CRONOBIOLOGIA

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CRONOBIOLOGIA
 
 
Cronobiologia: approccio olistico a mente-corpo
 
di Gianni Francesetti e Alessandro Meluzzi
 
La ciclicità è una caratteristica praticamente costante della materia vivente: esistono ritmi delle cellule, degli organi e sistemi, della biologia e del comportamento degli organismi e della specie. Così, ad esempio, è presente una ritmicità nel ciclo riproduttivo delle cellule del nostro organismo ed è ritmica l’attività elettroencefalografica cerebrale. Ma anche tutta la nostra vita psicosociale segue dei ritmi più o meno evidenti, come dimostrano il comportamento alimentare o sessuale e il ciclo sonno/veglia. A questo proposito alcune indagini epidemiologiche hanno evidenziato che l’attività sessuale nell’uomo, la frequenza dei rapporti sessuali, la masturbazione, la vendita di contraccettivi, i nuovi casi di malattie sessuale trasmesse, le violenze sessuali denunciate presentano un picco circannuale tra il mese di luglio e quello di ottobre.

Si è osservato, inoltre, che l’attività criminosa contro le persone presenta un picco massimo in estate, mentre quella contro la proprietà è massima in inverno.
 
Le convulsioni epilettiche variano la loro frequenza con un ritmo che segue le fasi lunari e con un ritmo circadiano. È per questo che gli antichi chiamavano l’epilessia “mal di luna”? Tutto ciò è in relazione col mito dei licantropi (uomini-lupo)?
 
La depressione e la mania sono sindromi tipicamente cicliche e a volte stagionali e anche l’incidenza dei suicidi presenta dei massimi e dei minimi annuali; per esempio alle nostre latitudini vi è un massimo al solstizio d’estate.
 
Qual è il significato e quali sono i meccanismi regolatori di questa sorta di cronometro o clessidra della biologia e dei comportamenti? Occorre innanzitutto precisare che esistono molti tipi di ritmi biologici: ci sono ritmi circadiani, della durata, cioè, di circa un giorno; ritmi infradiani, con un periodo maggiore di 24 ore, come quelli circamensili o circannuali; ritmi ultradiani, con un periodo inferiore alle 24 ore. Ogni ritmo biologico e comportamentale è la risultante di un elemento endogeno e di un sincronizzatore esterno; esiste infatti un ritmatore (nel nucleo soprachiasmatico ipotalamico) che genera dei ritmi con un periodo di circa 24 ore. A questo programma genetico si sovrappone l’influenza dei sincronizzatori ambientali: si tratta di fattori fisici (ciclo luce-buio, della temperatura, fasi lunari, campi geomagnetici) e psicosociali (turni di lavoro, orario dei pasti, ecc.). In condizioni di isolamento da questi fattori ambientali, (come durante l’isolamento in grotte), i ritmi biologici saranno l’espressione dei soli ritmatori endogeni che produrranno dei ritmi cosiddetti free-running perché non più controllati dall’esterno; ad esempio il ciclo sonnoveglia invece di essere di 24 ore acquisterà un periodo più lungo (di 25 ore circa). È dal reciproco contributo dei sincronizzatori interni ed esterni che nasce l’equilibrio cronologico dell’organismo.
 
Un “relais” fondamentale dell’adattamento temporale dell’individuo all’ambiente è costituito dalla ghiandola pineale o epifisi. Questa ghiandola venne definita da Cartesio la “sede dell’anima” e anello di giunzione fra la Res Cogitans e la Res Extensa (la coscienza e il corpo). Inoltre, per gli orientali, la pineale costituisce il “terzo occhio” o “occhio di Buddha”, che, se aperta, penetra nelle dimore di cose ineffabili e a livello epifisario è posto il settimo chakra: il loto dell’illuminazione. L’epifisi secerne la melatonina in funzione del ciclo luce/buio e di altre determinanti ambientali come i campi elettromagnetici. La melatonina agendo sul sistema endocrino, sul sistema immunitario e verosimilmente su quello nervoso, informa l’organismo delle variazioni ambientali permettendogli di adeguarsi ad esse.
 
È evidente il significato adattivo di tutto ciò: un organismo è evolutivamente avvantaggiato dal fatto di essere programmato in anticipo per adottare la propria fisiologia e comportamento alle variazioni ritmiche ambientali; infatti, poiché la durata giornaliera della luce solare (fotoperiodo) varia col variare della stagione, la pineale modifica la sua funzione nei diversi periodi dell’anno e permette, ad esempio, all’animale che andrà in letargo di accumulare grassi in anticipo prima che il freddo e la scarsità di cibo si facciano sentire.
 
