsive, sulla spinta di passioni non sufficientemente elaborate, e indulgere nella
cattiva abitudine di accettare e rifiutare – senza opportuna previa valutazione – la persona del
coniuge, non è certa una mentalità che si confà a chi desidera vivere nel benessere, il che implica
necessariamente “essere – bene”. Il matrimonio richiede fedeltà, che non è una qualità secondaria ma
fondamentale, sia nell’uomo che nella donna. La scelta dello sposo o della sposa dovrebbe essere per
la vita.

Certo si deve prevedere anche il caso di una donna o di un uomo che si separino dal proprio coniuge
e si risposino con un’altra persona, ma ciò non dovrebbe essere un fenomeno diffuso – come invece
purtroppo avviene oggi – quanto piuttosto un episodio raro, un’eccezione sulla base di motivazioni
veramente serie, non certo per superficialità, instabilità di carattere, vulnerabilità o fragilità
affettiva, o per una colpevole negligenza nella fase di valutazione e scelta del coniuge. Fintanto
infatti che la mente non viene educata ad un’approfondita analisi e continua ad essere trasportata
dagli impulsi che s’impongono alla coscienza, non farà altro che perpetrare l’errore muovendosi
acriticamente da un oggetto del desiderio ad un altro e ad un altro ancora. Coloro che hanno tali
tendenze e conformazioni caratteriali certo non hanno la maturità sufficiente per intraprendere una
vita matrimoniale.

La castità è un valore essenziale per il matrimonio, ed è un dovere sia per la moglie che per il
marito, ma la castità viene ridicolizzata da coloro che credono che questa dimensione sensibile sia
l’unica esistente. Tanti oggi pensano che chi crede ancora nella castità sia vittima di inibizioni o
che abbia subito un lavaggio del cervello. Ma chi davvero avrà subito questo lavaggio del cervello?
Chi pensa che la vita sia limitata ai bisogni del corpo e che difende il motto: “chi può se la
goda”, oppure chi crede in una vita dedicata allo sviluppo della persona nel suo complesso, sul
piano fisico, psichico e spirituale? Chi sceglie quest’ultima via s’impegna in una disciplina che
non è repressiva, che non nega la soddisfazione dei desideri primari assurgendo a castigo paranoico,
ma li trasforma e li sublima fino a renderli propedeutici a tappe evolutive ulteriori.

Il bisogno di affetto deve essere assolutamente soddisfatto, così come il bisogno di amare ed essere
amati, ma per soddisfarli veramente occorre capire qual è la modalità migliore, più idonea e
benefica. Se uno mi parlasse di una disciplina di vita che include la rinuncia all’amare e
all’amore, definirei quella cosiddetta disciplina una sorta di attacco terroristico, poiché uccide
l’essenza stessa della persona; essa sarebbe di fatto insostenibile, come se ci obbligassero ad una
dieta che prevede la completa astensione dal cibo. Scambiare affetto è essenziale sul piano
psicologico, così come amare è prerogativa irrinunciabile sul piano spirituale. Ma per riuscire
davvero ad amare occorre scoprire l’autentico significato di Amore, che non può essere disgiunto
dalla consapevolezza dell’esistenza di un Ordine cosmo-etico che regola la vita di tutte le
creature, e per il quale vige la legge psicologica della reciprocità, per cui ogni azione che
compiamo influenza la nostra coscienza e quel che facciamo agli altri ritorna inesorabilmente su di
noi, nel bene e nel male, poiché l’inconscio – come un grande ed infallibile orecchio interno –
registra ogni nostro movimento, fisico e mentale. Per questo le Upanishad affermano che
comportandosi male si diventa male e si diventa bene se si agisce nel bene.

