Il guru nella vita dei suoi devoti – di Stanislav Grof (parte prima)

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Il guru nella vita dei suoi devoti

di Stanislav Grof (parte prima)

Quando accade l’impossibile

Uno degli aspetti più straordinari della nostra esperienza con Swami
Muktananda e con il Siddha Yoga fu l’eccezionale incidenza di sincronicità
nella vita dei seguaci di Muktananda. Ne abbiamo avuto notizia da amici e
conoscenti legati al movimento Siddha Yoga: i ritiri intensivi offerti dagli
ashram davano continuamente risalto a oratori che raccontavano storie
eccezionali di incontri con Baba, e questi racconti contenevano descrizioni
di fantastiche coincidenze simili a quelle che erano capitate a me. Tratto
da “Quando accade l’impossibile” di Stanislav Grof – Urra ed.

– Il guru nella vita dei suoi devoti –

Il Siddha yogi è un burattinaio cosmico?

Una storia esemplare è quella di un uomo che aveva trascorso molto tempo in
una città fantasma australiana, alla ricerca di avanzi di gemme nelle
miniere abbandonate. Viveva da solo in una capanna sgangherata e durante le
lunghe serate cercava di leggere al lume di candela. Uno degli abitanti
precedenti aveva lasciato sulla parete della capanna la fotografia di uno
strano uomo dalla pelle scura con in testa un cappellino da sci rosso, che
teneva in mano una bacchetta fatta di penne di pavone: era il ritratto di
Swami Muktananda, anche se sulla fotografia non vi era alcuna scritta che lo
identificasse come tale.

Durante una delle sue sere solitarie, il cacciatore di gemme alzò gli occhi
dal libro che stava leggendo e fu catturato dal volto dell’uomo nella
fotografia. Mentre focalizzava la sua attenzione sugli occhi del ritratto,
sentì come un fulmine che emanava dalle pupille dell’uomo e lo colpiva in
mezzo agli occhi. La cosa suscitò in lui una potente ondata emotiva e una
forte risposta fisica. Queste esperienze continuarono nei giorni seguenti:
nelle due settimane successive, una serie di eventi condusse l’uomo
all’ashram
di Baba a Melbourne. Si iscrisse a uno dei ritiri intensivi dei fine
settimana, dove imparò lo shaktipat e i differenti modi che può assumere e,
da allora, rimase un fedele seguace di Baba.

Una nostra amica, una delle Swami più anziane di Muktananda, ci raccontò la
storia seguente, che risale ai suoi primi anni come devota. Una delle cose
che Muktananda amava di più era dare agli occidentali nomi spirituali
indiani: Yamuna, Sadashiva, Durghananda, Shivananda, Lakshmi, e così via. I
suoi studenti e seguaci solitamente ricevevano i loro nuovi nomi durante il
darshan, che dava modo ai discepoli di avere brevi contatti con il guru,
scambiare qualche parola, fare un’offerta (prasad). La nostra amica, a quel
tempo zelante studentessa e aspirante novizia, stava nella coda del darshan
con un’amica, aspettando di ricevere il nome spirituale da Swami Muktananda.
Era un po’ nervosa e cercava di incanalare l’ansia scherzando e facendo
battute: “Io penso di sapere che nome ci darà Baba,” disse ridacchiando: “Ci
chiamerà Creepa e Creepie.” Con suo stupore, il nome che ricevette soltanto
pochi minuti dopo fu Kripananda, ovvero “la felicità della grazia”, e da
allora tutti la chiamano così.

Tra le centinaia di storie raccontate durante i ritiri intensivi, una merita
un’attenzione particolare. Si riferisce a un veterinario di Malibu, chiamato
a prendersi cura di uno dei cani di Baba. Poiché Swami Muktananda viaggiava
per tutto il mondo, uno dei suoi collaboratori aveva il compito di cercare
un alloggio temporaneo adeguato per i ritiri. Spesso a questo scopo si
sceglievano edifici fatiscenti in quartieri mal tenuti: venivano restaurati
per creare ashram temporanei nella convinzione che fosse un esempio di karma
yoga lasciarli in una condizione migliore di quanto fossero inizialmente.

Baba amava passeggiare regolarmente ovunque fosse e lo faceva senza alcuna
paura, senza badare alla cattiva reputazione del posto. Mentre lui
personalmente non se ne preoccupava, la cosa provocava grandi apprensioni
tra i suoi seguaci. Uno di loro diede a Baba due grossi cani che lo
proteggessero durante le passeggiate. Durante il soggiorno a Malibu, uno dei
cani si ammalò gravemente e venne cercato un veterinario locale.

Il veterinario arrivò all’ashram ed esaminò il cane senza incontrare Baba o
avere alcun contatto con lui. Tornando a casa, cominciò a sentire le kriya,
intense ondate di emozioni e tremiti corporei. Nel giro di pochi giorni, a
seguito di alcune coincidenze, si trovò nella sala della meditazione a
cantare Om Namah Shivaya. Alla fine, anche lui diventò uno dei devoti
seguaci di Baba. Spesso Swami Muktananda paragonava per scherzo shakti,
l’energia
implicata nello shaktipat e nelle kriya, al raffreddore, qualcosa di
particolarmente contagioso che “si prende”.

