Cosa è il Buddismo Mahayana

pubblicato in: AltroBlog 0

Buddismo Mahayana

Il buddhismo rappresenta una rivoluzione nei confronti dell’induismo, religione politeista praticata
in India ancora oggi.

Il buddismo è nato in india nella seconda metà del VI secolo a.C. circa ,in esso viene superato il
concetto di anima individuale (atman) .

Inoltre il buddhismo afferma che gli uomini sono uguali e liberi, arrivando così a cancellare la
divisione in caste, con immaginabili conseguenze anche in ambito sociale. Ai rituali ed ai sacrifici
di animali, viene opposto il divieto di causare del male ad ogni essere senziente.

In relazione agli dei, non si nega la loro esistenza, tuttavia si afferma che essi non sono in grado
di evitare all’uomo la sofferenza, quindi credere o meno in loro, non è rilevante.

E’ per questa ragione che si parla del buddhismo come di una «religione atea»; d’altronde il suo
fondatore è un essere umano che ha avuto la capacità e il merito di raggiungere lo «scopo ultimo»,
l’Illuminazione, traguardo potenzialmente alla portata di ogni essere vivente.
Il Buddha ha sviluppato una scienza della mente, un vero e proprio «sistema psicologico» che porta
gli uomini alla guarigione, all’illuminazione , o alla liberazione.
( Il Cristo ci ha indicato la via dell’Amore ; Budda ci ha indicato la via della Saggezza )
( E importante questa considerazione ,perchè alla luce degli insegnamenti di A.A. Baieley ( maestro
Tibetano) Amore e Saggezza sono i valori essenziali che l’uomo ha da integrare in questa fase
evolutiva dell’Umanità ) .
Fra i molteplici suoi appellativi troviamo anche «il grande medico ». La medicina proposta dal
Buddha è costituitia essenzialmente dalla pratica assidua di consapevolezza, compassione e
meditazione.
Si parla spesso di pragmatismo a proposito del Buddha, in quanto egli accantonò ogni discussione
filosofica o teologica sull’essenza dell’universo,a causa della loro intrinseca inutilità,così come
non si occupò di cosmogonia.

Difatti non si pronunciò sull’artefice del mondo e neppure disse perché, come e quando sia stato
creato.

Dopo l’Illuminazione il Buddha diede il suo primo insegnamento a Sarnath, noto come “Le Quattro
Nobili Verità” che indicano la via per liberarsi dallo stato di sofferenza esistenziale propria
dell’uomo, senza il bisogno di intermediari sacerdotali come i brahmani, ma attraverso un lavoro su
se stessi.

Da quel momento passò la sua vita ad insegnare come raggiungere lo stato di Illuminato ad
innumerevoli persone. Fondò una comunità monastica a cui poterono accedere gli uomini e
successivamente anche le donne, dato estremamente rivoluzionario nella società indiana dell’epoca,
che tradizionalmente non consentiva a queste ultime di uscire dalla tutela e dal controllo diretto
della famiglia patriarcale. Il Buddha morì ad ottanta anni nel 480 a.C., a Kusinara, nell’attuale
regione indiana dell’Uttar Pradesh.

Alla morte il Buddha non lasciò alcun successore e la comunità continuò ad operare insieme.
All’inizio mancava anche un Corpus Canonico codificato, e i discepoli diretti del Buddha si
riunirono nel 473 durante il I Concilio indetto a Rajagriha per la durata di sette mesi per
trasmettere ciò che avevano appreso direttamente dal Maestro.

A seguito della morte del Buddha, il suo insegnamento si diffuse in varie parti dell’Asia, mutuando
ed assimilando gli usi e costumi locali e dando vita a varie tradizioni buddhiste, che si
differenziarono tra loro per alcuni aspetti interpretativi dell’Insegnamento.

Delle originali diciotto scuole, che formavano il così detto “Piccolo Veicolo” (Hinayana), oggi
rimane attiva solo la scuola Theravada, che si è prevalentemente diffusa in Sri Lanka, Tailandia,
Birmania, Cambogia e Laos. All’incirca nel I secolo a.C. nacquero le tradizioni del “Grande Veicolo”
(Mahayana), in cui vi è grande enfasi della figura del Bodhisattva, colui che dedica tutte le sue
realizzazioni spirituali e le sue azioni alla liberazione della sofferenza di tutti gli esseri. Al
“Grande Veicolo” appartengono le tradizioni Ch’an (pronuncia Cian) sviluppatesi in Cina, Vietnam e
Corea, le altre scuole cinesi (Terra Pura, Tientai, ecc.), le scuole giapponesi (Zen, Nichiren,
ecc.), nonché le scuole della tradizione Vajrayana (Via del Diamante, pronuncia vagiaraiana) diffuse
in Tibet, Mongolia ed alcune regioni dell’attuale Russia. La tradizione Vajrayana del Tibet è
particolarmente nota anche a causa delle vicende politiche ed umanitarie legate all’invasione del
Tibet da parte della Cina, avvenuta tra il 1950 ed il 1960.

