Consapevolezza e meditazione sull’impermanenza

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Consapevolezza e meditazione sull’impermanenza

Estratto da “La Via della Liberazione” – Sua Santità il Dalai Lama

Pratiche Editrice 1998

Durante gli anni della mia vita ho incontrato così tante persone. Esse ora sono soltanto oggetti
della mia memoria. Oggigiorno incontro molte più persone nuove. E’ come assistere a un dramma; dopo
aver recitato la loro parte, esse cambiano costume e riappaiono. Se passiamo le nostre brevi vite
sotto l’influenza del desiderio e dell’odio, se per il bene di quelle nostre brevi vite accresciamo
le nostre illusioni, il danno che faremo sarà di ben lunga durata, poiché distruggerà le nostre
prospettive di ottenere la felicità ultima.

Lama Tzong Khapa dice che quando la nostra contemplazione dell’impermanenza diviene molto ferma e
stabile, tutto ciò in cui ci imbattiamo ci insegnerà l’impermanenza.

Egli dice che il processo dell’approssimarsi alla morte inizia subito al momento del concepimento e
che quando siamo vivi, le nostre vite sono costantemente tormentate dalla malattia e
dall’invecchiamento. Mentre siamo sani e vivi, non dovremmo farci sedurre dall’idea che non
moriremo. Non dovremmo provare un’immemore felicità quando stiamo bene; è meglio essere preparati al
nostro fato futuro. Per esempio, se qualcuno sta cadendo da un altissima scogliera non può provare
felicità di cadere prima di schiantarsi al suolo.
Anche quando siamo vivi c’è molto poco tempo per la pratica del Dharma. Anche se presumiamo che
potremmo vivere a lungo, forse un centinaio di anni, non dovremmo mai cedere all’idea che avremo
tempo di praticare il Dharma più avanti. Non dovremmo farci influenzare dalla procrastinazione, che
è una forma di pigrizia. Passiamo metà della vita nel sonno, e per la maggiorparte del tempo che ci
resta ci facciamo distrarre dalle attività mondane. Quando diventiamo vecchi, la nostra forza fisica
e mentale decresce e anche se ci viene il desiderio della pratica, sarà troppo tardi, perché non
avremo la capacità di praticare il Dharma.

Come dice una scrittura, metà della vita passa nel sonno, per dieci anni siamo bambini e dopo altri
vent’anni siamo già vecchi e il tempo che passa fra queste età è tormentato da preoccupazioni,
dolore, sofferenza e depressioni, e quindi c’è a malapena il tempo per la pratica del Dharma. Se
viviamo una vita di sessant’anni e pensiamo a tutto il tempo che passiamo come bambini, a tutto il
tempo che passiamo dormendo, e al tempo in cui siamo troppo vecchi, ci accorgeremo che ci sono
cinque anni circa che possiamo dedicare alla seria pratica del Dharma.

Se non facciamo uno sforzo deliberato di intraprendere la pratica del Dharma, ma viviamo invece come
facciamo normalmente, siamo certi di passare la nostra vita nell’ozio, senza scopo.

Gungthang Rinpoce ha detto, in parte in tono scherzoso: ho passato vent’anni senza pensare a
praticare il Dharma, poi ho passato altri vent’anni pensando che l’avrei fatto più avanti e poi ho
passato dieci anni pensando all’occasione che avevo perduto.
Quando ero bambino non è accaduto molto. All’età di quattordici o quindici anni ho cominciato a
prendere serio interesse al Dharma. Poi, sono venuti i cinesi e io ho passato molti anni in ogni
sorta di disordini politici. Sono andato in Cina e nel 1956 ho visitato l’India.
Dopo di ciò sono tornato in Tibet e di nuovo una parte del mio tempo è stata dedicata ad affari
politici. La cosa migliore che ricordo è il mio esame di ghesce (il più alto titolo accademico nelle
università monastiche tibetane), dopo di ciò ho dovuto lasciare il mio paese.
Da più di trent’anni ormai sono in esilio e sebbene sia riuscito a dedicarmi un po’ allo studio e
alla pratica, gran parte della mia vita è passata invano senza gran beneficio.

Non ho ancora raggiunto il punto in cui dovrò rimpiangere di non aver praticato. Se penso all’idea
di praticare il più Supremo Yoga Tantra, ci sono alcuni aspetti del sentiero ai quali non posso
accedere perché i miei costituenti fisici hanno cominciato a deteriorarsi con gli anni. Il tempo per
praticare il Dharma non viene spontaneamente, ma ha bisogno di essere riservato deliberatamente.

Se dovete partire per un lungo viaggio, a un certo punto è necessario fare preparativi. Come spesso
amo dire, dovremmo cercare di dedicare il cinquanta per cento del nostro tempo e della nostra
energia alle preoccupazioni per la nostra vita futura e circa il cinquanta per cento agli affari di
questa vita.
Ci sono molte cause di morte e moltissime cause del rimanere vivi. Perdipiù, quelle cose che in
genere consideriamo sostegni per la vita, come il cibo e le medicine, possono diventare cause di
morte. Oggi si ritiene che molte malattie siano causate dalla nostra dieta. I prodotti chimici usati
per concimare le colture e per l’allevamento degli animali contribuiscono alla cattiva salute e
causano squilibrio nel corpo. Il corpo umano è così sensibile, così delicato, che se è troppo
grasso, avete ogni sorta di problemi: non riuscite a camminare bene, avete la pressione alta e il
vostro stesso corpo vi diventa di peso. D’altra parte, se siete troppo magri, avete troppa forza o
vigore, e ciò conduce a ogni sorta di guai. Da giovani vi preoccupa non essere inclusi tra gli
adulti e da vecchi avvertite di essere stati estromessi dalla società.

E’ questa la natura della nostra esistenza.

Se il danno fosse qualcosa che vi è inflitto dall’esterno, allora potreste in qualche modo evitarlo;
potreste andare sotto terra o immergervi nell’oceano. Ma così caro che abbiamo definito come nostro
e che ci ha accompagnato sin dalla nascita come il nostro più vecchio compagno, allora non si fa
neanche questione di non lasciare i nostri possessi materiali. La maggiorparte delle persone
dedicano così grande energia e tempo al solo iando(ndr.!?) il danno viene dall’interno, non c’è
molto che possiate fare. Mentre siamo liberi da malattia e difficoltà e abbiamo un corpo sano,
dobbiamo trarre vantaggio da ciò e coglierne l’essenza. Cogliere l’essenza della vita significa
cercare di raggiungere uno stato che è totalmente libero da malattia, mortalità, decadenza e paura,
ossia uno stato di liberazione e onniscienza.
L’uomo più ricco del mondo non può portare con sé neanche uno dei suoi possessi in punto di morte.
Lama Tzong Khapa dice che dobbiamo lasciare questo corpo, che ci è stato compegno di ottenere una
certa prosperità e qualche felicità in questa vita.

Ma, al momento della morte, tutte le nostre attività mondane come aver cura dei nostri parenti e
amici e competere con i nostri rivali, devono essere lasciate inconcluse. Anche disponendo di cibo
bastante per un centinaio di anni, al momento della morte ve ne andrete affamati, e pur avendo
vestiti che basterebbero per un’intera vita, al momento della morte ve ne andrete nudi. Quando la
morte colpisce non c’è differenza fra il modo in cui muore un re, lasciando dietro a sé il suo regno
e il modo in cui muore un mendicante, lasciando dietro a sé il suo bastone.
Dovreste immaginare una situazione in cui siete malati. Immaginate di avere una grave malattia e di
aver perduto tutta la vostra forza fisica; vi sentite esausti e anche le medicine non bastano più.
Quando il momento della morte giunge il dottore parlerà in due modi: al paziente dirà che non vi è
nulla di cui preoccuparsi e di rilassarsi. Alla famiglia dirà: la situazione è molto grave, dovreste
fare i preparativi per le cerimonie da celebrare. E in quel momento non ci sarà più per voi
l’opportunità di completare faccende non concluse o di completare i vostri studi.