Anziché raccontare altre esperienze riferite dai seguaci di Baba, vorrei
portare alcuni esempi tratti dalla mia vita. La prima storia si riferisce
all’intera serie di coincidenze che capitarono nei primi anni Ottanta.
Cominciò quando Christina e io ricevemmo a casa nostra la telefonata di
Gabriel, un medico della cerchia ristretta di Swami di Muktananda. Ci disse
che era di passaggio a Big Sur e ci chiese se poteva fermarsi per parlarci
di qualcosa di importante.

Il motivo della sua visita era che i responsabili dei media dell’ashram non
erano soddisfatti dell’intervista che Baba aveva rilasciato sull’argomento
della morte. L’intervistatore, che non aveva familiarità con l’argomento,
non aveva posto domande molto interessanti. Gabriel sapeva che avevo fatto
terapie psichedeliche con i pazienti terminali di cancro e che ero molto
interessato agli aspetti psicologici, filosofici e spirituali della morte e
del morire. Si sedette con un taccuino e mi chiese quali potessero essere le
domande sulla morte più interessanti che uno psichiatra occidentale o uno
studioso della coscienza potesse fare a uno yogi.

Dopo circa tre ore di discussione, Gabriel si rese conto che quanto facevamo
non aveva molto senso. Era ovvio che, anziché formulare le domande per
qualcun altro, avrei dovuto essere io a porle. Ci suggerì dunque di visitare
l’ashram di Miami, dove Baba era in quel momento, affinché conducessi io
stesso l’intervista con il guru. C’era tuttavia un problema: l’ashram non
avrebbe coperto le nostre spese e noi non avevamo, in quel momento, molti
soldi da parte. Inoltre stavamo per fare un viaggio in direzione opposta:
avremmo dovuto condurre alcuni seminari in Australia e poi continuare per
l’India
dove ci saremmo occupati di preparare il terreno per la Conferenza
Internazionale Transpersonale del 1982.

Dopo lunghe discussioni, decidemmo di andare, nonostante tutto, a Miami. Mi
interessava sempre molto vedere Baba e l’opportunità di sentire le sue idee
sulla morte mi tentava particolarmente. Proprio prima di partire per Miami
avevamo in programma un seminario a Esalen. Il programma di Esalen era
composto generalmente da quattro eventi paralleli, ciascuno dei quali con
numero limitato di partecipanti. Poco dopo la nostra decisione di andare a
Miami, le iscrizioni al nostro seminario cominciarono ad affluire. Uno degli
altri seminari dovette essere cancellato per mancanza di adesioni e altri
due non avevano raggiunto la quota minima di iscrizioni. Di conseguenza
venne aumentato il numero di partecipanti al nostro seminario. Le richieste
furono talmente numerose che non avevamo più spazio sul pavimento per gli
esercizi di respirazione. C’era una lunga lista di attesa e fummo costretti
a non accettare nuove iscrizioni.

L’improvviso interesse per il nostro seminario non aveva precedenti. Come
lascito di Fritz Perls, Esalen offriva sedute omaggio di Gestalt ai
residenti e ai partecipanti dei seminari che lo richiedessero. La settimana
prima che cominciassero gli incontri, furono in molti, in effetti, a
utilizzare la tecnica della hot seat (la sedia che scotta), della Gestalt
per affrontare la delusione e la rabbia per non aver potuto partecipare al
nostro seminario. Quando ricevemmo l’assegno, scoprimmo che la differenza
tra la somma pagata e quello che avremmo ricevuto se gli altri seminari
fossero stati pieni era esattamente pari al prezzo dei due biglietti
andata-ritorno da Monterey a Miami. Era difficile non vederlo come “il
favore del guru” (o la “guru kripa”, come i seguaci di Muktananda chiamavano
fatti di questo tipo).

Quando, il giovedì, arrivammo all’ashram di Miami, scoprimmo che
l’intervista
programmata per venerdì era stata cancellata. Baba non si sentiva bene e
aveva bisogno di riposo prima di un impegnativo fine settimana. Non
intervistai quindi Baba, ma un membro dell’ashram. Dato che eravamo già a
Miami, volevamo partecipare al programma del fine settimana, ma il nostro
volo per Melbourne partiva sabato in tarda serata. Chiedemmo il permesso a
Baba di poter partecipare soltanto a metà del ritiro intensivo, una
richiesta molto insolita. Con nostra gradita sorpresa, il permesso ci fu
accordato, ma poi sorse il problema se dovevamo pagare l’intero corso o
soltanto metà. Baba fece un’altra eccezione e ci permise di pagare solo metà
del costo normale, centocinquanta dollari.
Un’altra grande sorpresa arrivò proprio quando stavamo per entrare nella
sala della meditazione. La giovane donna alla porta ci fece un grande
sorriso e ci diede le banconote di cinquanta dollari che sembravano uscite
in quel momento dalla macchina da stampa. “Ecco, vi restituisco i vostri
soldi,” disse. “Baba non vuole che paghiate, siete suoi ospiti.” Tutto
sembrava indicare che il guru ci stesse riservando un trattamento speciale.
Tuttavia, quest’impressione si dissipò rapidamente alla fine del primo
giorno del ritiro, quando ci avvicinammo alle persone in fila per il darshan
con un’offerta per ringraziarlo. Lui continuò a parlare con chi ci precedeva
e ci allontanò bruscamente con un gesto di sdegno, senza scambiare una
parola.

(continua)

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