Ognuno di noi “funziona” quindi sulla base di una quantità innumerevole di ritmi qualitativamente eterogenei. Ritmi cellulari: ad esempio l’attività mitotica e metabolica; ritmi sistematici: per il sistema neuroendocrino ricordiamo l’attività ciclica circadiana e circannuale dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e quindi del cortisolo, ormone principe dello stress, e del sistema endorfinico del piacere-dolore (cioè il sistema delle endorfine, i cosiddetti oppioidi endogeni). Anche il sistema immunitario varia la sua attività lungo le 24 ore (ad esempio le cellule natural killer presentano la massima reattività alle 5 del mattino secondo un ciclo controllato dalla melatonina). Ad un livello ancora superiore si situano i ritmi organismici integrati: il ritmo sonno-veglia, con le sue farsi REM (sonno con sogno) e non REM (sonno senza sogno), i ritmi di attività e riposo, i ritmi emozionali, quelli sessuali e riproduttivi. Tutti questi sistemi sono strettamente integrati fra di loro: durante le fasi REM del sonno si osserva un incremento a picco dei tassi di IL-2 (interleukina 2), una sostanza endogena che stimola le Natural Killer che difendono l’organismo dai virus e dalle cellule neoplastiche che quotidianamente si formano nel nostro organismo. È possibile che tale azione sia mediata dalle beta-carboline, allucinogeni endogeni secreti anche dalla pineale e che possiedono importanti azioni sul sistema immunitario. È molto affascinante notare che queste stesse betacarboline sono contenute nelle piante allucinogene utilizzate dagli sciamani sudamericani nelle loro pratiche terapeutiche.
 
A questo proposito, come non ricordare la correlazione che molte civiltà proponevano fra attività onirica e condizioni di salute e malattia? I Greci, ad esempio, passavano le notti nei templi di Esculapio (Dio della medicina) aspettando la visita della divinità nel sogno. Al mattino si poteva essere o spacciati o guariti.
 
E ancora: durante il giorno abbiamo dei ritmi brevi, cosiddetti ultradiani, della durata di 90 minuti in cui alternativamente risulta attivato o l’emisfero destro o quello sinistro; ciò si può facilmente determinare controllando con quale narice si sta respirando: l’emisfero attivo è quello opposto alla narice aperta. Durante la dominanza dell’emisfero destro viene stimolata la fantasia e la creatività, come quando si sogna ad occhi aperti, ed è in questa fase che si verificano con più frequenza lapsus, distrazioni e incidenti; viceversa, quando è l’emisfero sinistro ad essere più attivo, siamo più vigili su ciò che ci circonda e sono più pronte le nostre capacità analitiche, matematiche, razionali. L’organizzazione bioritmica del nostro organismo, della quale abbiamo dato qualche esempio, è quindi essenziale per l’adattamento del nostro psicosoma all’ambiente in cui vive e, quindi, per il mantenimento dell’omeostasi. Infatti, quando quest’ultima viene persa e insorge la malattia, troviamo praticamente sempre delle alterazioni cronobiologiche.
 
Nel settore del disturbo mentale, una tipica disritmia è la psicosi maniaco-depressiva in cui sono presenti variazioni cicliche con periodo circadiano (il paziente sta regolarmente peggio al mattino) e con periodi maggiori mensili o annuali. In questa patologia si ritiene che un’alterazione dei ritmi possa giocare un ruolo causale nell’insorgere della malattia; infatti la luce, come risincronizzante se somministrata in particolari momenti del giorno, ha un effetto terapeutico (9,10) (Light-therapy).
 
I bioritmi possono alterarsi in seguito allo stress o per la desincronizzazione fra fattori regolatori ambientali e pacemakers endogeni. Lo stress causa alterazioni neuroendocrine importanti che sregolano il ritmo ormonale del soggetto e altera il normale alternarsi di dominanza emisferica. La desincronizzazione provoca il disadattamento fra individuo e ambiente: ciò accade ad esempio nei turni di lavoro e nei viaggi intercontinentali aerei. Queste situazioni sono accompagnate da una quantità di sintomi psicosomatici dei quali un tipico esempio è il jet-lag e che vanno dalla cefalea e disorientamento, all’insonnia o ipersonnia, ai disturbi gastrointestinali o dermatologici; inoltre nei disturbi somatoformi e dell’umore si riscontrano spesso alterazioni cronobiologiche ormonali che possono giovarsi di una terapia risincronizzante quale la somministrazione di ACTH (un ormone ipofisario che induce un aumento della cortisolemia) alle ore 7 del mattino.
 