Chi vive in modo frivolo le relazioni affettive e sentimentali danneggia prima di tutto se stesso e
di conseguenza anche gli altri, poiché rovina ai suoi occhi e a quelli altrui i concetti di fedeltà,
di lealtà e amore. Quando da tali relazioni nascono figli, si riversano su di loro confusione,
instabilità emotiva e incapacità di amare e così il danno si estende e si moltiplica. Una famiglia
dovrebbe formarsi non in maniera casuale, magari per rimediare al guaio di una gravidanza
inaspettata o soltanto perché uno ha paura di rimanere solo. La famiglia dovrebbe essere una
Missione che – se si sceglie di compierla – necessita di tutte le nostre migliori energie e di
dedicarvi una parte consistente della nostra vita, considerando il matrimonio come strumento per
migliorarsi, maturare ed evolvere affettivamente, psicologicamente e spiritualmente. Naturalmente
non tutti hanno bisogno di vivere l’esperienza della famiglia per giungere alla realizzazione di se
stessi: sposarsi non è un obbligo, bensì una scelta che va ben ponderata in base alle proprie
esigenze interiori e caratteristiche caratteriali. Ripercorrendo la storia incontriamo vite luminose
di spiritualisti che – avendo già maturato determinate comprensioni ed esperienze – hanno potuto
percorrere con soddisfazione la via della rinuncia e che in quella via si sono realizzati.

Viviamo in un mondo dove prevalgono comportamenti altamente scorretti, disecologici e patologici,
dove si compiono oltraggi e nefandezze che purtroppo sono considerati legali, ma scuole e tradizioni
nel corso della storia – che rappresentano vette di saggezza del pensiero e dell’animo umano – ci
indicano orientamenti nobili da seguire per trasformare il nostro percorso nel mondo in un viaggio
evolutivo verso la liberazione dai condizionamenti e lo sviluppo di Conoscenza autentica e autentico
Amore. Gli insegnamenti psicologici e spirituali dei Maestri della tradizione Indo-vedica veicolano
non soltanto concetti e modelli di pensiero sani, ma anche e soprattutto esempi concreti di
comportamenti evolutivi, che sono come fari in grado di illuminare l’agire dell’uomo nel mondo,
nella vita affettiva-sentimentale, in quella professionale e in ogni altra sfera dell’esistenza.
Come purtroppo confermano innumerevoli esperienze cliniche, ci sono famiglie patologiche,
psicotiche, distruttrici di ideali e valori. Un padre padrone, ad esempio, può bloccare con la sua
violenza l’evoluzione di un figlio per decenni, così come un genitore perditempo, irresponsabile e
neghittoso può ingenerare questa stessa mentalità negativa nella prole, producendo effetti rovinosi
che potranno essere smaltiti a costo di tanti sforzi, tempo e sofferenze.
Dunque è indispensabile un’accurata educazione prima di lanciarsi in un’impresa familiare. Oggi
sposarsi e divorziare è diventato assai frequente, ma non per questo dovete sottovalutarne la
pericolosità. In realtà ciò è il segno di una società votata al degrado. Della società moderna
possiamo certamente apprezzare alcuni aspetti, ma è altresì indispensabile rilevarne le macchie, le
incongruenze, i paradossi, gli abusi, come quello di considerare l’aborto un diritto civile quando
assolutamente non lo è, soprattutto per il bambino che viene privato del diritto di vivere.

