Guarire le Ferite più Profonde

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Guarire le Ferite più Profonde

Straordinari metodi per cambiare il paradigma della mente

di Stanislav Grof

>> http://goo.gl/OuqGyF

Per curare le nostre ferite più profonde occorre un cambiamento di paradigma nella scienza psicologica

Una straordinaria opera che ci introduce alla Psicologia Transpersonale e ai rivoluzionari cambiamenti nella comprensione della Psiche Umana e della natura della realtà, ai quali stiamo assistendo negli ultimi decenni.

Il famoso ricercatore e terapeuta Stanislav Grof, attraverso 50 anni di ricerche sulla coscienza, ci indica come le radici più profonde dei traumi siano spesso connesse alle esperienze della nascita o degli eventi della storia umana, che non sono ancora stati risolti e sono ancora attivi nel nostro inconscio individuale e collettivo.

L’autore ci presenta una nuova mappa, più estesa, della psiche che ha forti implicazioni con la comprensione e il trattamento dei disordini emotivi e psicosomatici. Grof ci dimostra come le nostre ferite, non derivino solo dall’infanzia o dall’adolescenza, ma scendano molto più in profondità, tanto da raggiungere il periodo perinatale e prenatale, o addirittura l’inconscio collettivo, karmico e archetipico.

Questo libro ci offre la speranza di cambiare il paradigma della mente.

Un lavoro responsabile attraverso il metodo degli stati di coscienza olotoprici apre prospettive terapeutiche davvero rivoluzionarie.

Una guida utile sia per i professionisti sia per le persone comuni con un interesse per la psicoterapia, per l’autoesplorazione, per i percorsi spirituali, per la ricerca sugli stati di coscienza e per quel cambio di paradigma che oggi sta verificando nella scienza, con riflessi importanti sulla comprensione della coscienza, della psiche umana e della natura della realtà.

Prefazione di “Guarire le Ferite più Profonde”

Nel 1962, Thomas Kuhn, uno dei più autorevoli filosofi del ventesimo secolo, pubblicò un libro sensazionale: La struttura delle rivoluzioni scientifiche (Einaudi, 2009).

Basandosi su quindici anni di studio intensivo della storia della scienza, Kuhn riuscì a dimostrare che il progredire della conoscenza dell’universo nelle varie discipline scientifiche non è, come comunemente si ritiene, un processo graduale di accumulo di dati e di teorie formulate con sempre maggiore accuratezza.

Piuttosto, appare come un processo di natura ciclica caratterizzato da fasi e da dinamiche specifiche, che possono essere comprese e perfino previste.

Il concetto centrale della teoria di Kuhn, che la rende plausibile, è quello di “paradigma”.

Un paradigma si può definire come una costellazione di credenze, di valori e di tecniche, condivisa dai membri della comunità in un dato periodo storico, che governa le attività di pensiero e di ricerca degli scienziati finché qualcuno dei suoi assunti di base non viene messo seriamente in discussione da nuove osservazioni.

Questo porta a un momento di crisi e all’emergere di suggestioni che generano visioni e interpretazioni radicalmente nuove dei fenomeni che il vecchio paradigma non è più in grado di spiegare.

A un certo punto, una di queste alternative finisce per soddisfare i requisiti necessari per diventare a sua volta il nuovo paradigma, che dominerà poi il modo di pensare nel ciclo successivo della storia della scienza.

Gli esempi storici più illustri di cambio di paradigma sono stati:

il passaggio dal sistema geocentrico tolemaico a quello eliocentrico di Copernico, Keplero e Galileo;
in chimica, la demolizione della teoria del flogisto di Becher da parte di Lavoisier e di Dalton;
poi il cataclisma concettuale che nei primi tre decenni del ventesimo secolo ha sconvolto la fisica mettendo in crisi l’egemonia degli assunti newtoniani a favore della teoria della relatività e della fisica dei quanti.
I cambi di paradigma colgono quasi sempre di sorpresa il mondo accademico convenzionale, perché i suoi membri tendono a confondere i paradigmi vigenti con la descrizione accurata e definitiva della realtà.

