Difficoltà e Yoga

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Difficoltà e Yoga

Sri Auribindo e Mère

CHE COS’E’ LO YOGA

Parole dagli Scritti
Pubblicato da domani Trimestale in lingua di yoga filosofia e cultura
Titolo originale: What is Yoga

Compilazione originale di Vijay Revisione e Traduzione di Adriano Baldo e Lucio Bergamaschi
Sri Aurobindo Ashram Trust, Pondicherry

Difficoltà e Yoga

[…]

Certamente non è una scorciatoia questa, nè una facile sadhana. Occorrono una grande fede, un
coraggio risoluto e una pazienza a tutta prova. E’ uno yoga che comprende tre tappe di cui solamente
la terza può essere pienamente beatifica e risolutiva: la prima è uno sforzo dell’ego per riuscire a
entrare in contatto col Divino; segue poi un periodo di preparazione lunga, onnicomprensiva e perciò
anche laboriosa, di tutta la nostra Natura inferiore da parte dell’azione divina volta a renderci
capaci di ricevere e divenire la Natura superiore; infine ha luogo la trasformazione.

In realtà, è la forza divina che, inosservata e dietro al velo, si sostituisce alle nostre debolezze
e ci sostiene attraverso la nostra mancanza di fede, coraggio e pazienza. Essa ” restituisce la
vista al cieco e permette allo zoppo di valicare le montagne “.

L’intelletto prende a poco a poco coscienza di una Legge che beneficamente insiste e di un soccorso
che sostiene; il cuore parla di un Maestro di tutte le cose, di un Amico dell’uomo e di una Madre
universale che ci soccorre in tutte le nostre cadute. Quindi questo cammino appare subito come il
più difficile che si possa immaginare, ma è anche, se si considera la vastità del suo sforzo e
l’obiettivo, il più facile e più sicuro di tutti.

La meta dello yoga è sempre difficile da raggiungere, ma questa lo è più di ogni altra, ed è solo
per coloro che hanno la vocazione e la capacità, che sono disposti ad affrontare ogni cosa e ogni
rischio, anche quello di fallire, e vogliono progredire verso una completa assenza di egoismo e di
desiderio e una sottomissione totale.

Questo yoga implica solo la realizzazione di Dio, ma una consacrazione e una trasformazione totali
della vita interiore e esteriore, finchè la vita non sia capace di manifestare una coscienza divina
e di far parte del lavoro divino. Ciò comporta una disciplina interiore estremamente più esigente e
difficile delle mere austerità morali e fisiche. Non si deve intraprendere questo cammino, molto più
vasto e arduo di quello della maggior parte degli altri yoga, se non si è sicuri del richiamo
psichico e della propria determinazione ad andare fino in fondo.

Per determinazione non intendevo capacità, ma buona volontà. Se c’è la volontà interiore di far
fronte a tutte le difficoltà e di arrivare fino in fondo, senza curarsi del tempo che ciò richiede,
allora si può intraprendere il cammino. Una semplice inquieta insoddisfazione nei confronti della
vita ordinaria non è un segno sufficiente che si è pronti per questo yoga. Un chiaro richiamo
interiore, una forte volontà e una grande costanza sono necessarie per riuscire nella vita
spirituale.

Nessuno è idoneo alla sadhana, nel senso che nessuno può farla con le sue sole capacità. Ciò che è
richiesto è di prepararsi a ricevere pienamente la forza.

Tutti coloro che entrano nel cammino spirituale devono affrontare le difficoltà e le prove del
viaggio, quelle che provengono dalla loro stessa natura e quelle che provengono dall’esterno. Le
difficoltà nella propria natura si presenteranno in continuazione, fino a quando non saranno
superate; devono essere affrontate con forza e pazienza. Tuttavia, la parte vitale tende alla
depressione quando queste prove e difficoltà sorgono.

Non è nulla di peculiare a voi, avviene per tutti i sadhak, non implica che siate inadatto alla
sadhana e neppure giustifica un senso di inettitudine. E’ comunque necessario che vi alleniate a
superare questa tendenza alla depressione, chiedendo aiuto alla Forza della Madre.

Tutti coloro che seguono con costanza il cammino dello yoga, possono essere sicuri del loro destino
spirituale. Se qualcuno fallisce, può essere solo per una di queste due ragioni: o perchè abbandona
il sentiero, o perchè le lusinghe dell’ambizione, della vanità, del desiderio ecc. lo allontanano da
una sincera dipendenza dal Divino.

Eppure, se vi è l’appello dell’anima, anche se incompleto, per quanto grandi e ostinate siano le
difficoltà, non vi sarà nessun fallimento definitivo; anche quando il filo si spezza, viene ripreso,
di nuovo congiunto e la meta portata a compimento. La natura stessa opera in risposta al bisogno
interiore che, per quanto lentamente, ottiene la risposta.

Non importa quali siano i difetti della vostra natura. La sola che conta è che vi manteniate aperto
alla Forza. Nessuno può ottenere la trasformazione con il proprio sforzo, senza aiuto; soltanto la
Forza Divina può operare la trasformazione. Se sarete aperto, tutto il resto sarà fatto per voi.

Non è neppure nostro scopo fondare una religione, o una scuola di filosofia o di yoga; il nostro
scopo è di preparare il terreno per la crescita e l’esperienza spirituali e la vita per fare
discendere una Verità più grande, che trascende la mente, ma non è inaccessibile all’anima e alla
coscienza umane. Possono riuscirvi tutti coloro che sono attratti da quella Verità, vengano essi
dall’India o d’altrove, dall’Oriente o dall’Occidente. Tutti possono incontrare grandi difficoltà
nella loro natura individuale o nella natura umana ordinaria; ma la loro origine fisica o il
carattere della razza non rappresenta un ostacolo insuperabile alla loro liberazione.

Lo yoga non è più pericoloso per gli Occidentali di quanto non lo sia per gli Orientali. Tutto
dipende dallo spirito con il quale lo si accosta. Lo yoga diviene certamente pericoloso se lo si
vuole per amore di se stessi, per servire uno scopo personale.

Al contrario, non è pericoloso, e anzi è del tutto sicuro, se lo si accosta con un senso di
sacralità, memori ad ogni istante dell’unico scopo, che è quello di trovare il Divino.

Le difficoltà e i pericoli cominciano non appena si pratica lo yoga non per amore del Divino, bensì
per acquisire dei poteri e per cercare, sotto il manto dello yoga, la soddisfazione di ambizioni
personali. Se non riuscite a eliminare in voi ogni ambizione, non avvicinatevi allo yoga: è un fuoco
che brucia.(…)

L’unica cosa è essere sinceri. Se non siete sinceri, non intraprendete lo yoga. Se vi occupaste di
affari umani, potreste, con qualche probabilità di successo, ricorrere all’inganno. Ma non c’è posto
per l’inganno nei nostri rapporti con il Divino! Non si inganna il Divino! Potete avanzare su questo
cammino in tutta sicurezza se siete candidi e aperti anche nel profondo del vostro essere e se il
vostro unico scopo è quello di raggiungere e di realizzare il Divino, ed essere da Lui guidati.

Lo Yoga nella Vita di Ogni Giorno

Non è assolutamente necessario abbandonare la vita ordinaria per ricercare la Luce, o praticare lo
yoga. In genere lo fanno quelli che vogliono dare un taglio netto e vivere una vita puramente
religiosa, o esclusivamente interiore e spirituale, rinunciando interamente al mondo e abbandonando
l’esistenza cosmica mediante la cessazione della nascita umana e il passaggio in qualche stato
superiore o nella Realtà trascendente.

Altrimenti, ciò è necessario soltanto quando la pressione della spinta interiore si fa così forte
che il proseguimento della vita ordinaria non è più compatibile con il perseguimento dell’obiettivo
spirituale dominante. Fino allora, ciò che è indispensabile è il potere di isolarsi interiormente,
la capacità di ritirarsi dentro di sè e concentrarsi in ogni momento sullo scopo spirituale
centrale.

Deve esserci anche il potere di affrontare la vita ordinaria esteriore con un nuovo atteggiamento
interiore; gli stessi avvenimenti della vita possono diventare un mezzo per la trasformazione
interiore della natura e la crescita nell’esperienza spirituale.

Tutte le cose della Lila ( Il gioco cosmico. Il mondo creato è il gioco di Dio. ) possono
trasformarsi in finestre che si aprono sulla Realtà nascosta. Tuttavia, finchè ci si accontenta di
guardare attraverso le finestre, il vantaggio non è che iniziale; un giorno si dovrà raccogliere il
bastone del viandante e mettersi in cammino verso la Realtà che è eternamente manifesta e presente.
Ancor meno spiritualmente soddisfacente sarà l’indugiare su riflessi incerti: s’imporrà, comunque,
la ricerca di quella Luce che ora ci si sforza di raffigurare.

Ma, poichè questa Realtà e questa Luce sono in noi non meno che in qualche elevata ragione al di
sopra del piano mortale, possiamo, nel ricercarle, usare molte delle forme, immagini e attività
della vita; come si offre un fiore, una preghiera, un atto al Divino, si pu= anche offrire la
creazione di una forma di bellezza, una canzone, una poesia, un’immagine, un brano di musica, e
ottenere attraverso ciò un contatto, una risposta o un’esperienza.

E quando quella coscienza divina è stata penetrata o quando essa cresce interiormente, anche allora
lo yoga non esclude che venga espressa nella vita attraverso questi mezzi; queste attività creative
possono avere il loro posto, anche se intrinsecamente questo posto non può essere più importante di
quello di qualsiasi altra attività che sia messa al servizio del Divino. l’arte, la poesia, la
musica, nel loro funzionamento ordinario, creano valori mentali e vitali, non spirituali; ma possono
essere volte a un fine superiore, e allora come tutte le cose capaci di unire la nostra coscienza al
Divino, si trasmutano e diventano spirituali e possono essere accettate come parte della vita
yoghica. Ognuna trae nuovi valori non da se stessa, bensì dalla coscienza che la usa; perchè c’è una
sola cosa essenziale, necessaria, indispensabile: divenire coscienti della Realtà divina, vivere in
essa e viverla sempre.

Nello yoga integrale, tutta la vita, fino al suo minuto più particolare, deve essere trasformata,
divinizzata. In questa impresa nulla vi deve essere di insignificante, di indifferente. Non potete
dire: ” Quando medito, quando leggo un libro di filosofia, o quando ascolto queste conversazioni, mi
mantengo in uno stato di aspirazione e di ricettività alla Luce; ma quando invece esco per andare a
fare una passeggiata, o a trovare gli amici, posso concedermi di dimenticare queste cose “.

Se persisterete in questo atteggiamento, non verrete mai trasformati, nè raggiungerete mai la vera
unione: rimarrete sempre divisi; avrete tutt’al più solo qualche percezione di una vita superiore.
Riuscirete forse ad avere alcune esperienze, alcune realizzazioni nella vostra coscienza interiore
durante la meditazione, ma il vostro corpo e la vostra vita esteriore rimarranno immutati.
Un’illuminazione interiore che non venga conto del corpo nè della vita esteriore non è di grande
utilità, poichè lascia il mondo così com’è.

E’ quanto è sempre accaduto fino ad oggi. Persino coloro che avevano una grandissima e possente
realizzazione si ritiravano dal mondo per vivere, senza essere disturbati, nella quiete e nella pace
interiori; il mondo era lasciato a se stesso, mentre la miseria, la stoltezza, la Morte e
l’Ignoranza mantenevano la loro sovranità incontestata su questo piano materiale dell’esistenza.

Per coloro che si ritirano in questo modo, è forse piacevole sfuggire alla tormenta, voltare le
spalle alle difficoltà e trovare altrove, per se stessi, uno stato di beatitudine. Ma lasciano la
vita e il mondo immutati, come pure la loro coscienza, senza parlare del loro corpo, meno rigenerato
che mai. Quando tornano nel mondo fisico, si comportano di solito peggio della gente comune, perchè
hanno perso il controllo sulle cose materiali e il loro modo di comportarsi nella vita può rivelarsi
incoerente e impotente, alla mercè di ogni forza che passa.

Un ideale di questo tipo può andar bene per coloro che lo vogliono; ma non per il nostro yoga.

Noi vogliamo la conquista divina di questo mondo e di tutte le sue espressioni e la realizzazione
del Divino qui, sulla terra. Ma se vogliamo che il Divino regni qui, dobbiamo darGli tutto ciò
abbiamo, tutto ciò che siamo, tutto ciò che facciamo. Non dobbiamo certo pensare che vi sono le cose
senza importanza, che la vita esteriore, con tutte le sue necessità, non fa parte del Vita Divina.
Se pensassimo in questo modo, rimarremmo sempre allo stesso punto, immobili; il mondo materiale non
verrebbe conquistato; niente di durevole potrebbe essere fatto.

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