Le quattro nobili verità

Duhkha: la sofferenza. – Nella vita c’è il dolore, esso è associato alla malattia, alla vecchiaia,
alla morte ed alla nascita; alle condizioni di nascita .all’educazione, dal non ottenere quello che
vogliamo. In breve si soffre perché non ci si rende conto che tutto è destinato a finire.

Samudaya: le cause della sofferenza – la sofferenza non è colpa del mondo, né del fato o di una
divinità; né avviene per caso. Ha origine dentro di noi, dalla ricerca della felicità in ciò che è
transitorio, spinti dal desiderio (trsna, in pali: tanha o “brama”) per ciò che non è sodisfacente.

La sofferenza si manifesta nelle tre forme di “kamatrsna” o desiderio di oggetti sensuali;
“bhavatrsna” o desiderio di essere; “vibhavatrsna” o desiderio di non essere.

Nirodha: cessazione della sofferenza .

Per conoscere la fine della sofferenza occorre lasciare andare trsna, l’attaccamento alle cose e
alle persone, alla scala di valori ingannevole per cui ciò che è provvisorio è maggiormente
desiderabile.

Marga: liberazione dalla sofferenza – la strada da intraprendere per avvicinarsi al nirvana. Esso è
detto il nobile ottuplice sentiero che conduce alla consapevolezza che ( il nirvana e il samsara
sono la stessa cosa )

Impermanenza ( niente è permanente)

Vi sono molti modi per una vita umana di concludersi prima di morire di vecchiaia. Una lampada a
olio consiste in un contenitore con dell’olio e uno stoppino. Quando la lampada è piena fino
all’orlo e lo stoppino non è ancora acceso, ciò corrisponde alla situazione di una persona non
ancora nata. Una lampada che ha esaurito completamente il carburante corrisponde ad una persona
morta di vecchiaia.

Tra queste due condizioni vi è un enorme numero di possibilità.
Vi sono infatti molte più condizioni che possono causare la morte di quante possano sostenere la
vita.

La nostra vita può essere paragonata ad una goccia di rugiada sull’erba: è molto fragile e appena
spunta il sole evapora.
La vita è preziosa non solo perché è così difficile da ottenere, ma anche perché è così facile
perderla. Il corpo umano ha molte possibilità, ma una è certa: la morte. Incerto è, tuttavia,
l’esatto momento in cui verrà. Non segue alcuna regola. I bambini non necessariamente sopravvivono
ai loro genitori.

Gli insegnanti non necessariamente muoiono prima dei loro allievi.
Anche se la gente oggi apprende questo dalla propria esperienza, sembra ancora pensare che sia
normale per i bimbi vivere più a lungo dei genitori.

Tuttavia se ci diamo uno sguardo attorno e consideriamo la nostra esperienza, concluderemo che tutto
ciò non è predeterminato.
Sebbene una persona abbia la fortuna di essere ancora viva, non è affatto scontato che debba
continuare ad esserlo. Il momento della propria morte può giungere a qualsiasi ora.

Ecco il problema della vita: è così facile da perdere, facile da distruggere.
Al momento della morte ciascuno è comunque solo per quanto possa essere legato alla propria
famiglia, per quanti fratelli e sorelle possa avere, per quanti cari e veri amici possieda. Essi non
possono accompagnarci a volte neppure sostenerci nel momento della morte.

Anche le cose materiali che sembrano così importanti, per quanto denaro avremo accantonato, per
quanto grande e bella possa essere la nostra casa o la nostra auto, non potremo portare nulla di
tutto ciò con noi alla morte.

Ciò avviene anche per ciò che abbiamo di più intimo e caro, il nostro corpo. La nostra ombra ci ha
accompagnato attraverso l’intera vita. Non dovevamo portarla con noi, né preoccuparci che ci fosse o
non ci fosse: c’era, automaticamente. Ma persino la nostra ombra non ci accompagnerà in punto di
morte.
La sola cosa che realmente conterà al momento della morte sono le impressioni che abbiamo raccolto
nella nostra mente e coltivate nella nostra vita .

Entrambe le impressioni positive e negative ci accompagneranno, che lo vogliamo o no. Non è
possibile trattenere solo le sensazioni positive e lasciare quelle fastidiose dietro di noi.

Queste impressioni determineranno lo stato della mente. dunque determineranno la nostra esperienza
della morte e il tempo seguente.

Se avremo accumulato molte esperienze positive nella mente, sperimenteremo l’effetto appropriato.
Sperimenteremo una grande gioia e non incontreremo la sofferenza collegata alle attitudini negative.
Tuttavia, se le impressioni negative sono maggiori nella nostra mente, esse segneranno la nostra
esperienza che sarà di dolore e sofferenza.
Dobbiamo esserne consapevoli: nulla può aiutarci per la nostra morte e ciò che segue, se non ciò che
abbiamo vissuto.