In conclusione, la cronobiologia non deve essere intesa come un settore ultraspecialistico della medicina, dove alcune sofisticate elaborazioni matematiche permettono di misurare le variazioni temporali di alcuni parametri biologici. È invece un metodo di analisi della biologia e del comportamento che si fonda sul rapporto fra l’uomo e l’ambiente, fra ecosistema interno ed ecosistema esterno, fra microcosmo e macrocosmo. Si tratta quindi di un approccio profondamente olistico che nella valutazione dell’equilibrio omeostatico non tiene conto soltanto di fattori interni al sistema, ma anche del rapporto psicobiologico che si stabilisce in ogni momento con l’ecosistema esterno.
 
In questa prospettiva l’uomo non solo non è più la positivista e meccanicistica somma di cellule e organi, ma non è neppure una monade isolata dal proprio ambiente; la cronobiologia, inserendo la variabile “tempo” nell’indagine psicobiologica, ristabilisce il contatto di ogni nostro fenomeno fisico, chimico, biologico o psicologico con i parametri ecosistemici ambientali: la luce, le variazioni dei campi elettromagnetici, le rivoluzioni planetarie e il susseguirsi delle stagioni, rivelando così la presenza di una risonanza cosmica di ogni evento psicologico.

 

La ghiandola pineale – sincronizzatore dei ritmi
 
Un approccio olistico al rapporto mente/corpo
 
di G. Francesetti, M.Gecele, A.Meluzzi
 
Secondo gli studi storici eseguiti dal neutoanatomista J. Ariens Kappers, (l979), la ghiandola pineale fu scoperta più di 2300 anni fa da Herophilus (325-280 a.C.) un anatomico alessandrino, il quale riteneva che essa controllasse il flusso della memoria.
 
La letteratura indiana antica presenta numerosi riferimenti alla pineale come organo di chiaroveggenza o di meditazione, che permetteva all’uomo di ricordare le sue vite precedenti. Per i buddisti, quest’organo costituisce il “terzo occhio” che, se aperto, penetra nelle dimore di cose ineffabili. Finché il terzo occhio dorme l’adepto rimane inconsapevole dell’ineffabile. Sono tuttavia descritte molte tecniche per permettere agli aspiranti di “aprirlo”, una di queste è la meditazione.
 
Questo terzo occhio è stato anche ampiamente rappresentato nelle opere di arte sacra orientale dove accade frequentemente di incontrare delle figure umane dotate di un occhio che si apre al centro della fronte. Il segno indù delle caste si trova in un punto scelto comunemente per simbolizzare l'”occhio”, e anche il colore utilizzato rappresenta lo spazio di sviluppo spirituale.
 
L’epifisi assume un ruolo importante anche nella visione energetica dei sette chakra dell’uomo. Gli studi classici della medicina greco – romana considerano l’epifisi una struttura capace di materializzare e guidare il fluido del pensiero dal terzo al quarto ventricolo cerebrale, attraverso, cioè, quel sistema di canalicoli e cisterne nei quali fluisce il liquido cefalo – rachidiano. Galeno, medico del II secolo a.C., considerò la pineale come una struttura simile alle ghiandole linfatiche. Questa interpretazione venne accettata nella cultura occidentale per molti secoli, finché in epoca rinascimentale, qualcuno non tornò ad occuparsi di ghiandola pineale. Nel 1640, Descartes definisce l’epifisi come “la sede dell’anima” e anello di congiunzione tra res cogitans e res extensa, postulando anche l’esistenza di una connessione occhio – epifisi – muscolo e attribuendo così, intuitivamente, un significato funzionale all’epifisi come mediatore degli effetti della luce sull’apparato muscolare. Questa piccola struttura cerebrale era quindi in grado di trasformare un immateriale pensiero in un’azione e di risolvere in questo modo, molti problemi alla costruzione filosofica cartesiana.
 
In seguito, sotto l’influenza del pensiero cartesiano, molti studiosi del XVII e XVIII secolo associano la pineale e le sue calcificazioni alla pazzia e alla patologia psichiatrica in genere.
 
Da allora la pineale resta sostanzialmente nell’oblio e l’aggettivo “vestigiale” è quello più frequentemente applicato a questa ghiandola.
 
Tuttavia recenti ricerche psiconeuroendocrinoimmunologiche hanno riportato l’attenzione sull’epifisi.
 
Le attuali conoscenze neurofisiologiche evidenziano come la pineale non sia semplicemente una ghiandola, ma, come la midollare del surrene, un trasduttore neuroendocrino: converte infatti un input nervoso, u~n neurotrasmettitore, in un output ormonale che va in circolo. L’input nervoso è la noradrenalina, rilasciata dai nervi ortosimpatici postgangliari, l’output ormonale è in primo luogo la melatonina. la sua sintesi della serotonina è catalizata da due enzimi (n – acetil – transferasi , SNAT, e idrossindol – O – metil transferasi o HIOMT) che sono caratteristici della pineale. I pinealociti sintetizzano esso stessi la serotonina dal triptofano aminoacido essenziale, tramite la stessa via utilizzata nei neuroni.
 