Così, nel 1900, poco prima dell’avvento della fisica quantistica e relativistica, Lord Kelvin si trovò a dichiarare: «Al momento, nella fisica, non c’è niente di nuovo da scoprire. Tutto ciò che resta da fare sono misurazioni sempre più precise».

Negli ultimi cinquant’anni, diversi orientamenti della ricerca moderna sugli stati di coscienza hanno portato alla luce una ricca serie di fenomeni ‘anomali’, ovvero esperienze e osservazioni che hanno messo in discussione alcune asserzioni generalmente ritenute incontestabili dalla psichiatria, dalla psicologia e dalla psicoterapia moderne in merito alla natura e alle dimensioni della psiche umana, alle origini dei disordini emotivi e psicosomatici e all’efficacia dei meccanismi terapeutici.

Molte di queste osservazioni sono così radicali da mettere in dubbio gli assunti metafisici di base della scienza materialista sulla natura della realtà e degli esseri umani, nonché la relazione tra coscienza e materia.

Le fonti più consistenti di queste osservazioni, così rivoluzionarie da spezzare il paradigma, sono state la ricerca psichedelica, la psicologia junghiana, i nuovi modelli esperienziali di psicoterapia, la ricerca antropologica sul campo, la tanatologia, la parapsicologia e le varie tecniche di alterazione mentale in laboratorio, come la deprivazione sensoriale e il biofeedback.

Il mio profondo interesse per tali “fenomeni anomali”, e l’esperienza personale che ne ho fatto, sono il frutto di una ricerca intensiva ed estensiva nel campo degli stati di coscienza non ordinari che, per oltre mezzo secolo, è stata la mia professione, la mia vocazione e la mia passione.

Ho dedicato quasi la metà di questo tempo alla terapia con sostanze psichedeliche*, inizialmente in Cecoslovacchia presso l’Istituto di ricerca psichiatrica di Praga, poi negli Stati Uniti, presso il Centro di ricerca psichiatrica del Maryland a Baltimora, dove ho preso parte all’ultimo progetto americano di ricerca psichedelica ancora in corso.

Dal 1975 in poi, con mia moglie Christina, ho lavorato soprattutto con la respirazione olotropica (Holotropic Breathwork ™), un potente approccio di terapia e di crescita personale che insieme abbiamo messo a punto presso l’Esalen Institute di Big Sur, in California.

Nel corso degli anni, inoltre, abbiamo dato sostegno a moltissime persone in stati di coscienza non ordinari che si presentavano come episodi spontanei: crisi psicospirituali o ‘emergenze spirituali’, come li chiamiamo Christina e io.

Il comune denominatore di queste situazioni è che tutte implicano stati di coscienza non ordinari o, più specificamente, l’importante sottocategoria di essi che definisco olotropici.

Questo termine significa letteralmente “orientato verso la completezza” o “che si muove in direzione della completezza” (dal greco holos = intero e trepo, trepein = muoversi verso o in direzione di qualcosa), e suggerisce che, nello stato di coscienza della vita di tutti i giorni, ci identifichiamo solo con una piccola parte di chi siamo veramente.

Il modo migliore per spiegare cosa significhi olotropico è fare riferimento alla distinzione tra i termini induisti namarupa (il nome e la forma con cui ci identifichiamo nella nostra esistenza quotidiana) e Atman-Brahman (la nostra identità più profonda, commisurata al principio cosmogonico).

Negli stati olotropici di coscienza possiamo trascendere i confini ristretti dell’io corporeo e reclamare la nostra piena identità.

Possiamo quindi identificarci esperienzialmente con qualunque parte del creato e perfino con lo stesso principio creativo.