Occorre un’educazione per potersi sposare e vivere una vita matrimoniale, e soprattutto per poterlo
fare con successo, quello vero, duraturo e propedeutico all’armonizzazione e allo sviluppo della
personalità, propria e altrui. Una donna dovrebbe essere accuratamente educata per diventare sposa e
madre e così un uomo per diventare un marito, responsabile e capace di espletare bene il suo ruolo
nel dare sostegno e guida alla moglie e ai figli. Oggi non ci sono o sono alquanto rare le scuole
che insegnano a far ciò. Non c’è sufficiente cultura su questo tema e soprattutto non ci sono
modelli o esempi viventi che sappiano ispirare ad un corretto modo di pensare e agire nella scelta e
nella cura delle relazioni affettive, o perlomeno questi modelli sono purtroppo tremendamente rari.
Come si è detto in precedenza, il matrimonio non è semplicemente la scelta di un compagno o di una
compagna; è la scelta di uno sposo e di una sposa per la formazione di un nucleo familiare.
Matrimonio implica procreare e procreare implica educare nella consapevolezza delle leggi
psico-spirituali che permeano l’universo e la vita di ogni essere. Educare significa amare
continuamente, affinché i figli possano conseguire nella loro esistenza risultati costruttivi ed
evolutivi, contribuendo a loro volta nella società alla diffusione di un messaggio di Luce e di
Amore. Mai nessun gesto dei genitori dovrebbe essere avulso dall’amore, dal desiderio di correggere
e attrarre verso la perfezione. Il ceffone dato in stato di collera è fortemente diseducativo, tanto
che chi subisce tali modalità viene danneggiato a sua volta nella capacità di essere un futuro buon
educatore.

I figli sono parte integrante del matrimonio; sposarsi con l’intenzione di non averne non è
assolutamente consigliabile. Canakya Pandita spiegava che un matrimonio senza figli è un deserto. I
figli infatti sono essenziali per rafforzare l’unione della coppia attorno ad un fine nobile che è
appunto quello di dare educazione e valori alla prole, e ciò permette di portare il bisogno di amare
ed essere amati su di un piano più elevato rispetto a quello dell’attrazione meramente sensuale o
passionale che, se non superata e sublimata per accedere ad un sentimento più profondo, diventa
causa di ansietà, contrasti e instabilità nella relazione. Una madre con un figlio stretto al petto
soddisfa quasi completamente la sua affettività, in modo assai costruttivo ed evolutivo, e lo stesso
vale per un padre che si prende cura dei figli, cercando di assicurare protezione, rifugio e affetto
a tutta la famiglia.

L’educazione da provvedere ai figli dovrebbe essere per aiutarli a difendersi nella vita dalle
trappole dei tanti ingannatori e soprattutto per favorire la loro evoluzione etica e spirituale. In
ogni caso la più grande educazione è quella che si dà non a parole ma con l’esempio personale. Non è
necessario che i figli sappiamo teoricamente che i genitori hanno studiato insegnamenti di valore,
ma li devono vedere applicati nelle loro vite. Un vero genitore non deve essere soltanto un
generatore del corpo del figlio ma anche un generatore della sua coscienza: dovrebbe ispirare,
educare, proteggere. Come spiega Rishabhadeva ai suoi figli: che non si diventi padre, madre o
maestro spirituale se non si è in grado di liberare dalla sofferenza dell’esistenza condizionata le
persone cui si deve provvedere. Non si può imporre la nostra volontà sugli altri, ma si può e si
deve offrire un modello di cui essere fieri.
Naturalmente la famiglia richiede anche la capacità di fare un progetto economico che sia valido e
capace di assolvere a tutti i bisogni di ordine materiale, che non sono gli unici né i più
importanti ma che altresì non possono essere disattesi. Se uno vive da solo, quando ha provveduto a
se stesso non ha nessun obbligo nei confronti della società, ma quando una persona ha famiglia e
procrea non può operare con la stessa logica, ed è importante tenere in considerazione che chi ha
vissuto per tanti anni in quel modo non così facilmente è in grado di accedere ad un altro tipo di
mentalità.

Per capire se si veramente adatti l’uno per l’altra occorre una verifica e valutazione di anni,
ovviamente non da sposati ma nell’ambito di un necessario periodo di osservazione e prova. E’
fondamentale realizzare la differenza sostanziale tra complementarietà e affinità elettiva. Il
coniuge non è una soltanto una spalla o un rimedio alla solitudine, e ovviamente non è una delle
tante amicizie. E’ una persona con la quale dovremmo intessere una vita di comunione, fondata sulla
condivisione seria e profonda di valori ideali. Oggi la società premia un modo irresponsabile di
costituire coppie e famiglie, ma quale società troveranno i nostri figli? Quale mondo stiamo
costruendo? Viene esaltato il principio edonistico della mera gratificazione egoistica e di pari
passo vengono penalizzati quello della giustizia e della vera libertà. Vengono così legalizzati
abusi e oltraggi, ma quel che è legale non sempre è anche giusto.