La sintesi e la secrezione di melatonina sono regolate dalla percezione della luce: è interessante osservare che la pineale deriva da un organo fotorecettoriale, funzionalmente “un terzo occhio”, presente in alcune specie di rettili ed anfibi. La pineale dei mammiferi non risponde però direttamente alla luce, ma l’impulso luminoso, raccolto dalla retina, giunge al nucleo sporachiasmatico, regione coinvolta nella genesi dei ritmi biologici; di qui l’informazione passa all’ipotalamo laterale da cui si dipartono le fibre efferenti dirette al midollo toracico dove originano le fibre che terminano nei neuroni pregangliari del nucleo cervicale superiore che proiettano alla pineale. La luce quindi determina il ritmo circadiano e circannuale della melatonina, la cui secrezione è massima di notte e minima di giorno (il picco massimo si situa intorno alle 02,00 di notte).
 
La pineale riceve però anche informazioni direttamente dal SNC tramite fibre nervose che collegano l’abenula, la commisura posteriore, i nuclei paraventricolari con il peduncolo e il parenchima epifisario. D’altra parte esistono dei recettori specifici per la melatonina nel SNC, in particolare nel nucleo soprachiasmatico ipotalamico che rappresenta un centro di primaria importanza cronobiologica.
 
Anche le influenze ormonali sembrano giocare un ruolo importante nella fisiologia epifisaria, ed esistono sicure relazioni tra pinea1e e altri sistemi endocrini, in particolare le gonadi.
 
Oltre alla luce, anche i campi elettromagnetici influenzano l’attività della pineale, la quale sembra essere un mediatore fondamentale degli effetti sistemici di questi campi sui sistemi biologici. La pineale si presenta quindi come un fondamentale detector di alcune variabili ambientali, in grado di trasferire le informazioni dall’ecosistema esterno a quello interno, permettendo così la sincronizzazione fra ritmi ambientali e ritmi biologici dell’organismo. Quest’organo ricopre infatti un ruolo centrale nell’organizzazione cronobiologica del nostro organismo, consentendo ad esso di adattarsi in modo ottimale alle variazioni temporali ambientali.
 
L’azione dei secreti pineali, in gran parte ancora ignota, si esplica sul sistema endocrino immunitario e nervoso in modo estremamente complesso. I prodotti epifisari meglio conosciuti (melatonina e betacarboline) sono delle molecole a struttura chimica indolica, come la serotonina. Questo tipo di anello strutturale è presente in tutte quelle molecole che a livello animale e vegetale mediano il rapporto esterno – interno in modo sincronizzato. La melatonina, oltre ad un effetto antigonadotropo, evidente soprattutto negli animali, presenta una attività immunostimolante e antagonizzante gli effetti immunodepressivi di stress. Tratteremo a questo proposito soprattutto della melatonina, ma sarebbe un errore identificare la pineale con questo ormone. Infatti, l’epifisi è sede di produzione di molte altre molecole, come le beta-carboline, la cui funzione è attualmente in gran parte sconosciuta.
 
Recenti osservazioni depongono per un ruolo immunomodulatore della pineale in senso stimolante e antagonista nei confronti dello stress, tramite l’azione della melatonina su cellule immunocompetenti e con la mediazione degli oppioidi endogeni.
 
Oltre ad un’azione immunomodulatrice, gli indoli (in particolare le beta-carboline e i serotoninergici) influenzano gli stati di coscienza, controllando in particolare il ritmo veglia/sonno e l’attività onirica. Le beta-carboline, in modo specifico, sono implicate nella produzione dei sogni notturni e possono forse spiegare il fisiologico ritmo di alternanza della dominanza emisferica cerebrale della durata di circa 20 minuti. Durante la predominanza dell’emisfero destro si attiva la sfera affettiva, emozionale e creativa con una più o meno spiccata estraniazione dall’ambiente esterno. In questi momenti ci sorprendiamo a sognare ad occhi aperti o a commettere lapsus verbali o errori nel nostro lavoro. Nella fase di predominanza emisferica sinistra è invece la nostra parte logico – razionale e analitica ad essere più attiva.
 
L’andamento bilanciato e armonicamente fasico di questi diversi stati di coscienza è alla base di un buon equilibrio psicosomatico, perché ì meccanismi che controllano questa altalena della coscienza sono gli stessi che modulano l’attività neuroendocrinoimmunitaria del soggetto.
 