Le esperienze olotropiche giocano un ruolo importante nelle crisi iniziatiche degli sciamani, nelle cerimonie di guarigione delle culture indigene, nei riti di passaggio degli aborigeni e nella pratica spirituale sistematica, così come in varie forme di meditazione yoga, buddhista o taoista, nei rituali mistici del sufismo islamico o della religione ebraica, e anche nelle pratiche ascetiche dell’Oriente cristiano (esicasmo).

Questi fenomeni sono anche stati descritti, fin dall’antichità, nella letteratura sui misteri di morte e rinascita, celebrati nell’area del Mediterraneo e in altre parti del mondo in nome di diverse divinità.

Nella vita quotidiana, episodi olotropici possono presentarsi tanto nelle esperienze in punto di morte quanto spontaneamente, senza alcuna causa apparente.
Oppure possono essere indotte dall’uso di sostanze psichedeliche e da alcune delle potenti forme di terapia esperienziale nate nella seconda metà del ventesimo secolo.

Nella terapia psichedelica, gli stati olotropici sono determinati dalla somministrazione di sostanze stupefacenti quali LSD, psilocibina, mescalina e derivati della triptamina o dell’anfetamina.

Nella respirazione olotropica, lo stato di coscienza cambia grazie a una combinazione di respirazione accelerata, musica evocativa e lavoro corporeo mirato al rilascio energetico.

Nelle emergenze spirituali, gli stati olotropici si presentano spontaneamente nel corso della vita quotidiana, in genere per cause sconosciute. Se ben compresi e supportati, assumono uno straordinario potenziale euristico, terapeutico, trasformativo e addirittura evolutivo.

Oltre che nella mia personale ricerca, ho sperimentato più marginalmente vari approcci più o meno direttamente collegati con gli stati di coscienza olotropici.

Ho dedicato molto tempo allo scambio di informazioni con diversi antropologi e ho partecipato a cerimonie sacre di culture native in varie parti del mondo, alcune delle quali contemplavano l’assunzione di piante allucinogene come il peyote, l’ayahuasca, i funghi magici, la kava.
In questo modo sono entrato in contatto con sciamani e guaritori dell’America settentrionale e meridionale, del Messico e dell’Africa, ma anche con i rappresentanti di svariate discipline spirituali quali Vipassana, Buddhismo Zen e Vajrayana, Siddha Yoga, Tantra e monaci dell’ordine cristiano dei Benedettini.

Un’altra area alla quale ho dedicato molta attenzione è quella della tanatologia, la giovane disciplina che studia le esperienze in punto di morte e gli aspetti psicologici e spirituali della morte e del morire.

Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, ho partecipato a un vasto progetto di ricerca che studiava gli effetti della terapia psichedelica su malati oncologici terminali.

Dovrei anche aggiungere che ho avuto il privilegio di frequentare personalmente alcuni dei grandi fisici e parapsicologi della nostra epoca, i pionieri della ricerca di laboratorio sugli stati di coscienza e i terapeuti che hanno sviluppato e messo in pratica le potenti forme di terapia esperienziale in grado di indurre stati di coscienza olotropici. E di fare con loro sperimentazioni dirette.

Studiando le esperienze olotropiche ho avuto modo di osservare tra i miei clienti, tra i partecipanti agli incontri di gruppo, tra gli allievi e perfino in me stesso una gamma di “fenomeni anomali” tanto ricca da convincermi che questi stessi fenomeni rappresentino una sfida in grado di spezzare il paradigma sul quale si fonda oggi la concezione del mondo formulata dal monismo materialista occidentale.

Sono persuaso che un esame oggettivo e rigoroso dei dati di questa ricerca porterebbe una rivoluzione in molte discipline scientifiche.

Una rivoluzione paragonabile, per natura e spessore, al cataclisma concettuale portato nel pensiero scientifico dalla fisica quantistica relativistica e che, in un certo senso, ne rappresenterebbe il completamento logico.

Proprio come è accaduto durante tutti i precedenti periodi di “scienza anormale”, come Thomas Kuhn ha definito i tempi di crisi concettuale che hanno accompagnato le rivoluzioni scientifiche, i dati ricavati dalla moderna ricerca sugli stati di coscienza si scontrano con la resistenza dei circoli accademici ufficiali, sollevano accesi dibattiti e polarizzano la comunità scientifica.

Benché i suoi rappresentanti più audaci e di larghe vedute abbiano mostrato grande interesse per l’esplorazione delle nuove strade aperte dalla ricerca – spesso in forma privata, in laboratori di vario tipo o in altri contesti professionali – le strutture educative e cliniche ortodosse continuano ad accreditare la concezione monista materialista come la descrizione definitiva della realtà.

Le nuove idee sono state per lo più ignorate, rifiutate e spesso anche messe in ridicolo.

Considerata la situazione, è stata una vera sorpresa per me ricevere, nell’estate del 2007, una lettera di Václav Havel, ex presidente della Cecoslovacchia e poi della Repubblica Ceca, nella quale mi informava che ero stato insignito del prestigioso premio annuale della Fondazione “Vize 97”, nata a Praga per volontà di Dagmar e Václav Havel.

Per motivi non solo professionali, ma anche e soprattutto personali, questa insolita onorificenza mi ha profondamente commosso.

Già da molti anni nutrivo ammirazione e stima per il presidente Havel come filosofo, artista, combattente per la libertà, statista con una visione spirituale incoraggiante e uomo dotato di coraggio e valori morali straordinari.

A differenza di molti politici comuni, Václav Havel non nutriva ambizioni di potere e non fece alcuno sforzo per diventare presidente della Cecoslovacchia.

Accettò la più alta carica istituzionale del Paese su richiesta del popolo cecoslovacco, che lo amava e lo ammirava come simbolo dell’opposizione all’oppressione e alla tirannia. Alla sua cerimonia di insediamento al Castello di Praga partecipò una folla di centinaia di migliaia di persone.

Per i successivi cinque-sei anni, il presidente Havel poté contare sul sostegno dell’80 per cento della popolazione.
Favorì la riconciliazione e le riforme sociali, abolì la pena di morte, liberò tutti i prigionieri politici e chiuse le fabbriche di armi del Paese. Poco dopo essere diventato presidente, invitò Sua Santità il Dalai Lama in Cecoslovacchia per una visita di stato ufficiale, e fu il primo capo di stato a estendere un invito di questo tipo al leader in esilio del popolo tibetano.
Nel corso del suo mandato, Václav Havel rese nota la sua visione spirituale del mondo tenendo conferenze presso varie istituzioni accademiche e nei meeting politici internazionali.

Secondo la sua dichiarazione d’intenti, la Fondazione “Vize 97” (Visione 97), fondata con sua moglie Dagmar, si dedica a «sostenere progetti all’avanguardia o perfino visionari, che guardino al futuro, abbiano caratteristiche innovative, mirino a spezzare le convenzioni e a dare forza a quegli orientamenti della scienza e della cultura che al momento non godono del sostegno della maggioranza delle persone o non siano ad esse comprensibili, ma che con le loro conseguenze possano ispirare o per lo meno influenzare in modo significativo il futuro».

Una volta l’anno, il giorno del compleanno di Václav Havel (il 5 ottobre), la Fondazione assegna questo particolare premio a una personalità il cui lavoro – a giudizio dei membri del comitato – risponda ai requisiti che ho appena riportato.

Tra le personalità già insignite di questa onorificenza si segnalano il filosofo Karl Pribram, lo scrittore Umberto Eco, l’ex Segretario del Lavoro degli Stati Uniti Robert Reich, lo scienziato e filosofo Zdeněk Neubauer, il sociologo Zygmunt Bauman, lo psicologo Phillip G. Zimbardo, e lo scienziato informatico del MIT Joseph Weizenbaum.

Va da sé che mi sono sentito profondamente onorato di entrare a far parte di questa schiera di persone straordinarie, così come dal riconoscimento del mio lavoro espresso dal premio.