Se pensate ad una persona ritenendo che potrebbe essere il vostro coniuge, studiatela e osservatela
attentamente, e soprattutto provate a vederla come il padre o la madre dei vostri figli. La vedete
attiva, proattiva, responsabile, capace di impartire educazione con buoni insegnamenti e soprattutto
con un buon esempio? Ritenete che con l’aiuto di questa persona possiate risolvere le crisi della
vita come ad esempio difficoltà economiche o problemi di salute, o invece la considerate poco
adatta, poco consapevole, tendente a sfuggire alle responsabilità piuttosto che ad affrontarle con
coraggio e maturità? Siate ben consapevoli delle difficoltà che provengono da un coniuge
autoritario, da un padre padrone, o da un marito o da una moglie morbosamente gelosi che vedono
rivali e pericoli ovunque. È pur vero che pericoli ci sono per uno sposo o una sposa giovani, ma
occorre sviluppare un certo livello di maturità che ci permetta di evitare i pericoli senza
diventare paranoici. Donne e uomini che hanno vissuto con modalità etiche dubbie o con uno scarso
livello di responsabilità debbono modificare tali attitudini e aspetti del carattere migliorandosi
con un congruo anticipo, non certo quando la decisione del matrimonio è già stata presa.
L’educazione alla formazione di una famiglia deve necessariamente includere considerazioni di questa
natura, e molte altre che potremmo fare in un’analisi più accurata.

La famiglia può essere un ottimo strumento per la nostra evoluzione, ma deve essere una famiglia
fondata su princìpi sani, che tengano di conto delle istanze più profonde e spirituali dell’essere e
dello scopo della vita umana oltre i bisogni di ordine mondano. Se poi una persona non si pone un
fine evolutivo, trascendente, allora in privato può fare quello che vuole, può anche cambiare
partners ogni sei mesi se tutto quello che desidera ottenere dalla vita è una soddisfazione egoica
temporanea, ma ricordate che il numero dei suicidi sta aumentando a dismisura in chi coltiva questo
tipo di mentalità.
Sono le battaglie che abbiamo vinto per il vero bene nostro e altrui che ci danno forza, fiducia in
noi stessi, profonda e duratura soddisfazione, non quelle a cui abbiamo rinunciato per egoismo o
avidità. Dobbiamo tener fede a valori elevati e con tenacia e lungimiranza superare ogni difficoltà.
Se invece uno cede alle debolezze proprie e altrui rinforza la malsana opinione: “non ce la posso
fare… lo sapevo di non valere niente” e così – dopo essere stato un pessimo profeta – quel
soggetto avvera la sua profezia disastrosa.

