Cos’è la meditazione? – di Aetos

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Cos’è la Meditazione?

(di Aetos)

Sicuramente non è facile offrire una definizione chiara e sintetica che vada a soddisfare le qualità
proprie di questo vocabolo.

Il dizionario non ci aiuta molto quando ci dice: «il raccogliersi della mente nella considerazione
di profondi problemi filosofici o religiosi — pratica religiosa consistente nel raccogliersi in se
stesso a meditare sulle verità della fede — predica o scritto di carattere ascetico, o di argomento
morale e filosofico». Non ci aiuta molto, poiché tutti abbiamo spesso sentito dire che la pratica
meditativa può arrivare ad illuminarci sui perché più profondi della nostra esistenza.

Forse è più facile definire la meta della meditazione: la Consapevolezza.

A mio avviso, lo scopo della pratica meditativa è proprio quello di favorire la percezione naturale
della realtà ed ha fra gli obiettivi quello di ottenere la corretta comprensione del funzionamento
di ogni cosa.

Questa importantissima pratica vuole essere un’investigazione continua della Verità, un esame
microscopico del nostro processo di percezioni, ed ha come fine quello di sollevare lo schermo di
ingannevoli falsità e convinzioni errate attraverso il quale normalmente l’uomo vede il mondo, un
artificioso mondo illusorio.

A ben pensarci non sappiamo chi siamo – in genere – né comprendiamo i motivi ultimi della nostra
esistenza. Non ci conosciamo affatto e, troppo spesso, arriviamo al punto di mentire a noi stessi,
incoerentemente, sia sulle nostre debolezze, che sulle motivazioni che le generano. Questo
atteggiamento si rivela un ero e proprio rifiuto della Conoscenza ed ha come risultato quello di
egarci con un nodo sempre più stretto alla ruota dell’illusione.

La meditazione (nel caso specifico,mi riferisco alla meditazione Vipassana) non è, come molti
pensano, un tentativo di dimenticare se stessi o di occultare i propri problemi; tramite essa
possiamo imparare a vedere nel profondo di noi stessi, esattamente come siamo, possiamo finalmente
vedere cosa alberga dentro di noi, comprenderne l’essenza ed accettarla pienamente…

Essa favorisce la vera intuizione, che, peraltro può essere ottenuta solo se ci si libera di quei
giri logici a cui abbiamo permesso nel tempo di disorientare la nostra mente; solo evacuando dal
nostro sé quei circuiti ingannevoli che ci hanno fatto perdere di vista il nostro nucleo ed il reale
centro delle causale. Svincolandosi da essi potremo permettere alla nostra realtà superiore di
produrre le giuste ‘soluzioni’ e successivamente alla mente coscente di ‘aprirsi’ ad essa.

La meditazione è come un’attività vivente, che utilizza la concentrazione come strumento in virtù
del quale la consapevolezza può avere ragione di quel muro di confusione che normalmente ci separa
dalla vivida luce della realtà; questo naturale processo consiste in un costante aumento della
consapevolezza, applicata ai meccanismi della realtà stessa.

Lo scopo che il meditante si propone è, perciò, quello di purificare la mente.

La pratica meditativa infatti monda il processo del pensiero da quelli che potremmo definire
“irritanti psichici”; vale a dire, da quelle cose, quali avidità, odio e gelosia, che tengono il
nostro essere bloccato in una sorta di schiavitù emotiva.

La meditazione guida la mente verso una condizione di naturale tranquillità e consapevolezza,
profondendo uno stato di concentrazione e comprensione totale degli eventi.

Di fatto, per meditare, non occorre ‘appartenere’ ad un particolare credo religioso e non si ha
neppure bisogno di *avere fede*.

La fede, così come viene intesa, ad esempio, nel credo cattolico, non trova alcun riscontro in
quella filosofia religiosa che può, ad esempio, essere il buddhismo. Questa “scienza della mente”
(proprio in questo modo lo stesso XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, ha definito il buddhismo in
un’intervista) non invita i propri seguaci ad un credo dogmatico, o ad aver fede in qualcosa perché
si trova scritta in un antico libro sacro, o perché è attribuibile ad un famoso profeta; o, ancora,
perché insegnata da autorevoli persone. La filosofia buddhista, che si caratterizza proprio per la
sua infinita apertura, conferisce alla fede un significato che è più vicino a quello di “avere
fiducia”, a “sapere che una cosa è vera perché si è visto che è vera”, a “sapere che funziona perché
è stata osservata dentro se stessi”.

La meditazione porta lentamente ad una vera e profonda trasformazione personale.