Partito per Praga insieme a mia moglie Christina, a nostro figlio e a nostra nuora, ho preso parte con loro alla cerimonia di consegna del premio, poi siamo tornati tutti in California con una quantità di ricordi meravigliosi.

La cerimonia si teneva nella chiesa sconsacrata di San Lorenzo, splendidamente restaurata e trasformata dai coniugi Havel in un crocevia spirituale.
Il Premio Vize 97 era costituito, oltre che da un diploma riccamente ornato e firmato dai coniugi Havel, da un’imponente opera d’arte: una riproduzione a grandezza naturale del bastone pastorale di sant’Adalberto di Praga, vescovo e santo patrono di Boemia, morto martire nel decimo secolo.

Ma la cosa più importante del nostro viaggio fu avere l’opportunità e l’onore di passare del tempo in privato con i coniugi Havel.

A tutte le personalità insignite del premio viene chiesto di preparare una pubblicazione che rappresenti al meglio il loro lavoro e il loro specifico contributo alla scienza, alla filosofia o all’arte.

A questo scopo avevo preparato una selezione di documenti che dessero conto delle aree più importanti dei miei interessi scientifici e dei vari periodi della mia carriera professionale: la ricerca psichedelica, la psicologia transpersonale, gli approcci alternativi alle psicosi, le scoperte in tema di religione, misticismo e spiritualità, la respirazione olotropica, le radici della violenza e dell’avidità umane, e le diverse vie del nuovo paradigma scientifico.

Questo libro fu pubblicato a Praga dalla Fondazione di Dagmar e Václav Havel e dalla casa editrice Moravia Press, in ceco, con il titolo Nuove prospettive in psichiatria, psicologia e psicoterapia.

Data la vastità delle aree e dei temi trattati nell’opera, si può dire che fornisca un’introduzione molto utile all’approccio transpersonale e ai rivoluzionari cambiamenti nella concezione della psiche umana e della natura della realtà ai quali abbiamo assistito negli ultimi decenni.

Tuttavia, il fatto che fosse pubblicata in ceco ne ha limitato grandemente l’accessibilità.

Kenneth Sloan, dell’Association for Holotropic Breathwork International (AHBI) ha suggerito che pubblicare questo libro in inglese, la lingua in cui fu originariamente scritto, renderebbe disponibili queste preziose informazioni a un circuito di lettori molto più ampio, in più parti del mondo.

Seguendo il suggerimento di Kenneth, ho deciso di cambiare il titolo dell’edizione inglese in Healing Our Deepest Wounds: The Holotropic Paradigm Shift (La guarigione delle ferite più profonde: il cambio di paradigma olotropico), un titolo che mi sembra in grado di catturare le intuizioni teoriche e pratiche più importanti della ricerca sugli stati di coscienza olotropici esplorati in questo libro.

Esso mostra inoltre che la psiche umana non si limita alla biografia postnatale di una persona e all’inconscio individuale descritto da Freud.

Nel lavoro con gli stati di coscienza olotropici indotti con o senza sostanze psichedeliche, così come con quelli che si presentano spontaneamente, quel modello si dimostra dolorosamente inadeguato.

Per dare conto di tutti i fenomeni collegati a questi stati dobbiamo rivedere radicalmente le nostre idee sulle dimensioni della psiche umana.

Accanto al livello della biografia postnatale, che condivide con il modello tradizionale, la nuova mappa estesa della psiche indica due vaste aree aggiuntive.

La prima è quella che, per il suo stretto collegamento con il trauma della nascita biologica, definiamo per convenzione “perinatale”.

Questa zona dell’inconscio contiene i ricordi di ciò che il feto ha sperimentato nei diversi stadi del processo della nascita, comprese tutte le emozioni e le sensazioni fisiche ad essi collegate, che vanno a formare quattro distinti gruppi di esperienze in relazione alle diverse fasi del travaglio e del parto, ai quali ci riferiamo come Matrici Perinatali di Base (BPM I-IV).

La seconda area transbiografica della nuova mappa può essere appropriatamente definita “transpersonale” perché contiene le matrici di una vasta gamma di esperienze nelle quali la coscienza trascende i confini dell’io corporeo e i limiti abituali del tempo lineare e dello spazio tridimensionale.

Questo determina un processo di identificazione con altre persone, con gruppi di persone, con altre forme di vita e perfino con elementi del mondo inorganico.

La trascendenza dal tempo fornisce un accesso esperienziale alle memorie ancestrali, razziali, collettive, filogenetiche e karmiche.
E un’altra categoria di avventure transpersonali può trasportarci nel regno dell’inconscio collettivo che lo psichiatra svizzero C.G. Jung ha definito “archetipico”, al quale fanno capo le immagini, i temi e i miti di tutte le culture e di tutte le epoche, anche di quelle delle quali, in quanto individui, non abbiamo alcuna conoscenza intellettuale (Jung 1981).

La nuova mappa estesa della psiche non riveste solo un interesse teorico, ma ha profonde implicazioni con la comprensione e con il trattamento dei disordini emotivi e psicosomatici.

Secondo la psichiatria accademica, i disordini di natura non organica hanno origine in vari periodi della vita postnatale, ovvero nell’infanzia o nell’adolescenza. Questo dato è illustrato bene dalla famosa descrizione di Freud del neonato come tabula rasa.

Il lavoro con gli stati olotropici mostra invece che le ferite emotive arrivano molto più in profondità, tanto da raggiungere il periodo perinatale e prenatale, o addirittura l’inconscio collettivo storico, karmico e archetipico.

Lo scoraggiamento che nasce dal riconoscere fino a quale profondità possano affondare le loro radici i disordini emotivi, è compensato dalla scoperta sorprendente dei nuovi efficacissimi meccanismi terapeutici che operano sui livelli perinatale e transpersonale.

Un lavoro responsabile con gli stati di coscienza olotropici apre quindi prospettive terapeutiche rivoluzionarie di eccezionale valore.

L’importanza della nuova concezione della psiche e dei nuovi meccanismi terapeutici va ben oltre i vantaggi per il singolo cliente.

La psichiatria e la psicologia accademiche classiche, con il loro modello superficiale della psiche non sono ancora state in grado di dar conto della violenza sfrenata e dell’avidità insaziabile che la specie umana ha mostrato nel corso della storia.

Vari fattori, come un allattamento insoddisfacente, le interferenze nella formazione di sane relazioni oggettuali, la rigidità dell’educazione al controllo degli sfinteri, i traumi psicosessuali e le dinamiche familiari deviate non forniscono una spiegazione soddisfacente di fenomeni di patologia sociopolitica di massa come l’Olocausto di Hitler, l’Arcipelago Gulag di Stalin, le efferatezze commesse dai cinesi in Tibet, la minaccia del terrorismo globale, e le guerre, le rivoluzioni e i genocidi più sanguinosi.

Gli attuali approcci terapeutici sono impotenti davanti alle forze distruttive e autodistruttive della psiche umana che generano questi eventi, così come di fronte ai disturbi post-traumatici da stress degli individui che ad essi sono sopravvissuti.

È chiaro che, per affrontare questi problemi, che oggi rappresentano una minaccia per la vita stessa del nostro pianeta, sono necessari approcci radicalmente diversi.

Spero che – in virtù dell’ampia gamma di argomenti che tratta – questo libro possa rappresentare una guida utile sia per i professionisti sia per le persone comuni con un interesse per la psicoterapia, per la crescita personale, per i percorsi spirituali, per la ricerca sugli stati di coscienza e per quel cambio di paradigma che oggi si sta verificando nella scienza occidentale, con riflessi importanti sulla comprensione della coscienza, della psiche umana e della natura della realtà.

