Gli SPIRITELLI CARTESIANI

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Gli SPIRITELLI CARTESIANI

di Ivo Quartiroli

Pur se nel metodo scientifico è previsto il dubbio e le verifiche sperimentali, l’uomo scienziato
non sembra disposto ad abbandonare le sue certezze

Cartesio, nonostante sia considerato il padre della razionalità e del metodo per l’indagine
scientifica moderna, era nelle sue ricerche filosofo e talvolta mistico. In parte l’aspetto
religioso era un compromesso per assecondare le gerarchie ecclesiastiche del tempo, ma il suo metodo
di indagine era comunque ancora ancorato all’indagine interiore e alla filosofia oltre che
all’oggettività della scienza.

La scienza, non avendo gli strumenti di indagine moderni, era integrata con metodologie di indagine
che poggiavano sulla cosmologia, sulla religione e sulla filosofia, tra le altre fonti di
conoscenza.

E’ risaputo che Cartesio ritenesse la ghiandola pineale un ponte tra l’anima immortale e il corpo
mortale.

Ne Le passioni dell’anima, afferma:

Articolo XXXI – C’è una piccola ghiandola nel cervello, nella quale l’anima esercita le sue
funzioni più particolarmente che nelle altre parti. […] la parte del corpo in cui l’anima esercita
immediatamente le sue funzioni non è assolutamente il cuore e neanche l’intero cervello, ma soltanto
la più interna delle sue parti, che è una certa piccolissima ghiandola, situata nel mezzo della sua
sostanza e sospesa al di sopra del condotto attraverso cui gli spiriti dalle sue cavità anteriori
sono in comunicazione con quelli della posteriore, in modo tale che i più piccoli movimenti che
avvengono in essa contribuiscono molto a mutare il corso di questi spiriti e, inversamente, i più
piccoli cambiamenti che si producono nel corso degli spiriti contribuiscono molto a cambiare i
movimenti di questa ghiandola. (Cartesio, Le passioni dell’anima. UTET. Torino. Originale: Les
passions de l’âme).

L’anatomia, la biologia e la chimica dell’epoca non potevano certo essere in grado di avvalorare
tale ipotesi, mentre oggi sappiamo che la ghiandola pineale determina tra le altre cose il rilascio
di melatonina, la quale a sua volta provoca il rilascio a cascata di ormoni e di neurotrasmettitori.
Oggi diamo un’importanza scientifica alla presenza di questi mediatori biochimici, ed arriviamo a
stabilire diagnosi psichiatriche sulla base della “carenza” o dell’”eccesso” di questi, come ad
esempio nella diagnosi della schizofrenia.

Le ultimissime ricerche si avvicinano ulteriormente all’ipotesi cartesiana. Su New Scientist del 15
Dicembre 2007, a pagina 15, l’articolo intitolato What is the soul, but a humble pineal gland (Cos’è
l’anima, se non una umile ghiandola pineale):

Forse Cartesio era nel giusto quando nel 1649 ha affermato che la ghiandola pineale fosse la
sede dell’anima. Le scansioni del cervello relative all’area che circonda la ghiandola pineale
suggeriscono che l’area venga attivata quando le persone meditano. “Non esiste una definizione di
‘anima’ nel campo scientifico” afferma Jyh-Horng Chen del National Taiwan University di Taipei,
co-leader dello studio. “Comunque, i nostri risultati dimostrano una correlazione tra l’attivazione
pineale e la meditazione che potrebbe avere implicazioni profonde per la comprensione fisiologica di
mente, spirito e anima”.

Ma qual è la differenza sostanziale nel parlare di “spiriti” come affermava Cartesio, di essere
ispirati dalle muse come credevano gli antichi greci, di essere posseduti dagli spiriti come
ritengono alcuni popoli di cultura sciamanica oppure di esprimersi in termini di molecole
biochimiche, di neurotrasmettitori e di mappe di risonanza magnetica nel linguaggio della scienza?