Dharma

Ogni pratica del Dharma ( filosofia di vita ) è preceduta da alcune preparazioni che rappresentano
le solide basi per una pratica corretta.

Tali preparazioni si dividono in due categorie: le preparazioni generali e quelle speciali.
I “quattro pensieri che guidano la mente fuori dal samsara” appartengono alle preparazioni generali
o ordinarie.
Che cosa significa orientare la mente fuori dal samsara ? Significa liberare se stessi da ogni
attaccamento alla vita nei tre regni inferiori i del samsara.

I quattro pensieri, le quattro preparazioni generali, ci permettono di sviluppare questa libertà,
riflettendo sulla preziosa esistenza umana, sull’impermanenza, sul Karma (o causa) e sulle
sofferenze del samsara.

Il prezioso corpo umano

Si parla di “prezioso corpo umano” riferendosi alla preziosità dell’umana esistenza, che è molto
difficile da ottenere. Essa ha un grande valore in quanto è dotata di alcune libertà e abilità. La
sua preziosità è definita da tre aspetti: paragonata alla situazione più ampia, ad un aspetto
quantitativo e attraverso analogie.
Il primo di questi aspetti descrive le così dette “libertà” che caratterizzano la preziosa esistenza
umana. Avere un’esistenza umana ha un grande valore perché significa aver evitato altre forme di
rinascita che ci porterebbero di fronte a situazioni completamente diverse da quelle del regno
umano.

Immaginate che un piccolo anello galleggi sull’oceano e che sul fondo dell’oceano viva una
particolare tartaruga che salga per un attimo in superficie una volta ogni cento anni.

La probabilità che il suo capo infili l’anello galleggiante è davvero minima, eppure è molto più
grande della possibilità di ottenere un prezioso corpo umano.

Queste sono le otto possibili forme di esistenza:

1. Nascita nello stato di paranoia, dove si hanno continue esperienze di sofferenza per
insopportabile gelo o calore.
2. Nascita nel regno degli spiriti famelici dove si soffrono ininterrottamente la fame e la sete.
3. Nascita nel regno animale, dove si viene costantemente cacciati o sfruttati, dove ci si sbrana a
vicenda o si viene maltrattati.
4. Nascite in luoghi (terre) non civilizzate, dove non vi è alcuna possibilità di apprendere nulla
che orienti ad un sentiero positivo
5. Nascita come un essere divino, precisamente un essere divino con una vita assai lunga. Per
conseguenza di precedenti azioni positive un dio longevo sperimenta felicità e gioia nel corso della
sua vita. Sebbene ciò sia l’esito di un buon karma, in questo modo anche tale opportunità si
esaurirà. Dopo le loro lunghe vite questi déi rinascono in stati necessariamente inferiori e
dolorosi.
6. Nascita in un essere mentalmente disabile, dove è impossibile comprendere il significato del
Dharma e tantomeno praticarlo.
7. Vita con una costante visione scorretta che porta ad accumulare azioni negative e di conseguenza
cause di sofferenza futura.
8. Nascita in un periodo in cui nessun Buddha si è incarnato e non vi sono insegnamenti , quindi non
si possono ricevere aiuti per liberare sé stessi dalle sofferenze .

In queste otto forme di esistenza non si sperimenta altro che sofferenza. Non si sperimenta libertà
non avendo possibilità di praticare il Dharma.

Possedere un prezioso corpo umano non significa solo avere evitato questi stati dolorosi di
esistenza, ma anche avere a disposizione alcune abilità.

Ecco descritti dieci aspetti di cui cinque ci riguardano direttamente.
• Avere un corpo umano
• Essere nati in una regione dove gli insegnamenti dei Buddha siano accessibili
• Avere sani organi sensoriali
• Non avere visioni errate
• Avere una naturale fiducia nel Dharma

Gli altri cinque aspetti riguardano maggiormente l’ambiente e la situazione esterna:
• Essere nati in un’epoca in cui un Buddha si è manifestato
• Tale Buddha ha scelto di trasmettere degli insegnamenti; non necessariamente tutti i Buddha lo
fanno.
• Tali insegnamenti, benché antichi, sono stati preservati e tuttora resi accessibili
• Comprendere e praticare tali insegnamenti (un aspetto personale anche se elencato tra gli
esterni): ci si può trovare anche nell’eccellente situazione descritta, ma, senza praticare,
l’accedere agli insegnamenti non produce nulla di buono.
• Avere un cuore buono ed una naturale disposizione amorevole verso gli altri esseri; ancora un
aspetto personale.