La persona che entra nell’esperienza meditativa non è la stessa che ne esce. Il meditante cambia
progressivamente il proprio modo di relazionarsi, migliorando decisamente il proprio carattere e la
propria personalità, attraverso un profondo processo di sensibilizzazione. La meditazione rende
profondamente coscienti dei propri pensieri, delle parole e delle azioni… affina mano a mano la
concentrazione e la capacità logica. Un po’ alla volta, rende chiari i processi ed i meccanismi del
subconscio, acuisce la capacità di intuizione, accrescendo la precisione del pensiero e conducendo
gradualmente ad una diretta conoscenza delle cose, rivelandole proprio come esse sono; senza
pregiudizi, né abbagliamenti.

Sono fortemente convinto che nessuna parola e nessun libro potranno mai descriverci in maniera
esaustiva la meditazione.

Per ognuno c’è solo un modo per scoprire le eccezionali virtù di questa pratica: effettuarla. Si può
comprenderla solo direttamente, praticandola in maniera corretta…

La meditazione è coltivazione della presenza mentale, in una parola: consapevolezza.

Essa è in relazione con quei livelli personali di coscienza, che si trovano assai più in profondità
,rispetto al pensiero simbolico; e, proprio per tale motivo, molti aspetti della meditazione non si
prestano ad essere espressi attraverso le semplici parole.

La meditazione non è qualcosa che può essere imparata, ricorrendo a termini astratti; non è qualcosa
di definibile, ma bensì qualcosa di cui bisogna fare esperienza… essa può essere compresa solo con
una buona pratica.

Il meditante esegue la sua pratica con un intento specifico: affrontare la realtà, per fare piena e
profonda esperienza della vita così come essa è, per entrare in contatto con tutto ciò che vi si
trova.

Una pratica ben fatta ci permette di dissipare tutte le illusioni, di liberarci da tutte quelle
piccole e gentili bugie che continuamente ci diciamo.

Purtroppo, quasi tutti, sin da bambini, veniamo condizionati molto profondamente da una cultura
deviante; impariamo così, durante il corso della nostra esistenza, a mentire sistematicamente a noi
stessi e quasi sempre in modo estremamente arguto.

In questo modo, subentra gradualmente in noi, senza che ne siamo troppo coscienti, un sottile
autoinganno e si innesca un circolo vizioso, fatto di false convinzioni, che ci trascina
inevitabilmente nel suo mondo illusorio.

Arriviamo così ad avere un pensiero non autentico, che ci costringe a vedere la realtà da dietro un
velo; di conseguenza, assumiamo comportamenti ipocriti e ci ritroviamo, inconsapevolmente, ad
indossare una brutta maschera, che tende a coprire il nostro vero volto, nascondendoci persino a noi
stessi.

È invece incantevole osservare come i processi armonici, tipici della pratica meditativa, riescono a
profondere in noi quelle particolari intuizioni, che frequentemente si rivelano come vere e proprie
“rivelazioni”. Proprio queste intuizioni, infatti, aprono sovente il passo a quel sentiero che
conduce alla chiara comprensione di alcune profonde ed importanti Verità, legate alla nostra
misteriosa esistenza.

Gunaratana afferma: «alla vipassana bisogna avvicinarsi con questo atteggiamento: Non importa cosa
mi è stato insegnato, voglio dimenticarmi teorie, pregiudizi e stereotipi. Voglio comprendere la
vera natura della vita, voglio capire realmente cosa sia l’esperienza di essere vivi. Voglio
imparare a conoscere le qualità della vita più vere e profonde, e non voglio accettare le
spiegazioni di qualcun altro. Voglio scoprire io stesso tutto ciò»…

Difatti, lo stesso atteggiamento di base del buddhismo è profondamente empirico ed antiassolutista.
Lo stesso Buddha Shakyamuni, come Gesù il Cristo del resto, fu decisamente non ortodosso ed
antitradizionalista.

Gautama non offrì i suoi insegnamenti come una raccolta di dogmi, ma, piuttosto, come un insieme di
asserzioni sulle quali chiunque era invitato ad investigare.

L’invito che il Buddha rivolgeva a tutti, era: “Venite e vedete”; a coloro che lo seguivano ripeteva
spesso: “Non mettete nessuna testa sopra alla vostra”, e con ciò egli intendeva raccomandare di non
rifarsi alla parola di qualcun altro, ma piuttosto di verificare ogni cosa di persona; poiché, è
quello l’unico modo per Conoscere realmente ed essere convinti di ciò che si osserva.

Dobbiamo, inoltre, tenere sempre presente che ciò che abbiamo imparato può e deve spesso essere
disimparato. Il primo passo in questa direzione è proprio capire cosa stiamo facendo, mentre lo
stiamo facendo; mettendoci nella tipica posizione di quieta osservazione.

Dobbiamo, inoltre, ricordare che una buona pratica meditativa induce un cambiamento radicale nel
meccanismo della percezione, e porta con sé quella gioia che deriva dall’essersi liberati dal
pensiero illusorio ed ossessivo.

La meditazione può “aprire la strada” e guidare chiunque lo desideri intensamente, verso una nuovo e
corretto atteggiamento, conducendoci a vedere la realtà così come essa è realmente.

La consapevolezza sia con te…

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