DALLA MUSICA ALLA DIMENSIONE DEL SE’

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DALLA MUSICA ALLA DIMENSIONE DEL SE’

“Più potente è l’armonia nascosta di quella che appare”
Eraclito

La prima esperienza di ciascun individuo è di tipo motorio/sonoro: nel grembo materno, il piccolo
vive dall’alba della sua esistenza accompagnato dal pulsare rassicurante del cuore della madre, dal
gorgoglio delle sue viscere, dondolato dal suo movimento e successivamente sperimentando il proprio,
spesso di tipo decisamente ritmico.

Fino al momento del parto, durante il quale il bimbo è stretto da contrazioni che rispettano il
rapporto unità/tempo in modo regolare ma sempre più incalzante divenendo quasi insostenibili nella
loro ravvicinata frequenza, precipitandolo bruscamente nella dimensione della propria vita autonoma.

In cui ancora, la prima cruciale e bruciante esperienza è di tipo ritmico: l’aria, che ad intervalli
regolari nel tempo dilata e fuoriesce dai suoi piccoli polmoni, accompagnata dal pulsare frettoloso
del cuore che batte il tempo di un nuovo tipo di circolazione sanguigna.

E dopo una tempesta di stimoli tattili, visivi, acustici , termici, le braccia della madre che
accolgono il piccolo nel primario rifugio che, attraverso un indelebile imprinting, diverranno
l’emblema dell’idea di quiete e protezione: dentro un abbraccio, con il piccolo capo appoggiato sul
cuore della mamma, (quasi ogni donna, di tutte le razze tiene istintivamente il proprio cucciolo
così), l’orecchio aderente al suo corpo per ricoprire quel battito così ben conosciuto tutto il
piccolo essere è percettivo del moto del seno materno che si solleva e si abbassa nel ritmo morbido
del respiro. E’ il punto di partenza, l’inizio di ciascuna storia di ciascun uomo, dal più “grande”
al più “infelice” che ci accomuna e che porta all’interno quest’intrigante costante di suono e di
moto, la stessa costante che caratterizza una delle espressioni umane universali: “la musica”.

Il malato psichiatrico investe le proprie energie nell’attivare meccanismi di difesa che lo
proteggano dalla relazione con se stesso e con gli altri rimanendone perciò sprovvisto per attuare
un comportamento geneticamente idoneo e socialmente condiviso. Partendo dal presupposto che
l’ospedalizzazione ha come obiettivo primario la ri– abilitazione, ne consegue che ogni possibile
strategia per riconsegnare al malato la propria abilità smarrita, va perseguita. Se il dolore del
malato ha il proprio nucleo in un’identità frantumata e considerando l’identità come un processo in
divenire in cui a momenti diversi identificabili in modo oggettivo nel tempo corrispondano
situazioni e relazioni oggettivamente e soggettivamente (dal punto di vista del malato) diverse,
risulta necessario aiutare il paziente a percorrere a ritroso un viaggio nel tempo fino a trovare
una struttura di identità non danneggiata, anche se primaria ed elementare: ed iniziare da lì, per
trovare una pietra angolare su cui basarsi per una metodica ricostruzione: per una progressiva ri
–abilitazione.

La musica è così emotivamente coinvolgente in grado di produrre cenestesia, capace di attivare
sinestesie (è stato osservato scientificamente come l’ascolto musicale attivi la “sinestesia
secondaria o plurima” che stimola anche funzionalità sensoriali diverse dall’udito) con una radice
così profonda nell’essere attraverso il suo paradigma suono/ ritmo/ movimento; o se ancor più a
ritroso vogliamo andare il germoglio primario della musica coincide con il germoglio della vita,
nell’essere sincronia/sintonia/sinestesia: da qui forse, il suo potere cenestesico che la scienza
non ha ancora saputo spiegare.

L’intervento si basa sull’ascolto, tenendo presenti due aspetti che la ricerca scientifica in ambito
musicoterapeutico ha evidenziato:

L’ascolto musicale determina modificazioni di alcuni parametri neurofisiologici quali il battito
cardiaco, la frequenza respiratoria, la contrazione muscolare, il riflesso psicogalvanico
(nonostante non siano ancora stati evidenziati i meccanismi che sottendono a tali variazioni durante
l’ascolto).
L’ascolto musicale è quel fenomeno che si attua quando, attraverso un’elaborazione si pongono in
relazione:
elementi posseduti a livello di rappresentazione mentale relativi alla dimensione acustica, con
la realtà acustica percepita, cogliendone analogie e differenze.
Ascoltare e perciò un’operazione mentale in cui l’individuo confronta ciò che già possiede con
l’esperienza percettiva che sta vivendo, richiedendogli di porre se stesso in relazione con la
circostanza e con l’ambiente.

Tenendo presenti questi due punti e la valenza emozionale della musica risulta evidente come
l’approccio musicoterapeutico, possa aprire l’accesso a pensieri, sentimenti, riflessioni,
associazioni o fantasie che nel malato psichiatrico risultano bloccate, permettendo conseguentemente
una presa di contatto ed un’elaborazione adeguata del materiale emerso al personale specialistico.

Il tipo d’intervento segue i principi di R. Benenzon secondo il quale ciascuno possiede un ISO
sonoro/musicale, costituito da quattro stratificazioni procedenti dall’esterno all’interno nel modo
seguente:

ISO UNIVERSALE di tipo specie/specifico, corrisponde all’imprinting uditivo che ciascun individuo
riceve: il battito cardiaco, il suono della respirazione ed i rumori interni al corpo della madre,
nella vita intra – uterina; poi la voce materna nella vita extra – uterina.

ISO GRUPPALE di tipo etnico/culturale; tanto più l’individuo si riconosce in quanto facente parte di
un gruppo (etnico, culturale, sociale, religioso, sub – culturale, etc…) tanto più il suo il suo
iso gruppale è dominante.

ISO COMPLEMENTARE è una sorta di membrana all’ISO GESTALTICO, il nucleo dell’identità sonora
individuale: non ha consistenza propria ed assume aspetti della situazione contingente, fungendo da
trait – d’union, da “ponte” fra la situazione sonora del momento, a cui si adatta e l’ISO
GESTALTICO.

ISO GESTALTICO è l’identità sonora dell’individuo; come l’identità globale, non è statica ma in
continua evoluzione: è una condensazione/ricapitolazione/rielaborazione dell’ISO UNIVERSALE,
GRUPPALE e, poiché vive anche nell’istante contingente, dell’ISO COMPLEMENTARE: il tutto configurato
dalle situazioni, relazioni ed esperienze della vita dell’individuo. L’iso gestaltico è quindi una
sintesi dell’individuo e di tutta la sua storia, così come la racconta ora in questo preciso
momento.

Perciò porsi in relazione con l’iso gestaltico significa porsi in vero contatto umano ed empatico
con l’individuo. [Per questa ragione, non ha senso proporre a chi presenta sintomi di agitazione,
musica ad andamento lento al fine di calmarlo; risponderà molto meglio ad un ritmo vivace che si
avvicina al proprio ritmo mentale, al proprio ISO gestaltico nell’attuale configurazione].

estratto da www.teatroterapia.it/giovanna.html

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