Ben poca, a parte il ritenere che tramite il conteggio di qualche molecola possiamo conoscere
l’animo umano in modo più certo ed “obiettivo”. La teoria dei neurotrasmettitori, degli ormoni e dei
ricettori mi sembra una versione moderna degli dei che popolano l’anima dell’essere umano o degli
spiriti Cartesiani. Oggi c’è una maggiore enfasi sul biochimico e sul calcolabile, in modo che tutto
sembra scientificamente preciso e indiscutibile. Ma di fatto è una nuova mitologia.

Osho confrontava il creazionismo nella mitologia Indù con le teorie di Darwin ed affermava:

“Quando Darwin diceva che l’uomo si è evoluto dagli animali, stava usando un linguaggio
scientifico. Ma se leggessimo la storia delle incarnazioni hindu, scopriremmo che questa storia è
già stata raccontata migliaia di anni fa, in forma simbolica. La prima incarnazione non era un uomo,
ma un pesce. Anche Darwin sostiene che la prima forma dell’uomo fu quella di un pesce. Ebbene,
quando noi diciamo che la prima incarnazione era matsya avatar, un pesce, è simbolico. Questo non è
il linguaggio della scienza: un’incarnazione e un pesce! Noi abbiamo respinto queste espressioni. Ma
quando Darwin disse che il primo elemento della vita apparve sotto forma di pesce e che poi
seguirono le altre forme, siamo stati subito d’accordo, perché ci sembrava ragionevole. Il metodo e
la ricerca di Darwini sono scientifici. Ebbene, coloro che ebbero delle visioni, videro il divino
nascere innanzitutto sotto forma di pesce. Il visionario usa il linguaggio delle parabole”. (Osho.
In Search of the Miraculous Volume Two. Rebel Publishing House. Poona).

Spesso la scienza moderna critica le affermazioni di filosofi o scienziati che hanno una visione
diversa rispetto alle direttive della scienza riduzionista o all’approccio oggettivo e misurabile.
Cartesio, al contrario, è stato criticato da tutti coloro che riconoscono una visione olistica della
vita e dell’essere umano, senza separazione tra corpo e anima.

Il filosofo francese è un classico obiettivo di critica da parte della new age, di psicosomatisti e
di filosofi integrali, che lo hanno accusato di aver posta la separazione tra corpo e psiche nella
cultura occidentale e nella scienza. Tali osservazioni le ritengo in qualche modo corrette.
Tuttavia, il metodo Cartesiano nella sua globalità includeva anche un percorso di introspezione, che
è stato ignorato sia dai suoi detrattori che da chi lo ha supportato.

Cartesio è stato anche criticato da scienziati che sono parte della scienza ufficiale, ma spesso a
mio parere a sproposito. Ad esempio, Damasio critica Cartesio per la separazione tra corpo e mente
sulla base delle scoperte neurochimiche che ci dicono che le nostre emozioni sono connesse. In un
suo passaggio, la critica prende questa forma:

“Perché prendersela per questo particolare errore di Cartesio – che, dopo tutto, ne fece anche
altri, e più marchiani? Ad esempio, egli credette che fosse il calore a fare circolare il sangue, e
che le minuscole, finissime particelle di sangue si distillassero in “spiriti animali”, capaci di
muovere i muscoli. Perché non criticarlo per queste sue convinzioni? La ragione è semplice: si sa da
molto tempo che su questi punti egli si sbagliava, e la questione di come e perché il sangue circoli
è stata risolta nel modo più soddisfacente”. (Antonio Damasio. L’errore di Cartesio. Adelphi.
Milano. 1995).

Se non ci facciamo fuorviare dal termine “spiriti animali”, possiamo riconoscere in questi gli
ormoni e i neurotrasmettitori che circolano nel nostro sangue, che a loro volta influenzano la
nostra psiche. Inoltre, il come e il perché il sangue circoli non è stata risolto nel modo più
soddisfacente a differenza di ciò che afferma Damasio.

