Ecolocazione: anche i ciechi hanno un sonar biologico per orientarsi nello spazio

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Ecolocazione: anche i ciechi hanno un sonar biologico per orientarsi nello spazio

Lecolocazione è un sistema per vedere attraverso i suoni (lo stesso di Daredevil). I non vedenti
riescono a individuare la presenza di un oggetto che si trova davanti o lateralmente quasi nella totalità dei casi tramite questo meccanismo biologico.

di Viola Rita

Anche i ciechi sono abilissimi nel rilevare la presenza di oggetti presenti nello spazio
circostante. Come? Attraverso un sistema del tutto naturale, un sonar biologico, chiamato
ecolocazione (sì, quasi il superpotere di Daredevil dei fumetti e delle serie tv della Marvel
Comics). Questo sistema si basa sullemissione di piccoli suoni vocali, che rimbalzano, tramite
echi, quando sono presenti ostacoli, come oggetti o altri animali, la cui presenza e la distanza
vengono prontamente identificate. Già si sapeva che questa particolare abilità accomuna lessere
umano con il pipistrello. Ed oggi, uno studio inglese della Durham University conferma questo dato e
dimostra che le persone non vedenti sono particolarmente capaci nellecolocazione. I risultati dello
studio sono stati pubblicati su Proceedings of the Royal Society B. Ecco cosa hanno visto i ricercatori.

In pratica, i pipistrelli e gli esseri umani (ma probabilmente anche altri animali) emettono dei
piccoli suoni, che rimbalzano dagli oggetti circostanti tramite echi, permettendo così di delineare
una mappa mentale dellambiente esterno. Partendo da queste conoscenze, i ricercatori hanno
coinvolto otto persone con cecità, già note per essere ecolocatrici, con lobiettivo di capire con
quali caratteristiche avviene questo fenomeno biologico. Ciascun volontario si trovava al centro di
una stanza con il viso rivolto dritto davanti a sé e doveva mantenere la testa ferma in questa posizione durante tutto il test.

In certi casi la stanza era vuota, in altri i ricercatori mettevano un riflettore (un disco di circa
20 centimetri di diametro che riflette il suono), a distanza di 100 centimetri dallindividuo. I
volontari non sapevano quando questo oggetto era nella stanza e per scoprirlo dovevano emettere dei
piccoli clic vocali, cioè schiocchi con la lingua della durata di mezzo secondo o poco più. In base
alla loro percezione, dovevano poi indicare se il riflettore era presente. Questo test veniva
ripetuto cambiando langolazione del riflettore ai seguenti angoli rispetto alla persona: a 0° (di
fronte al soggetto), a 45° (leggermente laterale, ma sempre davanti), a 90° (a fianco del soggetto), a 135° (laterale, leggermente dietro) e a 180° (dietro al partecipante).

I volontari sono riusciti ad eco-collocarsi in maniera davvero brillante quando il riflettore era
posizionato a 0°, 45° e 90°, in pratica quando loggetto si trovava davanti allindividuo (di
fronte, leggermente obliquo oppure di fianco). In questi casi, la percentuale di volte con cui il
non vedente ha individuato correttamente la presenza del riflettore era pari a circa del 95%. I
risultati mostrano che i non vedenti erano in grado di rilevare loggetto quasi nella totalità dei
casi. Quando loggetto si trovava invece a 135° o a 180°, dunque lateralmente e dietro le spalle del
volontario, tenendo conto che in base alle richieste del test non potevano muovere la testa, la
percentuale di risposte azzeccate diminuiva ed era pari, rispettivamente, all80% e al 55%. In
questi due casi, poi, i partecipanti emettevano un maggior numero di clic vocali e lintensità di
questi suoni era più alta, indicando la necessità di uno sforzo maggiore per identificare la presenza delloggetto.

Il nostro risultato, spiegano i ricercatori nello studio, indica che gli esseri umani, proprio
come i pipistrelli, adattano le emissioni vocali in base alle esigenze di una data situazione. Un
dato, questo, che era noto nei pipistrelli, che oggi è stato dimostrato oggi negli esseri umani.
Aumentando lintensità dei suoni vocali, inoltre, cresce il rapporto segnale-rumore, in pratica il
segnale sonoro che rimbalza, cioè leco, risulta più forte. In questo caso i partecipanti non
potevano muovere la testa, uno svantaggio rispetto ad una situazione reale. In generale, infatti,
lecolocazione è favorita dai movimenti della testa. Il prossimo passo, suggerisce il team di
Durham, potrebbe essere quello di studiare questi movimenti per capire meglio in che modo il suono viene rimbalzato a seconda della direzione del clic vocale.

da wired.it

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