In più, esso potrebbe indirizzare le persone che hanno ancora poca dimestichezza con l’approccio transpersonale verso la ricca letteratura già disponibile sui vari metodi di questo capitolo entusiasmante della ricerca della conoscenza scientifica, filosofica e spirituale.

Credo che la sopravvivenza della nostra specie richieda una profonda trasformazione interiore dell’umanità su larga scala. Per questo nutro grande stima per chi ha già riconosciuto come il primo passo per salvare il Pianeta debba implicare un cambiamento in noi stessi.

Se questo libro riuscirà a dare guida e sostegno a quanti decideranno di intraprendere questo impegnativo cammino, o a coloro che già si trovano sulla strada, non sarà stato scritto invano.

Stanislav Grof
Mill Valley, California 2012

In tutto il testo Grof usa il termine “psichedelico” nel suo significato letterale: rivelatore della mente. E questo significato letterale non si estende ai sinonimi come “stupefacente”, “allucinogeno” o “psicoattivo”, che quindi sono stati usati soprattutto nel caso in cui le sostanze venissero citate in relazione a usi diversi da quello che ne ha fatto lui nella ricerca sulla coscienza [N.d.T.].

La ricerca psichedelica: passato, presente e…

L’uso dell’LSD era talmente incoraggiato, in quanto strumento straordinario di apprendimento non convenzionale, che diventò possibile, per gli psichiatri e gli psicologi clinici, per gli studenti di medicina e per le infermiere, passare alcune ore in un mondo simile a quello dei loro pazienti e, come risultato, comprenderli meglio, essere in grado di comunicare più efficacemente con loro e perfino riuscire a curarli meglio.

Migliaia di professionisti dell’igiene mentale approfittarono di questa opportunità più unica che rara.

Queste sperimentazioni produssero risultati sorprendenti e sconcertanti.

Non solo fornirono un accesso molto più profondo al mondo interiore dei pazienti psichiatrici, ma rivoluzionarono anche la concezione della natura e delle dimensioni della psiche e della coscienza.

Molti dei professionisti che si sottoposero a esperimenti di questo genere scoprirono che il modello della psiche al quale si faceva riferimento, limitato alla biografia postnatale e all’inconscio individuale illustrato da Freud, era superficiale e inadeguato.

Fu in quel periodo che la mia nuova mappa della psiche, emersa da queste ricerche, si arricchì di due vasti territori transbiografici: il livello perinatale, strettamente collegato al ricordo della nascita biologica, e quello transpersonale, nel quale vanno compresi i territori storici e archetipici dell’inconscio collettivo descritto da C.G. Jung (Grof 1975, Jung 1981).

I primi esperimenti con l’LSD mostrarono anche che l’origine dei disordini emotivi e psicosomatici non si limita ai ricordi traumatici dell’infanzia, come sostenuto dalla psichiatria tradizionale, ma affonda le sue radici in un’area molto più profonda della psiche, cioè nei livelli perinatale e transpersonale (Grof 2000).

Tale sorprendente rivelazione fu accompagnata dalla scoperta dei nuovi potenti meccanismi terapeutici che operano su questi livelli profondi della psiche.

Dalla sofferenza al Sole Nero

Dipinto di una seduta psichedelica, nel quale il Sole Nero è simbolo del nucleo più intimo dell’essere umano, il Sé divino.

http://www.macrolibrarsi.it/img/tinyMCE_upload/speciale_guarire_le_ferite_piu_profonde-testo.jpg

Le pennellate rosse verticali rappresentano la sofferenza che l’essere umano deve sopportare per collegarsi alla sua vera natura.

Stanislav Grof
Guarire le Ferite più Profonde – Libro >> http://goo.gl/OuqGyF Straordinari metodi per cambiare il paradigma della mente
Editore: Macro Edizioni
Data pubblicazione: Ottobre 2013
Formato: Libro – Pag 340 – 13,5×20,5 cm
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__guarire-le-ferite-piu-profonde-libro.php?pn=1567

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