La famiglia non è un obbligo, l’essere padri o madri non è indispensabile per evolvere; può essere
infatti che una persona abbia già fatto questa esperienza nelle vite precedenti e sia giunta ad una
consapevolezza che le permetta di impostare la sua vita e di crescere senza l’obbligo di assolvere a
questo dovere sociale. Ma chi invece decide di farsi una famiglia dovrebbe prendersi questa
responsabilità avendo bene in mente lo scopo per cui la famiglia esiste, che a dire il vero consiste
proprio nell’esaurire il bisogno di famiglia.
Lo scopo è infatti quello di liberarci progressivamente da dipendenze e bisogni esteriori, per
sviluppare autonomia affettiva e spirituale, e perciò marito e moglie dovrebbero aiutarsi
vicendevolmente affinché il loro legame si fondi sempre di più sulla gratitudine e stima reciproca,
piuttosto che sulla dipendenza emotiva e psicologica. Questo non per reprimere l’amore, ma per far
evolvere la nostra capacità di amare ed essere amati, estendendola progressivamente e rendendola
sempre più universale. In effetti il bisogno di scambiare affetto e sentimenti appaganti non è
garantito automaticamente sposando, ma sarà in proporzione a quanto saremo stati in grado di
trasporlo e viverlo su di un piano sempre più consapevole ed evoluto. Una famiglia va consumata, e
lo dico non in modo irrispettoso o svalutante per l’istituzione familiare in sé, ma intendendo con
ciò che la sua funzione è di condurre a tappe ulteriori di maturità e realizzazione, come se fosse
un vero e proprio sacrificio che porti crescenti saggezza, benessere e giovamento a tutti i membri
del nucleo familiare. Pensate invece ai danni del tradimento e dell’infedeltà che riaccendono il
fuoco della passione torbida e alimentano la dipendenza da nuovi partners e da fantasie che bloccano
la propria ascesa etica e spirituale, e purtroppo anche quella dei propri figli.
L’aspirazione a formarsi una famiglia – se si hanno le giuste motivazioni – è un desiderio nobile ed
è una scelta che comporta responsabilità, così come del resto quella di percorrere una via di
rinuncia: anche in questo caso occorre infatti assumersi responsabilità di coerenza, impegnandosi a
maturare la capacità di dare e ricevere affettività e amore. La via della rinuncia non implica
infatti una rinuncia ad amare, anzi: è una scelta che richiede imparare ad amare tutti nella
consapevolezza della comune radice spirituale di ogni essere.

Per concludere, gettiamo uno sguardo alla storia: prima delle ultime due o tre generazioni non c’era
mai stato un momento in cui l’umanità non avesse modelli di valore cui riferirsi: l’eroe, il
mistico, il gentiluomo, ecc. Adesso invece si opera per cancellare ogni riferimento eticamente
nobile: impera il self-made man, l’uomo che si è fatto da solo e che poi si ritrova drogato,
depresso, agitato da disistima, conflitti e insoddisfazioni e che a volte purtroppo finisce anche
suicida. Chi è l’eroe della televisione? Il calciatore, la velina, il cantante che ha avuto
successo, lo stilista imbottito di denaro, che ormai non può più sopravvivere senza alcool o
perversioni sessuali. I giovani purtroppo vengono irretiti da questi falsi modelli, la cui vita
sembra facile, ma quanta sofferenza, autocommiserazione e disperazione si nascondono dietro queste
vite! L’apparenza inganna. Il vero successo è fatto di sforzi continui e seri tesi al raggiungimento
di obiettivi costruttivi ed evolutivi. Chi vive con questa consapevolezza rimane attivo, produttivo
e geniale anche con l’avanzare degli anni. Nella storia abbiamo casi emblematici, come quello di
Goethe che scrisse o il Faust ad oltre ottant’anni o Jung che in tarda età compose la sua
autobiografia “Ricordi, Sogni e Riflessioni”, o anche saggi e maestri come Bhaktivedanta Svami
Prabhupada che negli ultimi anni della loro vita hanno compiuto imprese meravigliose per il bene
dell’umanità. Essere giovani o vecchi non dipende dalla nostra data di nascita: dipende
dall’impostazione che diamo alla nostra vita, dalle priorità che scegliamo, dalla qualità delle
nostre motivazioni e dalla dedizione con cui portiamo avanti gli obiettivi che ci siamo prefissi. Se
si vive per sviluppare Saggezza e Amore, più passa il tempo più si ringiovanisce.

Che ciascuno rifletta bene sulla natura e scopo del matrimonio e sulla scelta personale di sposarsi
o meno, valutando le proprie attitudini e tendenze, perché quello che è bene per uno potrebbe essere
per un altro un male o una complicazione dannosa. Entrambe le scelte, sia quella di sposarsi, sia
quella di non sposarsi, sono in sé valide; sta a noi comprendere quale dovrebbe essere il nostro
percorso e viverlo con coerenza.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *