Dormi poco e non ne risenti? Scoperta un’altra mutazione genetica che aiuta

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Dormi poco e non ne risenti? Scoperta un’altra mutazione genetica che aiuta

Chi sopravvive con poco sonno senza patirne ce la fa anche grazie ai geni. Ecco un’altra mutazione
che aiuta il cervello a funzionare bene comunque.

26 maggio 2025 – Elisabetta Intini

C’è chi si sente al tappeto se non dorme almeno otto ore a notte, e chi si fa andar bene senza
troppi scossoni dormite di 4-6 ore. Al secondo gruppo appartengono pochi fortunati che non sembrano
patire gli effetti fisici e cognitivi della deprivazione di sonno e che sono – come già dimostrato
da studi passati – aiutati dai geni. Ora è stata scoperta una nuova mutazione genetica che potrebbe
contribuire allo scarso bisogno di dormire. Conoscere questa e altre alterazioni che regolano il
riposo notturno aiuterà a trattare i più comuni e invalidanti disturbi del sonno.

UNA MARCIA IN PIÙ. «I nostri corpi continuano a lavorare quando andiamo a letto», spiega Ying-Hui
Fu, neuroscienziata e genetista dell’Università della California a San Francisco e coautrice dello
studio pubblicato su PNAS. Si pensa che il sonno aiuti a ripulire il cervello dalle tossine, e
l’organismo a riparare i danni cellulari. «In queste persone, tutte queste attività che i nostri
corpi compiono mentre dormiamo, funzionano semplicemente a livello più alto».

ALTERAZIONI FAVOREVOLI. Già negli anni 2000, il team di Fu aveva scoperto in una coppia madre-figlia
una rara mutazione in un gene che aiuta a regolare i ritmi circadiani, l’orologio interno
dell’organismo che segue cicli di 24 ore e che regola tra le altre cose anche i ritmi sonno-veglia.
Questa mutazione contribuisce al limitato bisogno di sonno.

Lo studio permise alla scienziata e ai colleghi di mettersi in contatto con altre centinaia di
persone che normalmente si alzavano riposate anche dopo 4 ore di riposo notturno. Studiando queste
persone, con il tempo, il gruppo di ricerca ha individuato in totale cinque mutazioni a carico di
quattro geni che aiutano a funzionare bene anche con poco sonno.

TRA UNA CELLULA NERVOSA E L’ALTRA. Nel nuovo studio, condotto su una persona di settant’anni
naturalmente poco bisognosa di sonno notturno, i ricercatori hanno trovato una mutazione che non
conoscevano su un gene chiamato SIK3, che codifica un enzima attivo nello spazio tra un neurone e
l’altro. Che il gene in questione sia connesso con il sonno, in un modo o nell’altro, era già noto.
In passato un gruppo giapponese aveva individuato una diversa mutazione, sempre a carico del SIK3,
che rendeva i topi particolarmente assonnati.

SVEGLIA, POLTRONI! Quando la nuova mutazione è stata trasferita nei topi, che in media hanno bisogno
di 12 ore di sonno, i roditori si sono “accontentati” di 31 minuti in media di sonno in meno al
giorno.

L’enzima mutato sembrerebbe inoltre particolarmente attivo nelle sinapsi cerebrali, i punti di
connessione tra i neuroni. Un’ipotesi è che accorci il bisogno di sonno supportando l’omeostasi
cerebrale – semplificando molto, la capacità del sonno di resettare il cervello e prepararlo al
giorno successivo, anche indebolendo le sinapsi che non sono così significative e che si sono
accumulate nelle ore diurne.

A CHE COSA SERVE DORMIRE? Quello scoperto è un piccolo altro tassello del complesso puzzle del
bisogno di sonno. Il fatto che la mutazione incida, ma non in modo così significativo in termini di
tempo, sulle necessità di riposo dei topi, suggerisce che le conoscenze sui geni che regolano questo
aspetto siano ancora incomplete. Conoscere meglio le mutazioni che supportano i soggetti “sempre
svegli”, immuni alle notti troppo brevi, aiuterà a capire meglio la funzione del sonno, e la sua
regolazione.

www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.2500356122

da focus.it

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