Senza dubbio abbiamo alcune nozioni rispetto ai meccanismi biologici e neurochimici, le cui teorie
vengono comunque cambiate ogni pochi anni, ma queste conoscenze non ci spiegano il perché della
circolazione del sangue. Tantomeno la conoscenza delle relazioni biochimiche tra sistema nervoso
centrale, organi interni, sistema endocrino e sistema immunitario (psiconeuroendocrinologia) ci può
spiegare come la coscienza possa influenzare i meccanismi biologici, dato che la coscienza è
l’elemento tutt’ora meno compreso e più elusivo della scienza.

Focalizzando inoltre la ricerca solamente sui risultati numericamente misurabili perdiamo il senso
profondo, spirituale e simbolico, della connessione del nostro corpo con il resto dell’universo.
Damasio critica la separazione del corpo dalla mente da parte degli scienziati cognitivisti, ma,
nonostante lui includa le emozioni nel modello biochimico del corpo/mente, non va oltre al pensiero
meccanicistico. Egli vede l’essere umano e la sua coscienza solamente come il prodotto di processi
neurochimici. Il fatto che abbia aggiunto la dimensione delle emozioni non cambia la sostanza
dell’approccio.

Le simbologie astrologiche dell’antichità, il pantheon delle divinità greche o la varietà di quelle
Indu, gli archetipi Junghiani, gli spiriti degli sciamani sono più ricchi di significati e meno
giudicanti di quanto lo sono le analisi e le classificazioni psicologiche o psichiatriche. La
scienza è un’altra forma di mitologia, ma non essendo riconosciuta come tale ritiene di essere
immune dai rischi illusori che accompagnano le certezze mitiche.

Quindi l’oggettività e la riproducibilità, i fondamenti del metodo scientifico, non sono considerati
solo metodi per la conoscenza scientifica ma si espandono a sinonimi di vero e giusto.

A proposito di questo, Hillman, in Oltre l’umanismo (Moretti & Vitali. Bergamo. 1996) affermava che:

“La certezza mitica contiene in sé il rischio – non il rischio del dubbio, della falsità, o del
male morale, ma il rischio dell’illusione, il rischio cioè che la conoscenza e la fede si
smarriscano. […] Accorgerci che la nostra certezza è mitica, che i nostri atti certi non sono
fondati sulla verità ma sulla fede animale, ci dà una consapevolezza sempre più acuta della
possibilità dell’illusione, e dell’illusione insita in ogni mossa”.

Di tanto in tanto nella scienza vi sono dei cambi di paradigma e le certezze che sembravano
immutabili vengono sostituite da nuove verità, come ha documentato Thomas Kuhn in La struttura delle
rivoluzioni scientifiche. Einaudi. Torino. 1978. Thomas Kuhn. (The Structures of Scientific
Revolutions. University of Chicago Press. Chicago. 1962).

Lo stesso Kuhn afferma che i cambi di visione avvengono solamente tramite una rivoluzione
scientifica e comunque dopo la morte fisica degli scienziati che proponevano il vecchio paradigma.
Quindi, pur se nel metodo scientifico è previsto il dubbio e le verifiche sperimentali, l’uomo
scienziato non sembra disposto ad abbandonare le sue certezze.

Come qualsiasi altro essere umano, gli scienziati si identificano con le proprie certezze mentali
come riflesso di un bisogno di certezza interiore. Quindi abbandonare le certezze non è un processo
semplice. Il metodo della scienza attuale prevede una ricerca “oggettiva”, esterna al ricercatore.
Per lo scienziato di oggi l’osservazione del suo mondo interiore non è funzionale alla ricerca.

La scienza potrebbe ricominciate da Cartesio che faceva iniziare il metodo scientifico da uno stato
interiore di osservazione dove venivano cancellate le convinzioni preesistenti.

Se accettiamo che le nostre certezze scientifiche che riteniamo solide ed oggettive sono in realtà
mitiche, saremo indotti ad osservare non solamente ciò che abbiamo di fronte, ma anche al modo in
cui lo guardiamo e questo potrà portarci a rivolgere lo sguardo al nostro interno come porta per la
nostra consapevolezza.

Fonte: www.indranet.it – May 20th, 2008

da www.scienzaeconoscenza.it/

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