Non deve quindi stupire che uno degli strumenti terapeutici più utilizzati in diverse medicine tradizionali, sia costituito proprio da sostanze contenenti indoli. E’ per esempio il caso dello sciamano dell’Amazzonia che usa l’ayahuasca, una liana ricca di beta-carboline e con proprietà allucinogene, per indurre uno stato di coscienza fortemente alterato e condurre cosi alla catarsi e alla guarigione. Ciò che fa lo sciamano è indurre, con tecniche comunicative che creano lo specifico contesto emozionale e con l’assunzione e la somministrazione di indoli, una “tempesta psicobiologica” riomeostatizzante per un meccanismo di tipo psiconeuroendocrinoimmunologico. L’azione dell’allucinogeno, per un meccanismo serotoninergico, si esplica inoltre a livello del rafe mesencefalico e dell’attività epifisaria, con una conseguente modulazione cronobiologica dell’orologio endogeno.
 
In questo senso la pineale rappresenta un fondamentale centro di sincronizzazione dei ritmi dell’organismo ai ritmi ambientali, tramite un’azione su diversi sistemi, fra cui come abbiamo detto, quello immunitario.
 
La regolare cadenza dei singoli bioritmi e il loro sincronismo rappresentano una delle condizioni essenziali per un adeguato funzionamento dell’essere vivente. Infatti, la caratteristica essenziale dei ritmi biologici di alternare periodi di riposo a periodi di attività funzionale permette di mantenere i vari distretti a un livello ottimale di funzionamento.
 
E’ dunque evidente che ogni fattore che interferisce col normale svolgersi dei complessi cicli bioritmici dell’organismo, non solo altera una normale sequenza adattativa e difensiva, ma favorisce la formazione dei precursori della malattia somatica.
 
E’ un dato di fatto che vari bioritmi fondamentali risultano alterati in numerose malattie considerate come psicosomatiche quali l’asma .bronchiale, l’ipertensione essenziale, l’ulcera gastroduodenale, le malattie coronariche, ed altre.
 
Inoltre, alcuni importanti bioritmi psiconeuroendrocrini, fra cui lo stesso ritmo della melatonina, sono profondamente modificati nei disturbi dell’umore (per intenderci: nelle sindromi depressive).
 
In queste situazioni l’alterazione cronobiologica è qualcosa di più di un mero epifenomeno, sembra cioè rivestire un ruolo causale nell’insorgenza del quadro psicopatologico; a conferma di ciò stanno le recenti acquisizioni terapeutiche che svolgono la loro azione proprio agendo sui bioritmi (la fototerapia). Inoltre, anche molti farmaci antidepressivi, dal litio alla clorgilina e imipramina, hanno dei rilevanti effetti sull’andamento dei bioritmi. E’ quindi evidente come la modificazione della normale oscillazione ritmica dei diversi parametri fisiologici si associ all’insorgenza di situazioni patologiche.
 
Ma quali sono le principali cause di disorganizzazione bioritmica?
 
In primo luogo la causa della desincronizzazione può essere endogena, e sembra essere il caso, ad esempio, di alcuni disturbi psichiatrici come la depressione endogena.
 
In secondo luogo, possono essere causa di alterazioni cronobiologiche gli eventi psicosociali, lo stress, le alterazioni di parametri ambientali.
 
Mentre nelle società contadine ad economia agricola i ritmi del lavoro, dell’alimentazione e del riposo attività tendevano ad essere sincroni con i ritmi biologici e con il variare periodico degli eventi naturali, la rivoluzione industriale ha progressivamente modificato questa situazione. La moderna società urbana industriale ha infatti sempre più imposto i propri ritmi, legati a esigenze di tipo economico e tecnologico, sui ritmi biologici individuali e di gruppo. Così il progressivo aumento di attività lavorative legate ai turni notturni, i rapidi spostamenti attraverso i fusi orari che avvengono nei viaggi aerei, ma soprattutto l’induzione di ritmi comportamentali uguali per tutti e vincolati a necessità produttive ha portato a sincronismi artificiali con serie conseguenze sul piano psicosomatico infatti i ritmi comportamentali e i ritmi biologici sono fra loro armonicamente collegati per un migliore adattamento dell’individuo alle richieste dell’ambiente.
 
La situazione ottimale di minor rischio psicosomatico viene dunque raggiunta quando due serie di ritmi sono in fase perfetta fra di loro e il comportamento riceve esattamente il supporto biologico di cui ha bisogno in quel momento. Però quando per l’azione di determinanti psicosociali, i bioritmi comportamentali – emozionali vengono forzati in direzioni diverse da quelle dei loro ritmi biologici di supporto, si crea una dissociazione fra programmi biologici e comportamenti che è una delle principali condizioni per la formazione dei precursori della malattia.
 
Nella attuale organizzazione urbano – industriale inoltre i ritmi comportamentali dell’attività, della sessualità e riproduzione, dell’alimentazione sono scarsamente sincronizzati con i ritmi biologici che ad essi sottendono e sono per lo più fissi nel tempo in contrasto con il variare ciclico delle determinanti fisiche ambientali quali il variare delle stagioni. E’ come se vivessimo a livello emozionale – comportamentale in un limbo metacronologico, dissociato di ritmi ambientali.
 
Per quanto riguarda lo stress, 1’organizzazione cronobiologica sembra essere molto protetta da alterazioni indotte dallo stress. Ciò conferma come quest’ultimo sia una reazione biologico – comportamentale utile e necessaria per la vita e, d’altra parte, comunque la stabilità e la regolarità dei bioritmi sia importante per la sopravvivenza dell’individuo, e della specie.
 
Tuttavia le situazioni di stress acuto strettamente intenso oppure cronico producono nell’individuo delle alterazioni cronobiologiche associate all’insorgenza di disturbi psicopatologici e psicosomatici.
 
Quale ruolo ha la pineale in questo processo di insorgenza della malattia da desincronizzazione? La ricerca in questo settore è tutt’altro che conclusa, tuttavia se pensiamo da un lato alla funzione cronobiologica della pineale e dall’altro all’attività che la melatonina e le beta-carboline svolgono sul sistema neuroendocrino e sul sistema immunitario, la pineale diventa in modo evidente un possibile mediatore degli effetti patologici della desincronizzazione.
 
A questo proposito si sta aprendo strada il concetto che la pineale possa svolgere un ruolo di “regolatore dei regolatori” nell’organismo animale, venendo a configurarsi come mediatore ambiente – individuo e come modulatore teso a mantenere l’omeostasi contrastando tutto ciò che minaccia di comprometterlo.
 
Non solo, quindi, un “ormone antistress”, ma più generalmente un modulatore omeostatico che antagonizza gli effetti dello stress quando questo Si presenta come una “inhibiction de l’action” (inibizione dell’azione) in senso laboritiano ed è quindi pericoloso per la sopravvivenza dell’individuo.
 
Occorre infine ricordare che la pineale è sensibile alle variazioni dei campi elettromagnetici ambientali e possiede quindi le. caratteristiche di “terzo occhio” che nel passato alcuni pensatori gli hanno intuitivamente attribuito; é, quindi affascinante utilizzare come ipotesi di lavoro la possibilità che questo organo funga da antenna per le cosiddette energie “sottili” che ci giungono dall’ecosistema esterno.
 
Lo studio della ghiandola pineale e dei suoi secreti è quindi un chiaro esempio di ricerca olistica, in quanto deve considerare l’oggetto di ricerca non più isolatamente e non soltanto come facente parte di un organismo più complesso, ma deve tenere conto anche dell’ecosistema in cui questo organismo. si trova. D’altra parte per questo studio è necessario un approccio transdisciplinare che si arricchisca dell’interazione tra i diversi approcci al problema, e che deve saper comprendere e parlare sia il linguaggio del biochimico che quello dell’antropologo, sia quello del fisico che quello dello sciamano.
 
Questa prospettiva transdisciplinare, interattiva e complessa, è quella che nell’attuale paradigma scientifico può farsi crogiolo di nuove conoscenze, in quanto capace di utilizzare, oltre al microscopio, anche il macroscopio e percepire così non solo le cose, ma anche le relazioni fra le cose.

 

Ghiandola pineale: stress e sistema immunitario
 
di G. Francesetti e A. Meluzzi
 
La pineale non è semplicemente una ghiandola, ma, come la midollare del surrene, un trasduttore neuroendocrino: converte infatti un input nervoso, (un neurotrasmettitore), in un output ormonale che va in circolo.
 
L’input nervoso è la NA, (Noradrenalina) l’output ormonale è la melatonina. La sintesi della Melatonina dalla serotonina è catalizzata dalla pineale che la sintetizza essa stessa dal triptofano, aminoacido essenziale.
 
La sintesi e la secrezione di melatonina sono regolate dalla percezione della luce: è interessante osservare che la pineale deriva da un organo fotorecettoriale, funzionalmente “un terzo occhio”, presente in alcune specie di rettili ed anfibi. La pineale dei mammiferi non risponde però direttamente alla luce, ma all’impulso luminoso, raccolto dalla retina. La secrezione della melatonina è massima di notte e minima di giorno (il picco massimo si situa intorno alle 02,00 di notte).
 
Esistono dei recettori specifici per la melatonina nel SNC, in particolare nel nucleo soprachiasmatico ipotalamico che rappresenta un centro di primaria importanza cronobiologica. Oltre alla luce, anche i campi elettromagnetici influenzano l’attività della pineale, la quale sembra essere il mediatore principale degli effetti di questi campi sui sistemi biologici. La pineale si presenta quindi come un fondamentale detector di alcune variabili ambientali, in grado di trasferire le informazioni dall’ecosistema esterno a quello interno, permettendo così la sincronizzazione fra ritmi ambientali e ritmi biologici dell’organismo. Quest’organo ricopre infatti un ruolo centrale nell’organizzazione cronobiologica del nostro organismo consentendo ad esso di adattarsi in modo ottimale alle variazioni temporali ambientali.
 
L’azione dei secreti pineali, in gran parte ancora ignota (infatti a tutt’oggi è stata isolata solo la melatonina), si esplica innanzitutto sul sistema endocrino e immunitario in modo estremamente complesso.
 
Soffermiamoci ad analizzare le influenze su quest’ultimo, riportando alcune delle numerose osservazioni effettuate in tal senso:
 
– nel topo il blocco dell’attività della pineale (con somministrazione serale di propanololo) sopprime la risposta anticorpale primaria contro le emazie di pecora. Tale soppressione non si manifesta se si somministra contemporaneamente la melatonina.
 
– nel topo la somministrazione di melatonina aumenta la risposta anticorpale primaria in vivo contro le emazie di pecora.
 
– la melatonina contrasta gli effetti immunosoppressori dello stress da immobilizzare (un tipica situazione di “inibizione dell’azione”) sulla risposta anticorpale primaria e sul peso del timo nel topo.
 
– in topi che hanno ricevuto una dose subletale di virus encefalomiocarditico, lo stress causa una mortalità del 90% circa degli animali. La contemporanea somministrazione di melatonina riduce la mortalità al 10% circa.
 
– l’effetto immunostimolante della melatonina segue un ritmo circadiano con un effetto massimo per la somministrazione serale.
 
– la melatonina interferisce con il ritmo circadiano dell’attività delle cellule NK (Natural Killer) producendo un aumento di attività fino al 20% dopo due ore dalla somministrazione e una diminuzione dopo 6 ore.
 
– la melatonina aumenta l’attività interferon-dipendente delle cellule NK.
 
Queste osservazioni depongono per un ruolo della pineale stimolante sul sistema immunitario e antagonista nei confronti dello stress.
 
Quindi la pineale sembra essere un fondamentale centro di sincronizzazione dei ritmi dell’organismo ai ritmi ambientali, tramite un’azione su diversi sistemi, fra cui come abbiamo detto, quello immunitario.
 
La regolare cadenza dei singoli bioritmi e il loro sincronismo rappresentano una delle condizioni essenziali per un adeguato funzionamento dell’essere vivente. Infatti, la caratteristica essenziale dei ritmi biologici di alternare periodi di riposo a periodi di attività funzionale permette di mantenere i vari distretti a un livello ottimale di funzionamento.
 
È dunque evidente che ogni fattore che interferisce col normale svolgersi dei complessi cicli bioritmi dell’organismo, non solo altera una normale sequenza adattativa e difensiva, ma favorisce la formazione dei precursori della malattia somatica. È un dato di fatto che vari bioritmi fondamentali risultano alterati in numerose malattie considerate come psicosomatiche quali l’asma bronchiale, l’ipertensione essenziale, l’ulcera gastroduodenale, le malattie coronariche ed altre. Inoltre, alcuni importanti bioritmi psiconeuroendocrini, fra cui lo stesso ritmo della melatonina, sono profondamente modificati nei disturbi dell’umore (per intenderci nelle sindromi depressive).
 
In queste situazioni l’alterazione del ritmo cronobiologico sembra essere qualcosa di più di un mero effetto secondario, sembra cioè rivestire un ruolo causale nell’insorgenza del quadro psicopatologico; a conferma di ciò stanno le recenti acquisizioni terapeutiche che svolgono la loro azione proprio agendo sui bioritmi (la fototerapia). Inoltre, anche molti farmaci antidepressivi, dal litio alla clorofilla e imipramina, hanno dei rilevanti effetti sull’andamento dei bioritmi.
 
È quindi evidente come la modificazione della normale oscillazione ritmica dei diversi parametri fisiologici si associ all’insorgenza di situazioni patologiche.
 
Ma quali sono le principali cause di disorganizzazione bioritmica?
 
In primo luogo la causa della desincronizzazione può essere endogena, e sembra essere il caso, ad esempio, di alcuni disturbi psichiatrici come la depressione endogena.
 
In secondo luogo, possono essere causa di alterazioni cronobiologiche gli eventi psicosociali, lo stress, le alterazioni di parametri ambientali.
 
Mentre nelle società contadine ad economia agricola i ritmi del lavoro, dell’alimentazione e del riposo – attività tendevano ad essere sincroni con i ritmi biologici e con il variare periodico degli eventi naturali, la rivoluzione industriale ha progressivamente modificato questa situazione.
 
La moderna società urbana industriale ha infatti sempre più imposto i propri ritmi, legati a esigenze di tipo economico – tecnologico, sui ritmi biologici individuali e di gruppo. Così, il progressivo aumento di attività lavorative legati ai turni notturni, i rapidi spostamenti attraverso i fusi orari che avvengono nei viaggi aerei, ma soprattutto l’induzione di ritmi comportamentali uguali per tutti i vincolati a necessità produttive ha portato a sincronismi artificiali con serie conseguenze sul piano psicosomatico. Infatti i ritmi comportamentali e i ritmi biologici sono fra loro armonicamente collegati per un migliore adattamento dell’individuo alle richieste dell’ambiente. La situazione ottimale di minor rischio psicosomatico viene dunque raggiunta quando due serie di ritmi sono in fase perfetta fra di loro e il comportamento riceve esattamente il supporto biologico di cui ha bisogno in quel momento. Però, quando per l’azione di determinanti psicosociali, i bioritmi comportamentali-emozionali vengono forzati in direzioni diverse da quelle dei loro ritmi biologici di supporto, si crea una dissociazione fra programmi biologici e comportamenti che è una delle principali condizioni per la formazione dei precursori della malattia. Nella attuale organizzazione sociale urbano-industriale i ritmi comportamentali dell’attività, della sessualità e riproduzione, dell’alimentazione sono scarsamente sincronizzati con i ritmi biologici che ad essi sottendono e sono per lo più fissi nel tempo in contrasto col variare ciclico delle determinanti fisiche ambientali quali il variare delle stagioni. È come se vivessimo, a livello emozionale-comportamentale, in un limbo metacronologico, dissociato dai ritmi ambientali.
 
Per quanto riguarda lo stress, il ritmo cronobiologico sembra essere molto protetto da alterazioni indotte dallo stress. Ciò conferma come lo stress inizialmente sia una reazione biologico-comportamentale utile e necessaria per la vita e, dall’altra parte, come la stabilità e la regolarità dei bioritmi sia importante per la sopravvivenza dell’individuo e della specie.
 
Tuttavia le situazioni di stress acuto estremamente intenso oppure cronico producono nell’individuo delle alterazioni cronobiologiche associate all’insorgenza di disturbi psicopatologici e psicosomatici.
 
Quale ruolo ha la pineale in questo processo di insorgenza della malattia da desincronizzazione? La ricerca in questo settore è tutt’altro che conclusa, tuttavia se pensiamo da un lato alla funzione cronobiologica della pineale e dall’altro all’attività che la melatonina svolge sul sistema neuroendocrino e sul sistema immunitario, la pineale diventa in modo evidente un possibile mediatore degli effetti patologici della desincronizzazione.
 
A questo proposito si sta aprendo strada il concetto che la pineale possa svolgere un ruolo di “regolatore dei regolatori” nell’organismo animale, venendo a configurarsi come mediatore ambiente-individuo e come modulatore teso a mantenere l’omeostasi contrastando tutto ciò che minaccia di comprometterla. Non solo, quindi, un “ormone antistress”, ma più generalmente un modulatore omeostatico che antagonizza gli effetti dello stresso quando questo si presenta come una “inibizione dell’azione” in senso Laboritiano ed è quindi pericoloso per la sopravvivenza dell’individuo.
 
Vorremmo concludere riassumendo l’ipotesi che abbiamo tentato di delineare in questo intervento. Si tratta di una affascinante ipotesi di lavoro e d’interpretazione dei dati esistenti e non ancora di una conclusiva e organica teoria, anche se è possibile fin d’ora intravedere in tal senso delle applicazioni terapeutiche. In sostanza l’ipotesi è questa: l’azione di fattori endogeni e esogeni (fattori psicosociali, stress, fattori fisici ambientali) causano, tramite l’azione sui detectors (recettori sensoriali) l’alterazione dei sistemi cronobiologici, neuroendocrino-immunitari, determinando così l’insorgere della malattia. Il principale candidato mediatore di questo gioco sembra essere la ghiandola pineale. Quindi, uno dei meccanismi attraverso cui il dato psicologico-sociale-ambientale può, quanto meno, preparare il terreno alla insorgenza, della malattia, è proprio un meccanismo cronobiologico mediato dalla pineale.
 
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