Stando sdraiati, il vostro corpo sarà così debole che potrete a malapena muovervi. Poi il calore
corporeo gradualmente scomparirà e sentirete che il corpo è divenuto rigido, come un albero cadutovi
sul letto. Comincerete realmente a vedere il vostro proprio cadavere. Le vostre ultime parole
saranno appena udibili e le persone attorno a voi dovranno sforzarsi di capire quel che state
dicendo. L’ultimo cibo che mangerete non sarà un pasto delizioso ma una mistura di pillole che non
avrete la forza di inghiottire. Dovrete lasciare gli amici più intimi e potranno passare eoni prima
che li rincontriate. Il respiro cambia ritmo e diviene rumoroso. Gradualmente si farà più irregolare
e inspirazioni ed espirazioni si faranno sempre più rapide. Infine ci sarà un’ultima espirazione
molto profonda e quella sarà la fine del vostro respiro. Ciò segna la morte così come comunemente è
intesa. Dopo di ciò il vostro nome, che così tanta gioia al sono udirlo dava un tempo ad amici e
familiari, sarà preceduto da un prefisso: il fu.

E’ cruciale che al momento della morte la mente sia in uno stato virtuoso. E’ l’ultima occasione che
abbiamo ed è un’occasione da non perdere. Anche se avessimo vissuto una vita molto negativa, al
momento della morte dobbiamo sforzarci grandemente di coltivare uno stato virtuoso della mente.

Se siamo capaci di sviluppare una profondissima e potentissima compassione al momento della morte,
c’è speranza che nella prossima vita rinasceremo in un’esistenza favorevole. In senso generale, un
cerchio di persone intime attorno può avere una funzione fondamentale. Quando qualcuno è malato e
sta per morire, è una sciagura se altri permettono che il morente provi desiderio od odio. Il minimo
che si possa fare è mostrare al morente immagini dei buddha o dei bodhisattva così che lui o lei
vedendoli, cerchi di sviluppare grande fiducia in essi e muoia in una disposizione mentale propizia.
Se ciò non è possibile è molto importante che i presenti e i parenti non causino turbamento nel
morente. In quel momento un’emozione molto forte, come il desiderio e l’odio, può produrre nella
persona uno stato di grande sofferenza e molto probabilmente causare una rinascita inferiore.

Con l’approssimarsi della morte, potrebbero apparire segni che sono indizi del futuro. Coloro che
hanno menti virtuose sentiranno che stanno procedendo dal buio verso la luce o verso lo spazio
aperto. Si sentiranno felici, avranno visioni di cose belle e morendo non sentiranno alcuna
sofferenza acuta.
Se al momento della morte si hanno sentimenti molto forti di desiderio o di odio, si avranno
allucinazioni di ogni sorta e si proverà grande angoscia. Alcuni sentono come se stessero entrando
nel buio, altri sentono che stanno bruciando. Io ho incontrato alcune persone che erano state molto
malate e mi hanno detto che, quando erano molto gravi, avevano avuto visioni di venire bruciati.
Questo è un indizio del loro fato futuro. Come conseguenza di tali segni, il morente si sentirà
molto confuso e urlerà e gemerà, sentendo come se il suo intero corpo venisse tratto giù. Lui o lei
proverà acuto dolore al momento della morte.

Tutto ciò deriva in definitiva dall’attaccamento focalizzato su se stessi.
Quando coloro che per la gran parte della propria vita si sono abbandonati all’azione negativa
muoiono, si dice che il processo di diminuzione del calore corporeo inizia dalla parte superiore del
corpo fino a giungere al cuore. Per chi ha praticato la virtù, si dice che il processo di
diminuzione del calore inizia dal basso, dalle gambe, e alla fine giunge al cuore. In ogni caso, la
coscienza si diparte di fatto dal cuore.

Dopo la morte si entra nello stato intermedio,il bardo.

Il corpo nello stato intermedio ha diversi aspetti straordinari: tutti i sensi fisici sono completi,
e l’aspetto fisico è identico all’aspetto fisico dell’essere in cui alla fine avrà rinascita. Per
esempio, se dovrà rinascere come essere umano, avrà un aspetto fisico identico a un essere umano. Se
dovrà rinascere come animale, avrà allora l’aspetto fisico di un particolare animale.