Queste otto libertà e dieci opportunità costituiscono le diciotto condizioni che, se si realizzano
tutte insieme, rappresentano un “prezioso corpo umano”. Se una di queste condizioni viene perduta,
non si può parlare di “esistenza preziosa”.

Tutti noi abbiamo avuto una nascita definibile “preziosa”. Ciò non è facile da ottenere, anzi è
estremamente difficile perciò è possibile che ciò sia l’esito dell’aver accumulato un enorme
potenziale positivo e un ottimo karma nelle vite precedenti.

Soprattutto c’è una causa che ci consente di essere rinati in circostanze così preziose: è l’aderire
ad una condotta etica.
Da un lato, la condotta etica ha a che fare con i vari gruppi di voti che prendiamo nella via verso
la liberazione individuale. Dall’altro ha a che fare con l’evitare le dieci azioni negative.

Comunque la definiamo, l’attitudine alla condotta etica è la causa diretta che ci fa ottenere la
preziosa esistenza umana.
Vi sono immagini che descrivono la difficoltà di ottenere la preziosa esistenza umana. Immaginiamo,
ad esempio, una casa di vetro con pareti completamente lisce.

Se qualcuno lanciasse dei piselli crudi sulle pareti di vetro, la maggior parte di essi
rimbalzerebbe cadendo a terra. E’ assolutamente improbabile che un pisello si attacchi al vetro; ma
continuando a lanciare, prima o poi uno vi si attaccherà. La probabilità di ottenere un prezioso
corpo umano è di molto inferiore di quella che un pisello si attacchi.

Oppure immaginate che un piccolo anello galleggi sull’oceano e che sul fondo dell’oceano viva una
particolare tartaruga che salga per un attimo in superficie una volta ogni cento anni. La
probabilità che il suo capo infili l’anello galleggiante è davvero minima, eppure è molto più grande
della possibilità di ottenere un prezioso corpo umano.

Immaginiamo, per esempio, un mucchio di erba secca grande come una montagna. Se a questa catasta
fosse appiccata anche la più piccola scintilla, l’intero mucchio di erba andrebbe in fiamme.

Allo stesso modo, anche la più piccola azione negativa può avere un effetto assolutamente
distruttivo. Ciò avviene anche per le azioni utili. Non si deve mai pensare che una piccola buona
azione non abbia valore e quindi non fare lo sforzo di compierla.
Si può descrivere il valore e la rarità di un’esistenza umana paragonandola al grande numero delle
diverse forme di esistenza. Per esempio è facilmente calcolabile il numero di persone che vivono in
una nazione, mentre se cercheremo di contare quanti insetti vivono in un piccolo pezzo di terreno,
sarà praticamente impossibile.

Tutti noi qui siamo nati in circostanze che rendono la nostra vita umana estremamente preziosa.
Dovremmo ricordare che abbiamo questa preziosa esistenza perché abbiamo accumulato un grande
potenziale positivo e purificato le nostre menti da molti veli oscuratori.

Proprio ora stiamo godendo i risultati di tutto questo, ma è importante usare questi esiti nel modo
migliore e più sensibile possibile, altrimenti li staremo soltanto sprecando. Sarebbe come avere
intrapreso un viaggio unicamente per procurarci qualcosa e tornassimo invece a mani vuote; o come se
portassimo un secchio vuoto per raccogliere dell’acqua e tornassimo con il secchio ancora vuoto. In
entrambi i casi un viaggio sprecato.

Dobbiamo inoltre impegnarci per ottenere il massimo dalla nostra fortunata situazione e non
disperderla inutilmente.
Riempire la propria vita di significato significa praticare il Dharma e tutti i diversi metodi che
il Buddha insegnò. I Buddha trasmisero un numero così grande di metodi che non è possibile ad una
persona praticarli tutti. Perciò ciascuno dovrà praticare i metodi che corrispondono alle proprie
capacità.

Dharma

La parola viene dalla radice “dhr”, sostenere: “dharanat dharmam ity ahuh”: ciò è il principio che
supporta tutto, che opera per l’integrità e l’armonia. La parola vuol dire letteralmente “ciò che
tiene insieme” o “sostiene un essere”; include la religione, ma è molto di più: ogni azione,
pensiero o discorso che sottindende una crescita e promuove l’armonia è parte del dharma.

Praticare il Dharma nel modo migliore significa praticare come Milarepa ed allontanarsi da tutti gli
interessi mondani.
Nel mondo di oggi, tuttavia, vi sono solo poche persone in grado di praticare il Dharma a questo
livello. Se non si è capaci di praticare in questo modo, si dovrebbe decidere di praticare secondo i
propri limiti personali.

Ciascuno dovrebbe fare quanto più gli è possibile. Ciò vale per ognuna delle nostre pratiche –
meditazione, accumulo di meriti, pratiche di purificazione e, naturalmente, le pratiche preliminari.

Il modo per accumulare costantemente meriti positivi consiste nel fare offerte ai Buddha.

Quando ciò non è possibile, si può sempre offrire acqua pura. si possono offrire fiori. Oppure,
con una mente colma di devozione, possiamo immaginare dei fiori e offrirli ai Buddha.

Con la mente si possono offrire tutti i fiori che vediamo durante il giorno. Facendo offerte ai
Buddha in qualsiasi forma possibile, si accumulano impressioni positive nella propria mente.

Prendetevi il tempo per studiare il Dharma e per praticare.
Non scoraggiatevi mai nella vostra pratica del Dharma.
Un’altra possibilità è essere generosi con il Sangha. Dobbiamo essere generosi e sostenere il
Sangha ( compagni di ricerca spirituale ) con una mente piena di rispetto.

La terza possibilità consiste nell’essere generosi con tutti gli esseri senzienti, fare tutto ciò
che ci è possibile per aiutarli. Per esempio, passando vicino ad un animale assetato, si può dargli
dell’acqua.
Tutti questi diversi esempi mostrano come sia sempre possibile praticare azioni utili e meritevoli a
diversi livelli. così da rafforzare il proprio potenziale positivo e distruggere la negatività che
opprime la mente.

Per ciò che distingue le azioni virtuose da quelle nocive, non si deve pensare che devono essere
evitate le azioni gravemente negative, senza preoccuparsi di quelle lievemente nocive. Un’azione
negativa, poco o tanto che sia, è sempre negativa e produrrà difficoltà e sofferenza. L’esito sarà
sempre negativo perché corrisponde all’azione originale.

Perciò non ci si deve concentrare soltanto nell’evitare le gravi azioni negative, ma si devono
prendere le distanze anche da quelle piccole azioni in cui ci si imbatte così facilmente.

Immaginiamo, per esempio, un mucchio di erba secca grande come una montagna. Se a questa catasta
fosse appiccata anche la più piccola scintilla, l’intero mucchio di erba andrebbe in fiamme.

Allo stesso modo, anche la più piccola azione negativa può avere un effetto assolutamente
distruttivo. Ciò avviene anche per le azioni utili. Non si deve mai pensare che una piccola buona
azione non abbia valore e quindi non fare lo sforzo di compierla.

E’ facile assumere questa visione. Si pensa di non essere in grado di compiere azioni positive ad un
livello significativo e così non ci si prova nemmeno. Ma un’azione positiva produrrà sempre un
effetto corrispondente e ciascuno deve fare ciò che gli è possibile al proprio livello.Relativamente
alla pratica ; Ognuno deve praticare quanto può, di qualunque quantità sia capace.

Impermanenza

Il secondo dei quattro pensieri tratta dell’impermanenza. Vi sono molti modi per una vita umana di
concludersi prima di morire di vecchiaia. Una lampada a olio consiste in un contenitore con
dell’olio e uno stoppino. Quando la lampada è piena fino all’orlo e lo stoppino non è ancora acceso,
ciò corrisponde alla situazione di una persona non ancora nata. Una lampada che ha esaurito
completamente il carburante corrisponde ad una persona morta di vecchiaia.

Tra queste due condizioni vi è un enorme numero di possibilità. Vi sono infatti molte più condizioni
che possono causare la morte di quante possano sostenere la vita. La nostra vita può essere
paragonata ad una goccia di rugiada sull’erba: è molto fragile e appena spunta il sole evapora.
La vita è preziosa non solo perché è così difficile da ottenere, ma anche perché è così facile
perderla. Il corpo umano ha molte possibilità, ma una è certa: la morte. Incerto è, tuttavia,
l’esatto momento in cui verrà. Non segue alcuna regola. I bambini non necessariamente sopravvivono
ai loro genitori.
Gli insegnanti non necessariamente muoiono prima dei loro allievi. Anche se la gente oggi apprende
questo dalla propria esperienza, sembra ancora pensare che sia normale per i bimbi vivere più a
lungo dei genitori. Tuttavia se ci diamo uno sguardo attorno e consideriamo la nostra esperienza,
concluderemo che tutto ciò non è predeterminato.
Sebbene una persona abbia la fortuna di essere ancora viva, non è affatto scontato che debba
continuare ad esserlo. Il momento della propria morte può giungere a qualsiasi ora.Ecco il problema
della vita: è così facile da perdere, facile da distruggere.

La morte

Al momento della morte ciascuno è comunque solo per quanto possa essere legato alla propria
famiglia, per quanti fratelli e sorelle possa avere, per quanti cari e veri amici possieda. Essi non
possono accompagnarci a volte neppure sostenerci nel momento della morte. Anche le cose materiali
che sembrano così importanti, per quanto denaro avremo accantonato, per quanto grande e bella possa
essere la nostra casa o la nostra auto, non potremo portare nulla di tutto ciò con noi alla morte.

