DIPENDENZA D’AMORE

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DIPENDENZA D’AMORE

COME LA CHIMICA CEREBRALE SOPPIANTA IL ROMANTICISMO
IN UNA VISIONE MATERIALISTICA DELL’AMORE

Di Diana Vannini

“Ogni persona è naturalmente predisposta ad amare ed essere amata, ma la maturità nel sentimento dell’amore è un conseguimento grande e, come tale, richiede impegno, cura, sacrificio, coerenza, lealtà, verità. L’amore è un diamante, la regina delle pietre preziose e l’eros, a confronto, un coccio di vetro, un piacere alla fine inconsistente quando si limita ad una mera eccitazione sensoriale. Il gioiello dell’amore è in serbo per tutti, poiché ognuno di noi è nato per conseguire la perfezione e nessuno è irrimediabilmente destinato ad essere un progetto sbagliato o fallimentare. Ogni autentica tradizione spirituale asserisce che siamo progettati per la felicità e l’amore è indubbiamente la sua maggiore componente. L’arte di amare non è arte erotica. Oggi si fa molta confusione nella definizione della parola “amore”, perché la grande libertà sessuale ha portato ad abusare di questo termine riducendolo alla descrizione di un semplice trasporto passionale. L’amore così interpretato, in maniera riduttiva e distorta, è la mortificazione della gioia, della libertà, è il trionfo dei bisogni da soddisfare che creano dipendenza, prigionia dei sensi e pesantezza del cuore”. (tratto da “Dall’Eros all’Amore” di Marco Ferrini).

Ciò che anche nei film viene rappresentata come “attrazione fatale” o passione incontenibile, altro non è che il susseguirsi a cascata di una serie di reazioni neurali e neuroendocrine che, se non orientate dalla Coscienza verso un obiettivo evolutivo e lasciate agire solo come esito di stimolazioni sensoriali, attivano un circuito automatico di risposte, loop che si rigenera in autonomia e che, strutturandosi sempre di più, può intrappolare come una vera e propria droga. Una recente ricerca condotta da Susan Fiske, docente della Princeton University, ha smontato persino il mito della conquista del cuore dell’amato attraverso un corpo seducente ed ammaliante, evidenziando come il cervello maschile, dopo la visione di immagini femminili a sfondo sessuale, percepisca la donna come un oggetto e non come una persona con la quale relazionarsi. Questo importante risultato è stato validato dall’analisi di un campione maschile, in cui i soggetti erano invitati ad osservare immagini di donne in bikini, mentre la loro attività cerebrale veniva monitorata attraverso risonanza magnetica funzionale.

Dallo scanning è emerso che le aree che si attivavano durante l’osservazione di tali immagini erano quelle corrispondenti all’anticipazione dell’utilizzo di utensili quali chiavi inglesi e cacciaviti, relative cioè alla corteccia premotoria, mentre si disattivavano le aree cerebrali connesse all’empatia e alla comprensione emotiva della persona. Dunque può esserci una conquista sì, ma non di certo del cuore. Anche se questo studio è stato momentaneamente condotto solo verso soggetti maschili, certo è che, per entrambi i generi, stimoli sessuali esterni (suoni o immagini) o interni (pensieri o fantasie) all’individuo determinano lo scatenarsi di sequenze di reazioni endocrine e neurali. In particolare si è osservato che il vortice di passione che travolge due amanti è sotteso principalmente dall’azione di una molecola, la feniletilamina (PEA), costantemente prodotta dall’organismo, ma la cui concentrazione cresce significativamente in seguito ad un desiderio sessuale. Tale molecola, raggiungendo livelli elevati, può indurre i medesimi effetti delle anfetamine (entrambe agiscono sugli stessi recettori) e favorisce il rilascio di dopamina, neurotrasmettitore che, quando raggiunge il massimo della concentrazione ematica, scatena l’irrefrenabile impulso all’orgasmo ed innalza il tono dell’umore all’euforia, all’eccitazione e all’entusiasmo (alte concentrazioni di dopamina sono infatti presenti nei Disturbi Affettivi di tipo Maniacale).

Producendo questo piacere euforico, la dopamina è implicata nel circuito cerebrale di ricompensa, ovvero regola i processi emozionali legati alla soddisfazione di bisogni quali la fame, la sete, il desiderio sessuale, il successo nella lotta, nella competizione e nella fuga da uno scampato pericolo; è dunque correlata alla fisiologia del rinforzo psicologico e quindi determinante nei processi d’apprendimento, inducendo la ripetizione del comportamento piacevole fino al punto da poter causare il rischio di sviluppare una vera e propria dipendenza del soggetto da tale comportamento. L’attività sessuale è regolata anche da un altro importante neurotrasmettitore, la serotonina, anch’essa importante per l’innalzamento del tono dell’umore: alti livelli di serotonina sembra siano importanti per una maggiore selettività nella scelta del partner, mentre bassi livelli sembra portino ad una minore discriminazione in tal senso. Livelli alti di dopamina e serotonina dipendono da buoni livelli di testosterone (sia nell’uomo, sia nella donna), per questo, bassi livelli di testosterone sono correlati ad un calo del desiderio e si possono trovare in correlazione con Disturbi Depressivi (in cui uno degli aspetti più rilevanti è la carenza di dopamina). Allo stato di benessere prodotto da dopamina e serotonina, si aggiunge un’agitazione generale determinata dalla noradrenalina che, oltre a suscitare anch’essa eccitazione ed entusiasmo, riduce l’appetito, quale attività contrastante l’atto erotico, dal quale tutta l’attenzione e le risorse vengono assorbite. Inoltre promuove la contrazione delle vene degli organi sessuali, trattiene il sangue mantenendo a lungo l’erezione e regola la produzione di adrenalina: durante l’esperienza sessuale ne induce il rilascio con conseguente aumento del battito cardiaco, della respirazione e della pressione sanguigna, da cui ha origine, per esempio, il rossore del viso.


Anche altri neuromediatori intervengono nell’eccitazione sessuale: le encefaline, che normalmente sono deputate allo stimolo della fame, all’induzione dell’aggressività predatoria e alla modulazione del rapporto piacere/dolore e, che essendo rilasciate abbondantemente nella fase preorgasmica, favoriscono la tolleranza al dolore e sembrano sostenere la parafilia sessuale masochistica, nei soggetti predisposti in tal senso. In seguito al “fuoco” acceso dalla feniletilamina, mentre il flusso ematico, attraverso l’ossido nitrico inonda gli organi genitali e lì permane grazie alla noradrenalina, mentre insorge lo stato febbrile dell’eros provocato principalmente dalla dopamina, nell’organismo si produce, immediatamente dopo l’orgasmo, un ormone che induce l’affettività e la voglia di carezze e dolce contatto cutaneo seguenti il rapporto: l’ossitocina. Questa viene definita “ormone dell’amore” anche in quanto, nel partner femminile, promuove il comportamento materno, stimolando l’affettività e la voglia di prendersi cura del bambino, induce inoltre le contrazioni muscolari durante il parto, che permettono di spingere il bambino fuori dall’utero e durante l’allattamento, che convogliano il latte in dotti più ampi, facilitando le poppate del neonato. Questo ruolo agisce anche nell’ambito della coppia rafforzando l’attaccamento emotivo e potenziando i meccanismi della memoria che fissano ricordi emotivi positivi, tralasciando gli aspetti dolorosi, per esempio induce il ricordo dell’emozione del tenere il bimbo neonato in braccio per la prima volta, inibendo il ricordo del parto. Nel partner maschile, responsabile del periodo refrattario che segue l’eiaculazione, è anche un altro ormone: la vasopressina, la quale smorza anche l’impeto aggressivo, induce l’appagamento e la tendenza a mantenere la relazione stabile.

Infine, un neuropeptide importante secreto in maniera massiccia durante la Reazione Orgasmica e che ha il compito di smorzare il desiderio erotico è la beta-endorfina, che ha un tasso ematico consistente tanto quanto più è intenso e soddisfacente è l’orgasmo. La beta-endorfina appartiene alla classe delle endorfine, oppiacei endogeni che hanno i medesimi recettori ed effetti di oppiacei esogeni quali cannabis o eroina. Anche le endorfine per il ruolo inibitorio su alcuni neuroni, in particolare nocicettivi e per la funzione di regolazione del tono dell’umore, fanno parte del circuito di ricompensa cerebrale e possono indurre dipendenza o assuefazione. Da notare è come il fuoco della passione determinato dalla feniletilamina, destinato a spegnersi per il rilascio di ossitocina ed endorfine, dopo aver consumato l’atto, possa ad un certo punto necessitare di nuovi stimoli sessuali per essere aizzato, scatenandosi un “duello” interiore fra due piaceri: l’eccitazione euforica indotta dalla fenietilamina e in seguito dalla dopamina e l’attaccamento pacato, rilassante e rassicurante indotto dall’ossitocina e dalle endorfine, conflitto che, se non risolto, può portare alla concupiscenza di più relazioni simultanee che possono, entrambe, determinare dipendenza.

L’assuefazione con crescente tolleranza alle sostanze endorfiniche, determinata da fattori genetici, è la causa della “Dipendenza da Reazione Orgasmica” in cui l’incremento endorfinico prodotto dall’orgasmo non è più sufficiente a smorzare il desiderio erotico e quindi i soggetti sono portati a ripetere sempre più ulteriori orgasmi onde evitare l’instaurarsi della sindrome d’astinenza. E’ questo il meccanismo sulla base del quale si fonda in generale il principio della dipendenza: se determinati recettori vengono bombardati a lungo ed intensamente da una droga o dalla relativa sostanza stimolante, rimpiccioliranno, diminuiranno di numero o si desensibilizzeranno, per cui sarà necessaria una dose sempre più massiccia di sostanza stimolante per produrre gli stessi effetti che, prima, ne richiedevano meno. Questo effetto è noto sia nell’uso di droghe appunto, sia nelle cosiddette dipendenze emozionali, da cui non fa esclusione il sesso, per cui la soluzione è nel cercare di non innescare il meccanismo, nel non sviluppare la cattiva abitudine che può poi suscitare dipendenza. Il “sesso facile” dell’era moderna, non aiuta certo questo distacco. Siamo circondati da immagini, richiami, stimolazioni di ogni genere che riducono a scambio di fluidi quella che dovrebbe essere una relazione tra esseri spirituali.

La Tradizione Indovedica descrive infatti tre piani antropologici dell’individuo: il piano fisico, il piano psichico ed il piano spirituale. Il pericolo di dipendenza si ingenera quando i tre piani non sono armonizzati, o meglio quando i primi due livelli più superficiali non sono al servizio del livello più vero e reale del soggetto: egli stesso, quale anima, atman. L’anima è eterna e immutabile come Krishna ricorda ad Arjuna nella Bhagavad-gita: Sappi che non può essere annientato ciò che pervade il corpo. Niente può distruggere l’essere spirituale. Il corpo fisico è certamente destinato alla distruzione, ma l’essere spirituale è incommensurabile ed eterno, perciò abbi fede nella continuità della vita. Non possiede vera conoscenza colui che crede che l’anima possa perire, l’anima infatti non muore, l’anima è non nata, eterna.(Bhagavad-gita II.17-19). Come una persona lascia abiti usati e logori per indossarne di nuovi, così l’anima si riveste di nuovi corpi fisici, abbandonando quelli vecchi e inutili. (Bhagavad-gita II.22).

“La struttura psicosomatica dell’essere umano non ha vita propria ed è priva di coscienza. È l’atman il testimone senziente, è l’atman che funge da centro unificatore di tutte le attività psicofisiche e quando l’anima esce dal corpo la vita cessa e la struttura fisica assume il tipico aspetto cadaverico. Se possiamo sentire dolore o piacere in una qualsiasi parte del corpo è in virtù della presenza dell’atman, perché essa irradia la propria luce cosciente in tutta la struttura fisica.
L’atman non appartiene alla dimensione fisica, è come la definizione del centro in un cerchio: non ha altezza, non ha profondità, non ha spessore, non ha larghezza, non ha peso; non ha niente ma non esisterebbe il cerchio senza di esso. Conoscere le persone solo sul piano corporeo e affezionarsi ai loro aspetti esteriori è un errore gravissimo, è un investimento fuorviante dalla vera conoscenza e dall’amore. […] Amare non significa demonizzare o negare l’eros o il corpo, ma imparare ad utilizzarli in maniera corretta; il corpo e la psiche umana sono in assoluto lo strumento più prezioso per operare nel mondo e rendere la propria vita un trionfo d’amore, che è veramente autentico quando è propedeutico alla nostra evoluzione interiore. Il corpo è uno strumento che può essere utilizzato per la nostra evoluzione. Le passioni morbose e l’eros nascono da una visione limitata e dalla degenerazione del concetto di amore, ma possono essere riconvertite e ben orientate attraverso un processo di rieducazione della personalità finalizzato alla realizzazione spirituale. Anche le pulsioni e le emozioni sono uno strumento che possiamo utilizzare, ma solo se possediamo abbastanza maturità da non identificarci con esse, diventando noi in grado di decidere come servircene e imparando a renderle propedeutiche alla nostra evoluzione nel viaggio coscienziale che dall’inconsistente eccitazione dell’eros porta alla beatitudine del vero amore”. (tratto da “Dall’Eros all’Amore” di Marco Ferrini).

Se è l’ego a trionfare allora la ricerca di gratificazione innescherà un meccanismo incessante di autosoddisfazione che, laddove ottenuta, rischierà di incatenarci inestricabilmente all’oggetto esterno che la produce, mentre se non soddisfatta originerà inevitabilmente frustrazione e sofferenza. “La comparsa non permanente della gioia e del dolore, e la loro scomparsa nel corso de tempo, sono simili all’alternarsi dell’inverno e dell’estate. Gioia e dolore sono dovuti alla percezione dei sensi, o discendente di Bharata, e si deve imparare a tollerarli senza esserne disturbati” (Bhagavad-gita II.14). Mentre se è la Coscienza profonda a governare e orientare il nostro desiderio di dare e ricevere amore, allora i neurotrasmettitori saranno consequenziali a questo impulso dell’anima, effetti corporei di un moto profondo, manifestazioni di una gioia che è tutta interiore e quindi non a rischio di dipendenza.

da psicologiaespiritualita.blogspot.com/

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