Che cos’è la vita? Dalle intuizioni di Schrödinger alla scienza della complessità

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Che cos’è la vita? Dalle intuizioni di Schrödinger alla scienza della complessità

Scienza e Fisica Quantistica

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Nel 1944 Erwin Schrödinger pubblica Che cos’è la vita?, un saggio che avrebbe segnato una svolta nel
pensiero scientifico moderno. Quest’opera getta le basi teoriche della biologia molecolare e
anticipa l’applicazione della fisica quantistica ai sistemi viventi. L’approccio di Schrödinger
influenzò profondamente generazioni di scienziati, aprendo nuove prospettive sull’origine e sul
funzionamento della vita.

Varutti Guerrino – 14/05/2025

Il cristallo aperiodico e l’informazione genetica

Uno dei contributi importanti del fisico austriaco è l’ipotesi dell’esistenza di un “cristallo
aperiodico” come supporto dell’informazione genetica. Si tratta di una struttura molecolare stabile,
ma non ripetitiva, capace di immagazzinare una grande quantità di informazioni ereditarie. Questa
intuizione anticipa la scoperta della doppia elica del DNA da parte di Watson e Crick, premiati con
il Nobel nel 1962.

Schrödinger intuì che il DNA, localizzato nel nucleo cellulare, non solo contiene le istruzioni
genetiche ma è in grado di replicarsi autonomamente. Alla fine degli anni ’80 divenne evidente che
due meccanismi fondamentali legano DNA e proteine:

La trascrizione dal DNA all’mRNA;

La traduzione dell’mRNA in proteine.

Questa visione portò alla nascita della biologia molecolare, fondata sull’idea che ogni gene
codifichi una specifica proteina.

La negentropia e il ruolo dell’informazione

Affrontando il problema dell’entropia, Schrödinger osservò che gli organismi viventi sembrano
contraddire la seconda legge della termodinamica, secondo la quale ogni sistema isolato tende al
disordine. Introdusse così il concetto di negentropia (entropia negativa): per mantenere la propria
organizzazione interna, i viventi assorbono ordine e rilasciano disordine nell’ambiente.

Schrödinger propose inoltre che le mutazioni genetiche possano derivare da salti quantici, ovvero
transizioni tra stati energetici discreti, collegate alla meccanica quantistica. In questo quadro,
la vita non è riducibile alla somma delle sue parti: se da un lato si affermava l’olismo, dall’altro
si assisteva al successo del riduzionismo e del determinismo genetico, secondo cui conoscere le
condizioni iniziali del sistema permette di prevederne l’evoluzione. Tuttavia, questa visione
nascondeva una forma di materialismo genetico, secondo la quale l’organismo vivente è solo il
risultato delle interazioni chimiche tra geni. Per Schrödinger, invece, l’elemento fondamentale non
è la materia, ma l’informazione contenuta nella struttura dell’organismo, che si manifesta
attraverso l’interazione tra le sue parti.

Vita e autopoiesi: sistemi emergenti

Secondo la teoria dell’autopoiesi, sviluppata da Maturana e Varela, gli esseri viventi sono sistemi
operazionalmente chiusi, ma termodinamicamente aperti: pur contenendo tutta l’informazione
necessaria al proprio funzionamento, dipendono da un flusso costante di energia e nutrienti
dall’ambiente. L’organismo e l’ambiente si co-definiscono attraverso un processo cognitivo di
interazione continua.

Un sistema autopoietico è in grado di rigenerarsi attraverso una rete di reazioni interne. In questo
senso, la vita è un sistema di sistemi autopoietici interconnessi, e il prodotto ultimo di questi
sistemi è la loro auto-organizzazione.

Proprietà emergenti e complessità

Nella visione sistemica, la vita è considerata una proprietà emergente: le caratteristiche vitali
non appartengono ai singoli componenti, ma emergono dall’interazione tra essi. Come osservava
Leonardo da Vinci: “La linea è fatta di punti in movimento; la superficie dal movimento della linea;
il corpo dal movimento della superficie”.

Nessuno degli elementi fondamentali di una cellula (acidi nucleici, proteine, lipidi, zuccheri) è
vivo in sé. Tuttavia, in un contesto spazio-temporale adeguato, questi elementi danno origine alla
vita stessa. Questo fenomeno si manifesta nei sistemi dinamici, in cui le strutture evolvono nel
tempo attraverso processi non lineari.

Prigogine e le strutture dissipative

Il premio Nobel Ilya Prigogine ha approfondito il comportamento dei sistemi biologici lontani
dall’equilibrio. Attraverso la teoria delle strutture dissipative, ha mostrato come nei sistemi
aperti la dissipazione di energia possa generare ordine e nuove strutture. Queste strutture, pur
mantenendosi stabili, possono evolvere aumentando il flusso di energia e materia, dando luogo a
transizioni verso stati più complessi, noti come biforcazioni.

In queste transizioni emergono nuovi attrattori, con configurazioni differenti, secondo la dinamica
non lineare. Prigogine descrive questa capacità dei sistemi viventi di generare nuove forme come una
vera e propria espressione di creatività biologica.

Scrive Prigogine:
“Oggi il mondo che vediamo fuori e il mondo che vediamo dentro stanno convergendo. Questa
convergenza dei due mondi è forse uno dei fatti culturali più importanti della nostra epoca.”

Dall’ordine al disordine: la vita come equilibrio dinamico

La vita si colloca tra due estremi: l’ordine rigido del cristallo e il disordine caotico dell’anello
di fumo. È in questo spazio intermedio che si manifestano i comportamenti complessi, ed è qui che il
“cristallo aperiodico” di Schrödinger trova la sua rilevanza.

Questa visione ha contribuito allo sviluppo della cosiddetta scienza della complessità, che dagli
anni ’90 ha ricevuto nuovo impulso grazie alle ricerche del Santa Fe Institute e del biochimico
Stuart Kauffman.

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