Ciò avviene anche per ciò che abbiamo di più intimo e caro, il nostro corpo. La nostra ombra ci ha
accompagnato attraverso l’intera vita. Non dovevamo portarla con noi, né preoccuparci che ci fosse o
non ci fosse: c’era, automaticamente. Ma persino la nostra ombra non ci accompagnerà in punto di
morte.
La sola cosa che realmente conterà al momento della morte sono le impressioni che abbiamo raccolto
nella nostra mente e coltivate nella nostra vita . Entrambe le impressioni positive e negative ci
accompagneranno, che lo vogliamo o no. Non è possibile trattenere solo le sensazioni positive e
lasciare quelle fastidiose dietro di noi. Queste impressioni determineranno lo stato della mente.
dunque determineranno la nostra esperienza della morte e il tempo seguente.
Se avremo accumulato molte esperienze positive nella mente, sperimenteremo l’effetto appropriato.
Sperimenteremo una grande gioia e non incontreremo la sofferenza collegata alle attitudini negative.
Tuttavia, se le impressioni negative sono maggiori nella nostra mente, esse segneranno la nostra
esperienza che sarà di dolore e sofferenza.
Dobbiamo esserne consapevoli: nulla può aiutarci per la nostra morte e ciò che segue, se non ciò che
abbiamo vissuto.

Karma: causa ed effetto

Il karma ha a che fare con la causalità.
Un’azione precisa conduce ad un preciso risultato. Un gesto positivo porterà ad un esito di natura
positiva, quindi, un’esperienza di felicità e gioia.
D’altro canto, un’azione negativa avrà inevitabilmente un esito doloroso. Certamente causerà
sofferenza. Ciò avviene da sé, perché l’effetto corrisponde inevitabilmente alla natura della causa.
Per esempio se pianti un seme, da esso nascerà una certa specie di pianta. Da un seme di riso,
crescerà una pianta di riso e nessun’altra specie.
Per questo è così importante essere attenti e fare tutto il meglio possibile per i gesti
apparentemente insignificanti, per rafforzare il comportamento positivo.
Le tendenze dominanti nella nostra mente saranno le prime a dare frutti. Se sono caratterizzate da
generi di comportamento negativi, per primo sperimenteremo questa negatività ed essa dominerà la
nostra vita. Proveremo pena e non saremo felici. Ciò esacerberà i nostri problemi perché non sapremo
cavarcela bene nella vita e avremo ancora più preoccupazioni.

Se, al contrario, rafforzeremo un comportamento positivo e utile, la nostra gioia e il nostro
benessere cresceranno e diverranno l’esperienza prevalente.
Ciò accresce la nostra capacità di rafforzare un comportamento positivo.
I quattro pensieri non furono semplicemente inventati da qualcuno per illudere o ingannare. Sono
autentici, totalmente veri e furono concepiti dal Buddha Shakyamuni.

Il Buddha diede questi insegnamenti provenienti dalla sua saggezza onnisciente, dalla sua amorevole
dolcezza e dalla sua eccezionale capacità.

Ognuno ha forti turbamenti nella propria mente, tra i quali i più dannosi sono l’attaccamento, la
rabbia e l’ignoranza.

Sulla base di queste emozioni perturbatrici, sorgono poi un’infinita quantità di altre emozioni
disturbanti nella mente. Esse influenzano le nostre azioni e conducono a molte altre attività
negative.
Nella situazione attuale le emozioni perturbatrici sono dominanti e producono attività fisiche,
verbali e mentali attraverso cui accumuliamo karma negativo.

Parlando in generale, esistono molte attività negative, ma esse si dividono in diverse categorie.
Tre hanno a che fare con il corpo: uccidere, rubare e causare sofferenza sessuale. Quattro
concernono la nostra parola: la menzogna, la maldicenza, parole di discordia, discorsi oziosi.

Le tre azioni negative della mente sono la malevolenza, l’invidia ed il coltivare convinzioni
errate.
Queste dieci azioni negative devono essere evitate ad ogni costo. Nel contempo, ci si deve impegnare
all’opposto in dieci atteggiamenti positivi che siano il contrario dei precedenti.
Ci sono cinque azioni negative che procurano la maggior quantità di negatività. Sono definite come
“le cinque azioni terribilmente dannose”, esse sono:
1. uccidere il proprio padre
2. uccidere la propria madre,
3. uccidere un Arhat
4. danneggiare fisicamente un Buddha o chi lo rappresenti, come il proprio insegnante – ciò si
riferisce anche alla distruzione di rappresentazioni del Buddha e
5. dividere il Sangha (portare scompiglio fra compagni )

Compiere una di queste azioni significa accumulare un karma estremamente negativo. L’effetto di
queste azioni si manifesta immediatamente dopo la morte, senza uno spazio intermedio. Come
conseguenza di ciò ci si ritrova in uno stato di paranoia. E’ per questo che tali azioni vengono
definite ” le cinque azioni con cui non vi è uno stato intermedio”.
Vi sono altre cinque azioni molto simili a queste:

1. distruggere una costruzione sacra,
2. uccidere un “normale” Bodhisattva che non ha ancora raggiunto un livello di realizzazione
3. uccidere il proprio lama
4. intraprendere relazioni sessuali con un Arhat realizzato
5. rubare ai tre Gioielli, Buddha, Dharma, Sangha – per esempio sottrarre un’offerta.
In generale le azioni negative non hanno la minima buona qualità, sono semplicemente dannose.
Tuttavia il Buddha disse che le azioni negative hanno un risvolto positivo: la possibilità di
purificarsi dalla negatività che si è generata.

Tale purificazione è realizzabile attraverso i cosiddetti “quattro poteri”: pentimento per l’azione
compiuta, fare ammenda degli effetti dannosi, risoluzione a non ripeterla, rinnovare la presa di
rifugio nei Tre Gioielli.
Anche con i quattro poteri è molto difficile rimuovere le impressioni negative generate dalle cinque
azioni estremamente dannose.
E’ altrettanto difficile trattare con le impressioni negative quando non si ha nessuna fiducia nel
Tre Gioielli e ci si aggrappa a false visioni.
La natura di sofferenza del samsara
A causa del nostro karma ( Azioni) che porta a maturare certe esperienze, il ciclo dell’esistenza
condizionata continua a girare. Questo è il samsara. Le Azioni si sommano e le esperienze si
manifestano.
Quando le azioni positive sono predominanti si sperimenta un esito più o meno gioioso. Quando
prevalgono le azioni negative, si sperimenterà soprattutto sofferenza.
In questo modo, all’interno del samsara si distinguono sei diversi stati di esperienza : regno
infernale, degli spiriti famelici, esistenza animale, esistenza umana,semidivina deva- e divina.
In queste situazioni non si trova altro che sofferenza. Il samsara è nient’altro che sofferenza
perché è l’esito delle azioni accumulate.
Diamo un rapido sguardo a questi sei stati per comprendere cosa significa vivere in ciascuno di
essi.
Lo stato di paranoia non è solo un regno dove si può nascere. E’ la definizione dello stato della
mente divisa in diversi sotto-regni. Vi sono, ad esempio, diciotto differenti regni infernali. In
otto di questi gli esseri soffrono soprattutto per l’intenso calore, e in altri soffrono invece per
il grande gelo. Vi sono altri due regni infernali simili a questi per un totale di diciotto. In
tutti questi stati non si sperimenta altro che calore e gelo.
Si può pensare che nel regno della paranoia vi sia la maggior sofferenza, ma che negli altri stati
non sia così male. Dovremmo allora dare uno sguardo al mondo degli spiriti.
Gli “spiriti famelici” nati in questi regni soffrono enormemente la fame e la sete. In una
descrizione di questi mondi si dice che per cento anni uno spirito famelico non ode neppure una
volta la parola “cibo” o “acqua” e non ha alcuna possibilità di ottenerli. Gli spiriti famelici
vengono descritti con lo stomaco grande come una montagna e bocche sottili come un capello.
E’ assolutamente impossibile per loro avere nutrimento per saziare la propria fame e la propria
sete. Quand’anche essi trovino cibo o acqua, nel momento in cui stanno per bere o per mangiare, il
nutrimento si trasforma in qualcosa di repellente come sangue o pus.
Questa è la loro costante esperienza.

Si potrebbe ancora una volta pensare che le cose non siano così tremende nel mondo Animale.
Tuttavia, dandoci uno sguardo, ci si trova solo sofferenza: E’ semplice vedere quanto soffrono gli
animali nell’acqua e sulla terra, come vengano continuamente cacciati e sfruttati.

Questi regni vengono definiti i tre regni “inferiori” perché in essi la sofferenza è predominante e
di natura brutale. Ma del resto non troviamo altro che sofferenza nei cosiddetti regni “superiori”.

Per esempio il problema dominante per gli asura o esseri semidivini è la gelosia. Essi vedono la
piacevole condizione degli dei e ne sono gelosi perché la loro esperienza a confronto impallidisce.
Perciò essi sono continuamente in lotta contro gli dei, ma non vincono mai. Sono eternamente
perdenti e continuamente gelosi. Questa è la condizione che essi patiscono.

Eppure anche i veri esseri divini soffrono. Sebbene abbiano molto piacere durante le loro vite, essi
sperimentano molta sofferenza prima della morte poiché divengono consapevoli di morire sette giorni
prima.

Sette giorni in un regno divino sono paragonabili a sette anni umani. Gli dei vedono dove
rinasceranno e, poiché hanno esaurito il loro buon karma, essi cadranno nei regni inferiori. Nel
processo di decadimento che precede la loro morte, riconoscono alcuni segni. Per esempio i fiori che
adornano i loro corpi cominciano ad avvizzire ed i loro corpi hanno un cattivo odore. Così la
sofferenza regna anche nel mondo degli dei.