L’essere di stato intermedio ha una vista talmente potente che può vedere attraverso oggetti solidi
ed è capace di muoversi ovunque, senza impedimento. Gli esseri dello stato intermedio sono visibili
solo a esseri intermedi dello stesso tipo. Per esempio, se un essere intermedio è destinato a
rinascere come umano, sarà visibile soltanto a esseri intermedi che sono destinati a rinascere come
umani. Gli esseri intermedi del regno degli dei camminano verso l’alto e guardano verso l’alto e gli
esseri intermedi del regno umano camminano diritto e guardano diritto. Gli esseri intermedi di
coloro che si sono dati ad azioni negative e sono destinati a rinascere in regni inferiori si
muovono a testa in giù. Il periodo di tempo passato in questo stato intermedio è di sette giorni.
Dopo una settimana, se l’essere di stato intermedio trova circostanze appropriate, rinascerà nel
regno d’esistenza appropriato. In caso contrario, dovrà di nuovo morire di una piccola morte e
sorgere di nuovo come essere intermedio. Ciò può accadere anche sette volte, ma dopo quarantanove
giorni non può più rimanere come essere di stato intermedio e deve rinascere, gli piaccia o meno.

Quando è giunto il momento di rinascere, vedrà esseri del proprio tipo che giocano, e gli potrà
venire il desiderio di unirsi a loro. I fluidi generativi dei futuri genitori, il seme e l’ovulo gli
appariranno differenti. Anche se i genitori non staranno congiungendosi, l’essere intermedio avrà
l’illusione che in realtà lo stiano facendo e proverà attaccamento per loro. Se qualcuno ha
probabilità di nascere femmina, si dice che proverà avversione per la madre e, spinta
dall’attaccamento, tenterà di congiungersi con il padre. Se qualcuno ha probabilità di nascere
maschio, proverà avversione per il padre ma avrà attaccamento per la madre e tenterà di congiungersi
con lei. Mosso da tale desiderio, lui o lei va dove sono i genitori. Nessuna parte del corpo dei
genitori appare a quell’essere salvo gli organi sessuali, e in seguito a ciò, l’essere si sentirà
adirato e frustrato.

Quell’ira serve come condizione della sua morte dallo stato intermedio; la rinascita avviene poi nel
ventre.

Quando i genitori copulano e raggiungono l’orgasmo, si dice che una o due gocce di spesso seme e
l’ovulo si mescolano, come panna sulla superficie del latte che bolle. In quel momento la coscienza
dell’essere intermedio cessa ed entra in quella mistura. Ciò segna l’ingresso nel ventre. Anche se i
genitori non stanno copulando, l’essere intermedio ha l’illusione che lo stiano facendo e andrà in
quel luogo. Ciò implica che vi siano casi in cui, anche se i genitori non copulano, la coscienza può
sempre entrare negli elementi fisici. E questo spiega cosa avvenga oggi con la fecondazione in
provetta; quando i fluidi vengono prelevati dai genitori e mescolati e conservati nella provetta, la
coscienza può entrare nella mistura senza che vi sia copulazione reale.
Shantideva dice che anche gli animali operano al fine di provare piacere ed evitare il dolore in
questa vita. Dobbiamo volgere l’attenzione al futuro, altrimenti non saremo diversi dagli animali.
La consapevolezza della morte è il fondamento stesso di tutto il sentiero. Sinché non avete
sviluppato questa consapevolezza, tutte le pratiche sono impedite.

Il Dharma è la guida che ci conduce attraverso un territorio ignoto; il Dharma è il cibo che ci
sostiene nel nostro viaggio; il Dharma è il capitano che ci condurrà alla spiaggia ignota del
nirvana. Quindi, ponete ogni energia di corpo, parola e mente nella pratica del Dharma. Parlare
della meditazione sulla morte e sull’impermanenza è molto facile, ma la pratica reale è davvero
molto difficile. E quando pratichiamo, a volte non notiamo un gran cambiamento, soprattutto se ci
limitiamo a comparare ieri con oggi. C’è il pericolo di perdere la speranza e di scoraggiarsi. In
tali situazioni è di grande aiuto non comparare giorni o settimane, ma tentare di comparare
piuttosto il nostro stato di mente presente con quello di cinque anni fa o di dieci anni fa; allora
vedremo che c’è stato un certo cambiamento. Potremo notare un certo cambiamento nelle nostre
concezioni, nella nostra comprensione, nella nostra spontaneità, nella nostra risposta a queste
pratiche. E ciò è di per sé una fonte di grande incoraggiamento: davvero ci dà speranza poiché ci
mostra che, se facciamo lo sforzo, c’è il potenziale per un progresso ulteriore.

Lasciarsi scoraggiare e decidere di rinviare la nostra pratica a epoca più favorevole, è davvero
molto pericoloso.

visto su www.dalailama.it/

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