Il denaro e lo Yoga – di Sri Aurobindo

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PAROLE DAGLI SCRITTI DI MÈRE E SRI AUROBINDO

1 Agosto 1927

Sri Aurobindo

IV

– Il denaro –

Il denaro è il segno visibile di una forza universale che, nella sua manifestazione sulla terra,
opera sui piani vitale e fisico ed è indispensabile alla pienezza della vita esteriore.

Nella sua origine e nella sua azione vera, essa appartiene al divino. Ma, come le altre potenze del
divino, quando viene trasmessa quaggiù, nell’ignoranza della natura inferiore, può venir usurpata
per la soddisfazione dell’ego, o detenuta da influenze asuriche e da queste sviata a loro vantaggio.
Essa è veramente una delle tre forze – il potere, il denaro, il sesso – che hanno maggiore
attrazione sull’ego umano e sull’Asura, e la più generalmente mal posseduta e male impiegata da
coloro che la detengono. I cercatori ed i detentori di ricchezze sono più spesso posseduti da esse
che non loro possessori; assai pochi sfuggono interamente ad una certa influenza deformante che è
stata imposta alla ricchezza dal lungo dominio perverso dell’Asura.

Per questa ragione, la maggior parte delle discipline spirituali insistono sul completo controllo di
sé, sul distacco e la rinuncia ad ogni legame al denaro e alla ricchezza e ad ogni desiderio
personale ed egoistico di possederli. Alcune pongono persino un interdetto dichiarando che una vita
povera e nuda è la sola condizione spirituale. E’ un errore che lascia il potere nelle mani delle
forze ostili. Riconquistare il denaro per il divino al quale appartiene e utilizzarlo divinamente
per la vita divina, è la via supermentale che il sadhaka deve seguire. Non dovete distogliervi dal
potere del denaro con un indietreggiamento ascetico dai mezzi che vi dà e dagli oggetti che vi
apporta, né mantenere un attaccamento rajasico per queste cose, o uno spirito di compiacenza che
rende schiavi dalle soddisfazioni che procura.

Guardate semplicemente le ricchezze come una potenza che deve essere riconquistata per la madre e
posta al suo servizio.

Tutte le ricchezze appartengono al Divino e coloro che le detengono ne sono depositari e non
possessori. Esse sono oggi con loro, domani altrove.

Tutto dipende dalla maniera con cui adempiono l’incarico finché esso è loro affidato, in quale
spirito, con quale coscienza se ne servono e per quali fini.

Nel vostro uso personale del denaro, considerate tutto quello che avete, che guadagnate e che
procurate come appartenente alla madre. Non chiedete nulla, ma ricevete ciò che viene da lei ed
utilizzatelo per i fini per i quali vi è stato dato. Siate interamente disinteressati, interamente
scrupolosi, esatti, accurati nei dettagli: dei buoni custodi. Ricordatevi sempre che state
amministrando qualcosa che appartiene alla Madre, non a voi. Tutto quello che vi viene dato,
ponetelo religiosamente ai suoi piedi; non utilizzate nulla per voi né per altri.

Non abbiate rispetto per un uomo perché ricco e neppure lasciatevi impressionare dall’ostentazione,
dal potere e dall’influenza. Quando chiedete per la Madre, dovete sentire che è Lei che richiede per
vostro mezzo un poco di ciò che le appartiene, e che l’uomo a cui rivolgete la richiesta sarà
giudicato dalla sua risposta.

Se, senza alcun rifiuto ascetico, siete liberi dalla contaminazione del denaro, avrete un più
grande controllo su di esso e sull’impiego per l’opera divina. L’equanimità, l’assenza di esigenze e
la dedizione completa alla Shakti Divina ed alla sua opera di tutto ciò che avete e ricevete ed
anche del vostro potere di acquisire, sono i segni di questa libertà. Ogni turbamento per ciò che
concerne il denaro ed il suo uso, ogni esigenza, ogni rimpianto è un indice sicuro d’imperfezione e
di un attaccamento qualsiasi.

In questa materia il sadhaka ideale è colui che può, se necessario, vivere poveramente senza che
alcun senso di mancanza lo colpisca, né intervenga nella pienezza del lavoro interiore della
coscienza divina, o vivere riccamente senza mai, in alcun momento, lasciarsi prendere dal desiderio
e dall’attaccamento per la ricchezza che possiede e per le cose di cui si serve, né rimanere
asservito alla soddisfazione dei propri piaceri, né legato alle abitudini create dal possesso delle
ricchezze. La volontà divina e l’Ananda divino sono tutto per lui.

Nella creazione supermentale occorre che la forza del denaro sia restituita alla potenza divina e
impiegata per l’ordinamento e l’allestimento veri, belli ed armoniosi di un’esistenza vitale e
fisica nuova e divinizzata, nel modo che la madre divina deciderà nella sua visione creatrice. Ma,
innanzi tutto, occorre che la forza del denaro sia riconquistata per lei, ed i più forti in questa
conquista saranno quelli che, in questa parte della loro natura, rimangono fermi, vasti, liberi
dall’ego e consacrati senza alcuna rivendicazione, ritenzione né esitazione; puri e possenti canali
della potenza suprema.

Sri Aurobindo

Lo Yoga nella Vita di Ogni Giorno

Non è assolutamente necessario abbandonare la vita ordinaria per ricercare la Luce, o praticare lo
yoga. In genere lo fanno quelli che vogliono dare un taglio netto e vivere una vita puramente
religiosa, o esclusivamente interiore e spirituale, rinunciando interamente al mondo e abbandonando
l’esistenza cosmica, mediante la cessazione della nascita umana e il passaggio in qualche stato
superiore o nella Realtà trascendente. Altrimenti, ciò è necessario soltanto quando la pressione
della spinta interiore si fa così forte che il proseguimento della vita ordinaria non è più
compatibile con il perseguimento dell’obiettivo spirituale dominante. Fino allora, ciò che è
indispensabile è il potere di isolarsi interiormente, la capacità di ritirarsi dentro di sè e
concentrarsi in ogni momento sullo scopo spirituale centrale. Deve esserci anche il potere di
affrontare la vita ordinaria esteriore con un nuovo atteggiamento interiore; gli stessi avvenimenti
della vita possono diventare un mezzo per la trasformazione interiore della natura e la crescita
nell’esperienza spirituale.

Tutte le cose della Lila ( Il gioco cosmico. Il mondo creato è il gioco di Dio. ) possono
trasformarsi in finestre che si aprono sulla Realtà nascosta.Tuttavia, finchè ci si accontenta di
guardare attraverso le finestre, il vantaggio non è che iniziale; un giorno si dovrà raccogliere il
bastone del viandante e mettersi in cammino verso la Realtà che è eternamente manifesta e presente.
Ancor meno spiritualmente soddisfacente sarà l’indugiare su riflessi incerti: s’imporrà comunque la
ricerca di quella Luce che ora ci si sforza di raffigurare. Ma poichè questa Realtà e questa Luce
sono in noi non meno che in qualche elevata ragione al di sopra del piano mortale, possiamo, nel
ricercarle, usare molte delle forme, immagini e attività della vita; come si offre un fiore, una
preghiera, un atto al Divino; si può anche offrire la creazione di una forma di bellezza, una
canzone, una poesia, un’immagine, un brano di musica, e ottenere attraverso ciò un contatto, una
risposta o un’esperienza. E quando quella coscienza divina è stata penetrata, o quando essa cresce
interiormente, anche allora lo yoga non esclude che venga espressa nella vita attraverso questi
mezzi; queste attività creative possono avere il loro posto, anche se intrinsecamente questo posto
non può essere più importante di quello di qualsiasi altra attività che sia messa al servizio del
Divino. L’arte, la poesia, la musica, nel loro funzionamento ordinario, creano valori mentali e
vitali, non spirituali; ma possono essere volte a un fine superiore, e allora come tutte le cose
capaci di unire la nostra coscienza al Divino, si trasmutano e diventano spirituali e possono essere
accettate come parte della vita yoghica.

Ognuna trae nuovi valori non da se stessa, bensì dalla coscienza che la usa; perchè c’è una sola
cosa essenziale, necessaria, indispensabile: divenire coscienti della Realtà divina, vivere in essa
e viverla sempre.

Nello yoga integrale, tutta la vita, fino al suo minuto più particolare, deve essere trasformata,
divinizzata. In questa impresa nulla vi deve essere di insignificante, di indifferente. Non potete
dire: ” Quando medito, quando leggo un libro di filosofia, o quando ascolto queste conversazioni, mi
mantengo in uno stato di aspirazione e di ricettività alla Luce; ma quando invece esco per andare a
fare una passeggiata, o a trovare gli amici, posso concedermi di dimenticare queste cose “. Se
persisterete in questo atteggiamento, non verrete mai trasformati, nè raggiungerete mai la vera
unione: rimarrete sempre divisi; avrete tutt’al più solo qualche percezione di una vita superiore.
Riuscirete forse ad avere alcune esperienze, alcune realizzazioni nella vostra coscienza interiore
durante la meditazione, ma il vostro corpo e la vostra vita esteriore rimarranno immutati.
Un’illuminazione interiore che non venga conto del corpo nè della vita esteriore non è di grande
utilità, poichè lascia il mondo così com’è.

E’ quanto è sempre accaduto fino ad oggi. Persino coloro che avevano una grandissima e possente
realizzazione si ritiravano dal mondo per vivere, senza essere disturbati, nella quiete e nella pace
interiori; il mondo era lasciato a se stesso, mentre la miseria, la stoltezza, la Morte e
l’Ingnoranza mantenevano la loro sovranità incontestata su questo piano materiale dell’esistenza.

Per coloro che si ritirano in questo modo, è forse piacevole sfuggire alla tormenta, voltare le
spalle alle difficoltà e trovare altrove, per se stessi, uno stato di beatitudine. Ma lasciano la
vita e il mondo immutati, come pure la loro coscienza, senza parlare del loro corpo, meno rigenerato
che mai. Quando tornano nel mondo fisico, si comportano di solito peggio della gente comune, perchè
hanno perso il controllo sulle cose materiali e il loro modo di comportarsi nella vita può rivelarsi
incoerente e impotente, alla mercè di ogni forza che passa.

Un ideale di questo tipo può andar bene per coloro che lo vogliono; ma non per il nostro yoga.

Noi vogliamo la conquista divina di questo mondo e di tutte le sue espressioni e la realizzazione
del Divino qui, sulla terra. Ma se vogliamo che il Divino regni qui, dobbiamo darGli tutto ciò che
abbiamo, tutto ciò che siamo, tutto ciò che facciamo. Non dobbiamo certo pensare che vi sono le cose
senza importanza, che la vita esteriore, con tutte le sue necessità, non fa parte del Vita Divina.
Se pensassimo in questo modo, rimarremmo sempre allo stesso punto, immobili; il mondo materiale non
verrebbe conquistato; niente di durevole potrebbe essere fatto.

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