Infine nel regno umano si sperimenta la sofferenza della nascita, della vecchiaia, della malattia e
della morte.
Dunque, a qualunque regno di esistenza si pensi, scopriremo che la sofferenza e l’illusione sono
uniche e medesime. Si può paragonare il samsara al restare seduti su di un ago. Non vi è un solo
istante privo di sofferenza.

I quattro pensieri che orientano la mente fuori dal samsara sono per noi molto importanti. Molti
maestri antichi dissero: “le quattro pratiche preliminari sono più profonde delle pratiche
principali”. Per il proprio sviluppo nel Dharma la pratica è estremamente importante per avere il
tempo di realizzare una comprensione di queste visioni fondamentali.

Dopo che si è passati attraverso ogni particolare e compreso le spiegazioni del “prezioso corpo
umano” lo si può totalmente apprezzare. Poi si va oltre con l’impermanenza. Dopo avere considerato
attentamente si comprende naturalmente come il karma funziona, come il samsara agisce e qual è la
sofferenza sperimentata nei diversi stati di esistenza.

Quando si sono sviluppate queste visioni fondamentali, si possiede un solido fondamento su cui
costruire la successiva pratica del Dharma e cioè “le quattro speciali pratiche preliminari” –
prostrazioni, Mente di Diamante, l’offerta del Mandala e il Guru Yoga.

Sopra questa solida base si può essere in grado di far sorgere la realizzazione. Se non dedicassimo
il tempo necessario a costruire fondamenta potenti, sarebbe difficile raggiungere i risultati
desiderati di tutte queste pratiche. E’ come la costruzione di un edificio: senza buone fondamenta
la casa potrebbe facilmente crollare.

Molto c’è ancora da spiegare a questo proposito, ma vi chiedo di conservare nella vostra mente ciò
che è stato detto. Essere nel samsara significa sofferenza. Dobbiamo tuttavia essere lieti di avere
avuto il karma per rinascere con un prezioso corpo umano.

E’ una situazione fortunata perché abbiamo le splendide opportunità che non si trovano negli altri
regni dell’esistenza.
Abbiamo un certo grado di libertà in quanto siamo in grado di discriminare tra azioni buone e
dannose. Siamo in grado di abbandonare la negatività e concentrarci sulle azioni positive. Se
praticheremo un’attitudine proficua in questa vita, potremo raggiungere lo stato di liberazione dal
samsara.

Se, al contrario, non ci impegneremo in azioni positive o nella pratica del Dharma e continueremo ad
agire negativamente, otterremo il risultato corrispondente e non saremo in grado di affrancarci dal
samsara.
Continueremo con l’eterno ciclo delle rinascite in uno stato di esistenza o nell’altro.

Per questa ragione dobbiamo veramente essere consapevoli della grande opportunità qui e ora e fare
tutto il nostro meglio per usarla finché possiamo. Prendetevi il tempo per studiare il Dharma e per
praticare. Ciò è utile ed io desidero incoraggiarvi a continuare a farlo.
Non scoraggiatevi mai nella vostra pratica del Dharma.

sintesi tratta da insegnamenti Buddisti della via del Diamante di Lopon Tsechu

Prendere Rifugio nei tre gioielli , Budda ,Dharma, Shanga

Motivazione della presa di rifugio, esterno e interno

1. veicolo mondano – Lokayana – aspirare ad una rinascita migliore

2. veicolo della rinuncia – Hinayana – aspirare alla liberazione dal samsara

3. veicolo della bodhicitta – Mahayana – aspirare all’illuminazione per il beneficio di tutti gli
esseri

Samsara (pali, sanscr.)

Trascritto anche sangsara. Lett.: “percorrimento” del flusso del divenire. Il mondo del flusso, del
mutamento e dell’incessante divenire in cui viviamo. Vita quotidiana e rinascita dopo rinascita .
Nel Buddhismo è il campo della liberazione dal suo carico di limiti non ve n’è altro.

Nello stesso mondo in cui i “tre fuochi” dell’odio, della desiderio e dell’illusione sono tenuti in
vita dal desiderio egoistico dell’uomo, va cercata la liberazione dalla Ruota del Divenire, sulla
quale, legati da noi stessi, ci rivolgiamo vita dopo vita [ momento dopo momento ].

Il fine del Nobile Ottuplice Sentiero è di permettere il distacco dalla Ruota e l’entrata nello
stato del Nirvana.

Nella scuola Mahayana si insegna che questa fuga è impossibile, perché Samsara e Nirvana sono due
aspetti di una sola Realtà; essi sono un aspetto inseparabile e duplice del Non-dualismo assoluto.

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *