Il cervello: due emisferi per una creatività

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Il cervello: due emisferi per una creatività

Nel precedente articolo abbiamo cercato di comprendere che cosa sia la creatività giungendo alla
conclusione (parziale) che essa rappresenta una particolare abilità, posseduta da ogni individuo,
che permette di “produrre qualcosa di nuovo”.

Nell’approfondimento di questo mese vogliamo continuare la nostra ricerca esaminando la fisionomia e
la fisiologia del cervello di un individuo impegnato in uno sforzo creativo. Che cosa succede nella
nostra mente quando cerchiamo una soluzione innovativa? Esiste un’area del cervello “dedicata” alla
produzione creativa? Il cervello è l’organo preposto al controllo e alla coordinazione di tutte le
funzioni vitali; nell’uomo adulto pesa circa 1300-1500 grammi e rappresenta 1/50 del peso corporeo
totale, a differenza di quanto accade negli altri mammiferi (1/214 nel cane, 1/350 nella pecora,
1/400 nel cavallo, 1/2000 nella tartaruga). Contiene oltre 100 miliardi di cellule nervose, i
neuroni, ognuna delle quali, attraverso le sinapsi, segnali di tipo elettrochimico, entra in
contatto con altre 100.000 cellule. Il numero di contatti nervosi che si stabiliscono all’interno
del nostro cervello è elevatissimo: circa 1024, tale cifra, per dare un esempio, supera (con tutta
probabilità) la totalità dei corpi celesti presenti nell’universo.
Da un punto di vista funzionale è possibile riconoscere nel cervello umano la sovrapposizione di tre
strati, preposti a differenti funzioni, apparsi progressivamente nella trasformazione evolutiva dei
vertebrati. Lo strato più antico, simile a quello dei rettili, è specializzato nel controllo delle
funzioni vitali quali la respirazione, il battito cardiaco, la vigilanza, ecc. Il cervello arcaico,
lo strato intermedio, regola, invece, il comportamento emotivo-motivazionale e i meccanismi di
rinforzo psicologico, che rappresentano la base dell’apprendimento. La corteccia celebrale, infine,
la parte evolutivamente più recente, integra e coordina il funzionamento di tutte le strutture
nervose ed è la sede delle funzioni superiori come l’intelligenza razionale, i processi di memoria e
l’attività linguistica.

Queste prime informazioni ci fanno già intuire la complessità della personalità umana che contiene,
al suo interno, i differenti comportamenti dei vertebrati: dai più antichi, dominati
dall’istintività e dall’emotività, ai più recenti, basati sui processi di ragionamento.

La corteccia cerebrale, caratteristica del solo genere umano, si presenta suddivisa in due parti
uguali e simmetriche: l’emisfero destro e l’emisfero sinistro. Tali metà, sebbene appaiano molto
simili dal punto di vista anatomico, svolgono compiti tanto differenti quanto complementari.
Funzionano secondo un sistema crociato: l’emisfero sinistro coordina la parte destra del corpo,
mentre quello destro controlla l’emisoma sinistro. La connessione tra le due parti è assicurata dal
corpo calloso, una formazione fibrosa, che permette alle informazioni sensoriali di raggiungere
entrambi gli emisferi. Grazie a numerosi studi su pazienti affetti da malattie croniche o vittime
di incidenti, è stato possibile scoprire alcune peculiarità delle due metà del cervello. Nella
seconda metà dell’Ottocento, Broca, medico francese, analizzando individui con notevoli difficoltà
nell’espressione linguistica, notò che tali pazienti presentavano, nella maggior parte dei casi,
danni all’emisfero sinistro e, più precisamente, al lobo frontale. La sua teoria che il centro del
linguaggio si trovasse nell’emisfero sinistro fu confermata dall’esame di soggetti cosiddetti “Split
Brain” (cervello diviso), i quali, a causa di gravi malattie, avevano subito la separazione
chirurgica delle due metà del cervello. Broca mostrava a questi pazienti alcuni oggetti posti prima
nel campo visivo destro e successivamente in quello sinistro, chiedendo loro di descrivere ciò che
vedevano. Quando l’oggetto si trovava nel campo visivo destro, la sua proiezione avveniva
nell’emisfero sinistro (sede del linguaggio) ed il soggetto era capace di indicarne facilmente il
nome; quando, invece, l’oggetto era mostrato all’occhio sinistro, il paziente non era in grado di
nominarlo. Lo studioso francese, per comprendere se tale incapacità nomenclatoria dipendesse da
fattori visivi o linguistici dell’emisfero destro, escogitò un nuovo esperimento. Proiettò nel
campo visivo sinistro l’immagine di una ragazza nuda; la reazione emotiva del giovane paziente
rivelò che aveva chiaramente riconosciuto l’immagine, anche se non era in grado di nominarla.
L’emisfero destro sembra, quindi, processare le informazioni che gli pervengono, in base a criteri
differenti (ed antitetici) rispetto all’emisfero sinistro.

L’équipe guidata dal prof. Sperry, neurofisiologo premio Nobel per la medicina, ha approfondito
negli anni ’50 gli studi sul cervello, confermando la “specializzazione emisferica”; da vari
esperimenti è risultato che l’emisfero destro elabora i dati in modo rapido, spaziale, non verbale,
sintetico e globale. L’emisfero sinistro, al contrario, analizza i particolari, scandisce lo
scorrere del tempo, programma, svolge funzioni verbali, di calcolo, lineari e simboliche. Le
differenti funzioni svolte dai due emisferi, devono, ovviamente, integrarsi a vicenda, permettendo
così di percepire ed elaborare la realtà nella sua completezza. Un soggetto che osserva un arbusto,
ad esempio, può, grazie all’emisfero sinistro, riconoscere il tipo di albero e, grazie all’emisfero
destro, percepire di trovarsi in un bosco.

La cultura occidentale e il conseguente sistema educativo (e lavorativo) tendono a prediligere
l’impiego e lo sviluppo dell’emisfero sinistro, trascurando, il più delle volte, quello destro. Gli
esercizi più frequentemente posti ai ragazzi, infatti, rappresentano problemi a soluzione chiusa,
che richiedono abilità di calcolo e ragionamento, coinvolgendo molto raramente (per non dire mai)
l’intuizione e l’immaginazione. L’emisfero destro, invece, sembra rivestire un ruolo centrale nella
genesi degli atti creativi: grazie all’impiego delle sue qualità riusciamo, infatti, a “rompere” gli
abituali schemi di pensiero ed avventurarci in territori sconosciuti. Non è corretto, tuttavia,
pensare che l’emisfero destro costituisca l’esclusiva localizzazione della creatività; l’atto
creativo, come più volte accennato, è un processo complesso che richiede un’equilibrata interazione
ed integrazione delle abilità peculiari di entrambe le parti del cervello. Quando ci impegnamo a
“risolvere” un esercizio creativo il nostro cervello cerca di seguire le connessioni “già
sperimentate” (i percorsi conosciuti), che altre volte hanno permesso di raggiungere la soluzione.
Grazie ad uno sforzo creativo (o semplicemente dopo alcuni tentativi falliti), il cervello comincia
ad “allargare” il campo d’azione stabilendo sinapsi “marginali”, “divergenti”, riuscendo a creare
percorsi cognitivi inesplorati. La prossima volta che nel nostro ambito lavorativo, ricreativo o
familiare, ci verrà posto un problema che richiede una soluzione innovativa, cerchiamo di lasciar
correre liberamente le sinapsi, proviamo ad immaginare, senza alcuna censura, tutte le possibili
alternative e … la soluzione non dovrebbe tardare!

di Giovanni Lucarelli – SDA Bocconi

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